Dialogo della bella creanza delle donne

by Alessandro Piccolomini

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Title: Dialogo della bella creanza delle donne
Author: Piccolomini, Alessandro (1508–1579)
Date of publication: 1560
Edition transcribed: (Milan: Giovanni Antonio de gli Antonii, 1560)
Source of edition: Google Books
<https://books.google.ca/books?id=6iA8AAAAcAAJ&printsec=frontcover&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false>
Transcribed by: Dario De Palma, McGill University
Transcription conventions: Page numbers have been supplied by transcriber.
Status: Completed, not yet proofread, version 0, 2016.

Produced as part of Equality and superiority in Renaissance and Early Modern pro-woman treatises, a project funded by the Social Sciences and Humanities Research Council of Canada.

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FOL. ? V

DIALOGO
DELLA BELLA
CREANZA DELLE DONNE
DELLO STORDITO INTRONATO.
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IN MILANO
Appresso di Giovann’ Antonio de gli Antonij.
M D L X.

 

FOL. ?R

BIBLIOTHECA
REGIA

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Bayersche
Steatabllotbek
Munchen

FOL. ? V

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FOL. ? R

L’autore di questo Dialogo si chiama Alessandro Piccolomini. Stordito impronato era il suo nomeAccade mico.

  1. o. It.

[firma]

Piccolomini

FOL. 2 V

PROEMIO NEL
DIALOGO
LO STORDITO INTRONATO A QUELLE DONNE
CHE LEGGERANNO.

Quanto io sia stato sempre, nobilissime Donne, vostro offettionato, e conoscitor delle bellezze e virtù vostre, oltre che voi stesse lo dovreste sapere, quelli piu che altri ve ne potrebbon dar chiarissima informatione, i quali accecati dal lume dell’intelletto, fuor d’ogni ragione si son lasciati involgere in cosi vil fango e brutta macchia, quant’è il parlar in biasino di uoi Donne, il che quanto sia fuor de meriti uostri, io per uno lo so, lo uo sapere, e lo saprò sempre. Questi tali dico, vi potrebbero esser buonissimo testimonio dell’animo mio, come quelli che si son trovati piu volte in luoghi, dove io con ragione e con collera gli ho ripresi, et ammoniti gafliardamente, piu in vero, perche la natura mia, et debito dell’huomo da bene mi sforza à far cosi, che per bisogno che voi n’abbiate; perche già conosco, che con lo scudo delle virtù uostre sete bastanti à difendervi contra qual si voglia, nel quale scudo punta di uelenose lingue non può far fitta in alcun modo; quantunque gli accada qualche volta, che se ben male lingue appresso di chi ha punto di giudicio non fan danno alcuno à una Donna, nondimeno alcuni altri sono, che non considerando le cose minutamente, dan gran fede a quel che sentono, e per questo si può dir che in tai cose non sieno in tutto vane le defensioni che

 

FOL. 2 R

Io fo continuamente per l’honor vostro. Adunque essendo io con tutto il cuore e con tutte le forze mie dalla parte vostra, come io sono; mi rendo certo, che se à questa volta vi recco innanzi à leggere un Dialogo, nelqual si riprende et si riforma qualche particella,che in alcune di voi, in vero, che fra noi potiam dire ogni cosa, non sia in tutto da lodare; mi rendo certo, dico, che voi solamente non ve ne sdegnerete, e non me ne portarete collera, ma la pigliarete in buona parte, et terrete per fermo, come gli è il vero, ch; io l’habbia fatto à fine di bene, per riparare, s’io posso, ad alcune parti non cosi buone, che frà molte virtù veggio indegnamente mescolati in alcune di voi; accioche ne nasca di questo, che voi, scacciato via quel che non è cosi buono, rimaniate in quella perfettione, nella quale la natura v’ha create. E se ben questi tai mancamenti, che io dico essere in alcune di voi, non sono cose alla fine di molto grande importantia, nondimeno chi vuol dir male à ogni minima cosa s’appicca, et chi è di mala sorte,mescolando il vero co il verisimile, fa ogni minima cosa per grandissima. E per questo hanno da far granconto le donne, che ogni minima macchiarella che si veggono adosso si spenga piu che si puo, accioche la belezza dell’anima e del corpo loro luca chiarissima, senza coperta di velo alcuno; et io questo conoscendo, sono stato sforzato dall’amor ch’i vi porto, di ingegnarmi di ripararci con quel ch’io posso. E per non notar particolarmente quelle Donne ch’io conosco haverne bisogno, io indirizzo il mio Dialogo à tutte voi Donne nobilissime; perch’io so molto bene, che quelle che sen

 

FOL. 3 V

Tiranno non haverne mestieri, potranno stimare che non sia stato mandato à loro, et delle altre poi ciascuna potrà pigliarne quel che li parrà che le si convenga, e lasciare il resto alle altre di mano in mano; nelquale Dialogo con le ragione che intenderete, si potrà conoscere apertamente la vita e i modi che si apartengono à una Donna giovene, nobile, e bella. E se per sorte, Donne mie, vi accadrà mai di leggerlo alla presentia di alcuni di questi maligni, iquali fra l’altre bugie che dicono di voi Donne, sogliono affermare, che nell’animo delle Donne non si posson crear mai gran concetti, e sententie profunde et di giudicio, ma solamente discorsi friuoli e snervati, e per questo parendoli questo Dialogo pieno di utilissimi consigli, vorrà dire che sia impossibile che sia nato d’una Donna chiamata madonna Raffaella, come io lo presuppongo; à questi tali, anchor che non meritin risposta, nondimeno voglio esser tanto cortese di offerirvi che voi respondiate à loro da parte mia, ch’io ad ogni lor volontà gli vo provar con moltissime ragioni et essempi infiniti, che s’ingannano di lungo, e che le donne possono discorrere e giudicare, consigliare e provedere in qual si voglia caso d’importanza, casi ben come gli huomini. E se vantaggio ci è, è in esse; e questo diteglielo arditamente, perch’io aiutato dal vero, mi sento bastantissimo à farlo, pessimi, maligni, scandalosi che sono. Ma lasciandoli andare, ch’io intrerei in collera agevolmente: dubito anchora, donne mie amantissime, che non sieno alcune fra voi lequali come poco pratiche delle cose del mondo, et avezze fra i gomiccoli e le matasse, non si maravi

 

FOL. 3 R

glino trovando in questo Dialogo, che fra le altre buone parti ch’io dico convenirsi à una gentildonna, intendo esser convenevolissimo, ch’ella con gran destrezza si elega uno Amante unico in questo mondo, et insieme con esso goda segretissimamente il fin dell’amor suo, à queste tali cosi scempie, che si maravigliano di ciò, io mi crederei con tanta chiarezza mostrar lo ro,che elle s’ingannano grossamente, e con si buone ragioni farle veder che egli è cosi, che le confessarebbono, che io m’intendo piu delle cose del mondo, che esse non fanno; ma perche s’io entrassi in tal proposito mi abbondarebbono cosi le raggioni e la materia, che diverebbe maggiore il proemio che il Dialogo, per questo mi risolvo che sia meglio, Donne mie, offerirmi à quelle di voi, che non sieno di cosi sciocca oppinione, che le si credino, che non si convenga ad una gentildonna attendere à gli amori; et mostrar loro ad altro tempo, con ragioni vivissime e gagliarde, come questa cosa dell’honor s’ha da intendere. Io vi confesso bene, poi che gli huomini fuor d’ogni ragione tirannicamente hanno ordinate leggi, volendo che una medesima cosa alle donne sia vituperosissima, vi confesso, et dico, che quando una donna pensasse di guidare un’amore con poca saviezza, in maniera che n’havesse da nascere un minimo sospettuzzo, farebbe grandissimo erore, et io piu che altri nell’animo mio la biasmarei, perch’io conosco benissimo, che alle donne importa il tutto questa cosa; ma se dall’altro canto, donne mie,voi sarete piene di tanta prudenza, et accortezza, e temperantia, che voi

 

FOL. 4 V

Sappiate mantenerti e godervi l’Amante vostro, eletto che ve l’havete, sin che durano gli anni vostri, cosi nascosamente, che ne l’aria, ne’l cielo ne possa suspicar mai, in questo caso dico, e vi giuro, che non potete far cosa di maggior contento, e piu degna di una gentildonna che questa e di ciò ve ne vorrei dar tante ragioni, che buono per voi, ma mi riserba ad altro tempo; per hora bastivi questo, che la cosa sta come vi dico, che se voi volete poter dir nell’animo vostro d’esser vissute in questo mondo, vi bisogna haver questa parte ch’io v’ho detta, che altrimente il menar gli anni gioveni senza conoscer’ Amor, si può dir che sia il medesimo che star morte sempre; si che abbracciate, donne mie chare, questo amore con tutto l’animo, ma con destrezza, e se non ve ne giova doletevi di me, e se ve ne torna biasimo veruno, dite ch’io sia stato io. E questo mi basti havervi detto per hora: vi piacerà per cortesia di leggere il Dialogo fin’ al fine, con disposition di animo che vi habbia da far qualche frutto, e ricordatevi di me come di quelle, che sempre pensa à far qulche cosa in servitio et utile, e contento vostro. Adio.   Di Lucignano il di 22. d’ottobre nel 1538.

FOL. 4R

BELLA CREANZA
DIALOGO, INTERLOCUTORI,
MADONNA RAFAELLA,

e Margarita.

M.R.   DIO TI Dia il buon dì Margarita; mai si stanno coteste mani; che sempre ti trovo à lavorare, e ricaman qualche cosa.

Marg.  O ben venga mia donna Raffaella; n’è pur tempo che voi veniate à star una volta da me; che n’è di noi?

M.R.   Peccati e fatica come delle vecchie; che vuoi che ne sia?

Marg.  Sedete un poco qui da me; Come la fate?

M.R.   Vecchia, povera piu che mai, col capo nella fossa d’hor in hora.

Marg.  Non dite cosi, che ne vanno cosi i gioveni come i vecchi quando Dio vuole.

M.R.   Il morir m’importarebbe poco, piu presto hoggi che domani, che in ogni modo che ci ho da fare in questo mondo? E la poverta anchora all’ultimo all’ultimo me la reccherei in patientia, ben che sia durissima cosa lo esser povero à chi è nato nobilmente, come son’ io ; ma quel che mi duole è ch’io mi veggio piena di peccati , e ogni giorno ne fo piu.

Marg. O che diranno le altre, se voi che sete tale che io vitengo una santa, pensate di haver tanti peccati? E che peccati potete voi mai havere, che vi veggio sempre co pater nostri in mano, e vi state tutto’l giorno per queste chiese?

M.R.   Io non ti posso negare, che quanta consolation m’è rimasta non sien quelle messe e quelli ufficij di san Francesco, che non ne lascio mai uno quando posso; ma che è questo à tanti peccati che si fanno tutto’l giorno?

 

FOL. 5 V

Marg.  E assai; io per me tengo che vo ive n’andarete in paradiso ritta ritta: ma che vuol dir che voi non venite da me cosi spesso come solevate?

M.R.   Io ti dirò il vero, figliuola, son restata molte volte di venirci, perche conosco che le vecchie e povere,come son’io, non danno se non fastidio dove le vanno; ma non è mancato per questo, che io non mi ricordi sempre di te, e sempre prego Dio per tutta la casa tua, quando si dice il Magnificat al vespro di san Francesco.

Marg.  Havete il torto madonna Raffaella à pensar di darmi fastidio quando venite in casa mia; anzi piglio sempre piacere di ragionar con esso voi,e voi sapete quanto mia madre havea fede alle vostre parole, et a vostri consigli, e quanta consolatione ne pigliava, e il medesimo foi o.

M.R.   Aime, e che consolation puo dar’una che è d’avanzo in questo mondo?

Marg. Basta che gliè come vi dico; e voi sapete se vi habbiamo fatte sempre carezze.

M.R.   E vero, n’havete fatto piu ch’io non merito.

Marg. Dunque perche non ci venite piu?

M.R.   Per dirti la cosa com’ella sta, io mi guardo piu che posso del veni’rci; non perche io non goda di vederti, ma perche io non ci vengo mai, che non mi intervenga cosa della quale mi fo gran conscienza con messer Domenedio.

Marg. O questa perche?

M.R.   Mi vergogno Margarita pur’à pensarlo, non che à conferirlo con altri, però lasciamolo andare.

Marg. Come, dunque vi vergognate à conferire le cose nostre, che sapete ch’io vi tengo in luogo di madre.

M.R.   Che so io se venisse all’orecchie d’altre persone?

Marg. Voi mostrate d’haver poca fede in me, se dubitate

 

FOL. 5 R

Che io confidi in altri cosa che non vogliate.

M.R.   Promettimi di tenerne la lingua in bocca.

Marg. Statene sopra la mia fede, e dite via di gratia, ch’io non posso pensar che cosa questa sia.

M.R.   Sopra la tua parola ti scopriro’ dunque il moi peccato, che non l’horivelato mai ad altri che al moi confessore. Ogni volta ch’io ti veggio, Margarita, e ch’io confidero la tua bellezza e gioventù, subito mi viene una ricordanza di quelli anni, ne i quali era giovene io, e ricordandomi che io non mi seppi pigliar quel bel tempo, che harrei potuto, il diavolo per farmi rompere il collo, mi mette adosso, senza ch’io me ne possa aiutare, un rimordimento,e un dispiacere, che per parecchi giorni stò come una desperata, senza udir messa, ò ufficcio, ò far ben nessuno, e per non cadere in questo peccato, come t’ho detto, mi guardo quanto posso di venirti innanzi, perche me ne tengo gran carico all’anima.

Marg. Quanto mi fate maravigliar, mai harrei pensato à questo, ma il medesimo vi debbe intervenir, e piu, quando vi trovate con queste altre, che son piu belle che non son’io.

M.R.   Io non mi sono mai accorta, che nessuna mi faccia tanto danno quanto tu, ò sia perche in vero non è hoggi in Siena bellezza pari alla tua, ò per qual si voglia altra cagione, basta che egli è cosi.

Marg. Ogni di mi riuscite piu divota madona Raffaella, poiche voi vi fate conscienza di si poca cosa.

M.R.   Ti par poca cosa ricordarsi di non haver fatti de gli errori e pentirsene, e ch’io non so come la terra non me inghiottisca?

Marg. Molto peggio serebbe ricordarsi d’haverne fatti.

M.R.   V’, non dir cosi figliuola, pensati ch’io ho piu pratti-

 

FOL. 6 V

ca di questo mondo che non hai tu, e conosco horamai la bnsca dalla trave intorno à cose di conscienza.

Marg. Io vi crederò, che so che di qste cose ne sapete la parte vostra, secondo che mia madre mi disse piu volte.

M.R.   E quanta fede mi haveva quella benedetta anima di tua madre, o Dio sa quanto amor ch’io le portava, che si può dir che l’ho allevata io.

Marg.  Chi lo sa meglio di me, ch’ella non poteva viver senza noi?

M.R.   Tenevamo parentado insieme, che la sorella sua era cognata del mio nipote.

Marg. Gia’ me lo diceva.

M.R.   Hora hai saputo Margarita perche causa io ho abandonata da un pezzo in quà la casa tua.

Marg. A ogni altra cosa certo harrei pensato.

M.R.   Dall’altro canto mi rimorde l’animo à non venirci, perche non mi par far il debito mio, secondo che conmanda la Pistola della messa, e l’introibo anchora.

Marg. Perche?

M.R.   Come perche? non sai che’l Signor dice nella messa della madonna, aiuta il prossimo tuo, et però io per esser vecchia, per conoscere hormai il mal dal bene, dovrei avertire e consigliar le gioveni, e massime quelle, con le quali io ho qualche sicurtà, come con essa te, di molti errori, ne quali esse per haver poca prattica del mondo potrebbero incorrere agevolmente, accioche imparassero à conoscere alle spese del compagno, quei pericoli, che io e mill’altre vecchie, per carestia di chi habbia consigliate et avertite habbiamo conosciuti alle spese di noi medesime; e questa sarebbe la vera carità.

Marg. Poi che noi siamo intrate in questo ragionamento, dite-

 

FOL. 6 R

mi un poco, di che cosa giudicate che noi gioveni dovriamo essere avertite principalmente?

M.R.   Di molte cose, e fra l’altre di questo ch’io t’ho detto disopra, che se non si piglia qualche piacer modestamente quando altri è giovene, si viene in tal disperatione in vecchiezza, che ci manda à casa del diavol calde calde, come tu vedi, ch’i temo di non andarci io.

Marg. E di che sorte piaceri dovrebbono esser i nostri?

M.R.   Di quelle cose che sogliono dilettar communemente le donne gioveni, come sarebbe il ritrovarsi spesse volte à feste, à conviti, vestir garbamente, ornarsi di gioie, di acque, di profumi, usar sempre qualche bella foggia nuova, cercar d’esser tenuta bella insieme e savia, esser amata da qualche uno, udir serenate, e veder mascare, e livree per amor suo, e simili altri piaceri honesti da Donne gioveni e gentile come sei tu.

Marg. Mi fate maravigliare, perche ho sempre inteso dlre, che tutte coteste cose son piu presto peccati che altrimenti.

