La nobiltà delle donne Book 1

by Lodovico Domenichi

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Title: La nobiltà delle donne
Author: Domenichi, Lodovico (1515–1564)
Date of publication: 1552
Edition transcribed: (Venice: Gabriel Giolito di Ferrari, 1552)
Source of edition: Google Books. < https://books.google.ca/books/about/La_nobilt%C3%A0_delle_donne.html?id=seRQAAAAcAAJ&redir_esc=y >
Transcribed by: Tanya Ludovico, Marco Piana and Cassandra Marsillo, McGill University 2017.
Transcription conventions: This is a semi-diplomatic edition that seeks to reproduce as many features of the original text as possible. All abbreviations have been resolved, yet no other orthographic rendering has been made. Some notable mistakes have been kept and flagged with a [sic] tag. “V”s and “u”s are as they appear in the original text.
Status: Completed and corrected, version 1.0, March 2017.

 

Produced as part of Equality and superiority in Renaissance and Early Modern pro-woman treatises, a project funded by the Social Sciences and Humanities Research Council of Canada.

 

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[La nobiltà delle donne, Lodouico Domenichi

Ed. Giolito di Ferrari

Venice, Italy

1552]

 

Fol. Not numbered

 

LA NOBILTA

DELLE DONNE

DI M. LODOVICO

DOMENICHI.

 

Corretta, et di nuouo ristampata.

 

CON PRIVILEGIO

 

Fol. Not numered

[blank]

 

Fol. IIr

ALL’ILLUSTRISSIMO SIGNOR CONTE D’AVERDS IL S. DON GIO. VINCENTIO BELPRATO, LODOVICO DOMENICHI

 

Hauendo io uirtuosissimo signor mio con grandissimo ardire, et senza dubbio alcuno assai maggiore di quello, che si conueniua alle debili forze del mio basso ingegno, diffusamente ragionato dintorno la nobiltà, et eccellenza delle Donne; replicando quanto in simil materia hanno gia scritto gli antichi, et moderni auttori, accompagnandoui alcuna cosa, et non piu detta di mio; ho uoluto ancho con non minore ardimento intitolare a uoi questo ragionamento. Et cio facendo ho pensato non gia di uolere aggiungere errore a delitto, com’altri per auentura potrebbe stimare; ma talmente coprire quella licenza, che si grande m’ho presa; che non pure iscusato et difeso, malodato et gradito io ne uenga

 

Fol. iiv

da tutti coloro, che giudicano dritto. Io son ben certo, Signore, che a uoler lodare tanta perfettione, et dignità, quanta s’è gia ueduta ne secoli passati, et quanta hoggi si troua nelle Donne honorate, non che il mio basso stile, ma ogni altissimo si smarrirebbe , et dalla grandezza del soggetto rimarrebbe uinto: ma doue i debiti son grandi, qui ui bisogna anchora auanzarse medesimo, et talhora mostrarsi se non sofficiente a sodisfare in tutto, almeno in parte grato conoscitore de benefici riceuuti: Non so se mi sarà attribuito a uanagloria, o a modestia il confessare ingenuamente gli oblighi, ch’io ho contratto infiniti, et grandissimi con le Donne: et s’io non ardirò raccontargli intieramente sarà solo; perch’io non uorrei troppo lodar me stesso, riputandomi degno in cui le Donne habbiano uoluto dispensare i loro fauori: o se pure io’l dicessi, elle per cio non ne uenissero tassate di poco giudicio, hauendo si malamente saputo collocare le loro gratie in che meritaua si poco. Il predicarlo ueramente è tutto gratitudine del cor mio, si come a uillania sarebbe attribuito il tacerlo. Perche non hauendo io alcuno altro miglior modo di rendere qualche merito alla beniuolenza, et cortesia di quelle, ho pure uoluto con la penna non gia cancellare il debito

 

Fol. iiir

che ho con esso loro; ma dipingendolo in queste carte assai piu grate, che durabili, farne testimonianza anchora a quegli che dopo noi uerranno. Ma uoglia pure Iddio, che pensando pagare parte del primo per se grande, io non habbia fatto il secondo, et maggiore. Conciosiacosa ch’essendo io cosi poco degno d’entrare ne i meriti loro, l’hauerne io si rozzamente uoluto fauellare, m’haurà causato uno obligo da non sciorsi giamai se non col mezzo della cortesia loro, che mi perdoni il fallo, et me lo done per uia di quella nobilissima humanità; la quale uince d’assai ogni mia ignobile alterezza. Nondimeno diffidandomi io di me stesso, et non essendo cosa in poter mio, che aguagli tanto peso; ho disegnato col fauore di Uoi, ilquale tanto ualete, et tanto sete loro accetto, et caro, sodisfare a pieno a quel ch’io gli son tenuto. Perche mandando io in luce sotto il Uostro honoratissimo nome queste poche, ma pero uerissime lodi, ch’io ho saputo raccogliere in honore del sesso Donnesco, et a Uoi facendone humil dono, l’opera quale ella si sia, non piu come cosa mia, cio è imperfetta, et di nessun ualore, ma come perfettissimo, et eccellentissimo frutto Uostro, sarà da loro talmente apprezzato, et gradito; che a Uoi

 

Fol. iiiv

debitamente ne sapranno elle grado. Et benche per uirtu del uostro singolar ualore u’amino, et adorino, perquesto anchora u’hauranno ognhora piu accetto, et piu caro. Lasciando da parte, che le infinite doti dal Cielo a noi concedute, come la nobiltà del sangue, i beni di fortuna, le ricchezze dell’ingegno, et la bontà dell’animo ui facciano commendabile appresso ognuno; delle quali cose assai meglio è tacere, che ragionarne poco: essendo elle hoggimai tanto per se stesse chiare; et palesi; che non hanno bisogno o disiderio di mia, ne daltrui commendatione. Et ben mi rendo securo, che non pure me del mio temerario ardire non oseranno riprendere; ma che per cio piu che mediocremente me ne loderanno. Perche quantunque in ogni altra cosa io fossi stato cieco degli occhi dello intelletto, in questo almeno non haurei potuto ne saputo giamai mostrare ne migliore, ne piu aueduto lume di giudicio; hauendo eletto si ualoroso, et gentil caualiere, quanto seruisse mai Donne, et quanto per alcun tempo sia stato amato, et honorato da Donne, al quale io dedicassi l’historia della dignità, et grandezza di tutte le antiche, et moderne Donne. Benche chi uolesse dire il uero, di Uoi, che tanto le

 

Fol. iiiir

conoscete, et honorate, douea essere questa impresa; uolendo hauer cura, ch’elle fossero lodate quanto si conueniua, et io non hauessi riportato biasimo d’arroganza. Uoi Signor mio Illustrissimo in tante scienze erudito questo nobilissimo argomento doueuate illustare; il quale negotio cosi ui sarebbe riuscito facile, et piano, come a me è stato aspro, et noioso. Ma poi che pure tanto inanzi son trascorso, che piu non posso ritornare adietro; uagliami almeno l’honore, ch’io ho uoluto fare uniuersalmente a tutte, a fare si, che io n’aquisti per cio la particolare gratia d’una sola: la quale si come ella di ualore, et di bellezza infinite altre ualorose, et belle auanza, cosi d’orgolio, et di crudelta uince tutte l’altre, et se stessa. Et uolesse Iddio, che nel modo ch’io son certissimo d’hauer piaciuto a Uoi, non hauessi cagione di dubitare d’hauer noiato lei; poi ch’ella m’è stata principio et cagione di farmi meritamente celebrare, et riuerir tutte l’altre. Nondimeno benche io non habbia con questa mia fatica fatto seruigio a lei, cui sempre, et sopra ogni altra cosa desidero piacere et seruire; gia non ho io dubbio alcuno, che a Uoi haurò mostrato alcuna minima parte dell’affettione, et riuerenza, ch’io ui por-

 

Fol. iiiiv

porto: et che Uoi per Uostra real cortesia accetterete questo ufficio: poi che u’hauete degnato numerarmi fra i uostri cari amici, assai prima ch’io u’habbia fatto conoscere, quale fosse il mio buono animo uerso l’altezza della molto illustre, et ualorosa persona Uostra: la quale N. S. Iddio lungo tempo, et felicissima conserui.  A XXIX. di Giugno  M D X L U I I I.

 

DI FIORENZA

 

PREFATIONE DI M. LODOUICO DOMENICHI, NELLA NOBILTÀ DELLE DONNE.

 

Fol. not numbered

La principal cagione, che mosse la penna, et suegliò l’intelletto mio a rinouare le lodi, et gli honori del sesso Donnesco, non fu desiderio di lode, ne d’honore, ch’io sperassi acquistarmi di si bassa fatica. Percioche nel ragionare delle cose per se manifeste et chiare, si come non ui si spende industria molta, cosi non se ne dee sperar gloria ueruna. Et io so bene, ch’a prouare l’eccellenza delle Donne altra dificultà non u’interuiene, di quel ch’interuerrebbe s’altri uolesse mostrare, che’l Sol fosse chiaro, il fuoco caldo, et l’acqua liquida. Hauendo io dunque fatto questo, et tanto piu facilmente, quanto piu uolentieri mi ci sono posto; altro guiderdone non spero ne aspetto da chi me l’ha imposto con la uirtu de suoi lucidissimi occhi; se non ch’ella conosca ch’io et tutto quel ch’io sono, come che poco sia, et di nessun ualore, riconosco da lei; et ch’ella della sua tanto da me desiderata gratia hoggimai mi faccia liberal dono. Non è per questo, che io di cosi nobil

 

Fol. not numbered

premio mi reputi degno, solo per hauerle mostrato a parole il desiderio c’hebbi sempre, et hoggi ho piu che mai di seruirla: ma se la sua cortesia, che è non meno infinita di quel che si sia la uirtu, et la bellezza di lei, non uinco di gran lunga il merito mio; ne ella d’hauermi guiderdonato, ne io d’hauerla seruita, mi potrò uantare giamai. Haurei con la debita riuerenza, et con quella modestia ch’io debbo alla honestà sua, nominato espressamente in questa carta l’altezza di quel nome diuino, ch’Amore una uolta per sempre con le sue proprie mani mi scolpi nel core: et similmente haurei fatto conoscere forse a chi nol crede la grandezza di lei, et la nobiltà dell’animo mio, il quale con l’ale d’i pensieri è poggiato tanto alto, che non u’arriua pure il desio, non che la speranza. Ma da questo proposito m’ha ritenuto un piu honesto pensiero. Confesso d’hauer numerato fra l’altre ualorose questa signora dell’anima mia, et d’hauerla nominata in modo; che di cio non è per uenire a lei biasimo, ne a me riprensione. Ma ben d’una sola cosa mi doglio, che quale io l’ho inpressa nel core, tale non l’habbia saputa ritrarre nelle carte: di che non posso io, come il poeta Thoscano, incolparne Amore, che in cio non ha colpa ueruna; ma accusarne il difetto dell’arte. Et duolmi anchora che le mie scritture non siano di quella qualità, che le tauolette di bronzo sono: le quali con quanta piu difficultà riceuono in se, et il liquore, et le lettere, che ui si scolpiscono, con tanta piu saldezza, et tenacità le conseruano poi, et ritengono. Che se cio fose, il nome suo, che uiuerà splendidissimo al par di tutti i secoli ui durerebbe eterno; et le farebbe risplendere

 

Fol. not numbered

in modo ch’io non haurei da desiderare altro lume maggiore per farle lucenti, et belle. Ma poi che cio non m’è dato, faccia almeno ella, che lo puo fare, che se io di questa mia fatica non ho a riceuer premio alcuno, non m’habbia a pentire d’hauerle dispiaciuto: il che sarebbe di tanta dolor cagione, che non ha il mondo piacere alcuno per grande che sia, il quale lo potesse temprare, non che soprafarlo. Che se bene io son certissimo d’hauer fatto cosa grata a infiniti caualieri, et huomini gentili, affettionatissimi serui d’Amore, et delle Donne: prendendo la difesa del sesso Feminile contra la uiltà et ignoranza di coloro, che le biasimano et offendono a torto: non però senza questo haurei ottenuto il fine al quale io aspiro. Assai mi deurebbe essere senza dubbio, et pur troppo contento, che in questa impresa, quale ella si sia, si fosse compiaciuto l’Illustrissimo Signor MARCHESE DELLA TERZA; perche doue arriua il suo purgato giudicio, ogni altro caualiere ne riman sodisfatto. Dourei ben contentarmi, che me n’hauesse lodato il dottissimo M. Gieronimo Ruscelli da Uiterbo, per acquetarmi d’ogni riprensione, che potesse uenirmi. Che sodisfattione deurebbe esser la mia, se pur sarà che il mio gentilissimo, et carissimo amico M. Marco Antonio Passero per cio continui sempre nella sua uerso me continua, et officiosa amoreuolezza? Che qualità di piacere potrà agguagliare il mio, quando il discreto, et nobilissimo giouane M. Aldigieri della Casa perseuererà per questo in amarmi? Certo non n’ha il mondo alcuno altro. Chi non si recherebbe a uentura, che il molto Reuerendo Monsignore ALTOUITI dignissimo

Fol. not numbered

Arciuescouo di Fiorenza per tal cagione me ne commendasse? Parrebbe a ciascuno grandissimo premio riceuerne, et a me non meno, che lo eccellente M. Uincentio Odescalco ne parlasse in mio honore. Ma qual consolatione andrebbe a paro di questa se il Signore Alessandro Piccolomini, il quale è da me riuerito, et dal mondo in grandissimo honore hauuto insieme con M. Fabio Benuoglienti, c’a cio m’ha sempre fatto ardire, me ne desser lode? Picciolo guiderdone non sarebbe mai, che M. Gio. Battista Maggio, et M. Matteo Brunozzi si degnassero leggere questo libro; essendo eglino cortesi et uirtuosi gentilhuomini. Non sarebbe gran marauiglia; ch’io hauessi fatto seruigio a molti letterati et studiosi giouani amici miei, si come sono M. Leonida, et Messer Gieronimo Mentouati, Messer Antonin Musa, et altri pari suoi. Percioche hauendo eglino sempre riuolto l’animo a lodati pensieri, et a gli studi delle buone lettere, non possono se non rallegrarsi ueggendomi spendere utilmente il tempo. Mi posso render certo anchora d’hauer piaciuto allo Eccellente S. Conte di Montelabbatte, et allo Illustre et generoso S. COLLALTINO Conte di Collalto, benche il primo, come oracolo del mondo, sia sempre occupatissimo a consigliare, et trattare di grauissimi negotii; e’l secondo ad altro non pensi, ch’a mostrar magnificenza, et ualor d’animo et di corpo: percioche la humanità loro fe segno sempre d’amarmi, et d’hauer care le cose mie. Potrebbe uincere, non che pareggiare la speranza d’ogni premio, che me ne potesse uenire, la certezza di hauer fatto cosa grata a M. Antonio Gallo, perche essendo egli nobilissimo

 

Fol. not numbered

et uirtuoso anchora, altro non puo mostrare, che disiderio di seruire alle Donne, et d’udir le loro lode. Et benche questa mia fatica sia per se bassa et di poco ingegno, son certo ch’ella non dispiacerà al giudicio de i molto giuditicsi et litterati huomini M. Bernardin Daniello, et Messer Francesco Coccio: conciosia ch’essendo eglino candidissimi, et puri ingegni, tanto hanno piacere, quanto ueggono gli amici faticar ne gli studi. So che ne farà festa, come di propria cosa, un gran numero di amici et fratelli miei; fra i quali eleggo come carissimi, et principali M. Alberto Bazzicalupo, M. Gio. Battista Pizzoni Anconitano, et Messer Annibal Thosco dottori di legge eccellenti. Ma s’io uolessi raccontare tutti i gentili huomini, a i quali se non altro piacerà l’argomento di questa opera, troppo lungo sarebbe; et nondimeno al Signor Federigo Cauriana si farebbe graue ingiuria non lo nominando: perche la bellissima, et nobilissima sua presenza lo manifesta per seruo d’amore, et per amico gratissimo delle ualorose Donne. Questi so bene, che non potrà nascondere il diletto, che percio n’ha d’hauere: conciosia che essendo egli caualiere honorato, et per professione tenuto alla difesa del uero, et delle Donne; si rallegerà ch’altri habbia fatto in parole, quel ch’egli sempre, et in ogni luogo con gli effetti farebbe. Potrebbe forse sentirne dispiacere quel bellissimo et prontissimo ingegno, et da me ricordato et riuerito con ogni sorte d’honore, dico M. Hortensio Lando, quanto egli non uirtuoso et letterato, ma inuidioso fosse et maligno: percioche quello c’ho uoluto fare io, et non m’è riuscito; egli gia prima

 

Fol. not numbered

di me, et in piu d’un modo lodeuolmente ha fatto: talche, come è in prouerbio, si uerrebbe a dolere, che io hauessi posto mano nella biada altrui. Ma io lo conosco tanto cortese et gentile, et talmente affettionato a questo dignissimo sesso; che non contento a quelle belle lodi, con le quali ha immortalmente celebrato le Donne, uorrebbe uedere tutto il Mondo concorrere nella sua uerissima openione: et per questa cagione prenderà piu tosto piacere della impresa mia. Si come ne sentirà diletto Mons. M. Bernardino Argentino uno de i piu cortesi, et amoreuoli gentilhuomini c’habbia il clero; et per cio degno di sedere nel grado de suoi Reuerendissimi zii, et in maggiore anchora. Di quel modo che ne gioirebbe il mio carissimo, et uirtuoso amico M. Bernardin Merato, se la importuna et acerba morte non l’hauesse cosi tosto inuidiato al mondo, et tolto di mezzo noi con dolore incredibile, et desiderio infinito di chi lo conobbe. Il quale hauendomi piu uolte con ogni diligenza, te sollecitudine spronato a si bella fatica, non capiua in se stesso per l’allegrezza, che prendeua diuedermici pronto, et per me stesso inclinatissimo molto: talche non gli incresceua, si come si suol dire, d’aggiungere sproni a cauallo, che corre. In quella medesima maniera, che n’hanno compiaciuto il nobilissimo, et mio molto honorato M. Gabriel Giolito de Ferrari, hoggimai conosciuto affettionatissimo, et deuoto delle Donne, per tutte le costumate attioni, specialmente per procurare ogni di che dalle sue bellissime stampe escano in luce, et nelle mani del mondo le lodi del sesso Donnesco: diche a lui ne uien honore tuttauia, et guiderdone an-

 

Fol. not numbered

chora da quelle. hora benche di questi primi douessi star contento, senza bramar piu oltra; nondimeno il desiderio humano, per non hauer alcun fine, qui non si sa fermare: ma passando inanzi aspetta da chi lo puo fare, non gia guiderdone; perche il mio debil seruitio non l’ha meritato; ma cortesia, et gratia da quella rarissima persona, ch’a cio mi mosse fare: accioche io senza pentirmi del fatto, m’inanimi piu sempre nell’auenire a seruirla, et a far cose degne della condition sua, et dell’animo mio. Talche a me ne uenga un giorno, quel ch’io non ardisco hora di sperare, cio è, honore, et lode; hauendo saputo honorare, et lodare Donne, che dell’uno et dell’altro meritamente son degne; fra le quali meritissimamente debbo porre la illustre, et molto eccellente Signora VIOLANTE Giustiniana, si come ella nel uero alle uirtu, alle bellezze, alle maniere, et ad ogni suo leggiadro atto tanto dell’animo, quanto del corpo certifica ogniun che la mira. Et la Signora CAMILA SFORZA sorella della Signora Faustina; et moglie del Conte di Missirano. La quale in ogni sua attione testimonia la nobiltà della illustrissima sua famiglia, et la eccellenza delle uirtuose bellezze, che la fanno mirabile. Et appresso l’altre MADAMA DEL PERONE una delle piu singolari Donne, c’habbia il regno di Francia, magnanima, liberale, ualorosa, bellissima parlatrice, et miracolo raro di natura: la quale con tutte l’altre degne di memoria, et d’honore, si mouera forse a gradire questa fatica mia fatta piu tosto per debito, che per desiderio di fama.