M.R.   Io ti confesso, figliuola, che cosi ti posso chiamare, per lo tempo, e per la affettione, che sarebbe cosa santissima e buona, quando potesse essere, il mantenerci da che noi nasciamo fin che moriamo senza un peccato, e senza una macula al mondo; ma perche per gli essempi di tutti gli huomini che sono stati, conosciamo, che per esser noi creati peccatori, e impossibile che noi viviamo senza error nessuno, dovemo pensare, che egli è cosa piu da comportare, e che piu merita perdono appresso di Dio, il far qualche erroruzzo in gioventù, che riserbarsi, come ho fatto io, à tempo, che non lo potendo piu fare, mi sfogo con la desperatione, laquale piu che altro peccato mette altrui in bocca di satanasso;

 

FOL. 7 V

perche si come le infirmità del corpo che han da venire à gli huomini, molto manco son pericolose da gioveni, come noi vediam della rosedia e del vaiuolo, che quanto piu si sfogano, allhora tanto piu rendono il corpo franco e schietto tutto il resto della vita; cosi una certa pazzia che nasce con tutti, molto manco è dannosa all’anima, e piu rende poi la vita libera e risoluta, se fa lo sfogo suo ne gli anni gioveni, che se si riserba à uscir fuora nel tempo qual si ricerca esser savio e temperato.

Marg.             Dunque voi tenete che sia utile in questa età ch’io mi trovo di viver allegramente, e pigliarsi qualche solazzo.

M.R.   Utilissimo e necessario, e se ci fosse tempo, crederei saperti mostrar minutamente, che vita dovrebbe esser la tua, e quanto oltre doveresti distenderti in pigliarti piacere; e sò certo che tu diresti, ch’io m’intendo delle cose.

Marg. Come tempo? e che habbiam noi da fare? io voglio in ogni modo che voi mi ragioniate un poco di questa cosa; e non potiamo haver tempo piu commodo; siam sole, et à voi non penso ch importi molto il partirvi, che non mi par’hora di vespero, ne di compieta.

M.R.   Perdonami, io non posso hoggi star da te, voglio andar a riscuoter certi danari dalla tua cia.

Marg. Che v’importa riscuoterli hoggi ò dimani?

M.R.   Oime, Margarita, ben che tu mi veggia cosi vestita, hai da sapere che io fo poi in casa di belli stentolini, ma lo dimostro manco ch’io posso per vergogna, et à te che posso dire ogni cosa, posso giurar, che spesso non ho briciola di pane in casa.

Marg. In fine non pensate di partirvi, non mancherà pane, ne altro, mentre che n’harrò io; che certo è d’haver una gran compassione à chi è nato nobilmente et non ha da vivere.

 

FOL. 7 R

M.R.   Ti ringratio, ma à questa volta mi perdonerai, ch’io ti vo lasciare, potrò tornarci un’altro di piu à bell’agio.

Marg. Che fate? non bisogna rizzarvi, ch’io non vo per miente che ve n’andiate: mi lamentarei molto di voi.

M.R.   Che t’importa piu hora che un’altra volta?

Marg.  Importami che, poi che m’havete accesa à questa cosa, non vo che passi d’hoggi ch’io non intenda minutumente il parer vostro.

M.R.   Margarita, io non ti posso mancare, ma à dirti il verò, anchor che tutto quel ch’io sarei per dirti io conosca che doverebbe piacere à tutte le Donne gentili, come sei tu; non dimanco gli animi non si conoscono, e i cervelli sono varij, chi sa? potrebbe essere tal volta che mi advenisse il contrario, che ti dolessi di me, che mi dispiacerebbe assai

Marg. Nò, nò, di questo non ci è pericolo, io vi conosco per altri tempi, et so molto bene che le vostre parole tornano sempre in honore di Dio, et util di chi l’ode.

M.R.   Quando à Dio, già t’ho detto, che sarebbe meglio, se si potesse fare, il non darsi mai un piacere al mondo, anzi starsi sempre in digiuno e discipline, ma per fuggir maggior scandolo, bisogna consentire à questo poco di errore, che è, di pigliarsi qualche piacere in gioventù, che se ne va poi con l’acqua benedetta; e questo ti sia in risposta, senza ch’io piu te’l replichi, à tutte quelle cose che io ti dirò, le quali ti parrà che pizzichino alquanto di peccatuzzo. E però in tutto quello che io ti raggionerò, presupponendo questo poco di peccato, per esser necessario, procureroò quanto piu sia possibile l’honor del mondo, e che quei piaceri che s’hanno da pigliare sieno presi con tal distrezza, e con tale ingegno, che non si rimanga vituperato appresso delle genti.

 

FOL. 8 V

Marg. Di questo ne son certissima, ch’io ho piu fede in voi, stò per dir, che nel vangelo.

M.R.   La puoi haver figliuola mia, che io vorrei piu persto perdere questo mongile, che non ho altro di buono in questo mondo, che dir cosa che non tornasse in tuo utile et honore.

Marg. Hor comminciate adunque.

M.R.   Con questo che tu mi prometta di starmi à udire quetamente tutto quello che ho in animo di dirti, è se ben che nol credo, in qualche cosa io non ti sodisfacessi, per questo non m’impedire per fin’al fine del mio ragionamento, da poi serà in tua libertà di fare ò non fare, secondo che ti parrà.

Marg. O, se nel vostro ragionar mi nascesse qualche dubbio, non volete voi che io possa dimandarvi liberamente di quanto mi occorre?

M.R.   Questo si, pur che tu m’ascolti amorevolmente tutte quelle cose ch’io vorrò dire.

Marg. Cosi vi prometto.

M.R.   Da qua la mano.

Marg. Eccovela; hor dite.

M.R.   Mi par cosi vedere, che nel mezo de nostri ragionamenti verrà il tuo marito, ò qualche uno altro, e romperacci ogni nostro disegno.

Marg. Non è hora da venirci nessuno; di mio marito non ci è pericolo, che egli ha due mesi che egli andò in Val d’ambra à riscuoter non so che grano e danari, e non è anchora tornato.

M.R.   Come due mesi? e tanto tempo per volta ti lascia sola in cosi bel fiore della tua eta?

Marg. He Dio, questo è un zuccaro; vi posso giurare, che da due anni in quà,che io venni à marito, non è stato, accozzando tutte le volte, quattro mesi intieri con esso me.

 

FOL. 8 R

M.R.   Oime oime, che mi dici? che tradimento è questo? io mi teneva per certa, vedendoti star sempre in casa cosi rimessa et abietta come tu stai, e gittar via cosi gran bellezza com’è la tua tanto scioccamente quanto tu fai, che almanco tu ti godessi continuamente ne tratenimenti del marito; ben che le carezze e i piaceri co mariti son poco manco sciapiti e disutili che sieno à queste monache i trastulli de i lor passatempi. Oime che m’hai detto: hor che farà egli per l’avenire, se hora ch’egli t’ha fresca in casa, e si puo dir sposa, ti tratta cosi; e mi vien certo una compassion di te la maggior che si credesse mai: perche io veggo chiaro chiarissimo come in un specchio, come tu vieni ne gli anni di qualche conoscimento, hai da rimordertene, e disperarti, et arrabbiarne, di forte, che questa disperatione ti metterà fra i denti del divano lo viva; e come puoi viver meschinella à questo modo?

Marg. Io vi confesso che mi sa malegevole, ma mi son sempre appiccata à i consigli che mi diè mia madre poco tempo innanzi che ella morisse.

M.R.   O Dio quanti errori si fanno non conoscendo per poca prattica delle cose: s’ella havesse vissuto venticinque ò trenta anni piu, havrebbe conosciuto con tuo gran danno l’error suo; ma dimmi un poco, come è amorevole di te il tuo marito quel poco tempo che egli sta in Siena?

Marg. Tutto quello che io fo è ben fatto, non mi riprende mai di niente, è questo lo fa perche la sua natura lo sforza à far cosi, ò voglia dir per doppocagine, non già per amore che mi porti.

M.R.   Lo credo, perche se t’amasse non farebbe si longhe pause à tornare da te; anzi non ti lasciarebbe mai; e massime ch’egli è ricchissimo, e non ha bisogno d’an-

 

FOL. 9 V

Darsi avvilupando per le Val d’ambre.

Marg. Questo è vero ch’egli è ricco, e d’ogni cosa potrei disporre io quando me ne deliberassi; ma come n’ho detto, mi son sforzata contra mia voglia di non curarmene.

M.R.   Tanto piu sei una simplicella, che sarebbe pazzia cotesta quando la facesse madonna Lorena, ò la tua cognata, e mille altre brutte che ci sono non che tu, che sei tenuta la piu dilicata bellezza che sia hoggi in Siena.

Marg. Hor ritorniamo al fatto nostro, madonna Raffaella, ch’io tengo certo che vi ci habbia mandata hoggi Dio qui da me.

M.R.   Siane certissima che Dio m’ha spirata à venirci, accio che tanta belta’ e leggiadra quant’è la tua non habbia da invietirsi in casa ruzzando con l’aco, e con le assicelle. Hora la prima cosa figliuola tu hai da por cura che quei piaceri, i quali conchiuderemo hoggi che ti si convenghino, tu veggia di pigliartili con tal ingegno, e con tal’arte, che il tuo marito piu presto habbia da comportarlo volontieri, che da pigliare un minimo sospettuzzo de i casi tuoi. E questo lo farai agevolmente, se tu harrai avertenza di non entrar furiosa cosi in un tratto nella vita che noi diremo, e massime essendo tu vissuta fin’a qui lontana da simili cose e rimessa fra i gatti intorno al fuogo; perche una cosi subita mutatione darebbe da sospettar à non so chi. Bisogna anchora che tu usi diligenza quando ti accadesse trovarti dove si ragionasse di solazzi e di feste alla presenza di tuo marito, ò d’altri, non mostrare menare smania, e distruggertene del desiderio; anzi tenendo il tutto in te ne parlerai come di cosa che non t’importi molto; e medesimamente tornando tal volta à casa

 

FOL. 9 R

da qualche festa e convito, guardati non star in certo modo sospesa, e con l’animo sollevato, tal che s’accorghino le mura, non che altri, che tu habbi il capo pien di grilli; e con queste avertenze et altre che’l tuo ingegno ti dimostrerà, tu potrai havere li medesimi sollazzi, et insieme la pace della casa con tuo marito, che potendola havere, mi par cosa da stimarla moltissimo.

Marg.             In questo harrò io da durar poca fatica, perche, come vi ho detto, il mio marito è la miglior pasta d’huomo che voi vedeste mai; e di quelle cose che io mi disponessi crederei farli creder che le lucciole fossero lanterne; ne altri ho in casa di chi io habbia da tener conta, come son suocere, e suoceri, cognati, e cognate, e nipoti, e simili gente da mal’acqua.

M.R.   Gran ventura è la tua, perche io conosco molte in questa terra, che hanno i lor mariti cosi arrabbiati, fastidiosi, e indiavolati, che sempre rimbrottolandole e villaneggiandole fanno la casa loro la casa del gran diavolo, dove che gli sciocchi potrebbono, se si recassero le mogli per lo verso, starsi nel paradiso; che ben all’ultimo all’ultimo, quanto piu son pazzi e colerici, tanto piu la colera e la pazzia torna sopra di loro; perche al dispetto lor marcio, e con molto piu dissavantaggio, fanno le mogli loro alla fine tutto quel che vogliono; nondimeno quando una giovene potesse, come t’ho detto, fare insieme quel che vuole, e salvarla quiete della casa, e star ben col marito, e’ cosa al proposito, e massime nelle spese ch’ella ha da fare.

Marg. Del fatto del mio marito la cosa non puo star meglio; ma ditemi un poco, in che cosa principalmente ho da far queste spese che voi dite?

 

FOL. 10 V

M.R.   Primamente molto porge diletto e si conviene generalmente à gli huomini et alle Donne gioveni il vestire riccamente, e con garbo, e con giudicio, e massime alle Donne, perche per esser loro mollo e delicate, come quelle che sole furo create da Dio per far meglio comportar le miserie del mondo (fecondo che io ho udito dir piu volte à un giovene de gli intronati, che si chiama lo stordito, molto affettionato delle Donne) molto piu par che si convenga la nettezza del vestire alla lor candidezza e delicatura, che l’assprezza, e non so che robusto che hanno gli huomini.

Marg. Vi vorrei, monna Raffaella, un poco piu particolare nella cosa del vestire.

M.R.   Voglio che una giovene ogni pochi giorni muti veste, e non lasci mai foggia che sia buona; e se’l suo giudi cio le bastasse à trovar foggie nuove e belle, sarebbe molto al proposito che spesse ne metesse innanzi qual ch’una; ma non le bastando il giudicio, appicchisi à quelle delle altre che sien tenute migliori.

Marg. Che parte vuol’haver una foggia per potersi chiamar buona?

M.R.   Vuol esser ricca e garbata.

Marg. In che si contiene l’esser ricca?

M.R.   Vuoi, Margarita, che io discorra nelle cose che habbiam da dire hoggi secondo l’esser tuo, e che s’appartiene a te solamente, overo insieme di molte altre, seconde le diverse qualità loro?

Marg. Che vi par meglio à voi?

M.R.   Il primo mio proponimento è hoggi di mostrarti le cose secondo l’esser tuo particolare, nientedimanco mi par che sia necessario, per far questo, andar confide-

 

FOL. 10 R

rando insieme anchora intorno all’esser diverso di molte, per le ragioni che per te medesima conoscerai.

Marg. Cosi si faccia.

M.R.   Dico adunque, che la ricchezza delle vesti consiste molto in cercar con diligenza, che i drappi, panni, saie, ò altre tele sieno finissime, e le miglior che trovar si possino; perche il vestirsi di panni grossi, come fa, poniam caso, madonna Lorenza, che per foggia ha fatto una camorra di panno poco manco che fratesco, si domanda foggia magra.

Marg. Come puoco manco? eglie fratesco frateschissimo.

M.R.   Tanto peggio: voglion le vesti oltre à questo esser’ ampie e divitiose, ma non però tanto, che la persona ne rimanga toppo scommodata; e questa pienezza importa assai, perche non si vede mai peggio, che quando noi vediam’alcuna delle nostre gentildonne, che vanno per Siena con certe vestarelle che non v’è dentro sedecibraccia di drappo, con le loro sberniette, che non le arrivano al culo a una spanna, et aggirandosene una parte al collo, e tenendone un lembo in mano, col qual si copron meza il viso, van facendo le mascare per la strada, e con l’altra mano alzandosi la veste da dietro, accioche non si logri toccando terra, vanno per la strada con una certa furia, con un trich trach di pianellette, che par che le habbiano il diavolo fra le gambe; e forsi che si alzan cosi per mostrare il piè galante con un poco di gambetta tutta attilata, anzi mostran quei piciacci largi, mal tenuti, con certe pianelle tutte scortecciate per la vecchiezz, delle quai cose ti parlerò poi quando verremo à questa particolarità.

Marg. Mi par che m’habbiate descritta tutta di punto la

 

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mia Cugina, ben ch’ella m’ha detto che va cosi non per scempiezza, ma per galanteria.

M.R. Tutte dicon cosi, e fan della necessita cortesia, mostrando di far à posta e pensatamente, quel che fanno ò per miseria. ò perpovertà, ò per dapocaggine. Voglio anchora che queste veste cosi ampie com’io ti dico, sieno piene di liste, tagli, tagliuzzi,, ricami, et altre simili cose; alcun’ altra volta sieno tutte pure, perche questa varietà di vestire mostra gran sontuosità, et ha molto del buono.

Marg. Io mi crederei che questo fusse segno di varietà di cervello, d’haver poca fermezza, che non sarebbe poca macchia.

M.R.   Sarebbe vero quando una giovene nell’altre sue operationi mostrasse questa instabilità,ma facendosi conoscer per savia et accorta in ogni altra sua attione, questa varietà nelle vesti ch’io ti dico le tornarà tutta in grandezza et ornamento.

Marg. Mi havete fatto sovenir del cervello della Bianchetta, che è il piu balzano ch’io vedessi mai; che fra l’altre sue fantasticare la falotica sei volte si vesti un giorno per andare in un ritruovo, e sei volte pentitase si rispogliò per non v’andare.

M.R.   Lo intesi: hor sopra tutto si conosce la ricchezza del vestire, Margarita, in haver sempre vesti fresche, non portar mai una medesima, non vo dir molte settimane, ma almanto molti mesi.

Marg. Queste cose, madonna Raffaella, par che si convenghino piu à una Signora e Principessa, che à una particolar gentildonna, come sen’io; et se io, che mi posso chiamar ricchissima in Siena, rispetto alla maggior parte delle altre non ho il modo à regger à tanta spesa quanta voi

 

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Dit, che faranno l’altre che sono molto piu povere?

M.R.   A una Principessa e gran S. Si apparterebbe vestir broccati finissimi, e ricamar le vesti di perle di diamanti, rubini, et altre simili cose, dove ch’io havendo questo rispetto, non t’ho parlato fin qui di cosa piu ricca che drappi.

Marg. Gliè vero, ma ne ricami, ne liste, ne tagli che voi dite, ci van di molti danari.

M.R.   In somma io di quanto dico intendo secondo la possibilità: chi non può tutto faccia quel piu che sia possibile, sforzandosi anchora un poco.

Marg. Sequite dunque.

M.R.   Dico, tornando à proposito, che è molto brutta cosa il portar’una istessa veste molto tempo, ma bruttissima quado altri si può accorgere che di una veste ne habbia fatta un’altra, ò tignendola, ò rivoltandola, ò altrimenti, come fece la moglie d’uno che è adesso de Signori, che essendosi fatta, quando era sposa, una veste di damaschin bianco, dopo che l’hebbe portata parecchi anni, essendo già molto lorda, la rivoltò, ponendo il dentro di fuora, e cosi se la portò cinque anni poi di domenica in domenica: me essendo già frustissima la fece tignere in giugiolino, ò leonato che noi vogliam dire, per parer di mutar veste, e si perche in quel colore manco si conosce il frusto che nel bianco, e si anchora perche alla sua età il bianco horamai non si conveniva; hor cominciandosi poi dopo qualche anno piu à rompersi gagliardamente, si risolvè pur di guastarla, e fecesine di una parte frange per non so che camorra paonazza, e di un’altra parte certe manichette, le quali in pochi di convertendose in fila, le ricoperse poi con panno di lino tagliato, e cosi si stanno hoggi; quel che ne segui-

 

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rà vederemo; penso ben che innanzi che il pover da maschino si riponga in sepoltura, andarà anchora scontando i suoi peccati in altre forme qualche anno piu.

Marg. M’indovino chi sia costei.

M.R.   Basta hor tutto quel ch’io t’ho detto intorno alla ricchezza del vestire, bisogna che sia accompagnato da un garbo pien di giudicio, che altrimente non varebbe niente.

Marg. In che consiste questo garbo?

M.R.   Consiste in due cose principalmente, ne i commodi della persona, e ne i movimenti.

Marg. I movimenti, madonna Raffaella, sono pari delle attioni, e noi siamo hora nel proposito.

M.R.   Dico che molto ha da guardarsi una giovene di non vestir di molti colori, et massime di quei che non con vengono insieme, com’è il verde col giallo, e’l rosso con lo sbiadato, e simili altre mescolanze da bandiere, perche questa misura dicolori e sgarbatissima.

Marg. O chi volesse con imperse nel vestir mostrar l’animo suo?

M.R.   Le imprese si fanno di due colori ò tre al piu, nell’un de quali ha d’essere il corpo di tutta la veste, gli altri poi consistono in filetti, ò in nastri, ò cordelle, è frange, ò tagliuzzi, ò simili, del che non parlo al presente; ma intendo il vestir di piu colori; come fa la tua vicina, che porta la camorra bigia, la sbernia pavonazza, le manichette di raso sbiadato, e il centolo

 

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verde, che pare la piu goffa cosa che tu vedessi mai; e però ti conchiudo, che il corpo di una veste vuol essere sol d’un clore, e quello accommodato.

Marg. Come accommodato? non v’intendo.

M.R.   Accommodato all’essere et alla qualità di chi veste. Poniamo caso, che una che habbia le carni pallide e vive si guardi da colori aperti, salvo che dal bianco: come sono verdi, gialli, cangianti aperti, e simili. Quelle che hanno le carni smorte vestissino quasi sempre di negro. Quelle che hanno un certo vivo rossegiante nel viso, che le fa parere sempre ebbriache, vestino leonato, scuro, e bigio: il rosso è colore generalmente pestilentissimo, et à nessuna carnagione s’acconviene; e per lo contrario, il bilanco alla maggior parte sta bene, pur che sieno nel fior della gioventù, et à te particularmente riderebbe moltissimo; ben che di questo in vero non si possa da regola chiara è determinata, ma bisogna rimettersene al giudicio di chi ha da vestire.

Marg. Quanto à i colori mi basta questo, parlatemi hora del commodo della persona, nelquale secondariamente dite che consiste il garbo.

M.R.   Di questo ti risolvo in due parole: una giovene ha da percura, che quelle foggie che piglia, sien tali, che le parti della persona sua, le quali ella ha belle, diventino bellissime, et quelle che son brutte rimanghino manco brutte che sia possibile: e non fare come madonna Brigida, ma di questa ultima parte non importa che io ti parli, perche tu non hai parte nessuna che non sia eccellentissimamente bella.

Marg. Che fa madenna Brigida? ditemi un poco.

M.R.   Ha voluto pigliar’una foggia di portar le manichette tanto strette, che si vegga schietta la forma del brac-

 

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cio, et ha il braccio tanto sottile, che è una brutezza à vederlo, dove che s’ella havesse le braccia proportionatamente grosse, non era forse cattiva foggia in tutto; e similmente la tua comare ha le spalle grosse e larghe come un fachino, et ha persa la foggia di empire i busti di tanta banbagia, che ne rimane la piu contrafatta cosa del mondo: et havendo i piedi larghi da contadino, fa certi tagli alle scarpe, che gli fan parer’alrettanto piu larghi: e di queste e simili cose ti darei infinitissimi essempi, ma gli puoi considerar per te medesima. Bisogna adunque riparare a i diffetti della natura piu che si puo, con banbagie, o camorrette, e con statura, o tagli, o simil’altre avertentie; ma tu che sei bella per tutto, piglia le foggie che mostrino chiaramente lo svelto della tua persona, la franchezza delle braccia, la maestà delle spalle, la disposition de i fianchi, la scarsezza del piè, la buona proportione della gamba, e del resto.

Marg. Che bisogna haver cura alle gambe non havendo ad esser vedute?

M.R.   Anzi che han da esser vedute, ma con che arte e con destrezza ne parlerem’un poco dopo, quando diremo de i movimenti.

Marg. Che non ne diciamo hora, che della commodità habbiamo detto assai?

M.R.   Vo primadiscorrere con poche parole sopra l’ornamento della testa e delicatura delle carni, che questo anchor voglio che si convenga nel vestire, benche paia alquanto diverso.

Marg. Ben dite.

M.R.   Hai da saper Margarita, che non potrebbe haver’una giovene le carni cosi chiare, bianche, e delicate, se

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non le aiutasse alquanto con l’arte, che non mostrassero alcuna volta per qualche caso, come spesso puo accadere, di esser non cosi belle: e non è buona la ragion di coloro che dicono, che pur che una Donna habbia le carni belle naturalmente, non importa poi lo spezzarle e trascurarle; e per questo io concederei, che una gentildonna usasse continuamente acque pretiose et eccellenti, ma senza corpo, ò puochissimo, delle quali io li saprei dar ricette perfettissime, e rare.

Marg. Dunque questi solimati, e biacche, e molte altre sorti di lisci che si usano; non vi paiono da lodare?

M.R.   Anzi da biasimar quanto si può, perche che potiam veder peggio che una giovene, che si habbia incalcinato e coperto il viso di si grossa mascara, che appena è conosciuta per chi la sia? et tanto piu quando ella è ignorante di tal’essercitio, et s’impiastra à caso senza sapere che ella si faccia, come ne conosco molte in questa terra, che si consumaranno la mattina poco manco che due sciacciatelle di solitamato, ponendoselo à pazzie, da far rider chi le vede.

Marg. Madonna Ghiachetta che sta nel casato, e una di qulle, che la mattina di San Martino la vidi alla festa, che cosi sgarbatamente si havea coperto il viso, ch’io vi prometto, che gli occhi parevan di un’altra persona, et il freddo gli haveva fatte livide le carni, e risecco l’empiastro, tal che gli era forza alla poveretta stare interizita, e non voltar la testa se non con tutta la persona insieme, accioche la mascara non si fendesse.

M.R.   Guardatene figliuola mia da tali impiastri come dal fuoco.

Marg. In vero di queste cosi scempie non è se non da farse-

 

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ne beffe: ma che i lisci à chi gli fa ben usare, non sien d’importantia, non e nessuna donna che non lo dica.

M.R.   Fidati di me, che chi lo dice, non sene intende: però se farai à mio modo, non userai se non acque, le migliori che potrai trovare, et in quelle spenderai quanto puoi.

Marg. Gia uso adesso un’acqua che è tenuta buonissima.

M.R.   Che acqua?

Marg. Non vi so dire, ma me la vende uno spetial che sta alle costarelle, e non me n’ha voluto mai dar la ricetta.

M.R.   T’intendo, so che acqua che ella è, che ne vende à molte, che quasi tutte hoggi usano di cotesta, per esser di non molta spesa, e non solo le Donne, ma molti anchor di questi gioveni effeminati, che piu meritavan di nascer Donne che huomini, nellaqual acqua entra malvagia, aceto bianco, mele, fior di gigli, faggiuoli freschi, verderamo, argento sodo, salgemme, salvetro, allume scagliuolo, e zuccarino, ogni cosa distillata per campana, et è in vero assai buona acqua, ma per acque divine non crederei a’ persona del mondo, e massime d’una che e’ in vero di gran spesa, ma eccellentissima molto.

Marg. Di gratia ditemela madonna Raffaella.

M.R.   In ogni modo non m’intenderesti, basta che io te ne farò ogni volta che vorrai, et farà le carni in un tempo, chiare, bianche, e morbide quanto piu si possa.

Marg. Voglio che mi diciate la ricetta brievemente.

M.R.   Io piglio prima un paro di piccioni smembrati, dapoi termentina venetiana, fior di gigli, uova fresche, mele, chioccioline marine, perle macinate, e canfora, e tutte queste cose incorporo insieme, e mettole dentro a i piccioni, e in boccia di vetro le distillo à lento fuoco. Dapoi piglio muschio, et ambra, e pannelle

 

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D’argento, et macinate queste ultime cose al porfido sottilmente, le metto in un botton di panno di lino, e le gole al naso della boccia col recipiente sotto, e dapoi tengo l’acqua al sereno, et diviene una cosa rarissima.

Marg. Io non v’ho bene intesa.

M.R.   Te lo credo, ma non te ne curare, perche te ne farò io sempre che ne vorrai, et insegnerò à usarla.

Marg. E non si può negare che l’usare simil’acque non sia cosa gentilissima e dilicata, nondimeno non e’ Donna in Siena, che non adoperi qualche sorte di liscio, chi piu fino, e chi manco. Et io per far come le altre, vi confesso, che io me ne metto qualche volta, et ho di quel che e’ tenuto buonissimo, che ne usa madonna Fioretta, e la R offina, et quella sposa che uscì fuora non hieri l’altro.

M.R.   E cotesto anchora so che gliè,e vuotene dir la ricetta in due parole; si piglia argento sodo, e argento vivo, e macinato nel mortaio, vi si aggiunge biacca, et allume di rocca arsa, et cosi per un giorno di nuovo maccinato insieme si gli da poi la saliva con lo mastisce tanto che sia liquido, e si fa bollire in acqua piovana, et levato il bollire si butta sopra il mortaio del solimato, e cosi fatto tre volte, e gittata l’acqua la quarta volta, si serba insieme col corpo, e di questo si costuma molto fra le Donne che non hanno molto il modo da spendere: ma io ho da insegnarti da farne d’una sorte cosi gentil, e rara, che molte donne pagherebbeno assai di sa saperla, et è tanto ben disposta e dilicata, che anchora ch’ella habbia alquanto di corpo, non sarà appena alcuno che se n’accorga, e acconcia le carni perfettamente.

Marg. Deh monna Raffaella, se mi voleti bene, insegnatime come la si fa.

 

FOL. 15 V

M.R.   Basti che io te ne darò continuamente.

Marg. Io vorrei intendera quello che vi entra dentro, se non ve importa.

M.R.   Io te’l dirò,anchor che io so che non m’intenderai. Si piglia argento sodo fino, et argento vivo passato per camoscio, et incorporati insieme si fan macinare per un dì per un medesimo verso con un poco di zuccaro fino, et dapoi il cavo del mortaio, e lo fo macinar al, porfido à un dipintore, et v’incorporo dentro panelle d’argento, e perle, e di nuovo fo macinare al porfido ogni cosa insieme, e le rimetto nel mortaio, e le stempro la mattina à digiuno con saliva di mastice, con un poco di olio di mandole dolci, e cosi liquido rimenato un di’ stempro di nuovo il tutto con acqua di frassinella, e mettolo in un fiascho, e lo fo bollire à bagno marie, e cosi fatto quattro volte, gittando sempre l’acqua, la quinta serbo, e cavata dalfiasco la vuoto in una conca, e lasciola far corpo, dapoi vuoto quell’acqua pianamente, et al fondo rimane il solimato, nel quale incorpor o latte di Donna, e gli do odore con muschio et ambra, et tutto questo incorporo poi con l’acqua, e lo tengo in un fiasco ben chiuso e sotterato in cantina.

Marg. Non può esser se non cosa buonissima.

M.R.   Sia certa Margarita ch’io non credo si possa trovar meglio, e votene portar domani un fiaschetto, et insegnarotti à usarla.

Marg. De gli olij monna Raffaella che mi dite, paionvi al proposito per acconciar le carni?

M.R.   Olij d’ogni sorte son da fuggire, ò sien fatti d’alume scagliuolo, ò alume gentile, ò biacca, ò argento sodo, ò di ulive, ò sian come si vogliono; ben è vero che tal

 

FOL. 15 R

Volta in villa, per mantenimento delle carni, non sarebbe forse male l’usare un poco d’olio di mandole dolci con cera bianca, aggiuntovi qualche poco di canfora, ben che quell’acqua eccellente che io t’ho detta poco fa, fa questo medesimo effetto, e meglio.

Marg. Per levar’il rossore tornando di villa usava mia madre verderame con chiaro di uovo la sera, e dormiva con quello impiastro su’l viso.

M.R. O bruttissima cosa, e forsi la maggior parte delle donne non fan questo medesimo: ma tu habbi avertenza di non far simili poltronerie.

Marg. Di madonna Loretta, e della Mascarina, et di molte altre che han presa una foggia di farsi il viso e il petto di color incarnato,che ve ne pare? e come pensate che le facciano?

M.R.   Gotesta è facilissima cosa, si pongon prima con diligentia il rosso, e dapoi danno uno scialbo in sommo del solimato, ilqual bianco con quel rosso pruduce quello incarnato che vedi, et è bruttissima usanza, e vedrai che durerà poco, e non mi par che per niente una gentildonna habbia à dipingersi in cotal modo.

Marg. Delle stuffe che ne dite?

M.R.   Stuffe d’ogni sorte, ò sieno fatte di vetri, ò penne di gallina, ò gusci di uova, ò simili bruttezze, non voglio che una gentildonna usi per niente: perche se ben fanno belle carni, guastano poi i denti, e la vista, corrompono il fiato e la sanità.

Marg. Mi fate sovenire della Bambagiuola, che non gli è rimasto dente che buon sia, e non passa pur anchor ventidue anni.

M.R.   Da questi essempi impara tu, e tanto piu che la bel-

 

FOL. 16 V

Lezza e bianchezza de denti porta gran gratia à una Donna; et io ti voglio insegnare un giorno alcuna buona polvereda mantenergli.

Marg. L’harrò molto cara, perche poche intendo che se ne trovan delle perfette.

M.R.   La mani, Margarita, come te le curi? Impero che la bellezza delle mani è molto stimata in una giovene.

Marg. Io uso di pigliare un limone, e fattolo venire in succhio, l’accosto al fuogo, e dentro vi metto zuccaro candido, e con esso mi lavo.

M.R.   Cosi costuman quasi tutte le Donne, et in vero sarebbe buono se non facesse col tempo pigliar vizze alle mani; ma io ti voglio insegnare una cosa eccellentissima, e facile: piglia senape sottilmente passata, e mele, e midole amare mescolate insieme tanto che venghino à modo di lattovaro, e di questo impaniati le mani la sera e metti guanti di camoscio, che sieno stretti piu che si può, e la mattina poi lavati con acqua di coppo, e con un poco d’olio di bengioì, e vedrai cosa che ti piacerà.

Marg. Innanzi che sien due giorni ne vo far la prova.

M.R.   Hor su, tu hai d’avertir, Margarita, sopra il tutto, di non far come molte ch’io conosco, et massime madonna Brigida, le quali non hanno cura di custodir se non il viso, et una parte del petto, quella a’ punto che si vede, del resto poi vada come vuole, del che ne nasce che le stanno della persona loro lorde, schiffe, e mal dilicate.

Marg. Ò volete, madonna Raffaella, che una giovene usi simil acque e solimati per tutta la sua persona?

M.R.   Non dico questo, anchor che siano alcune che si lisciano le gambe, le braccia, e ciò che elle hanno, il che è vituperosissimo; ma voglio che una gentil

 

FOL. 16 R

Donne ogni pochi giorni si lavi tutta con acqua calda, fattovi bollire dentro qualche cosa odorifera, per che tu hai da tener per certo, che la delicatezza è quella che rifiorisce la bellezza di una Donna.

Marg. Di quelle parti che non si veggono che importa?

M.R.   Del vedersi ò non vedersi ti parlerò poi quando sarò in tal proposito, ma hora dico che posto caso che non habbiano mai da esser vedute, in ogni modo la netezza della persona e delicatura si ha da cercare, se non per altro, per sodisfation propria, e del marito, oltre che la lordezza della persona genera spesso cattivo odore in una Donna, che e’ cosa vituperosa, e poche sere sono ch’io lo provai dormendo à sorte con la moglie di messer Ulivieri.

Marg. Mostra pur costei di andar assai delicata.

M.R.   Nel viso si, ma del resto fatti il segno della croce; pensa che oltre ch’ella teneva il foglio alto per tutto, ella haveva sopra la cintura fra tutte due le parti del petto radunato un fango, una lordezza, la piu brutta cosa del mondo; e per quel ch’io ne pensi, stimo percedesse dal solimato, ilquale essendo piu volte rilavato e riposto, haveva à poc’à poco imposto sopra la cintura come il sabbione, ilquale solimato cosi imposto genera un odorino acuto, la piu schiffa cosa che si possa odorare.

Marg. Mai l harrei pensato di costei che fa tanto del gentile e dello schiffo, e mi ricordo, che trovandomi à queste mattine à canto ad essa in un convito, non veniva in tavola vivanda che non mostrasse che le putisse.