 

Fol. not numbered

TAUOLA DELLE DONNE ILLUSTRI PIU UICINE A NOSTRI TEMPI, ET DI QUELLE DELLA NOSTRA ETA.

 

Delle Donne illustri piu uicine a nostri tempi. Da carte 231 per fino a carte 244.

 

Donne Napolitane        244

Donne Sanesi               248

Donne Fiorentine         252

Donne di Romagna      256

Donne Bolognesi         255

Donne Modonesi         258

Donne Mantouane       259

Donne Ferraresi           260

Donne Vinitiane          261

Donne Vicentine          261

Donne Fiorenzuolane   262

Donne di Lodi             264

Donne Pauesi               265

 

Fols. not numbered. v.

 

Donne Romane            246

Donne Perugine           250

Donne Cortonesi          251

Donne Fiorentine         274

Donne Pratesi   255

Donne Pistolesi255

Donne Lucchesi           256

Donne Fanesi               256

Donne d’Urbino          256

Donne Piacentine         262

Donne Milanesi265

Donne Genouesi          269

Donne Comasche         269

Donne di Casale in Monferrato270

Donne Hastigiane         270

Donne Francesi271

Donne Ragusee275

 

 

PRIMO LIBRO

 

Fol. 1r

 

IL PRIMO LIBRO

DELLA NOBILTA’ DELLE

DONNE DI M. LODOVICO

DOMENICHI, DOVE

RAGIONANO.

LA SIGNORA VIOLANTE

BENTIVOGLIA, IL S. FRANCESCO

GRASSO, IL S. PIEFRAN=

cesco Visconte. e’l S. Mutio

Giustinopolitano

 

SE LA perfettione et nobiltà delle Donne non fosse stata assai piu per se medesima chiara et manifesta di quello, che l’haurebbono potuta fare le lode, che da gli scrittori se le poteuano dare; come non è parte alcuua del mondo, in cui non risplenda il loro ualore, cosi non sarebbe luogo, che dei libri delle loro lode non fosse pieno.Ma hauendo conosciuto i nostri maggiori di non bastare con gli scritti loro a lodar quello, che tutte le lode di gran lunga auanzaua; per non parere di uoler perder tempo in mostrare quel che da se stesso era chiarissimo, et con lo scriuere loro scemare

 

Fol. 1v

riputatione:et grado a una cosa eccellentissima; uolsero lo stile a descriuere la dignità, et grandezza de gli uomini: si perche la uirtu loro, come quella, ch’era minore, manco appariua; si perche pure non erano in tutto fuor di speranza di potere probabilmente lodar cosa non affatto lodeuole. Questo cosi sincero et candido giudicio de gli antichi nostri hauendo hauuto origine da gran bonta naturale, uenendo insieme con quella in processo di tempo a mancare, anzi, per meglio dire, a perdersi in tutto; fu da quegli, che uennero appresso sinistramente interpretato, et massimamente da gli scrittori Greci; iquali essendo sopra tutte l’altre nationi del mondo instabili, et uantatori, s’imaginarono fra loro, ch’agli antichi non fosse dato il cuore di poter celebrare le Donne; perche in esse non si trouasse quella bontà, che fosse degna d’esser lodata da gli huomini. Et cosi continuando in questa loro falsa openione, essendosi in quegli affatto la uerità perduta,per essere eglino naturalmente dall’ambitione et uanagloria accecati; mossi hancho dallo sfrenato amore di loro stessi, cominciarono indegnamente a preporre il maschio alla femina; ponendo quegli in cielo, et quelle di maniera abbassando: che non uoleuano, che di loro si tenesse piu conto, che delle galline si faccia: lequali solo per fare uoua nutrite sono: pensando che la Donna solamente per far figliuoli si debba mantenere. Et quantunque eglino dalla natura sforzati, per amore delle Donne tutte quelle opere eccellenti facessero, che di loro si leggono, non percio si conobbero da manco di esse; anzi a gran torto le uolsero poco meno che serue

Fol. 2r

riputare; et finalmente si fecero dalle Donne pagare s’elle uoleuano pure, secondo le leggi della Natura,con essi accompagnarsi a conseruation comune. Ma nondimeno la dishonestà della cosa col uelo del nome ricoprir uolendo, questo uilissimo prezzo domandarono dote; et doue gli antichi piu giusti misuratori de lor meriti usauano di darla; si come di Giacob manifesta la sacra scrittura; essi la riceuettero. Ne di cio rimanendo contenti, s’imaginarono la donna douere in tutto accomodarsi,et essere all’huomo sottoposta: et da questo errore per giudicio de cieli n’incorsero in un’altro peggiore, che fu lo stimare la loro compagnia dannosa; tanto che essendo dalla scelleraggine superata la bontà, et lo istinto naturale, uenne finalmente uno huomo con l’altro dishonestissamente a congiungersi in matrimonio: essendo percio con giusto guiderdone pagati della graue ingiuria, ch’alle misere Donne faceuano. Et perche questa dannosa openione hoggi ancho in molti regna,et per auentura molto piu in quegli,che molto piu degli altri sono reputati ualere; io, che nacqui, et sono,et sarò sempre seruo delle Donne, et dalle quali et l’essere, et cio ch è di buono in me riconosco, per non imitare in questo il rimanente del uulgo; mi sono nuouamente messo a scriuere questo ragionamento, non tanto per celebrar le Donne, lequali al mio parere poco n’ hanno bisogno; ma per honore et difesa de gli huomini; et di quegli massimamente, che, come io, si sono dati ad amarle et seruirle, di ch’esse sopra ogni altra cosa del mondo dignissime sono. Percio che io non lodo ne difendo le Donne, ma si bene noi medesimi, et

Fol. 2v

l’honore de gli huomini; iquali troppo palesemente offende chi ha opinione,che le Donne oltra tutte le cose del mondo da noi amate et seruite,siano serue et inferiori de gli huomini. Per dimostrare dunque ad ogniuno che gli huomini di guidicio seruono le Donne, non per uiltà dell’animo loro, ch’agli altrui, anzi a suoi propri serui si sottometta,ma per sana deliberatione, et perche elle son degne di seruigio; io ho pensato di ridurre alla memoria de gli scritti un diletteuole et forse non basso ragionamento, pochi mesi sono passato fra alcuni nobilissimi signori,et dottissimi gentilhuomini nella città di Milano. Et benche io presentialmente non u’interuenissi,allhora che fu detto,hauendolo poco dapoi inteso da persona, che ui fu presente; laquale fedelmente me lo raccontò; sforzerommi appunto ridurlo alla memoria, per quanto le forze del mio debile ingegno potranno comportare; accio che si faccia noto al mondo, o a coloro almeno, che di contraria openione sono,quello che di questa materia hanno giudicato et creduto, huomini degni di molta lode; et al cui dritto giudicio si puo dare securissima fede. Ne sara fuor di proposito, per giungere ordinatamente al fine, raccontare la cagione e’l principio di tal ragionamento.

Hauendo il molto Illustre Signor Mutio Sforza Marchese di Carauaggio, dignissimo figliuolo del Signor Giouan Paolo et Della Eccellente Signora Violante Bentiuoglia, preso per moglie la illustre Signora Faustina Sforza sorella dell’Illustrissimo et Reuerendissimo Signor Cardinale Santafiore; et prima alcuni giorni innanzi fatto in Piacenza le nozze sontuose et

Fol. 3r

reali, et ueramente conueneuoli a cosi nobile coppia; se ben mi ricorda, a di xxiiii. del mese di Ottobre l’anno M. D. XLUI. uscito di Milano con honestissima compagnia di Signori et gentilhuomini amici et parenti suoi andò quel giorno a incontrare alcune miglia fuor delle porte la sua bellissima et carissima sposa; la quale con honoratissima brigata di Signori et di Donne quel giorno ueniua da Piacenza. Doue incontratisi l’un l’altro, et fattosi gratissime et debite accoglienze; tutti allegri, et di bella compagnia si ritornarono in Milano, et al palazzo del Signor Mutio scaualcarono. Quiui lietamente furono raccolti dalla ualorosa Signora Violante, et da nobilissima moltitudine di gentilhuomini et Signori; iquali quiui erano conuenuti a riceuere i nouelli sposi, et a rallegrarsi con essi, honorando della presenza loro quelle splendidissime nozze. Entrati dunque dentro, tutti si diedero a danzare, et a pigliarsi insieme molti altri onesti diporti; mostrando ogniuno di fuori nel uolto, come hauea dentro nel cuore,grandissimo segno di allegrezza,et contento, per uedere cosi bella et rara coppia a marital nodo congiunti. Uenne finalmente dopo lo spatio d’alcune hore spese in dolcissimo diletto l’hora della magnifica cena, anzi d’un regal conuito, et ueramente degno del luogo et della occasione; per non andare minutamente discorrendo della qualità; ch’a persone giudiciose et discrete dee molto bene essere per se manifesta. Ilquale conuito poi c’hebbe fine assai tardi,secondo il costume delle nozze, et ritornato ciascuno al danzare et a gli usati piaceri; alcuni Signori fra gli altri,iquali

 

Fol. 3v

maggior diletto prendere sogliono de gli honesti et saui ragionamenti, piu che di balli et di danze;poi che di questi hebbero preso quanto parue loro honestamente a bastanza, onde ne rimanessero satii et contenti gli occhi et l’intelletto; destramente et con bel modo prima ragionato fra loro quel ch’essi fare intendeuano, et poi appartandosi da gli altri, et restrettisi insieme con la Signora Violante, et alcune altre gentildonne,passarono chetamente in un’altra camera lontana dallo strepito delle danze, et dal suono de gli stromenti musicali. Posersi dunque a sedere dall’un de lati dirimpetto alla Signora Violante gl’illustrissimi Signori Conte Philippo Torniello, et il Conte Giouanfermo Triuulci. Eragli a lato il Signor Pierfrancesco Uisconte, il Signor Camillo Lampugnano, e’l Signor Cauallier Cicogna; et con esso loro il mio Conte Clemente Pietra, il quale son ben sicuro d’hauerlo ueduto; percio che io quiui cosi lo uidi con gli occhi corporali, si come ogn’hora lo ueggo con gli occhi dell’anima. Appresso a questi tali giuntamente sedeuano il Signor Conte Sforza Morone, il Signor Francesco Abondio Castiglione, e’l Signor Hippolito Bessozzo. Era dall’altro lato il Clarissimo Senatore il Signor Francesco Grasso, dignissimo Presidente del magistrato,l’Eccellente dottore il Signor Lucio Cotta, il Signor Mutio Giustinopolitano,il Signor Conte Giouanni Triuulci, e’l Signore Agosto di Adda. Et tutti questi Signori chi piu presso alla Signora Violante, et chi lontano si staua, quando come si suol fare in luoghi di rispetto, stando tutti poco meno che taciti et cheti, et fuggendo ciascuno di farsi udire

 

Fol. 4r

il primo, per la riuerenza che l’un portaua all’altro, fu prima la Signora Violante, che cosi cominciò a ragionare.

VIOLANTE. io sarà forse, Signori tenuta troppo ardita hauendo dato principio a parlare, doue tanti huomini sono ualorosi et scientiati: laqual cosa non harei hauuto io ardire di fare, quando a cio non m’auessero mosso alcune forti ragioni. Prima ueggendo io starui cheti, giudicai, che fosse bene farui animo a romper cosi maninconico silentio: ilquale ne alla profession uostra, che huomini eloquenti sete, ne alla occasione, che qui ci ha ragunato; laquale è non meno allegra che honesta, si richiede. Percio che io pur son certa, che uoi tutti (la uostra mercede) qui sete et per rallegrar uoi, et per honorare le mie nozze con la presenza uostra, uenuti. Un’altra et non meno potente ragione mi ha fatto animo a dire: et questa è, che io pure in casa mia sono: ilche suole assecurare ogniuno per timido che sia; et dargli ardimento a molte cose, ch’altroue non ardirebbe giamai. Onde spesso ne uiene escusato. L’ultima, et quella ch’a me pare, come nel uero è, di maggiore importanza; et ch’io percio m’ho riserbato alla fine; è l’essere io donna:perche non pure alle Donne molte cose si concedono, ch’agli huomini permesse non sono; ma di piu esse hanno priuilegio di poter dire cio che gli pare, come hanno ancho i pazzi. Et però se io ho usato i priuilegi miei dinanzi a tanti giustissimi huomini non sia chi me ne riprenda, anzi mi scusi se le mie parole altro non hanno uoluto conchiudere che dar principio al ragionamento nostro; concedendo questo alla ignoranza feminile, laquale scusa ogni

 

Fol. 4v

errore.

  1. GRASSO. Signora Violante, uoi non pure ci hauete fatto conoscere col bel principio c’hauete fatto,la nostra, non so s’io me la chiami, imperfettione, ma la nobiltà del uostro animo,anchora: laquale non c’è gia cosa nuoua, ma bene ordinaria et propria del uostro nobil sesso: ilquale chi non ama et honora,non merita chiamarsi huomo. P.F. VISCONTE. Se gli huomini amano le Donne, il lor dritto fanno; perche senza loro non possono: ma quel fare loro honore,a me par bene piu cerimonioso,che necessario: et giudico cio con uenir poco a huomini, che uogliano essere stimati degni di questo nome. VIO. Et perche non uolete uoi,che gli uomini facciano honore alle Donne? P.F. S’io ui dirò il uero,uoi l’haurete per male: meglio è dunque tacere. VIO. Anzi ho io caro di saperlo: et non debbo turbarmi,perch’altri dica il uero. P.F. Poi che di questo m’assecurate, et io sono in luogo,che non temo ingiuria di Donne,ue lo dirò liberamente come io sento; perch’ugualmente tutte sete animali imperfetti, et da farne assai poca stima per quegli huomini, che meritamente sono degni d’essere chiamati huomini. MVTIO. Io non posso credere, Signor Pierfrancesco, che uoi di cosi strana openione siate,quale hora ui hauete lasciato uscire di bocca:et piu tosto uoglio pensare, che uoi per qualche particolare ingiuria, che da alcuna di loro ui sia stata fatta, o per souerchio orgoglio di bella donna et gentile, che non habbia uoluto gradir il uostro amore, cosi ui siate sdegnato; che perche si mal giudicio facciate di loro. Et io per quello amore, et riuerenza, ch’io porto al ualor uostro, prego Iddio, che si crudele openione

Fol. 5r

dell’animo ui tolga. P.F.S’io uolessi negarui, che per il passato io non sia stato preso dall’amore, et desiderio d’alcuna di loro, certo ch’io ui direi bugia:ma bene hora ringratio et lodo Iddio, che prestandomi del suo lume, m’ha fatto uscire delle tenebre dello errore, nelquale io era entrato. Et posso dire, che quante uolte di cio mi souuiene.

Che fra la notte, e’l di son piu di mille,

Altrettante

Di me medesimo meco mi uergogno:

Et di cio pentomi non meno, che di quale scontia et laida cosa io mi facessi giamai. MV.Gran cosa è pure, che ci uogliate dare a diuedere, che uoi huomo giudiciosissimo non siate; di che l’amore, che alle Donne portaste, ne fa chiarissima fede: et le uirtuose qualità, che di presente u’adornano, testimonio fanno, che uoi ancho oggi innamorato siate. Percio che se in uoi amore, et desiderio di piacere et seruire alle Donne non fosse, uoi non sareste a patto ueruno quel che sete, cioè, ualoroso et gentile. P.F.Io u’ho gia detto, et ui torno a dire, come hoggi io non sono innamorato: perch’io non credo che ogniuno a chi piaccian le Donne si possa chiamare acceso di loro. Ma ben mi sarebbe carissimo intendere, come quell’altro stia: perciò che io ho sempre creduto, et tuttauia mi uo piu confermando nel medesimo parere, che gran pazzia et forse una delle maggiori, che huom possa fare, sia l’amar Donna, atteso l’eccellenza di lui; alquale di tanto cede la femina, di quanto la notte al giorno, la Luna et l’altre stelle minori al Sole. Et qual maggior testimonio della grandezza sua uorreste

Fol. 5v

uoi, che le parole del gran Propheta et cosi caro a Dio Dauid? ilquale parlando dell’huomo disse; Signore Iddio, tu lo facesti da poco meno che gli Angeli; lo coronasti di gloria et d’honore; et lo mettesti sopra l’opre delle sue mani. FR.Voi douete sapere, che sotto il nome d’huomo si comprende ancho la femina: ma lasciamo andar questo, io ui dico, che la dignità delle Donne è maggiore d’assai: et tra l’altre ragioni, che infinite sono, l’amore, che lor portiamo, ne fa fede: ilquale amore d’altro non puo procedere, che dal ualore in esse da noi conosciuto: et cio chiaramente si uede: percio che gli huomini saui assai piu spesso che gli altri incappano nelle reti amorose. P.F.Essendo uoi sauissimo, mi marauiglio assai, come habbiate potuto dire, che gli huomini saui incorrono ne lacci amorosi. Et io dico, che niuno puo esser sauio, et in un medesimo tempo seguire chi incontinui errori mantiene i suoi seguaci; facendogli parere il mal bene, il uitio uirtu, et la noia diletto: di che cosa non è, che meno il sauio appartenga: ilquale se ueramente è sauio, et non ombra di sauio, di tutte le cose quel giudicio et quella stima dee fare, per laquale esse da Dio furono fatte, et ordinate. FR.Questo haurei io caro intendere da uoi. P.F.Iddio tutte le cose a qualche fine fece; et ricchezze, per souenire al bisogno de poueri; le forze e’l ualor del corpo, per soccorrere gli oppressi dalla uiolenza altrui; la sanità, perche l’huom possa affaticarsi nell’opre necessarie; i figliuoli per fargli simili a noi, et quali noi esser uorremmo; la Donna per aiuto et conseruatione dell’indiuiduo, et cio non fece egli, perche, secondo l’usanza degli sciocchi, i ricchi uanamente

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spendessero le facultà; i gagliardi negittosamente si stessero a dormire ne pericoli et ne bisogni maggiori; i sani uiuessero ociosi; i figliuoli fossero sprezzati; et le Donne hauessero imperio et outtorità sopra gli uomini. Et cosi credo che’l detto di quel sauio antico. Conosci te medesimo, fosse il primo precetto del uiuere humano, accioche disponendosi, l’huomo a conoscere, qual sia la sua dignità, e’l fine, per loqual principalmente fu creato, et usando il dono a lui piu ch’all’altre creature conceduto, se ne mostrasse degno. FR.Hora per leuarui di questa uostra openione, se pure è uero, che cosi crediate; perche a me gioua di credere che d’altro parere siate, conoscendoui tanto gentile et discreto, che mai non potrei stimare che uoi foste caduto in simil errore; cioè che la eccellenza dell’huomo, et la sua singolare industria et ingegno, assai piu che la femina meriti lode et honore, ho pensato, poi ch’altro per hora non ci resta affare, ragionare alquanto sopra questa materia: ilquale ragionamento credo che a uoi non debba spiacere, ne a questi altri Signori. Et se pure alcuno di uoi, che Dio nol’ uoglia, fosse a gran torto nimico delle Donne, io uoglio hoggi far proua, se le mie parole hauranno forza di riconciliarui con esso loro. Il che facendo quantunque io ui uinca, et percio se ne douesse ragioneuolmente dolere, non uò però che di questa perdita punto u’incresca. Perche non ui potete dire d’hauerui lasciato uincere da me, che assai debil guerriero et poco honorato difensor delle Donne sono; ma douete chiamarui uinti dalla ragione et dal giusto: ilquale puo molto piu che uoi non potete. Oltre che da questa

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uostra perdita tanto di gratia et di beneficio uerrete acquistando; che assai ne deuerete rimaner paghi et contenti.MV.Io per me non uoglio intrauenire in questa battaglia come nimico delle femine; conciosia che questa mia impresa sarebbe nuoua ribellione; et uoglio anzi esser priuo d’udirui ragionare di cosi bella materia quale è questa delle Donne, delle quali, et d’altro non mai desiderarei sentir parlare; che fare cosa tanto contraria all’istituto mio, come sarebbe oppormi hoggi manifestamente al uero, et specialmente contra le Donne, cui sempre m’ingegnai et ingegnerò di piacere et seruire: benche hoggimai sia per esser loro disutile et poco grato seruo.