M.R.   Quando à questa parte della delicatura habbiamo forse ragionato troppo, e però lasciandola da parte, bastiti sapere, che una gentil Donna l’ha da curare sempre quanto può, anchor che fusse certa di non haver

 

FOL. 17 V

Mai à uscir della sua camera. Ma voglio hora dirti al quante parolette sopra la conciatura della testa.

Marg. Harrò caro di sentire il vostro parere, perche n’ho udito qualche volta parlar molto variamente; à chi pare che il berzo assai grande dia molta gratia, à chi il picciolo, et à molti il non haverlo in alcun modo.

M.R.   In vero questi berzi cosi piccioli, come si usan hoggi, tolgono alquanto della presentia e del nobile, ma quei cosi grandi che si portavano non molti anni sono, erano peggiori assai; però giudicarei, che quanti’al berzo, una giovene lo portasse alquanto maggiore di questi che si portano hoggi, ma non molto, e massimamente l’harrebbon da far quelle donne, che hanno la testa picciola, e portano quasi niente in testa, come fa la mia vicina in Camullia, che tu ben m’intendi, laquale ha un capo quanto un Cardarino, et in viso minutissima, e va con un poco di scuffiarella molto scempia, senza punto di berzo, e con un velo semplicissimo che la pare uno scricciuolo.

Marg. Io so di chi voi dite, ella fa perche è stato dato ad intendere alla semplicella, che ella faccia professione di essere di poco affetto, e trascurata della persona sua, tal che la poveretta, credendosi che sia bene, va fuora il piu delle volte con gli occhi appiciati, che non si e pur lavato il viso con acqua chiara.

M.R.   Già mi son’accorta del tutto. Quanto poi alle scuffie, voglio che sien ricche, e gentilmente intesutte, correspondenti alla grandezza del berzo; e quelle Donne che non harran molto brutti capelli, non voglio che portino capei morti in testa. I ricci anchora giudico che porghino gratia grandissima, ma voglion’esser fatti molto garbatamente come gli fa quella tua parente bella, che sta

 

FOL. 17 R

vicina alla piazza de i Tholomei.

Marg. Benissimo anchora gli fa madonna Cassilia, sopra i quali fu fatto un sonetto da un de gli Intronati.

M.R.   Nelle camicie voglio anchora che una gentildonna spenda assai, portando lenze finissime, e gentilissimamente lavorate, alcuna volta con seta, alcuna con oro e argento, et il piu delle volte con reffo solo, ma con grand’ arte fatte; e lo increspato da mano ha molto del buono e del gentile, et altro tanto dello sgarbato ha quel portarle accollate, come poco temo è, s’usano, che era foggia da Hostesse, et infranciosate.

Marg. Dite il vero, et à me anchora dispiaceva quella foggia come il male del cappo.

M.R.   Hor di questo sia detto assai.

Marg. Di gioie e collane come vi par che una giovene si habbia da caricare?

M.R.   Modestamente, e per venire piu al particolare, voglio che al collo porti un vezzo di perle chiare, tonde, e grosse, et una collanetta di quindici scudi smaltata con garbo, et un diamante ben legato da un sessanta scudi nel dito a’ canto al dito grosso della man sinestra; altre gioie, è collane non vo che porti, se non portasse una maniglia che fusse bella, laquale non lodo e non biasimo in tutto; guanti poi di gran pregio voglio che porti, ne altri odori adosso, accioche nel passare per le strade non lasciasse una mescolanza di odori dopo se, che ha pochissimo del buono, come fanno le due sorelle.

Marg. E la Bianchetta dove la lasciate? che non si puo quasi stare dove ella si sia, ma di questo mi basti; parlatemi hora dei movimenti, che voi dite che appartengono al vestir bene; i quali habbiam chiampati per piu proprio nome portatura.

 

FOL. 18 V

Marg. Tu hai da pensar Margarita, che se una giovene havesse una vesta fatta con bella foggia, e con colori ben divisati, e ricca, et accommoda, e non sapesse dapoi tenerla indosso, non harrebbe fatto niente.

Marg. Chi sarà quella che non sappia portarla, se la veste non havrà mancamento per se?

M.R.   Chi sarà quella? tu be sei male informata; ce ne sono infinite che, ò per vezzi, ò per poca avertentia, si hanno presa qualche portatura con certi attarelli goffi, la piu scempia cosa del mondo.

Marg. Datemene qualche essempio.

M.R.   Eccoti uno senza andarlo molto cercando; non vedi tu latuapigionale qui di sotto, per haver preso un costume quando va per le strade di spignere innanzi sempre con la bocca pinciuta, et far fare alle poccie la chiaranzana, che se portasse tutto oro sempre gli piagnerebbe indosso; ma ce n’è forse una in Siena di queste tali? anzi rare ce ne sono che non habbian preso vezzo sgarbato; chi porta la sbernia tutta avolta su’l collo, chi se la lascia cader di dosso per non parer di pensarci, chi va con la bocca turata sempre, chi corre a’ staffetta col capo innanzi, chi va tanto agiata che consuma un’hora dal Domo alla costarella, chi rimena sempre la testa come una impazzita, chi va intera come una imagine, che porta le calze rotte che le escono fuora di certe scarpette di panno pavonazzo a’ due suole, chi si va tutta volta pavoneggiando, intorno uccellando alle sbetretate, e tutta via si rassetta hor qua, hor la, secondo il bisogno, chi trovandosi à nozze dove si balla, sempre, ò ballando, ò vedendo ballare, batte il tempo del liuto con la testa.

Marg. Questo che dite delle calze rotte è piu da dapecaggine che da vezzi.

 

FOL. 18 R

M.R.   Basta, pur è vezzo alla fine; oltre à queste, altre ci sono, che van con la bocca aperta, che par ch’elle essalin sempre di fete; chi con gli occhi sempre in su, chi col viso alle stelle, chi tuttavia si cava un guanto e rimette, chi sempre si morde un labro, e chi porge per canto un talmicin di lingua, e chi ha un costume cosi fatto, e chi un’altro, come puoi discorrere per te medesima.

Marg. Tutto vi confesso monna Raffaella, ma d’onde procede che le scempie non s’accorgan che fanno male?

M.R.   Molte ragioni ci sono, ma una principalmente n’e can sa, et è che questa razza di Donne, di ch’io t’ho parlato, sentendo lodar’ e metter in cielo alcune altre Donne eccellentissime che sono in Siena, pensano con l’imitarle di potersi acquistar quelle medesime lodi et eccellenze, e come persone di poco giudicio si pigliano à imitar qualche parte di quelle, cha à sorte sarà da biasimare; ò se non da biasimare, manco da lodare; perche nessuna puo esser da ogni parte perfetta; e pensano queste tali, che quel solo in che le imitano, sia cagione, che quelle altre sieno chiamate eccellenti, e quella parte poi accrescon quanto possono, stimandosi, che quanto maggior sarà, tanto piu avanzaranno di dignità e meriti di lode quelle ch’io ti dico esser eccellenti.

Marg. Non v’intendo molto bene, dichiaratamel meglio.

M.R.   Con uno essempio mi farò intendere; madonna Andrea sentendo essaltare madonna Cassilia per una singularissima Donna, et unica si può dire, si pensò che di tutto ne fusse causa, che ella andava lentamente per le strade, che ne per fretta, ne per agio usci mai dell’usato suo passo, e per questo disponendosi madonna Andrea di meritare quanto lei, ha preso un passo tanto agiato e fastidioso, che fa rider chi la vede; et un’altra ne conosco, che sentendo dire

 

FOL. 19 V

à una gran donna molto nominata, ragionando con essa, che la si legava le calze sopra’l ginocchio, pensandosi che questo fosse causa della fama di quella, cominciò à legarsile anchor’essa in cotal modo. E mi ricordo che trovandosi ella una mastina alla predica à Domo, non potendo sopportar il dolor che le dava quella legatura, come à quella che non v’era avezza, mandò destramento i centolo rimaselì, e mi venne alle mani, et era una cintura che puzzava d’urina valentemente, che penso che piu d’una volta fosse caduta dal cappezzale nella rocchetta. Di questi essempi ce ne sono infiniti di Donne, che han voluto imitare il manco bene, et lasciar il maggiore, il che procede solo da poco giudicio, e carestia di cervello, et mala creanza.

Marg. Come harrebbe dunque à governarsi una Donna in questa portatura che voi dite?

M.R.   In vero in questo bisogna pregar Dio di nascere con bon giudicio, di saper discernere quel che è da lodare da quello che è dabiasimare; perche la imitation sarebbe utilissima quando ci fosse questo, e quando si sappesse conoscere et elegere da quelle che sono eccellenti le parti lor buone, e lasciar le cattive; e quando alcuna non havesse tanto giudicio di saper fare questa elettione, doverebbe tener l’orecchie attente à quel che sente in altri lodare, et ingegnarsi d’imitarlo, e fuggir quel che l’ode vituperar communemente; et in somma, molto giova lo ingegnarsi che in niuna cosa non si esca della via del mezo, e fuggir la affettione piu che si può, polirsi, et essetarsi in casa apertamente, e poi alla presentia delle genti mostrar’ un certo disprezzare, et un certo non molto pen-

 

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sare à quel che s’è fatto per ornamento, ò per altro, che non te lo so descrivere altrimenti; e questo anchor con giudicio; perche l’andare spensierata in tutto sarebbe farse vitio non minore che l’andare con affettione.

Marg. Di questo dunque madonna Raffaella non si può dar regola speciale.

M.R.   Malissimo, ma servi in tutte le cose che ella ha da far una giovene questa via del mezo ch’io t’ho detta, e non potrà errare; et oltre à questo, habbia avertentia sempre, che si come t’ho mostrato poco fa, che tutte le vesti et foggie che ella fa han da esser tali, che le parti ch’elle han belle della persona appaian piu belle, et per lo contrario, ricoprin piu che si può quelle che son da biasimare; cosi anchora che i suoi movimenti e portatura, mostrin più che sia possibile il bello, e nascondino il brutto.

Marg. Vi vorrei un poco piu particolare intorno à questo.

M.R.   Voglio, dico, che se ella, poniam caso, harrà bella mano pigli ogni occasione che le si porga di mostrarle, come puo accadere, nel cavarsi e mettersi i guanti, in giuocare à tavole, à scacchi, à carte, in mangiare, et in mille altre cose, che le si possono occorrere tutto’l giorno. Se ella harrà bel petto, ilche è d’importantia grandissima à una donna, cerchi con destrezza d’haver commodità che esso le possa in qualche bel modo esser veduto, per quanto ricerca la sua honestà, esser naturalmente bello, non per arte nessuna, e questo gli verrà fatto, se la mattina fingerà qualche volta à quei che à sorte le verranno in casa, di esser levata allhora dal letto, e non haver havuto tempo di strignersi le veste, e cosi potrà conoscersi che’l petto suo per se stesso è ritondo, e spiccato, non per forza di pontelli e bagattelli; puo occorrer questo medesimo giucando alla

 

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neve, ò bagnandosi con acqua la state, come accade, e da poi mostrandosi tutta molle fa parere necessario lo scignersi, et asciugarsi. Una bella ganbo occorre spesso in villa, andando a’ pescare, ò uccellare, cavalcando, ò scavalcando, à passar qualche fossatello, e simili, poter destramente esser veduta e considerata. Le braccia essendo belle accade in giuchi dell’ortica, lasciandosi coglier nel letto, esser vedute, et in altre occorrentie, che sarebbe lungo il parlarne. E quando anchor’ella havesse bella persona, e bendisposta, occorre alcuna volta à i bagni, mostrando non pensare à ciò, bagnarsi in tal’hora, e in tal lungo, che da alcune fessure puossi essere veduta da qualch’uno.

Marg. Mi fate ricordar, madonna Raffaella, di due Donne belle, che fur viste tutte ignude nel bagno à Vignone da certi gioveni che io conosco.

M.R.   E di tutto questo intendo che una giovene habbia da cercar destrissima occasione, e tale, che non si pensi, che ella habbia voluto, che una tal cosa le intervenghi; perche in tutte le attioni, et operationi, e parole d’una Donna, intendo principalmente che si habbia di conoscere estrema honestà e pudicitia; perche dove non è honestà non s’apprezza ne considera in una Donna alcuna opera virtuosa. E per lo contrario, dove ella è ogni altra cosa fiorisce; e però non solo ha da guardar nelle occasioni ch’ella ha da pigliare per far quanto ho detto disopra, che altri non s’accorga ch ella l’habbia fatto avertitamente, ma da fingere con rossore, potendo arossire à sua posta, ò con qualche altro finto segno di honestà, d’haver’havuto dispiacere che tal cosa le sia avenuta; et ha da por cura, che in un medesimo tempo e luogo non le intravenga molte volte una medesima cosa, perche si

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Suspicarebbe che lo facesse accortamente; e replicandoti ti dico, che in somma ella ha da haver sempre avertentia, che ogni suo minimo passo ò parola, ò atto sia pieno di quella modestia che tanto siricerca alla Donne.

Marg. Da un canto monna Raffaella mi diletta molto quel che voi dite, dall’altro, mi par pericolo, facendo tai cose, di non venire in consideratione di persona vana.

M.R.   Questo t’interverebbe quando tu facessi alcuna di quelle cose, ch’io t’ho dette, con poca destrezza et affettatamente, ma se la farai di sorte, che paia che tu di ciò non t’accorga, e con un poco pin di rossore, e un non so che di vergognarti, farai parer di essere necessitata à farlo, e chi sarà quello che per questo te ne giudichi manco modesta, ò vana?

Marg. Se ben si tien coperta à gli huomini questa vanità, à Dio non si potrà già nascondere.

M.R.   Io t’ho già detto Margarita, e ridico di nuovo, che se fosse possibile, sarebbe benissimo fatto appresso à Dio non far mai un minimo peccatuzzo, anzi viver come una Romita fra pater nostri, e rosai, e discipline; e Dio’l volesse che si potesse fare, che non ci sarebbon tanti peccatori al mondo; ma perche io per la prattica che ho, conosco chiaramente che noi siam nati peccatori, e che bisogna per forza far una di queste due cose, o sfogar la malitia col commetter un poco di qualche erroruzzo in gioventù, over’errar poi in vecchiezza con maggior danno e vergogna, e pentirsi della gioventù passata in vano, e cader per questo in disperatione; per fuggir tanta ruina conosco esser necessario, et utile, lo sfogare gli animi ne gli anni gioveni, ne i quali Dio piu facilmente perdona, et il mondo scusa più, e più perche acconvegna e ride

 

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Quel che si faccia; nondimeno se ti basta pure l’animo à te sola piu che à tutti gli altri di essere unica in questo mondo col guardarti ò mantenerti fin che vivi senza un minimo peccatuzzo, io ti conforto e ti consiglio per far questo, che sarebbe molto buono, che tu non uscissi quasi mai della camera tua, e che tu andassi brancando vigilie, e quatto tempora, e disprezzassi in tutto, e fugisse ogni conversatione, ma non confidandoti poterlo fare, ti consiglio da figliuola, che tu hai, salvando sempre la modestia et honestà tua, da passare tuoi anni giovenili allegramente, e pensare che non vengono se non una volta, et che un medesimo piacere in quel tempo giova e diletta infinitamente, et è iscusato da tutti, e perdonato da Dio con l’acqua santa; e nella vecchiezza poi è deriso da ogniuno, aggrava la conscientia assai, et porta pochissimo diletto e piacere; si che per fuggire questo disordine io t’ho parlato di sopra, e consigliuta nel modo che hai inteso, e cosi consiglierei sempremai; nientedimeno se ti da pure il cuore, io t’ho detto, di viver senza commetter mai peccato fin’ alla morte, pur che ti riesca, io ne harrò piacere; et lasciando nostri primi ragionamenti, sarà buono ch’io ti parli in quel cambio della vita di qualche santo padre.

Marg. Nò nò,dite pur via quel che havete cominciato, che hora m’accorgo che gliè pur bene il parlar con chi sa, et ha pratica delle cose, perche mi cominciate à far conoscere esser verissimo tutto quel che dite, però seguite di gratia.

M.R.   Poi che noi habbiam parlato quanto ne occorre intorno al estire d’una giovene, cosi della vaghezza delle foggie, come del garbo, e del commodo, e de i movimenti, e portatura, et altre avertentie, che intorno à ciò hanno à havere; voglio che noi ragioniamo hora de i costumi e

 

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Maniera che ha da tenere una gentildonna nelle cose, che accadon tuto’l giorno, e prima quanto alla cura della casa sua, et à mantenersi la benivolenza del marito, laquale, come io t’ho detto disopra, e meglio intenderai, e importantissima, e necessaria; et hai da sapere Margarita, tutte quelle cose di che io t’ho ragionato, e ti ragionarò, appartenersi à una gentildonna, io intendo che ella sia giovene, e non passi al piu trentadue anni; perche dopo quel tempo, bisogna che si ritiri un passo adietro, e non le sta ben cosi ogni cosa.

Marg. Mi basta, perche innanzi che io sia di cotesta età, passaranno parecchi anni.

M.R.   Il governo della casa, ò Margarita, quando gliè ben e la fa stimar molto appresso di chi lo sa, e ben volere maravigliosamente dal marito suo; però che non può haver’un’huomo maggior contentezza, che vedeva la sua robba, e i figliuoli, e quel che egli ha in casa, essere amato e custodito dalla moglie sua, facendo argumente da questo essere amato da lei esso anchora.

Marg. Vi vorrei piu minutamente intorno à questo governo.

M.R.   Credo che tu sappi, Margarita, che per sostentamento et accrescimento di una casa, fa bisogno prima che l’entrate venghin dentro da di fuora, la cura dellequal s’appartire ne all’huomo, et oltre à questo, bisogna poi che sia in casa chi le conservi, il che si conviene alla Donna; perche se l’uno acquistasse e l’altra spargesse, e lasciasse andar male, la cosa andrebbe in perditione; e per lo contrario, quando queste due cose s’accordano insieme, ne vien poi la felicità delle case, e per questo voglio primamente che una giovene non si lasci pigliar dominio adosso dall’otio, dal

 

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Sonno, dalla pigritia, e dal tedio del viver, come molte fanno, che per fastidio non fan di che, e per poltroneria, si stanno fino à mezo giorno nel letto, e lasciano andare à brodetto la casa e quel che v’è, e se’l marito le dice mai niente, l’avanzane di voce, tal che egli dopo poche volte, se ne rimane per abandonato, e sta in casa sempre come un rabbioso. Ma voglio, dico, che ella si levi ordinatamente di letto assai à buon’hora , e che andando una volta, ò due per la casa, dia l’occhio à tutte le cose, ordini per tutto’l giorno alle serve quel che hanno da fare, e vegga che tutte le cose sieno al luogo suo determinato, accioche occorendo haver bisogno d’alcuna, non si habbia da perder tempo in cercarla: perche l’ordine importa assai in ogni attione, e massime nella cura della casa: nel commodar poi, voglio c’habbia tal maniera, che i fervi spontaneamente e con affettione facciano l’ufficcio loro, et in un medesimo tempo stieno in timore, tal che non si senta mai in casa un minimo romoruzzo di discordia, ò disubidientia; e non faccia come molte, che tutto’l giorno quanto gli è lungo fan la Comedia con le serve, borbottando, e gridando tuttavia, di forte che par sempre la casa loro la casa del gran Diavolo, e non vale un soldo tutto quello che disputano; per che il piu delle volte nascerà che una serva vendendo in piazza parecchie oncie di fichi secchi, si sarà lascianto tuore un ficho d’avantaggio da compratori, ò simili altre frivolezze; e delle cose che importano poi non se n’accorgano, e non ne han cura. Dopo che ella dunque haverà la mattina, come t’ho detto, data regola à ogni cosa per tutto’l giorno, voglio che si ponga à lavorare di sua mano qualche cosa, piu in vero, perche quelli che vengono in casa non la trovino otiosa, che per guadagno che sia per

 

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cavarne: venendo poi il marito, ella ha da fargli incontro, e mostrare di rallegrarsi di vederlo, e se non lo fa di cuore, almen finga di farla: e se’i menarà in casa forsestiero: voglio che ella lo raccolga con buonissimo viso, e dando una volta destramente in cucina, dia ordine che vi sia da fargli honore, e non mostri di sbigottirsi, con far rimenio, come ho veduto fare ad alcune, che se elle hanno pur per sorte à desinar un fattor di villa strasordinario, si aviliscono, e parlano fuor di proposito, e fanno un barbucchio, un romor di sedie, e di scabelli, un ragionarsi per casa senza sapere che farsi, ne che ordin pigliarsi, di forte che lo faranno stardue hore à disagio ad aspettar che’l pasto sia à ordine, e poi alla fine verranno in tavola per strasordinario due frittelle d’uno uovo e mezo l’una, e sguazza e con si magri tratenimenti lo intertengono à tavola, e con tante scuse, che’l poveretto suda di smania d’andarsi con dio, e fa voto fra se stesso se ne scampa di non tornarvi mai piu.

Marg. Mi fate quasi vergognare a’ sentirvelo pur dire.

M.R.   Da queste tai cose si ha da guardare come dal fuoco una gentildonna, et in somma ha sempre in ogni sua attione et occorrentia à mostrare, almeno fingendo, di havere desiderio di compiacere il marito suo in tutto quello ch’ella conosca gli sia agrado, et di tenere ogni affettione à lui, alla casa sua, alle sustantie e facoltà, à i figli, et à ogni cosa sua; e se non lo fa con buon’animo, almeno mostri di farlo; perche di qui nasce, che ella puo poi piu arditamente spender nelle vesti; però che vedendola il marito cosi utile nel resto et affettionata alla casa, non solo le compra queste volontieri, ma essorta spesse volte à farlo, e cosi da nella ragna da se medesimo.

 

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Marg. Ne i piaceri poi che voi volete che ella si pigli, che via ha da tener, che sia al proposito?

M.R.   Ogni cosa ti dirò pienamente. Tutti i piaceri che io ti ho da dire che debba havere una giovane, hai da sapere, che egli hanno origine et aiuto principalmente da ritruoni, da conviti, veglie, feste, boschetti, pescaggioni, parentadi, e veglini, e ritruovi privati. Sopra tutto hor’essendo questo, una giovene hada desiderare di trovarsi in tai luoghi per nutrimento e mantenimento di quei diletti e piaceri, di che noi per ammonitori, parlaremo poco dopo, e tal desiderio ha da tener in se nascosto, e di fuora palesamente ha da mostrare di dilettarsi per natura di truovarsi in feste, e conviti, e simili, non per altro, se non simplicemente per pigliar piacer di quei balli, feste, e giuochi, che vi si fanno; per questo ha da farne professione, e massime à mostrar al marito di essere inclinata dalla propria natura à tai cose, accioche veggendola egli andarvi volentieri, non suspichi per questo cosa nessuna di male, ma lo imputi alla lei natura, e ne stia con l’animo quieto, et cosi egli concederà sempre l’andare che lei vorrà, per non voler repugnare à quello à che la sia inclinata naturalmente; e per coprir meglio l’animo suo, le gioverà molto il mostrar sempre la medesima purità di allegrezza tanto in un ritruovo quanto in un’altro; e se bene la saprà che in qualche luogo non sia per haver piacer’alcuno, anzi dispetto, non per questo ha da far vedere di non desiderare d’andarvi, anzi andandovi cuoprirà il dispetto et il fastidio con finta allegrezza, et se parimente in alcun luogo ella harrà qualche maggior contentezza, e strasordinaria, non per questo esca punto dell’usata sua allegrezza. Le in somma in ogni luogo, et io ogni tempo mostri

 

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sempre la medesima dispositione d’animo, accioche la brigata, et il marito principalmente, impitino il tutto alla condition sua, et alle stelle, che cosi l’habbiano inclinata. Guardisi oltre à questo, che un maggior contento, ò dispetto, non la facciano tornar’ in casa ò piu brillante di letitia, ò piu sospesa di sdegno, anzi mostri sempre una medesima faccia, e nascosissimamente copra la varietà de i pensieri suoi, et i travagli, e mutationi dell’animo.

Marg. Quato mi riuscite savia monna Raffaella.

M.R.   Pensa figliuola che gli anni fanno conoscere le cose; e felice colui che col crederle à i vecchi le conosce in gioventù.

Marg. Ben dite, ma seguite di mostrarmi la maniera nello intertenersi c’han da haver ne i ritruovi, e nelle conversationi questa che voi formate hoggi vera gentildonna.

M.R.   In ogni luogo dove le accada di conversare, ò con Donne, ò con huomini, habbia avertentia costei di non lasciarsi mai trasportar à far un minimo movimento, ò dir una minima parola, che passi il termine della modestia et honestà; per che t’ho detto, e ti replico, che questo è quel che fiorisce ogni attione d’una Donna, et però ingegnisi in tutto quel che fa, ò dice, che penda piu presto in essere troppo continente che troppo ardita e sfacciata; e faccia profession non solo che le dispiacciano i vitij e la viltà cosi in lei stessa come ne gli altri, ma che le dilettino anchora l’opre virtuose e gentili. Fra tutti i brutti costumi che le son da fuggir, sempre vaglio che principalmente s’ingegni di non esser bugiarda, ne novellaia, anzi mostri sempre di parlar puramente delle cose come le sono, salvo quel che potesse nuocere all’honestà sua, perche in questo e ragionevol di fuggire e simulate una cosa per un’altra più

 

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che può. Habbia anchora avertentia di non dir mai cosa nessuna, che possa generar sospetto alcuno in qual si voglia, ilche le interverrà se piglierà per vezzo di non parlar mai troppo, e pensar prima la cosa innanzi che l’esca di bocca, et avertire alle cose che le son domandate innanzi che ella risponda, perche hoggi la nostra città è piena di malissime lingue, et à ogni picciola cosa, e semplicemente detta, si fa un commento grandissimo, et è difficil cosa à ripararsene; ma il parlar poco, e con accortezza, è il meglio che si possa fare. E molto da fuggir’ anchora il venir’in fama di mala lingua, ilqual vezzo è hoggi quasi in tutte le Donne, et è pestilentissimo, e vile; però una Donna ha da cercar sempre i fatti de gli altri, ma dir ben di chi lo merita, e non dir male d’alcuno.

Marg. Hor non ha da far differentia ò nel parlar, ò in tutto quel che le accade, fra un virtuoso e gentile, et un’altro scostumato è vitioso?

M.R.   Assaissimo, perche si come io t’ho detto, che una gentil donna ha da prezzar piu nell’animo suo le persona virtuose e gentili che li scelerati e sgarbati, cosi anchora ha da far qualche differentia di benignità nell’accogliere le riverentie, e gli honori, e i ragionamenti di quelli e di questi; però che di qui ne nascerà, che tutti quelli della città, che harran bello spirito, quasi à garra s’ingegneranno di essaltarla, et honorarla; essendo che naturalmente ciascun’ ama e reverisce quelli, da quali vede esser conosciute le sue virtù; et ha questo una Donna da stimar assai; perche importano piu quattro, ò sei che avanzino di buona fama gli altri della città, importano più, dico, ad essaltar’, e metter’innanzi una giovene, che non farà tutto’l resto, però che loro son quegli, che, se una iovene ha in se qual

 

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che bella virtù, la fanno conoscere, e far conoscere ad altri; che gli altri ò non la conosceranno, ò non ve la vorrebber conoscere, accioche ella fosse come loro in dozina, per poterla condurre in qualche atto vile secondo l’appetito loro. E avertisci ch’io non voglio ch’ella faccia questa differentia ch’io ti dico molto grande et apparente, anchor ch’ella conosca, che i meriti di qualch’uno lo ricerchino, perche sarebbe pericolo, che i gioveni di dozina non si sdegnassero, e per questo sparlassero, e la mettessero in chiacchiare e novelle, che non è al mondo la peggior cosa; ma con destrezza e prudentia mostri alquanto più benignità à quei che più meritano, et alquanto manco à chi manco si conviente; et se la disaguaglianza dell’humanità sua non sarà secondo i meriti, per questo i virtuosi e gentili non si sdegneranno, come quei che hanno giudicio, e conoscono che à lei è forza di far cosi; ma dall’altra parte si sdegnarebbero ben quegli altri come persone vestite di poco conoscimento, e nutriti nella viltà.

Marg. A me non bastarebbe mai l’animo di fare atto amore vole verso d’alcuni, che non solo fosser persone di dozina, ma siano tenuti publicamente di pessima fama, come è quel vostro buon parente, che voi ben sapete, che non è Donna in Siena che lo possa sentir ricordare.

M.R.   Gliè molto peggio che tu non dici: io ti so dire ch’egli ha tutte le virtù cardinalesche, et io meglio che alcuno te ne potrei informare, ma non merita’l conto; bastiti che egli non ha parte nessuna che gli stia bene, se non l’essere odiato da chi lo conosce, ò per vista, ò per fama; à un simile ti confesso che una gentildonna non ha da usare mai benignità alcuna, ne favorir in quel si voglia cosa giamai; ma io non voglio per questo che ella gli usi scortesia;

 

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non perche non le meritasse, ma per rispetto di lei stessa, si per esser bruttissima macchia in una Donna gentile l’usare scortesia, si anchora, accioche egli, per esser malissima lingua, non trovasse qualche cantafavola, e qualche storia maligna in terza persona, che le nuocesse; ben che in vero à costui che tu dici, non sarebbe huomo che li credesse il pater nostro; ma per star più su’l sicuro, e da lasciarlo andare senza mostrargli mai benigna, ne scotese, e non ne far conto in alcun modo.

Marg. O quanto l’ho à noia, se voi il sappeste.

M.R.   Basta, tienlo coperto nell’animo, e di fuor mostra non farne conto, ne in bene, ne in male, per rispetto di te, e non di lui. Voglio anchora che questa giovene ch’io ti dico, se persorte si trovarà haver mostrato benignità e cortesia ad alcun, pensandosi esser tale che lo meritasse, e dapoi conoscer’ à esser’il contrario; però che gli huomini non si conoscono cosi il primo di; voglio dico, ch’a questo non manchi cosi subito della sua humanità, ma à poc’à poco, senza che se n’accorga, venga spegnendola ogni dì più, aciò che essendo egli avezzo nella cortesia, non si sdegni di quella mutatione, e per questi cerchi di vendicarsene; per laqual cosa, ò non si ha da mostrar’atto benigno à uno, ò havendo cominciato bisogna seguire, overo molto destramente tornarsene indietro, essendo che chi è avezzo nel bene si sdegna di perderlo, dove che se non havesse provato il bene, non harrebbe cagion’ alcuna di sdegnarsi di quel che non si potrebbe chiamar perdita; e però ha da havere lei l’avertentia che io dico, se già ella non havesse ricevuta tale ingiuria d’alcun di questi, che le fosse forza mostrarsene scopertamente crucciata e sdegnosa; ma innanzi che la creda tal’ingiuria, vegga molto ben prima di sapere la

 

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verità, però che hoggi il mondo è tanto pieno di perfide lingue, che trovano e cantano spesse volte che paiono verissime più che’l vangelo, e dapoi si conoscono vane, e di nessun momento; e questo procede dall’invidia grande, e poche faccende che sono ne i gioveni del nostro tempo, che l’otio gli constrigne andar cercando i fatti d’altri, e sopra ogni minima apparentia compongon casi e novelle, et le ammagliano con tante frasche, che son tenute da chi l’ode come articoli di fede; et il più delle volte non è vera cosa nessuna. E per questo pensi bene una Donna innanzi che la si tolga à nimicar alcuno, e non faccia come madonna Artusa, che commossa da non so che sogno che fece, si messe nella testa senza altro saperne, che un giovene, la miglior pasta del mondo, havesse fatto non so che ufficio cattivo contra di lei, e subito sconsideratamente si accese di odio contra lui, e stemperoccisi, che gli faceva scortesia, et atti sgarbatissimi, e fuor di proposito, da non comportar mai, quando ben gli havesse meritati, e tanto più quant’ei non haveva colpa nessuna, che tanto sapeva il perche questo fosse, quanto tu lo sai tu; nondimeno costei hebbe buona sorte, che questo giovene era di si buona conditione, che non se ne commosse giamai, ne se n’alterò; anzi non mancò mai della sua solita gentilezza, e l’honorava e reveriva nel medesimo modo che prima; ma non è per questo ch’ella non si mettesse à pericolo, che egli sentendosi senza colpa, non sisdegnasse di sorte, che le gricce tornassero in danno di chi le faceva. E votti dir piu oltre; che quando ben costei fosse stata in qualche parte ingiuriata da lui, non doveva per questo far simli atti vili; e se non voleva usarli benignità, non haveva da farli scortesia; perche in somma la cortesia ride e sta bene fra l’altre virtù e belle pari

 

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di una Donna, come stanno i rubini e perle fra l’oro; oltre anchora che nel far scortesia si mostra stimar altrui troppo, che non è la maggior vendetta, che non far conto di uno ne in ben, ne in male, come se in questo mondo non fosse.

Marg. Che bisogna, monna Raffaella, haver tanto riguardo, et avertentia che alcuno non si sdegni? che potrà egli mai fare che nuoca à una Donna che non faccia errore, e viva honestamente? io ho sempre inteso dire, Urina chiara e fa le fiche al medico.

M.R.   V, non dir figliuola mia, grandissimo danno le potrà fare; perche hai da sapere che l’honore ò il biasimo non con fiste principalmente nel fare ella una cosa ò non la fare, ma nel credersi che la faccia, ò non credersi; perche l’ho nor non è risposto in altro se non ne la stimatione appresso à gli huomini; però che se’l serà alcun segretissimamente, ò ladro, ò homicida, ò simili, e serà tenuto lealissimo e giusto, tanto è à punto quanto all’honore, come se non havesse quei vitij. E cosi per lo contrario, essendo huomo da bene et tenuto scelerato, le virtù sue gli sono poco men che vane e superflue: et questo parimente si ha da dir d’una Donna, l’honor della quale non consiste, come t’ho detto, nel fare, ò non fare, che questo importa poco; ma nel credersi, ò non credersi; hor essendo questo, ha lei da fare un gran conto, che alcun sdegnandosi non trovi qualche fittione per vituperarla perche se ben molti, che conoscono le virtù di lei, e la poltroneria di lui, passaranno la cosa, e non la crederanno; nondimeno saranno molti altri, che senza guardar’alle cose cosi minutamente, gli daranno pienissima fede, e cosi la poveretta à torto sarà infamata; per questo una donna ha da usare ogni arte non di non far la cosa, ma di non dar cagione che si habbia da trovare

 

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Historie sopra de i casi suoi. E d questo le gioverà da una parte il fare scortesia à nessuno, e dall’altra, il non far le cortesie troppo particolari, ma passarsela sempre per lo generale, e rimeritare più le virtù d’altrui col conoscerle in se stessa, et apprezzarle, che con le accoglienze troppo manifeste; perche ne potrebbono seguire due cose dannose; l’una, che le male lingue che se ne accorgessero harebbero dove cominciare à ordir le loro tele, e quelli stessi che le ricevessero entrarebben’, in speranze, le quali non gli riuscendo poi, si pensarebbero anchor’ essi haver cagion di dolersi, e lamentarsi; e se pur tirati da qualche speranza, procedessero troppo oltra, ò con parole, ò con atti, habbia lei avertentia da mozzar loro le maestre dal principio, e non far’una minima cosa dove possino appiccarsi, et intorno à questo ha sempre una gentildonna da stare accorta e destra in tutti i luoghi dove si ritrova, come sono feste, giuochi, veglie, balli, chiaranza ne, ragionamenti particolari, che tanto si usano hoggi, et al mio tempo si biasimavano; in tutte queste occorrentie pensi sempre di haver’intorno insidiatori, chi tratti da qualche speranza, chi per uccellare à qualche segno dove possa appiccarsi per dirne male; e le bisogna haver cento occhi, e cento orecchie, et una lingua sola, e quella molto savia et accorta; però che come le esce fuora una parola di bocca, non è più possibile di farla ritornar dentro; e per questo le bisogna pensare le cose prima. Ma hormai Margarita il corso del mio ragionamento ne ha condotte à quella parte che importa più che tutto il resto, e che io riserbava di dirti per l’ultima, però sarà buono che te ne ragioni, che non è da lasciarla passar per niente, perche tutto’l resto che habbiamo detto sarebbe (CHECK UNCLEAR MAYBE vera. ???)