P.F.Et io, benche in fatti non sia nimico loro, come forse hauete argomentato dalle parole mie, nondimeno per udire ragionare il Signor Francesco se non di cose uere almeno di nuoue et non piu udite, non curerò di farmi riputar quel ch’io non sono; et doue potrò oppormi al suo parlare, lo farò uolentieri, non gia con animo di douer uincer seco; che non sono si folle ne si ardito che cio desideri ne speri; ma si bene per allargarli meglio la uia a douere aprire il corso al fiume della sua naturale eloquenza: onde le Donne a lui et a me perpetuamente restino obligate; a lui per lodi, le quali darà loro sopra il uero; a me che di cio sarò stato cagione. Et spero anchora che questa battaglia non gli debba riuscire cosi facile: onde hauendo finalmente a conseguirne la uittoria, n’haurà tanto piu honore, quanto haurà trouato il contrasto maggiore. M V.Gia non sono io per starmi, come si suol dire, in questa impresa con le mani a cintola; anzi benche il Signor Francesco

 

Fol. 7r

sia da se pur troppo ualoroso et sofficiente campione, non però crederò fargli ingiuria, se opponendomi a uoi con le medesime armi del uero, che gia gli ueggo in mano, farò la uostra conditione assai peggiore, hauendo uoi non solo preso a difendere  il falso e’l torto contra dui si pronti et auuezzi a sostenere il uero et la ragione. P.F.Poiche di qui non mi puo uenire se non gloria et lode, uagliaui l’ardire et l’ingegno c’hauete, Signori miei; con questo patto, che non m’habbiate per nimico delle Donne, ma piu tosto per auttore delle lodi loro. Perche quantunque io non prezzi molto, come io soleua gia, la gratia et l’amor di quelle, non uorrei gia fuor di proposito acquistarmi la disgratia et odio loro, se non per altro rispetto, almeno per non tirarmi sulle spalle alcuna infamia, chesi portano seco i nimici delle femine. FR.Hora ueggendoui per uostra cortesia molto disposti ad ascoltarmi, dirò quanto potrò piu breuemente per leuarui dalla uanità delle comuni openioni, et non perch’io speri aggiungere lume allo splendore delle Donne; ma si bene per rispondere a i falsi calonniatori, et fargli, se non tacere, almeno arrossire, di cosi espresse menzogne. Et se in questa amplissima materia io non dirò quanto alla dignità del suggetto appartiene, scusimi la mia modesta intentione; perche cio fare non mi sono uantato, sapendo essere cosa impossibile lodare sofficientemente chi d’ogni loda è maggiore; et per non potere l’occhio del mio debile ingegno riguardare nella lor luce; come ne anco la luce del sole dall’occhio humano è sopportata. Tutti coloro che nel lodare altrui osseruano il debito ordine et modo di commendare,

Fol. 7v

usano per lo piu cominciare dal principio et origine sua: onde regolatamente procedono alla conditione, alle uirtu dell’animo, alle qualità del corpo, et alle opere che dalla cosa lodata uengon fatte: et queste cose assomigliando al principio, alle conditioni, alle uirtu , alle qualità et opere di qualche altra cosa, che lodare si soglia, mostrare ch’elle si ritrouano nel suo suggetto maggiori et piu eccellenti, che nell’altrui. Onde uolendo io lodar la Donna, non crederò di errare, tenendo il medesimo ordine, et con euidentissime ragioni mostrando tutte le sopraddette parti essere nella femmina piu che nel maschio di gran lunga eccellenti et degne di lodi. P.F.Dio uoglia Signor Francesco, che pensandoui uoi con queste finte et apparenti lodi acquistare o forse mantenere l’amor delle Donne, si come quelle che uoi ui credete leggiermente poter lusingare, non uegniate in un medesimo tempo a perdere la gratia loro, et a prouocarui gli uomini contra. FR.Et come sarà questo? P.F.Le Donne ueggendosi indebitamente piu tosto adulate che celebrate da uoi (di quelle parlo che seruite da uoi non possono essere se non giudiciosissime, che l’altre facilmente ue ne potrebbono saper grado, si come quelle che non sanno discernere tra il uero et l’apparente) perciò u’odieranno a morte; et non che siano giamai per renderui di questo gratia alcuna, ma tutta la colpa dei difetti loro imputeranno alla facondia uostra. Dall’altra parte gli huomini naturalmente amatori del uero, et giusti estimatori de i meriti loro, ueggendosi per la bocca uostra fatti inferiori alle Donne, u’hauranno per huomo sottoposto alle passioni et agli effetti dell’animo,

Fol. 8r

et se pure per questo rispetto ue ne scuseranno in qualche parte, come discreti et amoreuoli giudici non crediate gia che perciò ui debbano amare, la doue hora per le molte uirtu uostre egualmente sete caro all’una et l’altra parte. Et di cio ueramente in seruigio uostro piu che mediocremente mi duole, si come quello che tanto affettionato ui sono. FR.Vi ringratio del segno che mostrate d’amarmi; perche ueramente cotesto uostro benche uano, timore mi fa chiarissimo testimonio dell’amor che mi portate. Nondimeno combattendo io per l’affettione ch’io porto alla uerità, anzi per l’obligo della profession mia, laquale m’astringe a difendere il giusto, non ho da temere di cosa alcuna, et molto meno de i biasmi, che mi possono esser dati a torto. Che non pure hora è, che il uero è odiato, et abhorrito come serpe. M V. Vedete Signor Pierfrancesco, che questo uostro impedimento, che date al principio del Signor Francesco non sia interpretato odio, che uoi portate alle Donne, mostrando il dispiacere che hauete d’udirle lodare.

P.F.Io ho gia protestato di non odiar le Donne; ma non uoglio anco esser tenuto amarle di souerchio; che non e forse minor uitio. Cominci dunque il Signor Francesco a suo piacere, pur che mi sia conseruato il priuilegio che gia m’è stato dalla cortesia d’ambidue concesso, di potermi opporre, et interrompere doue mi parrà; considerato che la memoria del Signor Francesco non è cosi debile, che porti pericolo di smarrirsi per le mie parole.

FR.Se l’humana natura hauesse hauuto origine dalla corruttione della terra, che bagnata dall’acqua et scaldata dal Sole l’hauesse generata, come

 

Fol. 8v

si uede produrre l’herbe et molte qualità d’animali: laquale opinione da Empedocle, Diodoro, et molti altri è stata tenuta per uera; non sarebbe hora bisogno far paragone alcuno tra il principio dell’huomo, et della Donna: perche essendo senza differenza, anzi per dir meglio uno istesso, sarebbe egualmente degno.Cosi anchora se tutte le cose fossero state, come Aristotele uolse eternalmente, senza alcuna idea, che in Dio, o in altri ne fosse cagione; chiaro è, che non mi bisognarebbe hora durar questa fatica: conciosia cosa che ne l’uno ne l’altro si potrebbe dire in uerità hauere origine et principio. Ma tenendo noi per fermo esser uero quello che noi Christiani diciamo per fede: cioè che’l mondo sia creato da cinque mila, et tante centenaia d’anni in qua, cioè cinquecento; o almeno che se bene è stato eternalmente et sempre, fosse però fatto da Dio a similitudine di quella Idea, che in se medesimo haueua; si uederà manifestamente il principio della Donna essere molto piu di quello di noi maschi eccellente et perfetto. Perche Mose confessa l’huomo esser fatto di terra, et la donna di carne humana: talche quanto la carne è piu della terra nobile, tanto è piu il loro che’l nostro principio eccellente. P.F.Che la carne sia piu della terra nobile, questo non ui concederò io; perche essendo stata prima creata la terra che ta [sic] carne, ella anco come piu degna merita d’esserle perfetta. Oltra che risoluendosi finalmente la carne dalla terra, ella da lei come superiore et madre riconosce ogni principio suo. FR.Debile fondamento a mio giudicio hauete fatto alla ragione uostra; perche non sempre tutte le cose prime sono riputate le

 

Fol. 9r

piu eccellenti: anzi per lo piu si comincia dalle debili, et si passa alle perfette: come ui farò meglio conoscere passando piu oltre. Ne anco perche il fine della carne sia risoluersi in terra, argomentate qui la perfettione di questa, il che ui sarà fatto chiaro da quel ch’udirete appresso. Voi douete anco sapere, che la Donna e tanto piu eccellente dell’huomo, quanto ella meritò d’hauere piu degno nome di lui: percioche Adam significa terra;et Eua è interpretata uita: onde di quanto piu la uita è degna della terra; tanto la Donna è da essere preposta all’huomo. P.F. Il far giudicio delle cose da nomi, è per se troppo leggiere argomento. FR. Voi douete sapere, che’l supremo artefice et facitore de i nomi et delle cose, prima conobbe la qualità e’l ualor delle cose, ch’egli mettesse loro i nomi: ilquale, si come quello che ingannare non si poteua, fabricò i nomi di maniera, che bastassero a esprimere la natura, la proprietà, et l’uso delle cose. Et di questo anchora fanno fede le nostre leggi: perche la uerità de nomi antichi è, che siano conuenienti alle cose, et chiaramente per quegli si diano a conoscere. Et però i Theologi et i giurisconsulti fanno grandissima importanza nell’argomento de i nomi. Onde San Paolo nella epistola a Romani, uolendo mostrare la somma eccellenza di Christo, usa questo argomento, et dice; egli è tanto migliore de gli angeli, quanto egli ha conseguito nome piu degno di loro: et dice in un’alto luogo; Iddio gli diede un nome, ilquale auanza tutti gli altri nomi; et uolle che nel nome di Giesu pieghino le ginocchia gli habitatori del cielo, della terra, et dell’inferno. P.F. A poco a poco,

 

Fol. 9v

Signor mio, uoi passerete nella sagristia, tanto che mi sarà forza per riuerenza almeno mostrare di cederui et tacere. FR. Io uoglio che in ogni luogo ui sia lecito usar le uostre ragioni: et però non habbiate rispetto a contrastare quando ui pare. Hora tornando ond’io m’era partito, dico, che se la Idea et l’imagine, o l’essemplare, che dell’uno et dell’altro era in Dio, ha dato loro principio et origine, bisogna confessare il medesimo: perche essendo la faccia della Donna assai piu bella et delicata, che non è il uolto del maschio, forza è che la sua idea e il suo essempio sia stato anchora di gran lunga piu eccellente: se gia non uolessimo dire, che un dipintore, ilquale fa una piu bella figura, non habbia piu nobile et honorata Idea nella mente, che colui che ne dipinge una laida et brutta. P.F. Se noi uolessimo anco dire, che ne gli huomini non sia bellezza et leggiadria, certo noi prenderemmo errore. MV. Ella ha un’altro nome ne gli huomini, et propriamente non è bellezza, ma uenustà. Nondimeno presontione sarebbe affermare, che la beltà donnesca non fosse molto maggiore, che quella de gli huomini non è. FR. Non però ui dee parere, che questa intention mia manchi in se stessa, prouando io, la Donna hauer piu bel principio, douendo mostrare, ch’essa l’habbia migliore: percioche la bellezza, come ben disse Platone, è frutto della bontà. Si come noi ogni di ueggiamo, che il bel colore del corpo nasce dalla sua buona complessione, et da ben proportionati humori. MV. È la bellezza del uolto anchora per lo piu segno della bontà interiore dell’animo. Et questo non mi negherà alcuno, che un bellissimo uolto non cuopra

 

Fol. 10r

ordinariamente un’anima santissima et innocente. P.F. Io non so, come questo uostro parere fauorisca troppo bene gli huomini scientiati e dotti, iquali le piu uolte hanno uisi diformi et simili a Baronci. Che se cosi fosse uero, non so pensare, come la uirtu e integrità d’animo degnasse d’habitare in loro. FR. Dunque se la Donna ha piu bella Idea alla cui sembianza è formata, che non ha l’huomo, come ho gia prouato, bisgona necessariamente confessare, c’habbia anchora uie piu nobil principio. Però tanto è piu eccellente et degna, quanto da migliore origine si conosce esser nata. Ma per meglio prouare la dignità del sesso donnesca, prouerolla per tre sorti di beni, che senza piu si ritrouano al mondo. Dico adunque, che la uera nobiltà consiste piu nell’una cosa, che nell’altra; et cosi colui è senza dubbio piu nobile, che possiede piu beni o dell’animo, o del corpo, o della fortuna. Ma quanto l’animo del corpo, o della fortuna è piu degno; tanto piu degni anchora sono i beni, che da lui procedono: parlerò dunque prima di questi. I beni dell’animo parte stanno nell’operare, et parte nell’intelletto. Nelle opre sono queste quattro, la prudenza, la giustitia, la fortezza, et la temperanza: lequali da philosophi uirtu cardinali sono chiamate, si come quelle ch’a giusa di cardini giuernano et reggono l’humana uita. L’intelletto poi si diuide in due parti, in attiuo, e in specolatiuo; nell’attiuo sta la magnanimità et la dilettione, o per piu chiaro uocabolo l’amore: percioche dall’attiuo procede l’hauere animo nelle cose difficili et pericolose, et anco lo amare; nella specolatiua consistono tutte le scienze et la dottrina. MV.

 

Fol. 10v

Potrebbonsi fare anchora altre diuisioni. FR. Fare se ne potrebbon molte; ma percioche non importano gran fatto al uostro ragionamento, non essendo dubbio, che tutte le predette uirtu siano, mi contenterò di queste: et conchiudendo, come io spero, che le Donne in quelle piu eccellenti de gli huomini siano, credo ch’io haurò molto ben fondato la intentione mia delle lodi feminili. MV. Prima che passiate piu inanti, sarà bene Signor Francesco, che non lasciate adietro le tre uirtu theologiche, carità, fede, et speranza; lequali uirtu sapete pure, che sono il uero fondamento del nostro ben uiuere. Ma forse sono io stato importuno a interromperui; che non mi pare uerisimile, che foste per lasciarle. F.R. Anzi gia me le hauea io quasi scordate: di che ui ringratio: e cosi ui prego che per lo auenire, doue ui parrà, ch’io habbia bisogno d’aiuto, non me ne siate scarso, per abbattere questo nimico comune et delle Donne; atteso che essendomi anch’io messo sproueduto in questa nobil materia, non mi soccorre cosi intieramente tutto quello che farebbe bisogno, et io ageuolmente dir potrei, quando hauessi hauuto spatio di pensarui sopra. Et chi sa, ch’io non debba esser tenuto molto all’occasione, laquale pur mi ui fa scusato: che facilmente assai mano sarei ualuto, se mi fosse stato da tempo da considerarui. P.F. Ogni un di noi sa, quanto si puo sperare dall’intelletto uostro: et però non ui loderemo alla presenza, per non ingiurarui; quasi che la uirtu uostra non fosse sofficientissima a ragionare di maggiore suggetto che questo non è; benche questo grandissimo sia, si come quello che tiene del probabile anzi che no: onde potrete fare proua

 

Fol. 11r

della eloquenza uostra. FR. Io dubito che con l’inganno delle false lodi, con lequali uoi pian piano m’andate insidiando, non habbiate pensato di farmi uscire di memoria quel ch’io m’ho disegnato di dire. Pero chiudendo l’orecchio a uostri incanti, parlerò anchora di queste tre uirtu theologiche, parendomi che tanto piu siano da essere annouerate fra i beni dell’animo, quanto piu all’animo appertiene uiuere secondo la legge d’Iddio, ch’in esse uirtu consiste: et comincierò da queste. Se adunque la carità, come dice San Paolo, è maggiore dell’altre uirtu, et la Donna in essa è superiore, chiaro è che piu dell’huomo ella è eccellente. P.F. Senza dubbio alcuno le Donne piu cariteuoli et amoreuoli sono che gli huomini; et di piu ui uuo dire, ch’elle altra uirtu non hanno, che usar carità al prossimo, et maggiormente in far le lemosina del sangue et delle carni proprie: di che elle meritano tanto maggior lode, quanto cosa piu grata fanno a gli huomini. MV. E non è bene, che per burlar le donne, uoi entriate a dir male di loro interrompendo il ragionare del Signor Grasso. P.F. Anzi io diceua del miglior senno ch’io m’habbia: perche io porto ferma openione, ch’elle non habbiano maggior uirtu, et chi per altro uuol lodarle, perda l’opera e’l tempo, et perdonimi il Signor Francesco: ilquale non so, quando s’hauesse a dire il uero, se sarebbe di questo medesimo parere. FR. Questo istesso dirò sempre e in ogni luogo: et mi da il core prima, che di qui partiate, farui entrare nella mia, anzi uniuersal sentenza. Perche la donna habbia maggior carità, si uede per esperienza senza altro essempio: percioche usano piu d’andare alle chiese

 

Fol. 11v

et a gli uffici diuini; et hanno piu d’ogn’hora alle mani i pater nostri et gli ufficiuoli. MV. Quel riso cheto che ho ueduto fare al Signor Pierfrancesco, mi fa sospettare di qualche ascosa malitia: et credo c’habbia uoluto dire, che le Donne frequentino le chiese solo per esser uagheggiate. P.F. Poi che sapete cosi bene interpretare i risi coperti, egli è da credere che uoi siate eccellentissimo comentatore delle parole espresse. FR. Anzi piu tosto gli huomini danno a conoscere quanta è la malitia loro; che sempre pigliano le cose nel peggior senso. Et di uero non so cio  che farete delle opre maluagie, quando hauete ardire di condannar le buone. Oltra che se pure in cio si commette alcun peccato, quello è solamente de gli huomini: iquali spesso ueggiamo nelle chiese stare in cerchio cosi fisamente a mirarle, non altramente che se ragunati fossero ne theatri a uedere qualche nuouo spettacolo; et uanno l’uno all’altro bisbigliando nell’orecchie, et dicendo mille loro sconcie nouelle; lequali hora a me sarebbe et souerchio et poco conueneuole a ridire. P.F. Queste parole tengono anzi che non della predica: et parmi che non ui disdirebbe punto riprendere i uitii su pergami; con si graue seuerità accomodate i gesti al uolto et alle parole: di che non è però da marauigliarsi, essendo uoi si raro et perfetto oratore. FR. I patti nostri sono, che non dobbiate cosi spesso entrare nelle mie lodi: però non m’interrompete per questo effetto almeno. Dall’altra parte noi ueggiamo le Donne tacite et uergognose con gli occhi honestamente bassi non attendere ad altro che alle orationi loro. Et per tornare alla cartià, ueggio le Donne

 

Fol. 12r

naturalmente piu piatose et piu piene di misericordia, et piu uolentieri fare elemosina a poueri. P.F. Di questo medesimo teste le lodai io. FR. Potreui ragionare di molte gentildonne lodate dal beato Gieronimo, et dal Petrarcha nella uita solitaria, et di molte altre, che lungo sarebbe a dire. Ora l’ordine incominciato mi chiama a ragionare della speranza et della fede; doue si uede, quanto in queste dua uirtu uagliono le femine: percioche la doue ne casi auersi gli huomini maledicono Iddio et santi suoi, et talhora poco meno che disperati deliberano passar sempre la uita loro in ribalderie et sceleraggini; le buone Donne con animo quieto si riuolgono a Dio, dicendo, Iddio sia tu sempre lodato: et allhora che piu tribolate et afflitte sono, piu diuotamente ricorrono al fonte di salute. P.F. Non sarebbe gran cosa mostrarui, che ui sono anco de gli huomini et diuoti et costanti. FR. Nondimeno ragionando cosi fra noi, il numero loro è assai picciolo; il che forse non direi altroue per honore di noi altri. Il medesimo si potrà dire della fede. Percioche nella morte di colui, che moredo ci donò perpetua uita, gli huomini quantunque infiniti miracoli hauessero ueduto, nondimeno perderono affatto la fede; et chi andò a una parte et chi all’altra; et le Donne si mantennero salde et costanti nella fede. P.F. Non fu gran marauiglia; perche elle sarebbono state cosi facili a credere alle illusioni diaboliche, come alle uisioni angeliche. FR. Et se pure cio non pare che ui baste, pigliate argomento dall’arte magica, et da questi incantesmi, che tutto di si fanno, iquali (lasciamo andare che ueri falsi siano; percio

 

Fol. 12v

che hora non intendo cio disputare) tutti però consistono nella fede, credendo coloro che gli usano trarre con le parole loro, la Luna et le stelle dal cielo, e con sughi d’herbe et altre nouelle cangiare gli huomini in bestie; doue si uede che comunemente piu femine che huomini a cotale arte attendono; si come habbiamo letto di Manto, di Medea, di Circe, et di tutte le antiche Donne di Thesaglia: et ne nostri tempi anchora ueggiamo queste incantatrici, da noi per altro nome chiamate streghe, con piu costanza assai che gli huomini perseuerare nella loro falsa credenza, et sofferire la morte del fuoco, per morire nella loro pazza opinione. P.F. Bella lode, Signor Francesco, et conueniente hauete uoi dato alle Donne: ma doueuate pure con piu schietto uocabolo chiamare questa costanza loro, ostinatione; et la diuotione et fede loro superstitione. Percioche in cose simili confesso liberamente che elle di molto uicino gli huomini. FR. Io u’ho uoluto far conoscere, che le Donne hanno fede: et credo hauerui mostrato assai sofficientemente, ch’in cio sono di gran longa superiori a gli huomini. Ma uolete uedere un bel testimonio, che le Donne siano piu costanti di noi? Essendo stato commandato nel paradiso delle dilitie da Dio a i nostri primi parenti, che non doueressero mangiare dell’albero della uita, et stando essi per alcun tempo obidienti al precetto di Dio; uolendo il nimico della generatione humana fargli preuaricare, et percio incorrere nel peccato della superbia et della disubidienza, onde hauessero a perdere, come esso hauea prima perduto, la gratia di Dio; uide che l’impresa era molto

 

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difficile, et non credette che cosi tosto et ageuolmente gli deuesse uenir fatta. Perche come quello, ch’era il padre delle astutie et delle malatie, pensò d’una uia straordinaria per ottenere l’intento suo. Et ueggendo per la sua astuta malitia che ageuol cosa gli era subbornare Adamo; et che la uittoria di lui passaua cosi con poco honore, come con nessuna fatica; si riuolse quasi accorto guerriero alla piu difficile impresa: et con simili parole andò a ritrouare Eua: uoi douete sapere che conoscendo Iddio che ogni uolta che uoi mangiaste de frutti di questo bellissimo albero, ch’è in mezzo del paradiso, uoi sareste dei et simili a lui, et haureste cognitione del bene et del male, u’ha come inuidioso della grandezza uostra prohibito il mangiare. Però se m’ascolterete, in questo giamai uoi non gli ubidirete uoi; conoscendo che tal precetto ui fu fatto solo per tenerui abbassati: ilche credo uoi parimente ui crediate: et dalle mie parole tosto ne uedrete succedere l’effetto. La Donna udendo il ragionare del serpente, et parendole simile al uero, benche costantissima fosse, nondimeno non seppe resistere alle insidie del nimico; ma per uinta s’arrese, et trapasso il precetto diuino. Di che fu sopra modo lieto el Demonio, ueggendo ch’al suo desiderio era seguito l’effetto. Percioche non si tosto hebbe uinta la femina, come quella che molto piu salda era, che tenne l’huomo per abbattuto. Conciosia cosa che alle parole sole della Donna stette contento Adamo, et insieme con essolei cadde della gratia di Dio. Qui potete uedere, che il Diauolo pieno d’astutie si fece a dare il primo assalto al luogo piu forte, considerando che uinto il primo

 

Fol. 13v

e’l maggiore, nel secondo et minore non gli auanzaua piu difficultà ueruna: et che da se stesso si sarebbe lasciato uincere. Di qui potete conoscere, che la Donna è molto piu costante dell’huomo. P.F. L’historia che hauete raccontata, non proua concludentemente la uostra intentione: percioche quantunque Eua fosse la prima dal nemico assaltata, non però era la parte piu salda et piu forte: anzi la piu debile et piu inferma. Conciosia cosa che, per uia d’essempio, ne gli assalti delle città non s’è ueduto mai combattere prima la, doue è piu forte il muro; ma comunemente anzi sempre si uede cominciare i primi assalti, doue le mura sono piu debili, et le fosse manco profonde, et le difese piu rare. Perche entrando da una parte, facilmente altrui si fa poi padrone di tutta la città. Il fiume anchora non rode mai dou’è piu sodo et piu duro il terreno; ma si bene quiui, doue è piu tenero et piu molle, s’apre et si fa dare la strada pian piano; et poi con tutto il suo furore allarga l’entrata al corso dell’acque. MV. La comparatione della città et del fiume non fa al nostro proposito: perche io ui confesso bene, che uinta una parte della città, benche sia la piu debile, per lo piu, s’impadronisse del resto: et benche il fiume rompa un poco dell’argine, facilmente si gli puo riparare, et ritenere la furia sua. Ma se la Donna come parte piu forte non era prima uinta, quantunque Adamo hauesse creduto, il diauolo non haurebbe ottenuto la uitioria intiera: conciosia cosa ch’Eua di leggiero si gli sarebbe opposta, et la ubidienza di lei forse haurebbe impetrato perdono da Dio al peccato dell’huomo. Però il demonio la pensò

 

Fol. 14r

sottilmente in acconcio de fatti suoi, et gli riusci il disegno. P.F. I nostri sacri Theologi la dicono diuersemente da uoi: et uogliono che il peccato de primi padri non fosse superbia, ma lussuria: conciosia cosa che il demonio persuase loro che usassero carnalmente insieme; ilquale atto è figurato per l’albero della uita, posto nel mezzo del paradiso terrestre, cioè nel mezzo de corpi nostri, doue a punto sono collocate le membra disposte alla generatione: onde essequendolo essi diedero principio al generare: et cosi la natura hauendo ritrouato il modo di conseruare se stessa nell’indiuiduo, non hebbe piu bisogno della specie: onde i cattiuelli cagnominarono la loro et la nostra morte, rinouando se stessi nel continua successione de posteri; et cio fu l’albero della uita, o per altro modo, del bene et del male. Talche non si puo discernere, se l’uno et l’altro in un medesimo tempo et di comun uolere concorse all’atto del coito, chi di loro fosse il primo a disubidire; et consequentemente chi piu et meno fosse costante et ubidiente; hauendo ambidue in un’instante contrafatto al precetto di Dio. FR. Questo medesimo della perfettione maggiore nella Donna, che nell’humo ui posso dimostrare, nel principio, che ha l’uno et l’altro nella sua generatione. Confessano i naturali l’huomo formarsi intieramente in spatio di X L. giorni, et la donna in ottanta: perche molto ignoranti scioccamente argomentano l’huomo essere piu nobile della Donna: benche questo faccia conoscere il contrario. Percioche si come l’opera d’uno artefice, che ricerca piu tempo è piu eccellente, non potendosi fare in pochi giorni quel che s’opera in

 

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molti et produce; cosi il lauoro fatto dalla natura in maggiore spatio di tempo, molto piu degno è di quello ch’ageuolmente et tosto si mette in essecutione. Questo per ragione, et per esperienza è chiaro; per ragione conciosia cosa che cominciando la natura operare delle cose manche et imperfette quello, che da lei prima è fatto et prodotto in essere, è uie men buono di quello ch’è fatto dapoi; si come da meno è il bambino et il fanciullo, che l’huomo, essendo altrui prima fanciullo, che huomo. Per esperienza, si conosce, che l’huomo nasce piu tardi che gli altri animali di lui manco perfetti. Perche a fare una cosa si nobile et eccellente, ui si richiede assai piu tempo. Et è in prouerbio appresso il uulgo; che la cagna frettolosa fa i figliuoli orbi. P.F. Io harei creduto, che facendosi una cosa in poco spatio di tempo, essa si uenisse a far piu uolentieri: onde direi, che generando la natura l’huomo nella metà meno tempo che non fa la femina, cio facesse piu uolentieri, si come quella che si compiacesse nella piu nobil fattura delle sue mani. Perche ueggiamo anchora tutto di, quando altri fa cosa contra sua uoglia, che come quello c’ha l’operare a noia et dispetto, assai pena a farla; et le piu uolte quanto piu tempo ui mette, tanto la fa peggiore, cosi dee fare la natura nella creatione della femina. FR. Voi non mi potete gia negare, che maggiore studio non si ricerchi a far cosa di grande eccellenza, che ad operare in lauoro di poca importanza. P.F. Ora io non uuo gia lasciare un debile argomento a prouare che le Donne siano animali imperfetti, et conseguentemente men degne che gli huomini, et incapaci di tutte quelle uirtu, ch’essi possono

 

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facilmente, et come da natura apprendere scriuono alcuni sauissimi philosophi, che la natura a sempre intende et disegna far le cose piu perfette: et che se potesse farlo, di continuo produrrebbe maschi: et che quando nasce una femina è difetto et error di natura, e contra l’intention sua: come si uede ne mostri che ueramente mostri le femine sono; et in chi ci nasce ciecho, zoppo, o con qualche altro mancamento nella persona; et ne gli alberi molti frutti, iquali mai non maturano. Similmente la Donna si potra dire animale prodotto a sorte et per caso, o almeno contra il uolere della natura. Et che cio sia uero, considerate l’operationi del mascio et della femina, et da quelle argomentate la perfettione dell’uno etdell’altro. Non dimeno procedendo questi difetti senza difetto delle Donne, ma per colpa della natura, che l’ha fatte tali, non dobbiamo noi per questo hauerle in odio, ne mancar loro di quelle riuerenza, laquale se non conuiene a i meriti loro, è debita almeno alla cortesia nostra: laquale tanto si mostra maggiore in noi, quanto minore occasione et obligo habbiamo d’adoperarla. Giudico bene manifesto errore d’adulatione ne gli huomini il uolerle stimare da molto piu di quello ch’elle sono. P.F. Io aspettaua, Sig. Pier Francesco, che uoi passaste piu inanzi, et non harei creduto che doueste cosi tosto finire: ma poi che gia ui sete fermo, dico ch’a prouare la imperfettion delle Donne hauete fatto un fredissimo argomento; alquale poi che pur mi conuiene entrare nella sottilità delle dispute, rispondo secondo l’opinione di coloro che piu sanno, et secondo il uero;

 

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che la sustanza in qual si uoglia cosa, non puo in se riceuere il piu, o il meno: perche si come nessuna pietra puo essere piu perfettamente pietra che un’altra, quanto alla essenza della pietra; ne un legno piu perfettamente legno che un altro; cosi un huomo non puo essere piu intieramente huomo ch’altro: et per conseguenza il maschio non sarà piu perfetto che la femina, quanto alla sustanza sua formale: perche l’uno et l’altro è compreso sotto la specie dell’huomo: et la differenza ch’è dall’uno all’altro, è cosa accidentale, non essentiale. P.F. Et io ui dico, che l’huomo è piu perfetto che la Donna, se non quanto all’essenza, almeno in quanto a gli accidenti. FR. Et io ui distinguo, che questi accidenti consistono o nel corpo, o nell’animo. Se questi accidenti son del corpo, perche l’huom sia piu gagliardo, piu destro, piu leggiero, o piu accomodato a sopportar le fatiche, dico che questo è argomento d’assai poca perfettione: perche fra noi medesimi coloro che di queste qualità dotati sono, non però per quelle uengono piu stimati: et nelle guerre, la doue si fanno la maggior parte dell’opere faticose, et di forza di corpo, i piu gagliardi, non percio sono i piu reputati fra gli altri. Se si ritrouano nell’animo, uoi douete sapere, che tutte quelle cose, che possono intendere gli huomini, le medesime possono intendere anchora le Donne: et doue arriua l’intelletto dell’uno, puo anchora arriuare l’intelletto dell’altro. Voi sapete anco questa propositione di philosophia; che i molli della carne hanno migliore ingegno: et però non è dubbio che le Donne, si come quelle che sono piu molli et delicate

 

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di carne, sono anchora piu sottili della mente; et d’ingegno piu atto alle speculationi che gli huomini non sono. Ma lasciando questo, perche uoi mi diceste, ch’io facessi argomento della perfettione d’ambidue dall’opere dell’uno et dell’altro; dico; che se uoi uorrete ben por mente a gli effetti della natura, uoi trouerete ch’ella produce le Donne quali elle sono, non a caso, ma disposte a un necessario fine: et perche ella le faccia di corpo poco gagliardo, et d’animo quieto, con molte altre qualità contrarie in tutto alle maniere de gli huomini, nondimeno le conditioni dell’uno et dell’altro tendono ad un sol fine, ilquale risguarda a una medesima utilità. Percio che se quella natural debilità di corpo fa le Donne meno animose, la medesima anchora poi le rende piu auedute: però le madri nodriscono i figliuoli; i padri gli ammaestrano: gli huomini con la fortezza acquistano di fuori; le Donne con la industria conseruano in casa l’acquistato: ilche non è minore, anzi maggiore lode. Se uoi considerate poi le historie antiche (anchor che gli huomini d’ogni tempi siano stati scarsissimi nello scriuere le lodi delle Donne, et per lo contrario larghissimi in far memoria de i uituperi loro) et quelle de tempi nostri, trouerete però che alcuno ha lasciato scritto, che di continuo la uirtu è stata non meno fra le Donne, che fra gli huomini si fosse: et che sono state anchora di quelle, che hanno mosso delle guerre, conseguito gloriose uittorie; con somma prudentia et giustitia gouernato i regni; et fatto tutte quelle proue, che gli huomini fanno. Delle scienze uoi pure hauete letto di tante, che hanno saputo philosophia;

 

Fol. 16v

che sono state dottissime in poesia; di quelle che hanno trattate le cause ; accusato et difeso eloquentissimamente inanzi a i giudici. P.F. Se cio fosse stato, Calphurnia non haurebbe date cagione all’editto; per loquale, come uoi sapete, è uietato alle donne andare dauanti a i tribunali. FR. L’inuidia fu di cio cagione: perche ueggendo gli huomini, che le Donne meglio faceuano questo ufficio degli huomini; come molti altri fanno anchora; conoscendo di perdere seco la proua, gliele uietarono tirannescamente. P.F. Anzi non fu percio uietato loro, ma si bene per la paura nata fra gli huomini, che la dolcezza de gli aspetti, et la soauità delle parole Donnesche non fossero lenocinio a corrompere la integrità et sereuità dei giudici. FR. di qui potete comprendere, quanto sia debile la costantiade gli huomini; dapoi che in cosa di tanta importanza, doue ua talhora l’interesso della uita et della morte, et sempre la cura dell’honore, si fragil cosa basta a uolgere sottosopra a la giustitia et la ragione. Ora sarebbe lungo dire quel che le Donne uogliono ne gli essercitii manouali: ne di cio bisogna testimonio. Adunque se l’huomo nella essenza et ne gli accidenti non é piu perfetto della Donna et di questo oltra le ragioni ch’io u’ho detto, si ueggonò [sic] gli effetti, io per me non so uedere anchora, in che consista questa tanta perfettione. et doue uoi diceste, che l’intentione della natura è sempre di generare le cose piu perfette: et però, pur ch’ella potesse produrrebbe ogni hora l’huomo; et che il produrre della Donna è piu tosto da chiamare errore et difetto, che intento et deliberatione