 

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Marg. Che cosa può esser questa, che mi par che si sia parlato del tutto? e beata colei che potesse esser tale, qual voi l’havete hoggi formata; et io per una mi vo sforzare di accostarmici più che posso.

M.R.   Quel che ci resta da dire è la maniera ch’ella ha da tenere verso gli inamorati suoi, e l’avertentia ch’ella ha da havere in saper elegersine uno fra tutti, ilquale sia dottato di quelle parti che si richiegono à un gentile, et veramente inamorato, il qual’ella, dopo che lo ha eletto, ha da amare con tutto il cuore, e con tutto l’animo, e favorire, et accarezzare, nel modo che intenderai apartenersile.

Marg. O, volete che una gentildonna, madonna Raffaella, habbia il capo à gli amori?

M.R.   Tu parli da semplicella; che vaglion le bellezze, ò le virtù, e i bei costumi in una Donna, e tanto più quanto è più nobile et eccellente, senza l’amore, il qual fiorisce, e fa perfetta ogni altra bella parte? e tutti gli altri piaceri e diletti, se egli nonvi si ritrova, son cose sciapire, e vane; perche le feste, i balli, i giuochi, i ritruovi, le veglie, le virtù, le bellezze senza amore son proprio come una bella casa la vernata senza il fuoco, over come la messa senza il pater nostro; ogni minimo solazzo piglia forza dove egli è: le ville per la persentia sua paion paradisi, i boscetti, le caccie, le pescagioni, le cavalcate senza lui son freddissime, e con esso dolcissime, dilettevoli: et à che si può dire che sia buona una gioventù che passi senza provar amore? Quant’è d’haver compassione à quelli, che passati i quarant’anni si accorgon di questo? e prima scioccamente non se n’accorsero: miseri veramente si posson dire, e sfortunati, e superflui nel mondo, e beatissimi,

 

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per lo contrario, quegli huomini e quelle Donne, che innanzi à venti anni hanno imparato alle spese de gli altri à conoscere la forza e la possanza che ha Amore in quegli anni che sono da venti à trentacinque: e in quel mezo principalmente questi si posson metter nel calendario de beati, ma gran giudicio, e gran discorso, e molt’arte, et governo, bisogna havere à governarsi e regersi intorno à, questa parte, et massimamente à una Donna, per esser à lei più d’importanza il pericolo che le ne segue.

Marg. Poi che voi dite che gliè cosi, io non posso se non credervelo, perche ho assai maggior fede in noi che in me stessa: è però ditemi un poco il governo che ha da tener questa gentildonna in guardar questo amore, e l’avertentie che l’ha d’haver’in eleggersi uno che sia, come esser debba.

M.R.   Innanzi che io ti dica le parti che ha d’havere un giovene per meritare di esser eletto da una gentildonna per suo vero inamorato, voglio che noi ragioniamo un poco quai gioveni hanno da essere fuggiti come le serpi dalle Donne; però che conoscendo prima questi, assai piu chiaramente si le potrà poi mostrare le buone parti, che ha d’havere uno mamorato; e fatto questo, si potrà seguire di parlare della maniera, che la gentildonna ha da usar verso quei che la debba fuggire, e verso colui che ella ha da seguire.

Marg. Mi piace : hor dite adunque.

M.R.   Per la prattica che io ho delle cose, trovo che i gioveni che non arrivano à venti anni, et ancho à venti due, che sanno pur ancho di latte, sono pericolosissimi à una Donna, e da fuggire come il Diavolo ; però che per la pochissima esperienza non sanno guidare un’amore tre giorni; hanno i discorsi frivoli e snervati, affogarebbero in uno

 

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bicchieri d’acqua, superbi, et arroganti della giovenezza loro, subiti, e scandalosi, vanatori, e parabolani la maggior parte; s’egli hanno un minimo favore, ò se ne vantano subito studiosamente, overo per essere poco pratichi se lo lasciano cavare di bocca da mille insidiatori, che gli hanno intorno sempre: nelle allegrezze e contenti son cosi stemperati, che brillano continuamente; e s’avedrebbero le mura, che non possono capire in se; negli sdegni medesimamente si accendono di sorte, che è forza che ogniuno se ne accorga; et alla fine sbattono col dire il peggio che possono di quella povera gentildonna che se gli sarà data in preda. Gli par meritare di essere i pregati loro; et in somma non hanno costume che buon sia; e se per sorte sarà alcuno di loro, ben che rarissimo, che voglia essere segreto in ogni modo, non saprà esser poi; perche non se ne accorgendo farà palese in due giornate tutto quello che gli sia accaduto, e farà pigliar sospetto di molto più; io ti confesso bene, che se fusse possibile sforzar la natura, che facesse un giovene in quella età savio, e prattico, sarebbe benissimo d’amarlo; ma non è da mettersi à questo pericolo, che di mille non se ne trova uno che non sia scempio, superbo, levantino, fumoso, vantatore, fastidioso, scandaloso, e mal creato, però questi tali fuggili una gentildonna più che può, se non vuol divenire in quattro ò cinque di la favola di Siena.

Marg. Conosco che dite il vero monna Raffaella, perche la moglie di messer Donato e stata sotterrata per sempre dal su cugino.

M.R.   I vecchi, Margarita, non son niente manco da lasciar andar, perche se bene egl hanno maggior discorso, e più maturo consiglio, e più prattica delmondo, nondimeno egli

 

FOL. 28 R

Hanno anchor tante partaccie pessime e gaglioffe, che ricompensano di lungo quel poco di buono che gli hanno di esser prattichi. E fra le brutte parti che sono in essi, una ne hanno sceleratissima, et questa è, che tu non ne trovarai uno che non sia malissima lingua, e invidioso; e di ciò n’è la ragione; perche vedendo di non haver più gratia loro, crepano se sanno, ò pensano, che alcuno goda nell’amore, et aiutsnsi co’l chicchiarare nelle botteghe à fuogoni, e levar’i pezzi delle povere Donne. E se per sorte alcun di loro harrà ventura alcuna con qualche Donna, subito se ne vanta, per mostrar di non haver persa la gratia delle Donne, come la brigata si pensa. Che bisogna che io mi distenda in parlare di loro? Posto caso, ilche è impossibile, che fosser segreti, savi, accorti, buone lingue, et havesser tutte le virtù dell’animo che si possono havere; che vuol far per questo una giovene bella dell’amore d’un vecchio canuto, banoso, lercio, moccicone, fastidioso, novellaio, col fiato puzzolente, e mille altri mancamenti da dar vomito à i cani, e da far far penitenza senza peccato?

Marg. Di gratia non me li ricordate più; io vi so dire, che chi harrà voglia d’un tale stomacoso amore, harrà il giudicio nelle calcagna.

M.R.   Pessima generatione è anchor quella di uesti chiacchiaroni, e parabolani, e vantatori, di questi straccamurelli effeminati, che non sanno far’altro che profumarsi, lisciarsi, strigarsi una barba, legarsi una calza, e vantarsi di quello che à bocca gli viene, e metterebbero in novelle il paradiso. E se per disgratia hanno la gratia di qualche sfortunata Donna, van braccando con ogni ingegno, ch’ella gli faccia qualche favore in tempo che sia qualch’uno che se n’accorga; e se qualch’uno gli n’è fatto segretamente, essi

 

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poi trovandosi con gli altri cercano con mille astutie che si sappi, da un canto fingendo di non voler dire, e dall’altro facendo in modo che s’habbia da sospicare; et in somma bisogna, ò in un modo, ò in un’altro, che un loro segreto venga palese in pochi di, ò col vantarsene, ò con la sfacciaggine nelle veglie, e nei ritruovi; che quanta più v’è gente, più si ficcano sotto alla Donna, e cercano favori scoperti, e non glie gli facendo, si sdegnano scopertamente, e fanno l’adirato, che ogn’uno se n’avede; e se egli harran qualche cosa che gli piaccia, subito brillano, et fanno mille pazzie da far accorgere le mura di tutti i loro fatti; e non le lasciano uscir di casa un passo, che non le vadino dietro, e di qui nasce, che se bene una Donna gli ha dato la gratia sua, presto è sforzata di torgliela, overo di rimaner la favola del volgo; e cosi non hanno questi tali mai amor che gli duri due mesi; e la maggior parte poi se ben sono sfoggiati alla scoperta et alla presentia d’altri, alla segreta poi sono manigoldissimi.

Marg. Mi fate ricordar, madonna Raffaella, di uno di cotesti fastidiosi, snese, che gittando i limoni alla Dama in presentia del Marchese del Vasto, fece mille civette, perche ella havessi da fargli favore in presentia del Mar che se, accioche i segni ricontrassero, con quello che le doveva haver detto.

M.R.    In Camullia fu cotesto, l’ho ben saputo. Poco manco anchora è da rifiutare quella razza de gioveni, che si riputano, e si tengono tanto, ò per le virtù, ò per le bellezze, che gli par che siano in loro, che pensano, che le donne s’habbiano à gittare per le finestre per amor loro; e bisogna sempre che le poverette gli vadino à versi; e d’ogni minima cosa si sdegnano, e vogliono che non mirino,

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e non parlino pur al marito, non che à frateli, à cognati, ò altri. E in somma, gli par ragionevole d’haver à esser la Donna loro, e da essi habbia à venir il favorire, et il commandare, come se le Donne fossero obligate per viva forza ad andargli dietro; con questi tali guardasi una Donna di non s’intricare in amore, che se ne pentirà presto, e non harrà mai un’hora di tempo che buon sia.

Marg. Si vuol domandarne, per quanto intendo, la nipote di quel cavaliere, voi m’intendete.

M.R.   T’intendo benissimo. Hor io non voglio anchora che una gentildonna doni il suo amore à persona che habbia moglie; però che tu hai da sapere, che amore vuol tutto l’huomo; e bisogna che chi vuol esser vero inamorato, spogli l’animo d’ogni altra cura e pensiero, mai non pensi in altro il di et la notte che nella cosa amata, e questo non lo può fare uno ammogliato, che à viva forza è necessità to, se non vuol essere deriso da ogniuno, ad havere nell’animo principalmente, et innanzi à tutte le altre cose, la cura della casa sua, l’amore della moglie, de figli, e della roba; e rari sono che, ò bella, ò brutta che habbiano la moglie non le portino amore; perche la continova conversatione gli sforza à ciò. E se pur, lasciando tutte queste cose dietro alle spalle, porrà tutto il pensiero alla cosa amata, gli ne torna vituperio grandissimo, di che non può fare che non pigli fastidio, e cosi viene à star sempre come uno arrabbiato. E se alcun vorrà dire, ch’egli può segretamente attendere all’amore, e palesemente mostrar d’havere l’animo alla casa, rispondo che non lo può fare, et te lo provo. Uno inamorato, come t’ho detto, ha bisogno che i contenti suoi, ch’egli ha nell’amore, e gli sdegni, secondo che gli accadono, stieno sempre segretissimi, e gli

 

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copra più che può, mostrando sempre alla palese un medesimo viso; ma perche secondo i casi che gli accadono nell’amore, bisogna, per poter meglio in palese fingere, sfogar qualche volta da se stesso il dolore e l’allegrezza, et per questo non ha luogo nessuno più al proposito che la camera sua, e il suo letto; perche arrivando in casa, e rinchiudendosi in camera, può fra se stesso sfogarsi e pensare, et imaginare i ripari che faranno di bisogno, secondo i successi, e tal volta piagnere, lamentarsi, rider fra se stesso, e smaniare, secondo che n’harrà cagione, accioche dopo questo sfuogo possa poi fra le brigate meglio ricoprire i suoi pensieri; hor tutto questo non può fare uno ammogliato; anzi gli bisogna più simulare in casa e nel letto suo che in altro luogo, per ingannar la moglie. Et in ogni modo, dopo mille avertentie, non potrà al fin fuggire di non metterla in sospetto, delche ne nasce, che ella come un diavolo scatenato comincia à tumultuare, et empire la casa di guerra, e di tormenti, et à spiar chi possa esser la Donna amata, e saputo che l’ha vituperarla, e infamarla in ogni luogo che si trova, et cosi ne segue la ruina di quella Donna, la disperation di lui, e mille altri disordini, che tu puoi pensar per te medesima.

Marg. Dunque volete madonna Raffaella che si habbia da eleggere uno che non habbia anchora moglie, ma sia anchora per toglierla?

M.R.   Sarà manco male, ma non bene in tutto; perche quando poi ei la torrà si potrà dire, che tal’amore sia finito; et io intendo, che un’amor, dopo ch’egli è incominciato, non habbia da mancar, se non per morte.

Marg. O come ha ella dunque da fare, perche tutti gli huomini ò si trovan moglie, ò l’hanno à pigliare?

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M.R.   Alcuni ne sono che non l’hanno, e non l’hanno à torre, come intenderai. Pericolosissimo è anchora l’amore de fuorestieri generalmente, e massime di quella sorte, che ci è venuta da pochi anni in qua; et te ne potrei dare infinitissime ragioni, ma non ti voglio infastidire: bastiti che ti puoi specchiare in madonna Giacchetta, madonna Lonarda, la Baratina, la tua pigionale, e qualch’un’altra anchora, pur Donne in vero tutte da pochi soldi, e guardar’il frutto che han cavato da tali amori. Pestilente è l’amor de grandi e de potenti in una città, et di questo ti potrei dar’infiniti essempi, ma so che li sai benissimo; et per non contar minutamente tutte le generationi de gioveni che sono da rifiutar nell’amore; fugga in somma una Donna oltre à questi che io t’ho detti, quelli anchora che hanno nome di esser presontuosi alla scoperta, rincrescevoli, fastidiosi, bugiardi, appoiosi, brutti, vili disangue, male lingue, giuocatori, biscazzeri, bestemmiatori, troppo stringati in su’l bellacio, leggieri, capevoli, sfacciati, puttanieri, perdigiorni, e simili generationi di poco conto.

Marg. Poi ch’io ho inteso da qual sorte d’huomini si ha da star discosto; vorrei che voi mi dicesti le parti, che si ricercano in colui, à cui è debito et conviensi lo amore di una gentildonna.

M.R.   Egli ha da esser, la prima cosa, tutto il contrario di quelli che noi habbiamo hora vituperati. E per replicarti’l meglio in poche parole, dico, che io voglio, che chi ha da esser degno dell’amor d’una gentildonna, sia giovene di età di venti à trentacinque anni, et in quel mezo massime, cioè fra ventisette e ventiotto, nel qual tempo il discorso è maturo, e si ha già la prattica delle cose dell’amore, e guidasi e governasi bene in ogni cosa che possa intorno à questo

 

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Accadere: voglio che sia nobil di sangue, laqual cosa porta grandissima sodisfattione, e sia bello, et aggratiato, non solo nell’aspetto, ma nella persona anchora, e ne i movimenti; perche se ben labellezza non è la principal cosa che si ricerchi in amore, nondimeno ell’è di grandissima importantia, e gran contento porta quando ci sono l’altre parti. Debbe esser costui costumato, et modesto, et ben creato in ogni sua parola et attione, e questo senza affettatione alcuna, rispettoso generalmente, defensor dell’honor delle donne, e della sua principalmenteri, posato; e quieto in ogni suo movimento; faccia sempre perfession d’haver’in veneration tutte le Donne, e più e manco secondo i meriti loro: voglio che sia segretissimo, che appena si confidi di se medesimo nelle cose che importano, et habbia avertentia di tenere, non solamente segreto quel che importa, ma ogni minimo favoruzzo, accioche non vi sia poi sopra fatti i commenti: guardisi sempre questo tale di non venir con alcuno in ragionamenti di quella Donna ch’egli ama, ma quando pur gli sia forza per qualche caso parlarne, ilche se non facesse darebbe magior sospetto, parline con quella accortezza che egli più può, et manco che può; ma se gliè possibile, fugga con destrezza tai parlamenti, perche è pericolosa cosa, che nel ragionare colui che sta male non gli venga arrossito, ò impallidito il volto, secondo quello che egli ode, ò parla; e pensisi sempre, che le brigate che l’odono cerchino con ogni instantia di vavargli di bocca qualche cosa, e però pensi ben le parole innanzi che gli eschino di bocca; voglio ch’egli habbia anchor tanto giudicio, che sappi cortegiare la sua donna qualche volta, ma non molto spesso, e trovarsi alcuna volta dove è lei, con tal’ arte che paia che per qualche altre

 

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effetto lo faccia, e quasi gli sia forza, e non le vada continuamente dietro. Ha da guardar’anchor di esser tenuto persona gentile, cortese, e liberale con ogniun generalmente, e massime con le Donne, e di vestir bene, et con garbo, e di maniera che le foggie sue non diano segno di instabilità, e di poco cervello, ma di fermezza d’animo, e di persona riposata. Le mascare, e le livree, et imprese, et altre cose simili, non giudico che le faccia ogni giorno, tal che non si veda mai se non lui, e voglio anchor che non le fugga in tutto, ma con tal continentia e saviezza le faccia, che non si conosca da alcuno à che fine egli principalmente le faccia, à che gli gioverà assai il saper mostrare di haver l’animo in un luogo, e tenerlo segretissimamente in un’altro. E non sol vorrei che non havesse mo glie, ma non si dubbitasse anchora ch’egli havesse da tor la, come sarebbe se fosse Prete, ma non con chierica, tal che l’habito non fosse altro se non una scusa di non haver’à tor’ moglie, per goder poi più con tutto l’animo l’amor della donna sua; e in somma ingegnisi questo tale, di farsi conoscer per persona gentile, stabile, virtuoso, litterato, alla palese difensor delle Donne, magnanimo, accorto nel saper pigliar le occasioni quando venghino, sappi fingere, e ricoprire i suoi pensieri, e sia fedele alla Donna sua, e costante, et infiammato in amarla; perche l’amor cominciato che gliè, vuol durar fin’alla morte; e sopra tutto sia savio in sapersi governar secondo le cose che accadono tutto’l giorno; perche non si può dargli regola più particolare, ma bisogna rimettersi al suo giudicio. Hor tale qual t’ho detto ha da esser’un giovene se vuol meritar là gratia d’una gentildonna. E tal ella se l’ha da eleggere.