 

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della natura: rispondo, che questo del tutto ui si niega ne so come possiate dire col uero, che la natura non habbia in animo di produrre le Donne, senza lequali la specie humana conseruar non si potrebbe: et di cio piu che d’alcuna altra cosa ha desiderio essa natura: percioche con questa conpagnia di maschio et di femina ella genera i figliuoli, iquali rendono i benefici riceuuti in fanciulezza a i padre loro gia uecchi, per che gli nodriscono: poi gli rinouano generando anco essi de gli altri figliuoli : da i quali aspettano in uecchiezza riceuere i medesimi benefici c’hanno gia fatto a i padri loro: et cosi la natura quasi tornando in cherchio adempie la eternità; è on osto ai mortali dona l’immortalità. Essendo adunque la Donna a cio tanto necessaria quanto l’huomo, non trouo la cagione, perche l’una sia stata fatta a caso piu che l’altro. Io ui confesso bene, che l’intentione della natura è sempre di produrre le cose piu perfette; et però intende di generare l’huomo in sua specie, ma non gia piu maschio che femina; perche se sempre producesse maschio, sarebbe imperfettione: conciosia cosa che si come del corpe et dell’anima risulta un composito motlo piu nobile, che le sue parti non sono, che è l’huomo: cosi del maschio et della femina nasce un composito, il quale conserua l’humana specie; et senza esso le parti si distruerebbono: la onde maschio et femina naturalmente sono sempre insieme; et l’uno non puo senza l’altro. P.F. Come non auete uoi letto gli euangeli de Greci, i quali dissero, che Gioue si fece aprire il capo con una scure, et ne nacque Minerua dea della sapientia; et Giunone mossa a inuidia et sdegno del marito, passeggiando per

 

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certi giardini, et mangiò d’una herba; onde senza altro congiungimento di maschio, ingrauidò et partori Marte Dio delle guerre? FR. Eccoci sulle fauole: Ma poi che uale alleggare i poeti, non sapete uoi, che Orpheo disse; che Gioue era maschio et femina, perche un sesso solo dimostra imperfetione, onde non pure i poeti, mai theologi antichi, anch’eglino l’uno et l’altro attribuiscono a Dio; et leggesi nel Genesi, che Iddio formò gli huomini maschio et femina a sembianza sua. P.F. Però Platone misteriosamente racconta la fauola degli Androgeni, i quali erano intieri, fin che per la superbia loro, Gioue gli diuise, et fecene due; onde se partendogli per mezzo, di quella massa piu ne peruenne all’huomo, che ha un non so che di piu, loquale manca alla Donna; io non so come uogliate negarmi, che il maschio non sia piu perfetto della femina; anzi per dir meglio, che la femina non sia imperfetta, laquale manca, e’l maschio non sia perfettissimo, alquale auanza tanto oltra la sua parte, che spesso gli da noia, et cerca di riporlo; et come quel ch’è contentissimo, desidera restituire l’altrui; tanto amai ben del prossimo. MV. Poi che passaste alle burle, chi giudicate uoi piu perfetto colui, che ha bisogno et ricerca l’altrui, o chi ha di souerchio et dona del suo? P.F. L’uno et l’altro è diffetto: ma il secondo è piu tolerabile. MV. Dunque l’huomo, che tanto desidera et ricerca i congiumgimenti della Donna, sicome quello che si sente manco, è imperfetto; et la Donna è quella che gli dona perfettione. P.F. Se non fosse il timore piu che la uergogna, e’l rispetto, io non so chi piu ricercasse altri, o l’huomo o la Donna.

 

Fol. 18r

Ora poi che noi siamo entrati una uolta nelle sottilità dirò questo solo. Voi sapete ch’egli è opinione d’alcuni filosofi: che l’huomo s’assomogli alla forma, et la Donna alla materia: però si come la forma è molto piu perfetta che la materia, anzi è quella che la da l’essere, cosí l’huomo è assai piu perfetto che la Donna. Et ricordomi gia auerletto ne i problemi d’un gran filosofo, dubitare, perche naturalmente la Donna ama sempre quello huomo, ch’è stato primo a riceuere da lei gli amorosi piaceri; et per lo contrario, l’huomo odia quella Donna, ch’è stata prima a prouar le dolcezze d’amore con esso lui: et soggiungendo la cagione, dice che questo auiene, perche in tale congiungimento la Donna riceue perfettione dall’uomo, et l’uomo diffetto et imperfetione dalla Donna: et però ogniuno porta amore a quella cosa, che lo rende maggiore et perfetto; et odia quella che gli toglie, et lo fa imperfetto. MV. La cagione, perche la Donna ami sempre quello huomo, ch’è stato primo a congiungersi carnalmente con lei, non è come uoi dite: ma perche le fanciulle sono uaghe naturalmente del cose simiglianti a loro et però ordinariamente donando elle il fiore della uirginità loro a belli et leggiadri giouanetti, sicome quegli che le somigliano molto et percio gli sono cari et grati, non è poi marauiglia se di continuo gli amano et uogliono loro bene; ricordandosi di auere cosi bene et dolcemente impiegato i loro primi amori. Degli huomini per lo piu tutto il contrario auiene: perche usanza è, et non so s’io me lo debbo chiamar piu tosto priuilegio delle fanti uecchie di casa, ch’elle sono pri

 

Fol. 18V

me a gustare i diletti amorosi co i giouanetti padroni, i quali non gli hanno piu gustati. Onde auuien poi, che ricordandosi ebbi della improntezza et sfacciatezza di tali uecchie, le odiano a morte, parendoli di auere malposto i primi dondamenti de loro giouanili amori. F.R.  e mi pare, S. Mutio, che uoi non curiate difendere altramente la ragione delle Donne conta questo nostro comune nimico, et molto meno aiutar me, quando io mi trouo da lui piu grauemente assalito: perche adoprereste altr’armi. La cagione dell’amor perpetuo della Donna uerso il primo huomo, col quale s’ha congiunta, se io non m’inganno, et dell’odio dell’huomo uerso la prima Donna, non è quella ch’adduce il filosofo uostro ne problemi suoi, ne anco quel che per giuoco ci ha allegata il Signor Mutio; ma si ben la fermezza et stabilità della Donna; et la instabilità et leggerezza dell’huomo. P.F. Noi faremo a dirci contra l’un l’altro, per parere piu faui; ilche gia non uorrei io per honor nostro. FR. Ma che direte uoi, s’io ue l’ho prouo per ragioni naturale? P.F. Forse ui crederò, et starò cheto. FR. Essendo il maschio naturalmente caldo, da quella qualità che la disecca, acquista la instabilità, la leggerezza, e’l moto: per contrario la Donna dalla frigidità piglia la quiete, la grauita, et alte piu ferme impressioni. P.F. Quasi che noi auessimo gran dubbio della incostanza et leggerezza delle Donne; et che i libri de i piu graui autori non fosser pieni di questi testimoni. Virgilio; Varium et mutabile semper foemina: Il Petrarcha; Femina è cosa mobile per natura. Ond’io so ben, ch’uno amoroso stato in cor di

 

Fol. 19r

Donna picciol tempo dura. Ma di cio non uo che disputiamo hora, come di cosa per se stessa chiarissima, et senza dubitatione. Ma ditemi, quale maggiore segno della perfettion dell’homo, et della imperfettion della donna uorreste; che quello che uniuersalmente si uede, ch’ogni Donna per grande ch’ella sia, piu tosto uorrebbe entrare uno huomo di mediocre stato? Voi pur uedete, che cio è certo instinto di natura, che le insegna desiderare la sua perfettione. FR. Le misere non desiderano di essere huomini, per farsi piu perfette, ma per liberarsi da quella insolentissima tirannide, che noi cosi a gran torto abbiamo usurpato sopra di loro. P.F. Mal per noi, et peggio per loro, se questa dolce seruitù, che noi abbiamo loro imposto, et esse chiamano tirannide, non le tenesse a freno. Perche se questo cibo non fosse, ilquale è naturalmente pasto delle Donne, elle scordate del grado loro, di uiuere libere aurebberonno ardimento; onde ruinerebbono se medesime a un tempo et l’honor nostro. Percioche si come del Leone è cosa naturale et propria la febbre, et chi di quella il guarisse, non piu leone, et feroce, ma capra et animal timidissimo il farebbe diuenire; cosi alla Donna è naturale utile, et onestà [sic] conditione il feruire all’huomo. Et ben potete uedere quali quelle famiglie sono, doue le Donne reggono et comandano, et gli huomini si stanno o neghittosi o serui; che per lo piu, se non tutte, ruinano. FR. Voi diceste poco dianzi, che l’huomo s’assomiglia alla forma, et la Donna alla materia; et io ui rispondo, che questa similitudine non si confa in ogni cosa. perche non

 

Fol. 19V [Not available in the paper based copy]

in quel modo la Donna riceue perfetione dall’uomo che a la materia della forma: conciosia cosa che la materiale riceue l’essere dalla forma, et senza essa non puo stare: anzi quand piu di materiale hanno le forme, tanto hanno piu d’imperfetione: et separate da essa perfetione sono. Ma la Donna non riceue lo essere dell’uomo: anzi se essa è fatta perfetta da lui, et essa ancora uicendeuolmente rende perfetto lui: onde l’una et l’altro conguinti insieme uengono poi a generare: il che fare non potrebbe alcuni di loro da se stesso. Oltre di ciò, che la Donna sia di maggiore merito che l’uomo, dicono I Cabalisti, che il nome della Donna ha maggior conformità con il Tetagramaton nome ineffabile di Dio, che non ha quello dell’uomo: il quale con il nome diuino ne in caratteri, ne in figura, ne in numero si conuiene. Ma di cio non ragionerò, percio che elle sono cose lette da pochi, et intese da meno, et ricercano ragionamento maggiore, che in questo luogo non conuiene. In tanto ui prouerò l’eccelentia delle Donne non pure dal nome; ma dale cose, dagli uffici, et da I meriti. Considerando dunque le scritture, et cominciando dal principio della creatione, dico che la Donna nello essere create ha auuto dignità maggiore assai dell’uomo. Noi sappiamo, che tutte le cose, le quali sono state fatte da Dio, specialmente in questo fra loro differenti sono; che alcune di quelle perpetuamente rimangono incorrottinili, et alter sono sottoposte alla corrutione et alla mutatione: et Dio nel crearle questo ordine tenne; che incominciando dal piu nobile di uno, fini nel nobilissmo dell’altro. Perche prima creò gli Angeli incorrottibili, et le anime: conciosa

 

Fol. 20r [Not available in the paper based copy]

cosa ch’è opinione di Agostino, che l’anima del primo nostre padre Adamo, anzi che fosse creato il corpo, fu create insieme con gli Angeli. Creò I corpi incorrottibili, si come sono I cieli et le stele; et anco, gli elementi incorrottibili, ma però sottoposti a uarie mutationi, et di questi tutte l’altre cose soggette alla corrutione compose, procedendo dai piu uili, per ciascun grado di dignità di nuouo ascendendo alla perfetione dell’uniuerso. Di chi primieramente uscirono I minerali, da poi I uegetabili, le piante et gli alberi, poscia le piante animali, finalmente gli animali brutti, appresso I reptile, I pesci, gli uccelli, et I quadrupedi. Ma nell’ultimo creò due huomini simili a se, il maschio prima, et poi la femina; nella quale si compirono i cieli, et la terra, et ogni loro ornamento. Percio che il creatore del tutto poi che egli ebbe creato la femina, si riposò in quella dale fatiche sue, come non gli restasse piu di creare alcuna cosa piu onorata di lei: et in essa tutta la sapientia et Potentia del fattore si terminò et ebbe fine: et oltra di lei altra creatura non si troua, ne imaginare si puote. Essendo adunque la Donna l’ultima create, fine et compimento perfettissimo dell’opere di Dio, mi negherete uoi, che ella per la sua somma eccelenza non sia dignissima sopra tutte le altre creature? Che senza lei il mondo gia in tutto perfettissimo, et in ogni cosa compiuto sarebbe stato imperfetto: il quale non si pote condurre per altra uia a supremo fine di perfetione, se non con una creatura, la quale molto piu perfetta di tutte le alter fosse. Et in uero strana cosa sarebbe il pensare, che iddio auesse si grande opera finite in alcuna cosa imperfetta: percio

 

Fol. 20V

che essendo fatto il mondo dal sommo artefice quasi interissimo et perfettissimo cerchio, bisognaua che in quella parte egli hauesse fine, laquale in se stessa con unitisimo nodo legasse il primo di ogni cosa con l’ultimo di tutte. Cosi la Donna, mentre si fabricò il mondo, fra tutte le create cose in quanto al tempo fu l’ultima; et la medesima; per autorità et per dignità fu la prima nel concetto della mente di Dio, si come ben dilei scriue il Profeta. Anzi che i cieli fossero creati Iddio la elesse et preelesse. Et è uulgata propositione dei Philosophi; che sempre il fine è primo nella intentione et ultimo nella essecutione : et la donna fu la ultima opra, che facesse Iddio, et da lui introdotta in questo mondo come regina di esso in un real palazzo gia preparato per lei, ornato et compiuto di cio che fa bisogno. Debitamente dunque è amata riuerita, et osseruata da ogni creatura; et ogni creatura meritamente a lei è soggetta, et la ubedisce, essendo ella Regina et fine di tutte l’altre creature, et perfetione et Gloria in tutti i modi perfetta. Onde il sauio di lei ragionando disse; glorifica la generosità della Donna auendo famigliarità con Dio; et ancho il Signore del tutto amò quella. P.F. Mi negherete uoi quanto alla consideraztone dell’intelletto, che l’uomo non sia assai piu eccellente che la Donna? Perocioche l’uno è agente; et l’altro è patiente: et molto piu degno chi fa, che chi patisce. Perche lo scultore, che di un pezzo di marmo, fa con suoi stromenti una statoa, è da piu ch’essa statoa: et il fuoco ch’arde le legna, è di piu dignità ardendo, che le legna, lequali si lasciano abbrusciare. Soleua dir

 

Fol. 21r

mi anchora il mio maestro quando io andaua a scuola fra l’altre regole di Grammatica ch’io imparai, che il uerbo attiuo era inanzi al passiuo. Prima era quanto all’intelletto amare, leggere, et scriuere, ch’essere amato, letto, et scritto; et benche l’uno non possa stare senza l’altro, nondimeno nel discorso dell’intelletto tal conoscenza d’amare si fa prima che l’altra d’essere amato: et le cose che sono prima, sono piu degne anchora. FR. Apunto gia u’ho fatto conoscere tutto il contrario per la creation dell’huomo et della Donna, nellaquale hauete potuto conoscere che le piu perfette cose si rimangono da fare alla fine. Si che non accade; che intorno a cio mi diffonda altramente: perche assai sofficientemente et piu che a bastanza ui s’è risposto per quell che u’ho detto. Ora doue uoi dite, che l’huomo è agente et la Donna patiente, facil cosa è negarui et prouarui il contrario, o almeno che cosi l’una come l’altro è agente. Percioche se nel concipere concorrono equalmente ambigue, et l’uno non puo senza l’altro; io non so uedere, perche questo meriti d’esser chiamato agente, et l’altra patiente; se in cio le fatiche son pari, anzi maggiori assai quelle della femina che del maschio; come uoi non potreste negarmi senza manifesta cauillatione. Ma perche in fino a qui mi pare hauerui lodato le donne quasi per ischerzo, ponendo mano a cose piu graui et piu sottili assai, che le gia dette da me non sono, ui farò uedere la Donna essere piu nobile del maschio, dal luogo doue ella é generata: perche questo è formato nel destro lato della matrice, et quella nel sinistro: et niuno debbe dubitare, che’l sinistro non

 

Fol. 21V

sia piu eccellente del destro. P.F. Poi ch’io pur ueggio, c’hoggihauete piu uoglia di disputare, che di ragionare, et che piu tosto uorreste farmi credere le marauiglie, che celebrare di Donne, o insegnarmi alcuna cosa ch’io non sappia; io uoglio pure oppormi a cotesti uostri nuoui paradossi: perche credo che sappiate, che’l lato manco è di minor nobiltà, che non è il rito, uedendo che’l mouimento dell’huomo incomincia dal destro; come si uede, che chi a ragione si muoue, mette prima inanzi il pie dritto, che lo stanco. FR. Ma uoi non u’accorgete che ciò non nasce da altro, che dalla nobiltà del manco lato: atteso che cio si fa, perche il sinistro sostiene la persona, come piu forte: et però bisogna che mouendosi l’huomo, sia come fondamento immobile, et stia fermo; altramentre l’huomo caderebbe, et le sue operationi non potrebbe fare. Et chi dubita, che’l fondamento non sia piu nobile che le altre parti; se gia non è ostinato, et uuol negare ogni cosa. Questo si conosce anchora per le infirmità, che uengono nell’uno et l’altro lato: perche queste piu graui et piu pericolose sono che l’altre, si come quelle che offendono la piu nobil parte del corpo, la doue la natura ha posto il core et tutto il fondamento della uita. MV. Io non posso gia fare ch’io non ui contradica, quando mi pare conuenirsi, benche nel’opinion principale, ch’è nobiltà delle Donne, concorra con esso uoi. Negheretemi uoi, che la parte destra non sia assai piu pronta ad operare, che non è la parte sinistra? et essendo piu pronta, ch’ella non sia anchora piu nobile? FR. A questo ui rispondo, non esser uero, che sempre sia piu perfettione ui rispondo, non esser uer, che sempre sia piu perfettione doue appariscono piu operationi: se gia non uolessimo

 

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dire, che’l seruo, ilquale fa piu cose et per piu trauaglia, sia da piu che’l padrone. Ma chi da uirtu ad altri di operare, tanto è piu nobile, quanto meno si muoue. Et ben disse Aristotele: non tutti coloro muouersi, ch’ad altri sono di mutarsi cagione. Talmente che Iddio essendo al tutto immobile et inuariabile, il tutto muoue. Il medesimo si uede nella parte sinistra, la quale essendo principio et cagione di mouersi et di operare alle altre parti, resta quasi del tutto immobile: non perche sia ignobile, ma perche contenendo il core, doue si purifica il sangue, è fonte di quegli spiriti et di quelle parti, che per la loro sottilità penetrando per tutto il corpo, lo muouono. Adunque il lato sinistro doue si genera la Femina, è piu nobile che’l destro, doue si produce il maschio. P.F. Ma come ardirete uoi dire, che’l lato sinistro non sia men nobile del destro, sapendo che uolgarmente egli si chiama manco, ilquale altro non uuol dire che difettuoso et imperfetto? FR. Auertite, che i nomi sono stati imposti da gli effetti apparenti, anchora che men nobile, piu tosto che dalla uirtu et ualore occulto. Et però parendo al uulgo, che mette questi nomi, talparte esser piu debole, perche meno operaua, la domanda manca; anchora ch’ella sia dell’altra molto piu uirtuosa et piu nobile. Chiaro è dunque, che la Donna, come di maggiore eccelenza, uien generata in piu nobile et piu uirtuoso luogo. P.F. Io uoglio pure dire anchora quattro parole intorno a questo destro et sinistro, parendomi per manifesti argomenti, che quello sia piu nobile di questo. Et perdonatemi, se io piu ostinatamente contrasto, quando piu mi sento uinto da uoi, et

 

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piu dourei crederui: perche cio ueramente faccio io piu tosto per imparar da uoi, che per mostrare quello che in me non è, cioè sapere. Veggiamo pure, che il cielo si muoue da Oriente in Occidente: onde pare che si proui, che’l destro lato sia piu nobile del sinistro. FR. Dice Platone, che in cielo non è destro ne sinistro, se non per rispetto di noi altri. Et perche se il cielo si mouerà sempre, egli non hebbe però mai principio, onde prima se mouesse: et però non si muoue piu da un lato, che dell’altro. Et s’egli non si mouerà sempre, deuendo hauere quando che sia fine, et ha principio nel muouersi, come crediamo noi altri Christiani; tanto piu nobile sarà il sinistro lato, quanto è piu da stimarsi il riposarsi, che non è il trauagliare. Onde se comincia a muouersi dall’Oriente, cioè dal lato destro, di quiui comincia a cercare del suo bene: et se riposa in Occidente, cioè nella parte sinistra, quiui l’ha acquistato. Et cosi tanto è il sinistro lato del destro migliore, quanto è piu degno l’hauere, che cercare d’acquistare la sua bontà et perfettione. P.F. Per quel, ch’io posso uedere, uoi non haurete fatto poco, quando m’haurete acquetato circa la nobiltà della parte destra et della sinistra. FR. Non restate per cosa alcuna di dirne il parer uostro; ch’io ui risponderò come saprò il meglio. P.F. Lasciamo andare quel c’habbiamo in usanza di fare noi altri huomini, quando uogliamo honorare alcuno maggior di noi, che lo mettiamo da man destra: non si legge egli nelle sacre lettere, che quando Iddio nel supremo di del Giudicio uerrà a dare aciascuno secundo i [mer]iti suoi, che è buoni et gli eletti suoi sederanno alla parte destra, e i maluagi et dannati

 

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alla parte sinistra? Il ch’è pure assai manifesto segno della nobiltà maggiore nell’uno che nell’altro lato. Percioche egli è pur da credere, che in quel giorno egli uoglia honorare il piu che potrà gli amici et fedeli suoi, et allo’ncontro assegnare il luogo delle miserie et del uituperio a nemici suoi. FR. Se in Dio si desse qualità di membra et disposition di corpo, come non si da, essendo egli incorporale e incomprensibile, forse ui porrei confessare che appresso di lui fosse distintion di luogo. Ma appresso lui non è destro ne sinistro. Et quando pure quiui fosse separation di menti, ragioneuolmente è da credere, che essendo egli origine et somma di tutta la beatitudine et felicità di uita eterna, gli angeli et l’anime de beati gli habbiano da stare all’intorno, et goder tutti egualmente la uisione di Dio, della quale ne piu si brama, ne bramar piu lice. Ma lasciando hoggimai il ragionare piu di questo, che a me anchora uiene a noia; et hauendo io mostrato apertamente il luogo e’l principio, doue si forma la Donna, essere piu nobile, che non è quel dell’huomo; resta ch’io ui dimostri, qual sia la conditione dell’uno et dell’altro. Doue se noi uorremo giudicare senza passione, uedremo l’huomo et la Donna essere parti della natura humana; tanto che ne l’huomo senza la Femina ne la femina senza l’huomo è perfetta. Et cio dall’appetito dell’uno et dell’altro si puo chiaramente conoscere. Però bisogna uedere, quale di queste due parti piu nobilmente concorra a fare questo tutto et intero huomo perfetto. Parue a Platone, che da principio l’huomo fosse creato composto in modo, che un medesimo corpo

 

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era maschio et femina. P.F. Ma che dite uoi da principio? Come se hoggidi anchora non fossero al mondo degli huomini, i quali sono composti in modo, che fanno l’ufficio del maschio et della femina: si che non si discerne bene quale di due sessi preuaglia in loro. FR. Voi pur cercate di pigliarmi nelle parole: ma so che ui burlate; però seguendo dice: che da poi Iddio per la sua superbia diuise l’un dall’altro, si come gia s’è detto. Ariostole iniquo et maluagio censore dell’opere della natura, giudicò che la Donna concorresse a far questo intero huomo perfetto non altramente che si faccia la materia. Et perch’ella è da manco che la forma, diede la sua temeraria sentenza; che la donna fosse men nobile dell’huomo. P.F. Certo ch’è disse il uero; perche uoi pur sapete che la Donna appetisce l’huomo. FR. Come se non uedessimo, che assai maggiore appetito è il nostro uerso la Donna, che non è quel della Donna uerso noi. Onde la natura forse per uendicare l’oltraggio, che’l philosopho ingiustamente haueua fatto alle donne, fece con scorno et grandissima uergogna prouare al detto philosopho; che per amore et desiderio d’una Donna si lasciò da lei mettere briglia et sella, et caualcare non altramente che se un cauallo fosse stato. Noi dunque, per meglio uenire all’intento nostro, diuersamente procederemo, mostrando, che l’humana natura piu perfettione ha dalla Femina, che dal maschio. Et sapendo, che la piu nobil parte dell’huomo è l’anima, mostreremo anchora piu nobile essere l’anima nelle femine, che in noi altri. La qual cosa ageuolmente in questo modo si puo dimostrare. Quelle sostanze, che non si ueggono

 

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et non si possono per alcuno de sentimenti del corpo conoscere, si prouano essere nobili o eccellenti dalle operationi che da quelle procedono: come Iddio per suo operare è conosciuto sapientissimo, fortissimo, et hauer tutti quei doni, che da noi gli sono attribuiti. Volendo adunque; noi sapere, qual sia la dignità della mente delle Donne, bisogna uedere, quali siano le sue operationi. L’anima nostra per essere forma del corpo, ha per operatione di fare questo perfetto et nobile; cioè, perfettamente organizzarlo, et dargli piu bella et delicata forma che possibile sia: essendo, come dicemmo di sopra, la bellezza frutto della bontà. Se dunque noi ueggiamo i copri delle Donne piu delicati et piu belli assai, che quei de gli huomini non sono; forza è, che conchiudiamo anchora a l’anime loro essere piu degne et piu eccellenti. Ma chi sara quello tanto sciocco et ostinato, che considerata la nobiltà, la delicatezza, et la bellezza del uolto, anzi di tutto il corpo d’una Donna, quello al uirile non preponga? Vedesi la politezza et marauigliosa beltà di lei, la quale non essendo altro ch’uno splendore del uolto et del lume diuino innato alle cose, et rilucente ne i corpi formosi; egli ha eletto di habitare et di risplendere nelle donne in grandissima abondanza et molto piu che ne gli huomini. Di qui uiene, che il corpo Donnesco è dilicatissimo a uedere et toccare; la carne tenerissima; il color chiaro et bianco; la pelle lucida et polita; la testa bella; la chioma uaghissima; i capegli dilicati et sottili, splendenti et lunghi; il uolto uenerabile; lo sguardo allegro et ridente; la faccia formosissima sopra tutte le cose; il collo candido; la fronte spatiosa, serena

 

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et rilucente: ella ha gli occhi et piu uiui, et lucenti assai, et di amabile allegrezza et gratia adornati: sopra i quali stanno le ciglia composte in sottilissimo giro; lequali da un piano honesto, et egualmente distante son diuise, dal cui mezzo discende il naso eguale, et ritirato a diritta misura: sotto il quale è la bocca bella et gratiosa per le tenere labra conformemente fatte; fra le quali per picciolo riso si ueggono biancheggiare i minuti denti, et collocati con ordine eguale, et risplendenti non altramente che auorio; i quali di minor numero sono, che quegli de gli huomoni, per non essere la Donna ne ingorda ne mangiatrice, ne anco mordace. D’intorno poi leuansi le mascelle et le gote tenere et morbide, piene d’honestà, et colorite a guisa di uermiglie rose. Il mento ritondetto et grato per la conueneuole concauità: sotto il quale sta il collo schietto, et alquanto lungo, eleuato dalle ritonde spalle. La gola delicata et bianca sostenuta da mediocre grassezza. La uoce et la fauella soaue; il petto ampio et rileuato, uestito egualmente di carne, con le poppe sode, et con la rotondità di quelle insiememente et del corpo. I fianchi morbidi; et il dosso piano et diritto; le braccia lunghe; le mani schiette; le dita ritonde et lunghe, con le giunture ben disposte; i fianchi et le coscie honestamente carnose. Le estremità delle mani et de i piedi finiscono in giro circolare; et tutte le membra ottimamente nodrite. Aggiugni a queste bellissime et lodeuoli parti il caminar maturo, i passi modesti et graui, il mouimento honesto, i gesti degni. Oltra di cio nella misura, nell’ordine, nella figura, et nella dispisitione di tutto il corpo sommamente in ogni cosa

 

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è bellissima. Et in tutto l’ordine delle creature non è spettacolo si marauiglioso, ne miracolo tanto riguardeuole: di maniera che nessuno è, se non fia cieco, che non uegga, come tutto cio che di bellezza è capace l’uniuerso mondo, Iddio lo cumulò insieme, et ne fece dono alla Donna; accioche ogni altra creatura di lei si marauigliasse, et per molte cagione la riuerisse et amasse; tanto che ueggiamo anchora, che gli spiriti incorporei et i demoni spessissime uolte delle Donne ardentissimamente s’innamorano; la quale non è punto fallace openione, ma per molte esperienze uerità manifesta. Et posto da banda quel che gli antichi poeti fauoleggiarono de gli amori de gli Dei, et delle amate de i medesimi; come di Daphne, da Apollo diletta, della figliuola di Salmoneo da Nettuno, di Hebe, di lei sola, di Omphale, et di Deianira da Hercole, et di quelle, di cui gli altri Dei s’innamorarono, et di infinite, delle quali s’innamorò Gioue: questo dono di bellezza cotanto diuino, et si degno di essere amato da gli Dei et da gli huomini, le sacre scritture in molti luoghi, oltra le altre doti et gratie largamente concesse loro, honestissimamente nelle Donne comendano: onde si legge nel Genesi, che i figliuoli d’Iddio tosto che uidero le figliuole de gli huomini, le quali erano belle, s’elessero per mogli quelle di Loto, che piu gli piacquero. P.F. Et quella tal bellezza fu cagione della ruina loro. FR. Non date la colpa alla bellezza delle Donne, ma alla incontinenza degli huomini. Oltra questa marauigliosa bellezza, ella è anco dotata di una certa dignità di honestà; il che ne gli huomini non auiene: percioche i capegli della Donna sono tanto lunghi,

 

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che bastano a coprire tutte le piu uergognose parti del corpo. Aggiungi a cio, che cotali parti del corpo ne i boschi natural alla Donna (il che suole essere necessario a gli huomini) non è mai necessità di toccarle. Finalmente a marauigliosa gratia la natura istessa ordinò i membri genitali alle Donne non eleuati et spinti in fuora, come hanno gli huomini, ma stanti in dentro, et in luogo piu securo, et piu secreto riposti. Et ueramente la natura ha conceduto piu di uerecundia alle Donne, che a gli huomini. P.F. Et non è dubbio che con grandissimo giudicio cio fece la natura, nascondendo loro il piu che ha potuto le membra della generatione, si come cose sporche, et degne ueramente di star sempre nascose: ilche di quelle de gli huomini non auiene, le quali sendo belle et uaghe, con manco rispetto assai possono comparire in publico, et farsi altrui uedere. FR. Anche le cose sacre si tengono celate et riposte per maggior riuerenza, essendo gli occhi nostri indegni di uederle. Cosi potremo dire delle parti uergognose delle Donne, che si tengano coperte per non essere uagheggiate dalla impudente lasciuia de gli occhi nostri. Onde spessissime uolte è accaduto, che Donna inferma di pericoloso et mortale apostema in cotal parte di rispetto, ha piu tosto eletto di morire, che dandosi a uedere ne maneggiare a medico, racquistare la salute et la uita. Et questa honestà di uerecondia et di rispetto et morendo et morte la ritengono le Donne, si come manifestamente si uede in quelle ch’annegano: percioche afferma Plinio, et la esperienza ne fa fede; il corpo morto della Donna nuota con la faccia in giu, ha-

 

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uendo la natura nel morire di quelle rispetto anchora alla honestà loro: ma quel dell’huomo nuota con la schiena in giu. Aggiugnete a quel che s’è detto, che il principale et dignissimo membro, per lo quale siamo specialmente differenti da gli animali senza ragione, et dimostriamo la natura diuina, e il capo; et in esso principalmente il uolto; et certo è, che la testa de gli huomini diuenta brutta per il caluicio; et la Donna per priuilegio di natura non diuenta mai calua. P.F. Et a me parrebbe, che douesse essere il contrario; et che per lo diuenir caluo, il capo dell’huomo apparisse piu uago et piu bello, si come quel ch’è senza quella selua de capegli, che non ha però molto del riguardeuole. FR. Voi pur sapete quanto di gratia et ornamento arrechino i capegli all’huomo et alla Donna; et chi n’è priuo, quanto perda et di uaghezza: però non lodate il caluicio per ornamento; che haureste il torto: anchora che non so chi antico per ischerzo s’ingegnasse di celebrarlo. Oltra cio il uolto ne gli huomini per la barba a loro odiosissima tanto spesso diuien brutto et coperto di folti et sordidi peli; che a fatica delle bestie si possono discernere: all’incontro nelle Donne resta sempre la faccia pura polita et bella. Et di qui uenne, che la legge delle XII tauole prohibi alle Donne il radersi; accioche tal uolta crescendo in loro la barba, non si uenisse a nascondere et coprire la pura honestà de i uaghissimi uolti loro. Della monditia anchora et politezza della Donna, ecci a tutti pur questo chiarissimo argomento; che sendosi ella una uolta mondamente lauata; quante fiate che poi con acqua pura si laua, l’acqua mai non riceue piu mac

 

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chia ne lordura alcuna: ma l’huomo anchora che ben lauato, quanto uolte di nuouo torna a lauarsi; altrettante torbida et imbratta l’acqua. Ha uoluto anco l’ordine marauiglioso della natura, larga dispensatrice delle sue gratie alle Donne, ch’elle ciascun mese per i luoghi piu segreti del corpo mandino fuora le superfluità concette, et di quelle mirabilmente restin purgate: lequali cose superflue a gli huomini escono di continuo per il uolto, ch’è la piu degna parte del corpo humano. Il quale da cosi fatti humori resta però sempre macchiato et oscurato d’infiniti peli: il che a quel delle Donne non auiene che ogn’hora si uede pulito et dilicato, grandissimo argomento della purità et candidezza de gli animi loro. Oltra di questo essendo fra gli altri animali concesso a i rationali soli di alzare la faccia uerso il cielo; la natura in cio mirabilmente prouide alla Donna, che se per caso improuiso ella douesse cadere; quasi sempre cadesse con le spalle a terra, et non mai, ouero non senza gran cagione traboccasse col uolto o uer col capo inanzi. P.F. Signor mio, il cader delle Donne con le spalle a dietro, non fu ordinato senza gran misterio: et anco non fuor di proposito la natura le fece facili a ritrouarsi col uolto all’insu: ilche auiene in loro dalle poche calcagna, sopra lequali esse mal ageuolmente si possono sostenere: onde non è marauiglia, s’elleno a ogni minima spinta si lasciano cadere adietro, recandosi la come altri uuole. Et ueramente cio fu diffetto della matrigna natura, la quale cosi debili le fece, et non gia ch’elle continenti et forti non fossero, quando hauessero forze da resistere alla furia di noi altri huomini: iquali non è dubbio al-

 

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cuno che molto piu gagliardi et insolenti di loro siamo: si che le pouerine contra la uoglia loro spesse uolte da noi uengono oppresse. MV. Io mi marauigliaua come tanto indugiaste a riuolgerui contra le Donne: et staua pure aspettando che deste loro qualche nuouo assalto. Ma se la incontinenza ch’opponete alle Donne è colpa et diffetto di natura, et alla natura et non ha loro attribuiscasi la fragilità del peccare. Et all’incontro noi huomini, iquali forti et ualorosi siamo, et tuttauia non pure pecchiamo, ma costringiamo a uiua forza la Donna a peccare, meritiamo riprensione del nostro et dell’altrui errore: se pure è uero, che la uirtu della continenza sia dell’animo nostro, et non piu tosto dono gratuito d’Iddio, senza merito alcuno di noi. P.F. Di gratia non entriamo nella sottilità delle dispute: et lasciamo stare il ragionare di meriti, et di quel ch’è nostro: perche troppo si dilungheremo dalla prima materia, et sforzeremo anchora il Signor Francesco a interrompere le lode delle Donne, nelle quali egli è entrato con tanta uehementia. MV. Bisogna pure darli un poco di riposo; et quando egli è stanco di ragionare, traponendoci noi, lasciargli luogo da pensare et da ripigliar forze: il che troppo ben gli uerrà fate, s’io sottentrerò talhora a parte del peso, che s’ha recato sulle spalle; la qual cosa lui non deurà punto dispiacere, riguardando all’affettione dell’animo mio; la qual certo non è indegna di scusa. FR. Anzi io ue ne prego molto; et sarouuene tenuto piu che mezzanamente. Perche non ch’io mi creda bastar da me solo a cosi grande impresa, com’è il difendere le Donne; in

 

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ogni mio negotio non soglio rifiutar mai aiuto ne consiglio. Ora per ritornare alla mia impresa, la quale forse troppo spesso interrompo; chi sarà quello, che considerata la nobiltà, la dilicatezza, la bellezza del uolto, anzi di tutto il corpo d’una Donna, quello al uirile non preponga? Quiui se si guarda il colore, ui si uede il piu perfetto di tutti gli altri; percioche il bianco, come quello che ha piu di tutti gli altri colori del lucido, nelle membra della donna è molto piu che in quelle dell’huomo eccellente. Se si pon mente alla morbidezza della carne, doue l’huomo ha del duro, et  dell’aspro, la Donna è tanto molle et delicata, che molti per questa cagione l’hanno riputata da meno. Et doue il corpo del maschio, come quello che tiene del ferino, è hirsuto et ripieno di peli, quello della Femina non ha pure uno nelle parti che si ueggono scoperte, et nelle altre che l’usanza ricuopre, assai meno, che non ha il nostro. Se si guarda la quantità, si uederà la Donna hauere il corpo non ismisurato, ma giusto et proportionato, et la grossezza alla lunghezza rispondente. Il piede picciolo et tondo: la gamba et la coscia di honesta grossezza, per poter meglio sostenere il rimanente del corpo: il uentre piano et mediocremente ampio: ne fianchi si uede tanto carnosa; che non appare ne scarno, ne anco troppo ripieno: il petto è colmo et largo, et similmente l’altre parti hanno tanto proportione; che si puo dire niuna opra naturale si bella apparire, quanto apparirebbe una bella donna ignuda; se la nostra troppo seuera sciagurataggine non hauesse con questa porcheria delle uesti uoluto coprire quanto di diletto poteuano hauer gli oc-