Marg. Me l’havete dipinto, monna Raffaella, cosi eccellen-

 

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Te, ch’io non credo se ne trovi nessuno al mondo.

M.R.   Pochi ne conosco in vero; e tanto più ha da tenersi beata colei, che è amata da un simile; et avertisci Margarita, che se una giovene non può trovare in alcun tutte queste parti, faccia la sua diligentia, e dapoi appicchisi à chi n’ha la maggior parte, e la più importante.

Marg. Questo vi confesso ben che gliè possibile.

M.R.   Hor noi habbiam anchora da discorrere, eletto che una gentildonna si harrà un’amante tale, qual’io t’ho formato, la maniera che ella ha da tenere nello intertenersi con lui, e nel governarsi anchora con gli altri, che tutta via come uccellaci le vengono da torno; perche non può essere cosi savia e sagace una donna, che sappia troncar’altrui le maestre, in modo che alcuni, se non tratti da speranza, almeno per far dispetto, overo per non saper che altro si fare, non si piglino per essercitio di andarle civettando d’intorno.

Marg.             Hor ditemi dunque, come ha da far costei à diffendersine, in modo che non le recchin carico, e mantenersi in un tempo l’amore di colui che già ella per avanti si ha eletto?

M.R.   In prima guardi di non far questa elettione troppo subbita, peroche potrebbe facilmente rimanerne ingranata, peroche i gioveni del di d’hoggi sanno fingere e piagnere à lor posta, e dimostrar d’esser tutto mele, e poi riescono fiele e veleno; e non si conoscono cosi il primo di, e però bisogna avertir bene un mese, due mesi, otto mesi, un’anno, e considerare profondamente ogni minima cosa, e da poi riuscendo bene il tutto, debbia risolversi à riceverlo per suo unico amante, e dargli la gratia sua. E fatta la elettione, ha da diliberare due cose principalmente nell’animo suo per mantenimento di questo amore. Prima d’amare

 

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l’amante suo unicamente con tutto l’animo e con tutto il cuore, sopra tutte le altre cose care che ella ha al mondo, pensar continovamente in lui, tutto il resto del mondo stimare un zero rispetto à lui accioche egli habbia ad amare lei medesimamente; perche in somma à voler esser’amato bisogna amare, e quest’è una:l’altra è metter tutto l’ingegno, et ogni arte à tenerlo segreto; perche la segretezza è il nerbo, et accioche questo le venga fatto, bisogna ch’ella sia dotta in saper fingere una cosa per un’altra, e mai non parli dell’amante suo ne in bene ne in male se gliè possibile: e se pur per caso è sforzata à parlarne qualche parola, che no’l facendo fosse per dar maggior sospetto, ricordilo e parline con destrezza; perche ella ha da pensar sempre, che chi le ne ragioni, lo faccia per scalza, e veder’ove la si trovi. E per questo fugga quanto può tai ragionamenti, accioche non accorgendosi, à con rossore, ò con pallideza, ò altro segno, non facesse argomento del suo pensiero. E ne i ritruovi e veglie guardi di ragionare molto con esso, e dall’altra banda non usi però tanto riguardo che fosse troppo, perche le persone hoggi son scaltrite, e considerano à tutte le vie e tutti i modi che si trovano per far’una cosa; però costei sforzisi di intertenere in palese l’amante suo vero con tratenimenti usati da essa con tutti gli altri, che mostrino d’amarla; perche hai da sapere, che bisogna guardarsi da principio, che una cosa non cominci à suspicarsi; peroche subito che gliè nato un minimo sospettuzzo, ò nel marito, ò in altri, gli occhi poi se gli radoppiano addosso, et è forza che in brieve, ò in tutto, ò in parte le cose si scoprino; però vada assegnata, ne si mostri mai, ò col marito, ò con altri, se non d’una me-

 

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desima fantasia, ne muti mai faccia, ne per contento, è passion ch’ell’habbia, perche à questi cotai segni molto si avertisce hoggidì, essendo che soglion dire il vero il più delle volte, et è difficil cose à temperarsine.

Marg. Se voi volete, madonna Raffaella, che costei sia tanto rispettosa in parlar dell’amante suo, che piaceri harrà di quest’amore, non potendo mai dirgli una parola? Volete forse che si scrivino segretamente, ilche mi par cosa molto pericolosa, per non la poter far senza haversi à fidare di pollastriere?

M.R.   Pericolosissima, e da fuggir quanto si può, che per una cosa che sia ben guidata per man di mezani, ne ruinano le centenaia; ma quando altri fosse pur sforzato, non havendo altra via d’appiccarsi, à questa molto più sono al proposito i servitori che le serve, prima, per essere le fantesche più semplici, e novellaie, da scoprir per loro stesse le cose, overo da lasciarsile senza accorgersene cavar di bocca; dapoi non se le può andar tanto à versi, che per ogni minima cosa non si sdegnino con le padrone, e per vendetta le vituperino, e non dubbitano che le sia fatta dispiacere, conoscendo che è viltà far dispiacere à una donna. In un servitore è tutto il contrario, discorre la cosa meglio, e si vergognarebbe di far le vendette si vigliacche, et oltre à questo, sta in timore, perche conosce molto ben, che, se non si porta lealmente, incorre in pericolo della vita, e mill’altre ragioni ci sono, che sarebbe lungo à raccontarle, nondimeno ne dell’uno ne dell’altro si fidi, chi può far’di manco, e serbi questo per l’ultimo rimedio.

Marg. E come harrà dunque una Donna à poter conferir l’amore con l’amante suo?

M.R.   E questo ti dirò anchor innanzi che io mi parta. Hor io

 

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non voglio anchora che costei di chi noi parliamo sia frettolosa, e subita, ma patiente, e riposata, et aspetti che le occasioni venghino, se non hoggi, domani, se non domani, tanto che venghino; e venendo sappile torre, e non le lasci passar per niente, che non tornano poi indietro per richiamarle.

Marg. Lo scrivere dunque non vi piace?

M.R.   Quando altri fosse certo della fideltà et accortezza d’un servitore, si potrebbe far sicuramente, et è di gran contento et inquanto all’amante ella potrebbe star sicura, peroche io lo presuppongo fidelissimo, et aveduto; e nella camera sua, et nelle casse sue non è pericolo che sia nessun che possa andarli rovesciando lettere, ò favori, e ricercando s’egli non lo consente: se già costui non fosse ammogliato; perche allhora ci sarebbe con lui cattivo taglio in questo, et in tutte le altre cose.

Marg. M’havete detto poco fa monna Raffaella, che il marito, e la casa sua, ha da esser la prima cosa che una donna ami in questo mondo, et hor par che vogliate il contrario, cioè che l’amor dell’amante passi ogni cosa.

M.R.   T’ho detto ch’ella si ha di portar’in modo, ch’egli se’l pensi, e se’l dia ad intendere che sia cosi, ma nel cuor poi l’animo sia allvogato dov’egli sta molto meglio, e cosi ti replico hora, che con li mariti basta à finger d’amarli, e questo gli basta à loro. Faccia oltre à ciò una gentildonna professione di gentil, e cortese con tutti quelli che conversano in luogo dov’ella sia, salvando però sempre in palese la modestia e l’honestà sua; perche oltre che questa cortesia, come t’ho detto, rifiorisce tutte l’altre virtù d’una donna, ella è anchor cagion ch’ella può sicuramente far qualche volta qualch’atto cortese all’amante suo, ò in

 

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parlar seco, ò in qualch’altra cosa, come accade, ilche s’egli è fatto con accortezza, si reputa più alla natura e conditione di lei, che sia inclinata alla cortesia, che ad altra cosa che importi. E sappi Margarita che questo tratenersi che fanno hoggi le gioveni con ogniuno che le venga à occasione, le da grand’aiuto ad assicurarsi à parlar qualche volta all’inamorato loro; et ogni poco tempo che si parli con esso, ò in veglia, ò in un ritruovo, et in una strada, qualche volta importa assaissimo, e puossi dire del buono in poche parole agevolissimamente, se già una non havesse à fare con qualche parabolano e pascibietole, che lograsse quel poco tempo che importa tanto in dire Signora Signora, non Signora, si Signora, la Signoria vostra va à veder messa?e simili altre castronarie da dar vomito à chi le sente. Ben è vero, che le bisogna guardar à costei, che questa cortesia, che io voglio ch’ella usi con tutti quei che le occorreno, non sia tanta, che altri ne pigli tanta speranza; perche ne seguirebbe un gran disordine; che quei che hanno cominciato à sperare le piglierebbero ardire addosso, et anderebbero tant’oltre con le parole, che ella sarebbe sforzata à mancar di quella cortesia per non vituperarsi, et per questo non riuscendo à costoro il disegno, si sdegnarebbero, e cercarebbero di vendicarsi col fare il peggio che potessero contra lei; e però vadino le donne col pie del piombo, et innanzi che facciano un’atto benigno ad alcuno, avertischino à chi lo fanno; però che si trovano certi ingordi, che come gli è mostrato un dito, si pigliano tutto’l braccio, e per ogni minimo favoruzzo si pensano che una donna si stia fracida de i casi loro, e diventano la più importuna, e la più appoiosa cosa del mondo; alcun altri poi più prattichi si

 

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Pigliano il bene come viene, et in altro che in un favoruzzo tentato le donne se ci è dissegno, con tanta destrezza, che esse stesse appena se n’accorgono, et se trovano il varco aperto, seguono animosamente, e trovandolo ristretto, si tornano indietro, ne si sdegnano per questo, e però, come già t’ho detto, bisogna conoscere à chi si ha da usare la cortesia, maggiore, ò minore, e troncare da principio le vie e i passi à chi si conosce che vole andare più oltre che non debba. Non voglio anchor per niente che una gentildonna sia invidiosa et astiosa del bene delle altre, et per questo dia orecchie à chiacchiare, et per dispetto di chi si voglia faccia sfavore, ò carezze ad alcuno; come ne conosco di molte che continovamente ne vanno spiando i fatti delle altre, e si ridono di questa, et dicono male di quella, et ingrassano delli dispiacere altrui, e de sollazzi arrabbiano, e tutti questi sono atti vigliacchissimi, et impertinenti al nobil’animo di una gentildonna, i quali mettono le donne che vi attendono in intrighi che non li svilupparebbe il paradiso. E se pur’ ella senza sua colpa sarà invidiata dalle altre, et haverà qualch’una, che per farle dispetto, e per far piacere ad altrui, ne dirà male, e non la stimarà, di tutto questo voglio ch’ella faccia poco stima, e non ci pensi mai, ne in ben, ne in male, et attenda alle virtù sue, et al modo di di viver che habbiam detto convenirsile, guardandosi sempre, che à ragione altrui non la possa calunniare, et che i segreti suoi stieno sotto terra, e dapoi lasci andare il mondo come vuole, e chi arrabbia arrabbi.

Marg. Mi fate sovenir d’uno, che è piu inviluppato in queste chiacchiere, che huomo ch’io conoscessi mai, che per far dispetto à una Donna, come egli è in capo di una certa

 

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strada, ei comincia à cantare, e quanto è più vicino alla casa di lei ci va la voce r’inalzando, e passata la casa, comincia ad allentare, per fino ch’egli è in parte, che non pensi d’essere sentito, dove si racqueta in tutto, e s’io vi ho da dire il vero, non credo che colei se ne gratti gli occhi.

M.R.   Io ti so dire che gli è una bella professione la sua; ma lasciamolo andare; io vorrei ancho, Margarita, che questa gentildonna non fusse avara, ne cupida del dannaio, anchor che non molto ricca; perche oltre all’esser bruttissima macchia in una Donna l’ingordigia del guadagno, gliè anchora pericolosa; perche se si vedrà ch’ella vada uccellando à presenti et à simil cose, saranno molti, che le donaranno, e si lasciaran vincere qualche cosa, e subito gli parrà esser padroni di lei; perche l’esser ricevuti i presenti da una donna da grande ardire sopra di lei à chi gli manda, e pero non li riceva perniente, se già non son fra scarie, ò per qualche altra occasione sia sforzata, per non far peggio; ma dall’amante suo voglio ben che liriceva, e li tenga chari, et alcuna volta gli ne renda il cambia, accio ch’egli conosca in lei l’amore, e non l’avaritia. Hor io Margarita non saprei più minutamente parlarti della maniera che ha da tener’una gentildonna per mantenersi longo tempo l’amante suo, et intertenersi con gli altri; peroche per le diverse occasioni che possono accadere tutto il giorno, non si può por regola ad ogni cosa, ma basta che ella ha d’amarlo con tanta fede, quanta può, e tenerlo in segreto con ogni suo sforzo; e come poi meglio l’habbia da fare, bisogna rimettersi al suo giudicio.

Marg. N’havete parlato assai pianamente, che la metà appena delle parti che voi dite le bastarebbero; ma vorrei sapere un’altra cosa; che favori han da essere quelli,

 

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ch’ella ha da fare, quando verran l’occasioni, al vero amante, eletto che sarà, e quanto oltre gli ha da concedere per ristorarlo, e per salvare in un tempo l’honestà sua.

M.R. Tu parli da giovene come tu sei; che vuol dire l’honestà sua semlicella?

Marg. O, non m’havete detto, che l’honestà è la prima cosa, che una Donna ha da salvare?

M.R.   Si appresso di tutti gli altri; ma con quello che si ama bisogna ingegnarsi di trovarsi con esso in luoghi segreti tutte le volte che ne verrà occasione.

Marg. E che se gli convien poi fare in tai luoghi?

M.R.   Che cosa è, che se le convien fare à noccivoli sciocarella; tu mi riesci più scempia ch’io non pensava; voglio, dico, che quando sono insieme, sien lontani d’ogni fittione, et debbano unirsi con tutto l’animo, col corpo, col pensiero, e con quel che più si può.

Marg. Voi parlate bucarato madonna Raffaella, volete forse dire, che una gentil donna in tal caso ha da far le fusa torte al suo marito?

M.R.   Che torte? anci drittissime: torte son quelle che si fanno col marito.

Marg. Non è che per questo non se gli facessero le corna?

M.R.   Corna sarebbero se si sapesse, ma sapendo tener la cosa segreta, non so conoscere che vergogna glie ne segua.

Marg. Hor pur v’ho intesa, e mai l’harrei pensato; perche io mi pensava che questo amore havesse ad essere dell’anima, et honesto, che cosi senti dire una sera à una veglia in un giuoco ad un de gli Intronati, che lo chiamano il Garroso, ò Ostinato, che non mi ricordo.

M.R.   Quanti errori fanno certi à mettere questi rulli e questi giardini in aria nel capo alle gioveni; e sappi che

 

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costei si burlava, e l’intende come io, ben che faccia cosi dell’honesto, e che s’empi la bocca d’honestà, che honestà> la cosa va como ti dico, ò tu m’hai fede, ò no;

Marg. Da un canto non so che dire, e mi parrebbe far torto al mio marito, e dall’altro non posso dir se non che le vostre ragioni hoggi mi piaceno.

M.R.   Torto gli faresti, Margarita, se tu’l facessi in modo, ch’egli se n’accorgesse; ma non lo sapendo, è niente al mondo. O l’andarebbe ben dunque, che una gentildonna non si riscontrasse con la conditione e col sangue col suo marito, e non havesse à cercar di trovarsi con uno ilqual si somigliasse con la complessione, col sangue, e co pensieri suoi; peroche questa è una cosa, che ove l’animo non si contenta, resta sciapita, e non val niente; e per lo contrario, ove è l’unione de gli animi, è divinissima, e quanto bene è al mondo.