 

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chi nostri nel guardare cio che di bello era al mondo. Et cio m’imagino, che uolesse dire Mose quando induce Iddio nel Genesi domandare Adamo, perche si fosse uestito; o perche si hauesse fatto le mutande; quasi riprendendolo che col coprire il corpo della Donna coprisse quanto di bello haueua la natura. P.F. Certo che per due uolte uoi mi sete riuscito un mirabilissimo pittore, si bene et uagamente con l’artificioso pennello delle parole uostre hauete figurato una bellissima Donna. Et non credo che meglio di uoi l’hauesse disegnata lo Eccellentissimo Francesco Saluiati; ilquale piu uolte con l’industria dell’arte sua ha fatto confessare alla natura esser minore di lui. Piacemi anchora hauere inteso, che ui dispiacia tanto l’impaccio delle uesti, si come quelle ch’inuidiosamente ci nascondono la bellezza del mondo: et di piu, molte uolte son cagione, che i poueri homini rimangano ingannati dalla malitia delle Donne; le quali coprendo o supplendo i diffetti loro, uendono, come si suol dire, gatto in sacco. Onde i miseri mariti credendosi hauer recato a casa una compagnia di carne et d’ossa; si ritrouano poi la notte accanto nel letto un non nulla, essendo rimaso il meglio e’l piu nella fraude de i uestimenti. Ilquale inganno non haurebbe luogo, se come si deurebbe, et come la natura l’ha create, tutte le Donne andassero ignude. Qualmente si ritroua scritto, che appresso gli antichi andauano talhora le piu belle cose di quei felicissimi tempi: la quale usanza insieme con tante altre s’è lasciata perdere per negligenza con nostro grandissimo danno. Anchora che Michel Angelo Buonaroto nella sua mirabil dipintura della capella di Ro-

 

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ma l’habbia uoluto a uiua forza ritornare in uso: ilche l’ha fatto molto piu rimaner lodato da quei che intendono, che non hanno saputo biasmarlo alcuni ignoranti spigolastri; iquali si recano a uergogna guardare quelle piu belle parti, che nell’uno et nell’altro sesso sono. Ma doue m’ho lasciato io portare dal desiderio di lodare le buone usanze? lasciando di dirui; che quella tanto bella et giusta proportione, che uoi lodate ne i corpi Feminili, non è ne bella, ma ne anco proportione. FR. Et che si, che amano a mano apporrete anco diffetto et menda al superno fattore di tutte le belle cose, ilquale non puo errare: poi che come sproportionata biasimate la bellissima fattura delle sue mani. P.F. Auertite, che questo mio non è tastare Iddio, ma farui conoscere, che proportione ne garbo come noi la uogliamo chiamare, non è che meriti lode ne titolo di misura, nel corpo delle Donne. Percioche se noi uorremo ricordarsi di quel che hanno lasciato scrito huomini sauissimi delle proportioni et delle misure, noi troueremo, che la giusta et conueniente misura del corpo humano uorrebbe essere per lunghezza almeno noue teste, cio è, noue uolte quanto è dalla piu bassa parte del mento alla sommità del capo, che uolgarmente si chiama cocuzzolo: et notate che io chiamo testa tutto quello, ch’è dal fine della gola in su, ch’egli si ha a tirare una linea retta, laquale ha a posare sopra un’altra linea retta, ch’esce dalla piu bassa parte del mento; et ha a ire a trouare un’altra linea retta, che si muoue dalla sommità del capo; et tanto quanto la linea sarà lunga, tanto noue uolte ha da essere la statura d’uno huomo ragioneuolmente formato, et ben

 

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proportionato, et per lunghezza et per larghezza: et quello che dell’huomo si dice, sempre s’intende della Donna, et in questa et in ogni altra misura. Stando dunque questa regola comune si come, io u’ho diuisato, uoi trouerete che le donne non sono misurate con questa proportione o misura anzi per lo piu carnose et ripiene piu dell’honesto, brutta misura et sproportione hanno in loro, chi le riguarda ignude: parlo in quanto alle misure; che a chi pon mente alla uaghezza attrattiua delle loro morbide carni, non ha dubbio alcuno, che diletto se ne prende grandissimo, il quale diletto nasce dal desiderio formato in noi dalla natura. Come ardirete uoi dunque dire, che i corpi delle donne ignudi miglor garbo et piu conueneuoli habbiano, che quelli de gli huomini, se in loro non è proportione? FR. Se la giusta et ben proportionara misura de i corpi de gli huomini è, come uoi dite, di noue teste, io non ui confesso però che quegli delle Donne ammettano questa misura; et che non l’hauendo, in loro non sia proportione ne misura. Perche ritrouo anch’io, che sono stati molto dotti et ualenti huomini, i quali hanno lasciato scritto, che le Donne, per lo piu, non passano sette teste: altri che a uolere essere di proportionata grandezza, non debbono passare sette et mezzo; alla cui openione mi pare che faccia gran fondamento il comune uso della natura. Et cosi uoi uedete, che dalla testa si piglia la misura di tutta la persona, et dalla misura della persona quella della testa. Et percioche un corpo di conueneuole statura, et massimamente quel della Donna, non uorrebbe passare sette palmi et mezzo, di noue dita il palmo, ma di palmo et  di dito di

 

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ben proportionata mano: però la conueneuole testa et secondo ch’è ben composta, uerrà ad essere dita sette et mezzo. VIO. Di gratia, Signor Francesco, non uogliate di difensore et campion delle Donne diuentare dipintore o maestro di misure et di proportioni: ma piacciaui ritornare alle lodi loro, et ripigliare il filo: che non poco farete a saper ritrouarlo. FR. Il S. Pierfrancesco con le sottigliezze sue m’hauea leuato di proposito. Alquale pur ritornando dico, come si uede, che l’arte imitatrice del naturale non cerca con tanta instanza dipingere un bello huomo, quanto una bella Donna essendo questa di quello assai piu bella et formosa. Volle Zeusi la sua diuinità nel dipingere mostrare; et a Crotone di uarie parti delle Donne, che da lui giudiciosissimo furono bellissime stimate, formò una bella imagine. MV. Bella et grande accortezza di dipintore mostrando di uolere scegliere le belle parti loro, farsi spogliare ignude cinque delle piu uaghe donzelle che fossero alhora in quei paesi. Io per me se bella et leggiadra Donna hauessi hauuto in casa mia, ogni altra cosa piu tosto n’harei fatto, che darla in preda a un presontuoso et temerario artefice, et per auentura giouane et lussurioso: delquale Dio sa com’elle ritornarono intatte et  inuiolate. Ma io non me ne marauiglio molto: perche della gofferia di quei tempi si puo credere ogni cosa: come anco alle bugie de Greci non s’ha da dare gran fede. P.F. Pur si ritroua scritto, et in tanti luoghi hoggimai, che ostinatione sarebbe a non gli prestar fede. FR. In Rhodi et in Cipri furono altre uolte fatte si belle statue di Donne; che molti solamente ueggen-

 

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dole s’innamorarono in modo di quella pietra, che uiuere non poteuano; tanta forza ha la beltà della Donna in pietra anchora scolpita, o in muro dipinta. Ma perche uo io cercando piu ragioni? Tutte le cose grandi fatte nel mondo sono per la bellezza delle Donne: uolendoci Iddio per questo dimostrare quella esser sola lo specchio della uera et suprema bellezza, che si ritroua in lui. Chi ha indotto tanti belli ingegni a comporre le sue opere, se non la bellezza loro? P.F. Chi fece impazzare Aristotele, se non il desiderio di piacere a una Donna? FR. Et questo è grandissimo argomento cosi della potenza delle Donne, come del poco ingegno de gli huomini. Chi fa i giouani sicuri esporsi alla manifesta morte? La forma de lor corpi. Et in somma l’anima humana mostra in quel corpo la sua diuinità; perche nella donna fa la sua prima residenza. Questo conobbe Aristotele, quando disse, i teneri di carne hauer buono et sottile ingegno. Et percio è costretto confessare le donne esser piu del maschio eccellenti. Ma consideriamo, ui prego, i sentimenti dell’uno et dell’altro, or non uede egli la Donna piu acuto assai dell’huomo? Risguardi, chi non crede questo, tanti loro uaghi et sottilissimi ricami: et con quanta diligenza elle assotigliano i lini, di modo che  a pena noi possiam uedere quello ch’esse in piu fila facilmente partono. Et quando pure non se ne uedesse effetto alcuno, che se ne ueggono infiniti, la diuinità de gli occhi loro, iquali con un solo sguardo hanno forza di dar et tuor la uita a gli amanti, lo dimostra. Che credete uoi c’habbiano uoluto coprire i poeti sotto la fauola di Medusa, che facea marmo diuentar la gente, se non la

 

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mirabil uirtu de gli occhi di colei, laquale legaua gli spiriti altrui, et le forze inuolaua, si che gli huomini risguardando in lei, rimaneuano apunto come statoue. Onde non senza cagione pure i misteriosi poeti fingono Amore nell’occhio delle Femine aguzzare le freccie, et accendere le sue facelle: perche il desiderio nostro da quel diuino splendore ha origine. Ne gli altri sensi poi hanno tanta uirtu: che io piu uolte ho conosciuto per proua, ch’elle tal cosa odono, ch’a pena io che l’haueua detta, hauea udita. Nel gusto non è dubbio alcuno, che di grandissima lunga uincon l’huomo: tal che quelle uiuande son delicate et  buone, che da loro secondo il gusto suo sono state temperate: doue sempre l’huomo o nel troppo o nel poco per debolezza del suo gusto pecca. Et cio non è marauiglia a chi sa per proua, quanta diuinità nella lor lingua è riposta: laquale chi non gusta, ben si puo dire d’essere ignorante di quanto di dolcezza nella natura Iddio ottimo et grandissimo habbia prodotto. P.F. Di cosi fatte soauità troppo ne sono elle solecite maestre, et di queste massimamente, con ch’elle usurpano la libertà de gli huomini male accorti. Cosi uolesse Iddio, ch’elle ci uincessero nella uia della uirtu; nella quale orma non è da piedi loro segnata, che si possa uedere. FR. Prima ch’io finisca il mio ragionamento d’hoggi, al quale uoi, la uostra molta merce, dato hauete, et tuttauia prestate cosi grata et benigna udienza, spero che ui farò confessare, ch’elle sono ancho non meno uirtuose che amabili et dilicate. Però tornando al proposito nostro, non parlo dell’odorato loro; perche essendo il lor ceruello conuenientemente humido, non pa-

 

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tisce ch’elle habbiano acuto odorare: ilquale, si come uoi douete sapere; nasce da estrema siccita; di maniera che quegli che bene odorano, le piu uolte sono pazzi et insensati. Ma lasciamo di ragionare delle doti del corpo loro, le quali tutto il mondo non basterebbe a descriuere. P.F. Se cosa è di buono o di piaceuole in loro, ch’io non ardisco dirlo, sopra auanzando tanto il maluagio et noioso, credo ueramente che nel corpo loro si ritroui, et non altroue: però non curati, Signor mio, d’uscire delle lodi di quello; se pure hauete che ragioneuolmente piu dire in honore et comendatione sua: il che tuttauia debbe essere assai poco, hauendo risguardo a quello, che tanto eloquentemente, piu che col uero n’hauete ragionato. FR. Se ui piacerà d’ascoltarmi discorrere intorno alle parti dell’animo, ui muterete forse di cosi empia openione, come mostrate d’hauere. Onde cominciando a parlarne, or non sapete uoi, che la Donna ha molto piu nobile intelletto, et piu moderato appetito, con piu libero uolere dell’huomo? Chi considerà con animo libero l’opere delle Donne, uedrà quanto sia il loro spirito; il quale chiaramente hanno dimostrato nelle lettere, quando a gli studi si sono date. Sapho donna, et anchora fanciulla trouò quella sorte, di uersi, iquali noi Saphici dall’inuentrice loro chiamiamo. Le Sibille appresso gli antichi furono sopra tutti gli huomini dottissime; tanto che non solo quelle cose, ch’erano state, o ch’erano attualmente, ma quelle anchora c’haueuano a uenire, predissero molto prima che fossero. Et tanta fu l’auttorità loro, che i Romani nelle maggior auersità loro non hebbero piu utile, ne piu salutifero rimedio,

 

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che prendere consiglio da i libri Sibillini. Tutte le risposte et gli oracoli che gli antichi fingeuano darsi o da Apolline o da Gioue, erano dati da Donne, le quali in quei tempi stauano per dar consiglio delle cose a uenire a chi ne domanda loro. P.F. Non è gran marauiglia che le Donne consigliassero o indouinassero le cose auenire; perche il Diauolo, c’hebbe sempre maggior possanza et auttorità sopra loro, n’era il maestro; et le faceua impazzare; si che ben poteuano predire, come quelle che facilmente usciuano di loro, anzi, per meglio dire, non ui stauano mai: che ben sapete, come è in prouerbio; che i fanciulli et i pazzi indouinano. FR. Voi non mi potete negare che l’indouinare non sia spirito diuino, et ch’egli non uenga con furore, si che leua altrui di se stesso. Et se pur uolete chiamare le Sibille et l’altre indouinatrici pazze; ricordiui anco, che i propheti furono huomini et indouinarono, i quali erano ripieni di spirito santo. P.F. Altro è la riuerenza ch’io debbo allo spirito di Dio da quel che merita il furor diabolico: et chiaro è, che si come lo spirito santo entra ne gli huomini, et gli fa Propheti, cosi la malitia del nimico dell’humana generatione passa nelle Donne, subietto piu recipiente et acconcio per lui. FR. Di gratia non entriamo in questo pelago, doue non è cosi facile l’uscirne; oltra che troppo sarei sforzato a dilungarmi da casa, uolendo sostenere che l’huomo non è manco disposto a gli inganni del Diauolo, che la donna si sia. Perche continuando dico; che al tempo di Pithagora una sua figliuola assai meglio di lui philosophaua, et era piu dotta. Appresso de gli Hebrei et Maria, et Delbora, et Anna, et

 

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molte altre conobbero le cose auenire per la diuinità dell’ingegno loro. Gieronimo confessa le Donne molto meglio di lui imparare le lettere sacre. P.F. Egli è da credere che l’huomo ueramente di Dio cio dicesse o per propria modestia o per la molta affettione, che portaua loro; et  per gli oblighi che teneua seco. FR. Vero è che la modestia e’l debito uniuersale de gli huomini tutti, et non il particolare di lui solo, cosi lo fecer dire. Et una donna Inglese resse piu anni la scuola in Athene; et all’ultimo per suo sapere fu creata Papa. P.F. Perche se lodate costei per la sua molta dottrina, non la biasimate anchora per la sua grandissima dishonestà? Conciosia che pur uoi douete hauer letto la uita infame et lussuriosa, ch’ella menò lungo tempo con quel suo scolare, e’l uituperio ch’ella finalmente partorendo in publico a se medesima piu ch’al santissimo seggio fece. FR. Io non ho tolto hora a raccontare i uitii delle Donne, et molto meno a uoi che assai piu ne sapete, che in loro non si ritrouano; ma l’impresa mia è di farui conoscere, o per meglio dire, di ridurui a memoria gli honori et le uirtu delle Femine, che uoi perfidiosamente u’infingete di non sapere. Onde scendendo piu basso, et auenendo a nostri tempi, i quali non hanno punto d’inuidia a gli antichi, LA REGINA DI NAVARA, LA MARCHESA DI PESCARA, LA CONTESSA DA GAMBARA, LVCRETIA SANESE, et mille altre ch’io non ragione, hanno mostrato scriuendo, et insegnando, che l’ingegno della Femina è molto piu di quello dell’huomo eccellente. P.F. Perche adunque non scriuono le Donne tanto quanto i maschi? Perche non sono elleno messe a reggere le scuo-

 

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le? Et poi perche non permette loro Paolo insegnare nelle chiese? perche non essere superiori all’huomo? Se la Donna è cosi nobile spirito, come uoi la fate, come fu ella dal Diauolo si facilmente ingannata, et non l’huomo? Queste cose mostrano pure che la Donna ha uie meno ingegno del maschio: massimamente non essendo loro permesso trouarsi ne publici consigli, come fanno i maschi, per essere elleno di poca ritentiua, et mancare di giudicio, et di prudenza. FR. Io potrei dire di molte cose, ma per esser breue, me ne resto, contentandomi di risponderui simplicemente et senza cauillationi. Et cominciando dall’ultimo dico, che le Donne non uanno a i consigli non per difetto di prudenza, ma perche al loro stato, si come a piu nobili che elle sono, si conuiene il riposo, e’l gouernare le case, et priuatamente attendere alla contemplatione. Il che è tanto piu eccellente, che non è intromettersi ne i consigli, quanto lo stare nella uita contemplatiua, assai piu nobile è dell’attiua. Dico anchora, che questo è di grandissimo danno al mondo; che le Donne non siano ammesse ne i consigli: per che noi ueggiamo quante uolte il nostro consigliare ci riesce uano. Consideri chi uuole con diligenza, et uederà, che quando si propone alla Donna un partito difficile, incontanente ella ritroua il modo di uenirne ad effetto; o di liberarsi da uno imminente male. Nelle cose d’amore gli innamorati mai non adempierebbono i desideri loro, se dalle Donne loro non gli fosse mostrato il modo et la uia di peruenire a fine: ne potrebbono saluarsi da infiniti et pericolosi accidenti, i quali tutto di intrauengono, se dalle Donne con subito e improuiso consiglio non fossero aiutati ;

 