Marg. Molte debbon’esser, madonna Raffaella, che hanno questa convenientia che voi dite di sangue con i lor mariti.

M.R.   Rarissime sono, e cen’è la ragione, perche le moglie e i mariti si pigliano alla cieca, senza haversi mai veduti, e gran ventura sarebbe se s’amasser di cuore, e non per cerimonia e per obligo, ò vogliam dir per forza.

Marg. In ogni modo questo fare i perentadi cosi al buio è una cattiva usanza; perche molte volte si debbono congiungere in matrimonio due persone di contraria natura, e di diversi costumi.

M.R.   Che importa questo, se ci è il rimedio prontissimo, e congruo, di darsi in tutto e per tutto nell’amore di uno che con desterità ricompensi questo dispiacere che si ha col marito?

Marg. Non è però che alla fine non si commetta peccato.

M.R.   Non t’ho detto io già dieci volte, che se ti da’l cuore di

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passare la gioventù e la vecchiezza poi senza far mai un minimo peccato, ch’io ti consiglio e dico che tu farai bene: ma guarda che le forze ti rieschino, che non riuscir mai à persona che nascesse al mondo; et per questo perche tu non habbia à incorrere in maggior errore di cercar di farlo poi là ne gli anni ultimi, ti consiglio cosi, e sai quel che le interviene poi in quel tempo. Tu harrai à pregare altri, dove hora sarai pregata tu; perche quei che tu penserai che t’amino, nel segretto loro ti vilipenderanno, e ti scorgeranno, di che tu accorgendoti al fine entrarai in disperatione, et in pentimento del tempo passato in vano, che è il maggior peccato che si possa havere. V’, figliuola mia consideralo hora che sei à tempo, e ripara al maggior’errore col minore, e pensa che non vale poi il dir, pesca fu; e se ben in quel tempo piacendoti alcuno tu lo goderai per sorte, considera che tu non piacerai à lui; et hai da sapere, che’l piacere di trovarsi insieme solamente val pochi soldi, quando non è l’amore d’ogni banda; che l’importanza sta, che se tu ami uno, saper che lui ami te, e che non manco desideri e pigli piacere con teco, che tu con lui: e senza questa union d’animi non ti darei di simil cose un quattrino.

Marg. Tutte le ragioni son vostre, monna Raffaella, io vi confesso ogni cosa, et infin’hor conosco, che bisogna parlar con chi sa à voler diventar savia; che mi par haver più guadagnato di giudicio in questo poco di tempo hoggi ch’io son stata con voi, che in tutto il resto ch’io son vissuta.

M.R.   Io ti so dir, poveretta à te, che tu n’havevi bisogno; e che ti credevi? Pensavi forse che i piaceri delle gioveni consistessero in esser’un poco più mirata, ò manco, ò simil frivolezze? meschina à te, che Dio proprio mi ti ci ha man-

 

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data; oime, una bellezza com’è la tua haveva à invietirsi intorno alla rocca, et alle ceneri. Per questo credi che Dio te l’habbia data? Quanto starebbe ben’à queste tali che Dio le facesse bruttissime come furie, poi che non san conoscer il bene quando l’hanno. E che val, semplicella che tu sei, la beltà, e l’altre buone parti in una donna, senza amore? et amore poi che val senza’l suo fine? Quel che’l uovo senza’l sale, e peggio. Le feste, i conviti, i banchetti, le mascare, le comedie, i ritruovi di villa, e mille altri cosi fatti solazzi, senz’amor son freddi ghiacci, e con esso son di tanta consolazione, e cosi fatta dolcezza, ch’io non credo che fra loro si potesse invecchiar mai: amor rifiorisce in altrui la cortesia, la gentilezza, il garbo del vestire, la eloquenza del parlare, i movimenti aggratiati, et ogni altra bella parte; senza esso son poco apprezzate quasi come cose perdute, e vane. Amor infiamma gli huomini alle virtù, rimove da i vitij, e dagli atti vili, empie il cuor di magnanimità, tien l’animo brillante di contentezza, ammorza ogni passione, fa passar la vita allegra e contenta, e in somma è cagion sempre di bene. Dimmi un poco, che consolatione credi che sia di due che s’amino senza fingere, dopo ch’egli harrà durata fatica alquanti dì d’haversi à trovar insieme, poi che alla fine vi si ritrovano, e li senza velo alcuno scopre ciascun all’altro il cuor aperto, et i pensieri puri e veri come sono; si raccontano le passate noie e fastidi, si consolano, si confortano, si bagnan’il viso l’un l’altro di lagrime venute per troppo contento? O quanto son dolci, Margarita, quei bisbigli che fanno insieme con bassa voce, quei mormorij, quei tenersi fissi gli occhi dell’uno in quei dell’altro, quel sospirare, et entrar il vento de sospiri in bocca l’un dell’al-

 

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tro. O divinissima dolcezza, o piacer’unico in questo mondo, o allegrezza fingulare, et non conosciuta, ne creduta, se non da chi la prova. O Margarita se tu la provi una volta quante gratie m’hai da rendere, quanto ti parrà esser’un’altra in questo mondo, quanto ti riderai della passata vita, quanto terrai misere quelle donne che non la provano. Questo è quel che s’ha da cercare mentre che altri è giovene, e tutte le altre son pazzie. Per questo è stata ordinata la gioventù, laqual chi passa in vano, ravede poi in tempo che sarebbe meglio non ravedersine. E non è vero quel che dicon molti; che quando’l piacer è passato, tanto è quanto non se fosse havuto; anzi è quasi tutto’l contrario; ch’è quasi più dolce quella sodisfattione d’haver fatto’l debito suo, quella dolce ricordanza del tempo buon passat, quel pensar’à ogni minimo atto, e luogo, e tempo, nel qual si sia havuto qualche solezzo, che non è l’haverlo istesso; et io lo provo, che se io non havessi questo contento, ch’io mi ricordo, e tutta via ci penso, e come, e quando havessi cosa che mi piacesse, viverci come una disperata, anchor che molti piaceri harrei potuto havere, che io non ho havuti, per non conoscer allhora quel ch’io conosco hoggi. Fidati pur di me Margarita, che i diletti e contenti son buoni mentre che si hanno, e sempre dapoi, per fin che dura la vita. E però ravediti hormai, et considera, che dopo dieci ò dodici anni gli amori e i piaceri sapran di vieto; e pensa che in questa età che sei un giorno importa mille; e non voler star più in cotesta scempiezza in che sei stata fin qui.

Marg. Monna Raffaella io vi sto à udir per balorda, tanto mi piace quel che voi dite; ma una cosa sola mi da fastidio; che io penso, che poche son quelle che habbiano mai

 

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Commodità di ritrovarsi con gli amanti.

M.R.   Tu l’intendi male e non è nessuna che à qualche tempo non n’habbia commodità; ben è vero, che chi più, e chi manco; perche sarà alcuna, che harrà ventura, che l’amante sarà suo famigliare, e domestico in casa, ò col marito, ò con gli altri suoi parenti, e per questo si potran parlar, e comporsi, e spesse volte trovarsi insieme assai sicuramente; et à questa tale non fa di bisogno di fidarsi d’altri mezani, et è in vero gran ventura; ma à quei che non harran cosi buona sorte, sarà forza fidarsi d’un mezano, et in questo avertischino bene di chi si fidino; et io, come t’ho detto, giudico più al proposito un servitore che una serva, ilqual potrà dir tutte le cose che occorrono, et avisare l’una parte e l’altra, et in questo bisogna che chi ama non sia frettoloso, ma stia patiente, per fin che venghino le occasioni, e venendo vegga di saperle pigliare, et non lasciarle passare, che importa troppo, quando vengon di rado, perderne pur una: et hai da sapere che, habbia una donna la casa piena di quanti parenti si voglia, e sien tutti gelosi come il diavolo; in ogni moda à qualche tempo ella potrà pigliare la commodità, ilqual tempo venendo, subito facci avisato l’amante dell’hora, e del luogo, e riuscirà benissimo ogni cosa. E stotti per dire, che s’ella stesse rinchiusa in una camera del continovo, in ogni modo, ò con scale di funi, ò con altri istrumenti, à qualche tempo riesce la cosa; ben è vero, che s’ella sarà tale quale l’habbiamo descritta, ella saprà governarsi di forte, che non harrà ne marito, ne altri geloso; e quel tempo ch’è in mezo fra l’un ritrovarsi e l’altro paschinsi di vedersi, e di dolci pensieri. E vo che tu sappi, ch’è gran diletto à una donna, quando si trova in luogo alcuno, ove sia l’amante suo,

 

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il rimirarsi destramente, et intendersi con un sguardo tutto quel ch’è successo fra loro, e ridersi in loro stessi degli altri che non sanno la cosa, dicendo fra se medesimi, io ho pur in me segreto il tal contento, che’l cielo appena lo sa. O se tu provi Margarita quanto mi crederai.

Marg. M’havete, madonna Raffaella, in modo infiammata di non so che, ch’io non cappio in me stessa; ma quel che solo mi sbigotisce, è ch’io creda, che si trovino pochi amanti, che non sieno traditori, e per questo sto in dubbio volendomi ne eleggere uno che non sia poi taleche mi ruini; et però stimo felici e fortunate quelle donne, che hanno il loro amore in alcuno che habbia pur la minima parte di quelle che hoggi gli havete date, non dico che l’habbia tutte, perche io non credo che se ne trovin di cosi perfetti.

M.R.   Ne conosco ben qualch’uno io, ben che pochi ne sieno.

Marg. Beata dunque ch’il possede.

M.R.   Se mai fu beata alcuna nel mondo, tu sarai quella Margarita se sarai savia.

Marg. O questo perche? ditemi’l di gratia.

M.R.   Bastiti, io non ti vo dir’altro.

Marg. Vi prego Madonna Raffaella che me lo diciate; non mi cominciate mai à dir una cosa quando non me la volete finir.

M.R.   Emeglio ch’io non te’l dica, perche in ogni modo non me ne faresti honore.

Marg. Vi prometto di farvene honore, ch’io vi ho posta una affettione, che non sarebbe cosa ch’io non facessi per voi.

M.R.   E cosi mi prometti?

Marg. E cosi vi prometto.

M.R.   Dammi la fede.

Marg. Eccovela; hor dite.

M.R.   Io conosco uno, Margarita, che sta mal di te; e se mai

 

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huomo amò donna con fede e col cuore, egli ama te; e se alcun fu mai dotato di quelle parti, ch’io t’ho dette con venirsi à un vero inamorato, e molto più anchora, gliè quello; e questo lo so di certo, come che io son qui; hor vedi di mantenermi la promessa, e di donarli la gratia tua, che per ancho conosco che non l’hai data ad alcuno.

Marg. Oime che mi dite, madonna Raffaella, voi vi volete burlare di me.

M.R.   Come burlare; burlerò io una che io tengo in luogo di figliuola; non ci pensare; ch’io non lo farei             mai.

Marg. Infine io nol posso credere.

M.R.   Io ti dico ch’egliè cosi, tu fingi forse di non crederlo, perche non mi vuoi osservare la promessa.

Marg. Iddio il volesse che fusse vero, che non sol ve la osservarei, ma me ne terrei fortunatissima et felice.

M.R.   Io vorrei, Margarita, quando io ti dico una cosa, che tu me la credessi; io fo certa ch’egli è quel ch’io ti dico, e che non ha un’hora di bene, ne mai ha havuta occasione di pur con cenno fartelo conoscere, anchor ch’io penso, che se tu fussi stata un poco più prattica nelle cose, te ne saresti tal volta accorta.

Marg. Non mi tenete più sospesa, ditemi chi gliè.

M.R.   Promettimi di darli la gratia tua.

Marg. Quest’è una cosa, come m’havete dette, che bisogna che se rincontri il sangue suo e la condition sua con la mia; ma s’egli è tal, come voi dite, non potrà se non rincontrarsi; et vi vo dire, che gia me ne sento infiammare e scorrer per tutta la persona un nuovo caldo per amor suo, senza saper chi sia.

M.R.   Non conosci messer’ Aspasio: egli è colui ch’io ti dico, et molto più.

 

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Marg. O, messer Aspasio, lo conosco certo; e vi giuro ch’un giorno quasi io me n’accorsi, et à dirvi il vero, io me gli sentiva non so in che modo inclinata, ma me ne ritenni, prima perche io stimava che l’attender à gli amori fosse grandissimo errore, e dapoi, perche io teneva per certo che lui fingesse con esso me; però che io haveva inteso ch’egli haveva finto con delle altre anchora, e ch’egli non amava se non à sua posta, ilche mi par che sia specie d’ingannar Donne.

M.R.   Credi à me che la verità è quella ch’io dico; e ti confesso bene, che egli ha simulato qualche volta di amar’alcune donne, non già per ingannarle, ma per ricoprire meglio per questa via l’amore ch’egli ha portato e porta à te.

Marg. In vero ch’egli non habbia tutte la buone parti, per quanto ho inteso, non si può negare; ma veramente io ho udito dire per certo, ch’egli è molto infiammato, e sta male di madonna Iacopa, e che tutto’l suo pensiero è in lei, cosi si crede.

M.R.   Tutto lo fa con arte, accioche non si possa imaginare dov’egli habbia veramente l’animo; et e assai buon tempo che cominciò questo amore, per fin che ti parlò la prima volta in quel veglino che si fece qui vicino à canto alla casa tua, che tu ben ti ricordi; ne mai ha havuto ardire di mostrarne una minima apparenza, salvo che pochi di sono se ne confido con esso me, però che mi tiene in luogo di madre, et à questo anchora pensò un gran pezzo, se si haveva à fidar de i casi miei, ò no; ma Dio lo sa se lui lo poteva far sicuramente.

Marg. Infine s’egli è cosi, ne ringratio Dio, e voglio esser savia per l’avenire, e non lasciar passar questa ventura, e renderli il cambio dell’amor che mi porta, e maggior,

 

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s’io potrò; e massime ch’iomi ci sentina inclinata prima, non so in che modo; ma mi spaventavan quellee cose ch’io vi ho dette; ma conoscendo hoggi per le vostre parole, che una giovene è necessitata, per fuggir maggior errore, sfogar l’animo alquanto in gioventù; e dicendomi voi per certo le buone parole di messer Aspasio, e l’amor che mi porta, resta di vivere.

M.R.   O quanti è buonissima risolutione la tua; Dio ti benedica. Felici voi, e forse che voi non harrete commodità, e che vi mancarà mezano fidato; che ci sarò io, che non mancarò mai in beneficio dell’uno e dell’altro di far sempre tutto quello che io vedrò che torni in gaudio e contento vostro, et honore appresso à gli altri, pur che tu non ti penti.

Marg. Come ch’io mi penti? dico che io mi sento pur’hora accesa di sorte, che Dio voglia che vada bene, e ch’io mi sappia temperare d’allegrezza ch’io mi sento addosso; e di gratia vedete che non passi domane, che ad ogni modo voi parliate à messer Aspasio, è gli diciate tutto’l successo de i nostri ragionamenti, e tornate à rendermine risposta.

M.R.   Lascia pur fare à me quanto à questo.

Marg. O felice me.

M.R.   Veramente ti puoi chiamar felice e beata, che nel fior della tua età possederai un’amante nel fiore della sua. O fortunatissima copia di amanti, tu bellissima, et egli bello; tu accorta e segreta, et egli avedutissimo e coperto; tu constantissima et egli essa fermezza; tu fidelissima, et egli la propria fede; tu gentilissima, et egli pieno di estrema cortesia et humanità; tutti’due gioveni, soavi, gentili, inclinati all’amore, virtuosi, ben’accostumati, nobili, Dio vi prosperi e vi mantenga sani et infiammati l’un dell’altro, e vi lievi sempre da torno tutti

 

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li scandali e tutti i pericoli che possono accadere nel goder de i vostri amori, et in quel cambio vi agevoli le vie di trovarvi insieme, et vi mandi spesso delle occasioni, et insomma vi mantenga tutti gli anni vostri fortunati et felici. E io sempre nelle mie orationi lo pregarò che lo facci, e per hora mi vo partire, che mi par mill’anni portargli buona nuova, e non capio quasi in me di allegrezza che io ho da essere stata cagione hoggi della felice vita che ha d’havere una si gentil copia d’amanti.

Marg. Hor andate madonna Raffaella, e tornate presto, ch’io non pensarò in questo mentre ad altro.

M.R.   Habbi pur avertentia che’l tuo marito non s’accorga di questa tua mutatione d’animo.

Marg. Il mio marito non è in Siena, e quando ci fosse, mi da bene il cuore di esser savia à bastanza; se già la fortuna non mi è contraria.

M.R.   La fortuna aiuta sempre chi s’aita da se medesimo, e amore soccorre sempre ad ogni cosa, e però habbi animo, e non ti avillare, e dapoi non dubitare, A Dio.

Marg. A Dio; vedete monna Raffaella, mi vi raccomando daver da vero.

M.R.   Basta.

Marg. Oh oh monna Raffaella udite una parola; volete pane, ò cascio, ò prosciutto, ò cosa ch’habbia io? domandate.

M.R.   Domane te’l dirò poi quando tornarò da te; e pensati che d’ogni cosa ho bisogno.

Marg. Io non vi farò molte parole; quel ch’è in casa sta sempre per voi.

M.R.   Ti ringrazio figliuola mia; ci sarà tempo à ogni cosa; per hora rimanti in pace, che ho il capo solo à questa cosa tua.

Marg. Et io ve ne ristorarò; andate in bon’hora.

I L   F I N E.