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si come ne libri loro gli huomini costretti dal uero n’hanno piu uolte lasciato certissimo testimonio. P.F. In questi casi appieno consiste tutta la lor prudentia anzimalitia, cioè ne i furti amorosi, iquali troppo bene sanno elleno condurre a perfettione, si come quelle che in cio tutto il loro studio et ingegno hanno posto. Et di questa sagacità et accortezza loro elle sono. [sic] tenute ad Amore, ilquale assottiglia loro l’intelletto: di che ne fanno fede tanti inganni et tante beffe fatte a i poueri mariti; il che di quelle innamorate non sono, non auuiene, si come quelle che semplicissime et goffe sono, et per lo piu senza auedimento alcuno. MV. Della astutia, et sagacità delle Donne et di quelle anco che innamorate non sono, piene ne sono le historie et le antiche et le moderne anchora: si che non le riputate semplici, che lor fareste ingiuria et al uostro giudicio anchora; il quale ue ne puo chiarire egli, se fosse et pur uero che ne steste in dubbio: ilche non so s’io me lo creda. FR. Ma chi non sa che i consigli Donneschi sono di quei degli huomini migliore? Cassandra col suo sapere haurebbe liberato Troia dalla ruina, che le sopra staua; se da Priamo suo padre, et da suoi cittadini le fosse stata prestata fede. Delbora trouò il modo di liberare i Giudei: et Giudith et Hester dopoi fecero il medesimo, quando gia gli huomini s’erano del tutto abandonati et inuiliti. P.F. Chiaro è, che doue interuiene l’aiuto di Dio, i pazzi anchora fanno delle cose prudenti: però non è marauiglia, se queste Donne c’hauete nominato, poterono liberare la Giudea da gli inimici suoi: ilche non haurebbono potuto per se stesse, senza

 

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l’aiuto et consiglio Diuino: et quel medesimo haurebbono forse et meglio fatto gli huomini , se la possanza di Dio se fosse uoluta seruire del mezzoloro. FR. Ma perche non adoperò Iddio gli huomini nelle grandissime imprese, se non perche uolle far conoscere la dignita delle Donne maggiore assai della nostra ; et dare a diuedere,che pure di tutte le cose importantissime siamo tenuti loro; anchora che ingratamente non lo uogliamo confessare : ilche risulta in grandissima ingiuria dell’honor loro, et con grauezza della discortesia di noi altri. Ma passando ad alcune altre, Tamiris col suo saggio consiglio uinse Ciro, il quale da gli uomini era stato indarno assalito; et senza sangue de suoi ne riportò gloriosa uittoria. Semiramis col suo sapere prima edificò o ampliò Babilonia; et dapoi col suo medesimo ardire et consiglio, essendosi ribellata la ricuperò. Zenobia combattè con Valeriano : et talmente ualse il consiglio di lei, che’l fortissimo et sapientissimo Imperadore non bastò mai a uincerla, ne di forza ne di consiglio; fino attanto che non la uinse con l’oro, corrompendo i primi dell’essercito suo; onde ella ne rimase perdente et prigionera. P.F. Doueuate anco lodare et mettere in essempio il prouido consiglio della fortissima Semirami, laquale seppe ordinare cosi sante leggi per satiar la sua sfrenata lussuria: che questo suo lodeuolissimo atto non meritaua passare ne senza lode, ne con silentio, hauendo ella fatto si bella scorta all’altre ualorose et accorte donne. FR. Delle opere scelerate nessuno merita memoria non che lode ; anchora che gli inuidiosi scrittori habbiano piu celebrato alcuni benche pochi uituperosi

 

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fatti delle Donne, che non hanno illustrato le uirtuose imprese di quelle ; lequali il piu c’hanno potuto et saputo si sono ingegnati sempre di tenere ascose et sepolte: doue le proprie anchora che bassissime,hanno con marauiglio se lodi posto fino in cielo. Scrissero nondimeno , che le Amazone tennero piu di mille anni gloriosissimo imperio ; tanto ualse il loro sapersi ben consigliare. A tempi de nostri padri una faciulla uergine detta Giouanna bastò a dare il modo a Carlo settimo Re di Francia,como potesse uincere il suo nimico,et ricuperare il regno, che col consiglio de gli accorti huomini egli hauea perduto. Et anchora hoggi si uede la Regina M A R I A esser di tale consiglio et sapere, ch’ella si puo dire nelle passate guerre hauer sola fatto guerra et contrasto a Francesi, et mantenuto l’Imperatore. Costei in proueder danari, costei in saper trouare partiti è piu d’ogni altro huomo eccellente et aueduta. Isabella di Castiglia col suo sapere cacciò finalmente i Mori di Granata; et fece la maggior parte di quelle proue, lequali al Re Catholico suo marito sono attribuite. P.F. Anzi penso io, che di molte opere del Re Ferrando, fosse laudata la Regina Isabella. FR. Se i popoli d’Hispagna, i signori, i priuati , gli huomini et le Donne , poueri et ricchi , non si son tutti accordati a uoler mentire in laude di lei, non è stato a tempi nostri al mondo piu chiaro essempio di uera bontà, di grandezza d’animo, di prudentia, di religione, di honestà, di cortesia, di liberalità, in somma d’ogni uirtu, che la Regina Isabella: et benche la fama di quella signora in ogni luogo, et presso ogni natione sia grandissima, coloro che seco uissero, et furono pre-

 

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senti alle sue attioni, tutti affermano questa fama esser nata dalla uirtu et meriti di lei.Et chi uorrà considerare le opere sue, facilmente conoscerà esser cosi il uero : che lasciando infinite cose, che fanno fede di questo, et potrebbonsi dire,se fosse nostro proposito, ogniun sa che quando essa uenne a regnare,trouò la maggior parte di Castiglia occupata da grandi; nientedimeno cosi giustificatamente , et con tal modo ricuperò il tutto , che i medesimi che ne furono priuati , le rimasero affettionatissimi, et contenti di lasciare quello, che possedeuano .          Notissima cosa è anchora con quanto animo et prudentia, sempre ella difendesse i regni suoi da potentissimi nimici : et medesimamente a lei sola si puo dar l’honore, del glorioso acquisto del regno di Granata ; che in cosi lunga et difficil guerra , contra nimici ostinati , che combatteuano per le facultà , per la uita,per la legge sua, et al parer loro per Dio,mostrò sempre col consiglio , et con la persona propria tanta uirtu ; che forse a tempi nostri pochi principi hanno hauuto ardire non che di imitarla, ma pur d’hauerle inuidia. Oltre accio affermano tutti quegli che la conobbero,essere stato in lei tanta diuina maniera di gouernare; che parea quasi, che solamente la uolontà sua bastasse, perche senz’altro strepito ogniuno facesse quello che doueua : tal che a pena osauano gli huomini in casa sua propria, et secretamente far cosa, che pensassero, che a lei hauesse da dispiacere : et di questo in gran parte fu causa il marauiglioso giudicio, ch’ella hebbe in conoscere et eleggere i ministri, atti a quegli uffici, ne iquali intendeua d’aperargli: et cosi ben seppe congiungere il

 

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rigore della giustitia, con la mansuetudine della clementia et la liberalità ; che alcun buono a suoi di non fu , che si dolesse d’esser poco remunerato; ne alcun cattiuo d’esser troppo gastigato. Onde ne i popoli uerso di lei nacque una somma riuerenza, composta d’amore et di timore, laquale ne gli animi di tutti anchora sta cosi stabilita ; che par [?] quasi che aspettino ch’essa dal cielo gli miri , et di la su debba dargli laude et biasimo : et perciò col nome suo , et coi modi da lei ordinati si gouernano anchor que regni; di maniera che benche la uita sia mancata, uiue l’auttorità, come ruota, che lungamente con impeto uoltata, gira anchora per buono spacio da se benche altri piu non la muoua. Considerate oltre di questo, Signor Pierfrancesco che a tempi de nostri padri tutti gli huomini grandi d’Hispagna , et famosi in qual si uoglia cosa , sono stati creati dalla Regina Isabella ; et Gonsaluo Ferrando gran Capitano, molto piu di questo si pregiaua , che di tutte le sue famose uittorie, et di quelle egregie et uirtuose opere, che in pace, et in guerra fatta l’hanno cosi chiaro et illustre; che se la fama non è ingratissima, sempre al mondo publicherà le immortali sue lodi; et farà fede, che alla età nostra pochi Re o gran Principi habbiamo hauuti, iquali stati non siano da lui di magnanimità, sapere, et d’ogni uirtu superati. Di che ne ragionerà a pieno l’immortal penna del singolarissimo Monsignor Giouio, nella uita che di lui scriue. P.F. Troppo ui siete allontanato dall’uniuersale uostro proposito, per entrare nelle particolari lode d’une Donna sola : onde sia bene, che non passate piu oltre, ma ritorniate al principal lauoro.

 

Fol. 35V

  1. Voi sete stato cagione di farmi diffondere nelle lodi di questa ualorosissima Regina ; col uolerle usurpare i meriti suoi , per ornare il marito : benche io non me ne penta, se però a uoi non ho recato noia con la mia prolissità, di che dubito molto. P.F. Me non hauete uoi punto noiato, ne noierete per l’auenire, et siate pur diffuso quanto ui piace; che di bonissima uoglia son disposto ad ascoltarui. FR. Ma che quel ch’io ho detto sia uero, cioè, che i consigli delle Donne sian buoni, lo mostrano gli antichi nostri assai piu modesti stati di quel che noi siamo; iquali non si sdegnarono di chiamare le Donne a i consigli, et fare tutte le cose di piu importanza per le mani loro; si come Giulio Cesare de suoi Galli rende testimonianza. P.F. Che marauiglia se Francesi si ualsero de i consigli delle Donne; attese che fra loro huomini sempre ne fu carestia; onde ben ne doueuano cercare fra le Femine. Et anco i moderni si lasciano gouernare dall’auttorità di quelle : talche essi riescono poi nell’imprese loro con quello honore che si uede. FR. Auertite che questa honorata natione non merita di essere chiamata pouera di consiglio : et fate male a biasmarla massimamente ne gli huomini de nostri tempi , iquali ualorosissimi sono et di mano et d’ingegno. P.F. Pur si puo dire alle uolte qualche parolina. MV. Ma non per dir male, ne contra il uero. FR. Ma io sono stato in questo troppo lungo : altramente mostrerei, che le Donne al tempo di Martio Coriolano saluarono Roma : et le Sabine col loro sapere misero pace fra i Romani e i Sabini. Et Carthagine nell’ultima guerra , ch’ella hebbe co i Romani, il primo di si sarebbe perduta,se le

 

Fol. 36r

Donne col consiglio loro non le dauano aiuto. Ma la cagione, laquale indusse Paolo a non uolere; ch’elle predicassero, non fu perche elle mancassero d’ingegno; ma perche la loro uaga bellezza haurebbe fatto attendere l’huomo assai piu a riguardarle, che udirle; onde si sarebbe perduto il frutto della predicatione. Chi non sa , che una si dilicata et gratiosa faccia, come quella della Donna, haurebbe fatto innamorare di modo gli uditori, che poco al sermone haurebbon dato orecchi, intenti solo a pascere gli occhi di quel cibo, che piu lor dilettaua? Et questo rispetto anchora credo che fosse la prima cagione, che gli antichi Romani non le lasciarono entrare in consiglio ; dubitando che i loro bellissimi uolti non hauessero hauuto forza di far pensare l’huomo ad altro , che a consigliarsi . Ne anco era conueniente , che il consiglio si facesse solo di Donne ; douendo gli huomini essere i capitani delle imprese , accio che le Donne attendessero a conseruar le case , et alleuare i figliuoli . A quel, che uoi m’opponeste , che il Diauolo tentò Eua et non Adamo, ui rispondo hora , come anco mi ricorda hauerui gia detto un’altra uolta ; cioè, che’l Diauolo cio fece conoscendo , ch’egli era piu debile di lei ; et però non bisognaua ingannarlo, per uincerlo. Ilche non haurebbe fatto, se prima non tentaua Eua: tanto che questo mostra piu tosto, Eua esser stata di piu sapere che’l marito, che la dimostri il contrario. Non si cercano d’ingannare i semplici, ma i saui: cosi il Diauolo non si curò di Adamo,ilquale ad ogni suo piacere poteua superare; ma tentò la parte piu forte, sapendo che fatto questo, l’altra era a uoglia sua. Quel che uoi di-

 

Fol. 36v

te, che le Donne non scriuono, come gli huomini fanno, cio non è, perch’elle sappiano meno; ma perche il loro giudicio è si buono, ch’elle non hanno mestiero di libri; iquali bisognano all’huomo, perche manca di memoria et di sapere. Cosi adunque le Donne da principio non scrissero, come ne anco fecero gli huomini: ma noi mancando poi di memoria, cominciammo a comporre : et le Donne si sono conseruate nella loro bontà naturale. Nasce anchora, ch’elle non scriuono , dallo sdegnarsi di dire quelle bugie, che l’huomo di se stesso, del mondo, anzi di Dio, ne suoi libri finge : sapendo che nessuno scrittore,con la sola uerità, ch’ei non conosce, ne puo intendere, si puo fare honore: et che la bugia è il piu horrendo e’l piu detestabile di tutti gli altri uitii, massimamente quando si scriue di Dio, come bene insegna Platone. Et che questo sia il uero, si conosce per li Greci, iquali per essere leggierissimi piu di tutti scriuono, et sono sopra tutti gli altri huomini bugiardi. P.F. Coloro adunque che molto hanno scritto,come Gieronimo, Agostino, Ambrogio, Grisostomo, Origene, et tanti altri santi padri sono stati leggieri et huomini di nessun pregio? Habbiate cura, che’l uoler souerchio celebrar le Donne, non ui faccia smarrire la uia dritta. FR. Io non dico, che quei santissimi huomini inspirati dallo spirito santo, non facessero grandissimo giouamento al mondo con lo scriuer loro; che sarebbe graue bestemmia: ma bene, che’l rimanente de gli huomini mossi da ambitione, o d’altro poco ragioneuole affetto per lo piu si danno a scriuere, et male fanno; il che nelle Donne non si uede, si come quelli che piu libere dalle humane passioni sono, che noi

 

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altri non siamo Socrate giudicato sauissimo dall’oracolo di Apolline non scrisse nulla; si come quello che si reputò non saper nulla. Et se fosse lecito mescolare le cose diuine con le nostre ciancie, direi, che C H R I S T O saluator nostro, et somma sapienza, non lasciò alcuna cosa scritta. Ma ritornando onde mi son partito; il non potere adunque imaginarsi quello che l’huomo non si uergogna di scriuere, fa che le Donne da tal cosa si astengono. Et per chiuderui meglio la bocca ch’io non ho fatto con cio c’ho fin qui detto; ditemi un poco; perche non scrisse Christo ne Pithagora; ne Scorate alcuna cosa, iquali senza controuersia da gli antichi a tutti gli altri sono preposti? se lo scriuere è cosa si degna. Non è lo scriuere testimonio d’ingegno, ma di mancamento di sapere: perche se noi hauessimo la memoria in luogo di libri, non sarebbe bisogno della scrittura. Apresso i sacerdoti di Francia anticamente nessuna cosa si scriueua; ma tutto quello che faceua di bisogno sapersi si mandaua a memoria, per non fare la giouentu pigra all’imparare. Cosa eccellente sarebbe col ben fare mostrarsi grande, non con le scritture, si come le Donne hanno sempre fatto. Soleua dire il Signor Giouanni de Medici capitano d’inusitato ualore; che tra lui et Nicolo Machiauelli era apunto questa differenza; che Nicolo sapeua bene scriuere, et egli ben fare. Ma lasciamo hoggimai il ragionare piu dello scriuere, Alle Donne siamo debitori di tutto quello che di bello et marauiglioso è nel mondo. Furono le mura di Babilonia opera di Semiramis. Le piramidi d’Egitto, il sepulcro del Re Mausoleo, e’l colosso di Rhodi tutte da Donne

 

Fol. 37v

uennero; dellequali cose non si trouarono mai le piu grandi ne le piu stupende. L’arti et necessarie al mondo et quelle che gli danno ornamento, non sono state da altri, che da Donne trouate. Il coltiuar la terra fu insegnato da Cerere: il tessere da Arachne, et secondo alcuni, da Pallade. Il bel parlare dalle madri ciascuno impara: et quella eloquenza, che ne gli oratori regna, fu prima delle Donne insegnata. Cornelia Romana fece i suoi figliuoli chiamati Gneo et Gaio della famiglia de Grachi tanto eloquenti; che essi uoltauano il popolo doue a loro pareua. P.F. Et questa eloquenza fu principal cagione della morte loro. FR. Et da essi diriuarono i grandi oratori Romani. Tulliola figliuola di Cicerone, et Hortensia furono nel dire marauigliose. Onde ha origine la pittura, se non da i loro sottilissimi lauori? iquali mostrano tanta arte et maestria; che non mai Apelle, o altro piu degno artefice, fece si marauigliosa opera col pennello, com’esse fanno con l’ago. È credibile anchora, che le scienze siano state dalle Donne al mondo insegnate: perche ricercando la speculatione quiete, l’huomo non puote essere a tal cosa bastante, che in opere troppo faticose si essercita; lequali fanno l’huomo poco atto a contemplare. Ma bisogna dire, che la Donna, che in casa sta quieta, tali arti ritrouasse. Onde gli antichi costretti dal uero, ilquale è pur di grandissima forza, dissero, Minerua essere stata maestra di tutte le scienze; et la fecero sopra la sapientia. Di qui hebbe origine la inuentione delle Muse, che gli antichi finsero hauer trouato tutte l’arti liberali. Vedesi adunque la Donna hauer piu ingegno dell’huomo. Et questo sarà piu aperto

 

Fol. 38r

et manifesto, se mostreremo in lei trouarsi piu assai prudenza, che nel maschio: il che sarà facile, se ci uorremo ricordare delle cose dette di sopra. Perche noi prouammo la Donna nelle cose dubbie facilmente trouar la uerità; et ne i pericoli saper trouare il modo di saluarsi per se et per altri; et nelle difficultà esser ricca di partiti. Ma hora aggiungerò questo; che si conosce nelle Donne piu prudenza, che nell’huomo, per quello istesso che di loro hanno detto i maschi. Ha ordinato la maestra natura secondo il principe de peripatetici nella sua Iconomica, che l’huomo nella cura famigliare sia quello che faccia la roba, et la Donna sia quella che la conserui. Ilche prima senza controuersia la mostra essere al meno da compararsi al maschio: atteso che si suol dire; non minor est uirtus, quam quaerere, parta tueri; non è minor uirtu il conseruare il guadagnato, che acquistarlo. Ma se uorremo considerare la cosa bene, noi uederemo, che questo la mostra d’assai maggior prudenza; perche all’acquistare si ricerca piu forza et fortuna, che prudenza . Onde si dice; che la fortuna aiuta gli arditi. Anzi disse Aristotele, che i prudenti sono le piu uolte poco fortunati. Talche se all’acquisto si ricerca buona fortuna, non ui ha luogo la prudenza. Ma conseruare l’acquistato non si ricerca se non sapere ben distribuire, et bene spendere, uedere di chi bisogna fidarsi, considerare la qualità de tempi, et sapere secondo quelli crescere o scemare la spesa, saper comandare a serui, sapere in che modo si gouernano i fattori; et breuemente uolere con la propria prudenza il tutto misurare et considerare. Onde assai sapere in far que-

 

Fol. 38v

sto è necessario. Imperò molti sanno acquistare, ma pochi conseruare. Et se alcuno lo fa, sono le Donne: onde elleno meritamente sono prudentissime giudicate. A questo si aggiugne, che le Donne naturalmente sono piu timide dell’huomo. Ilche non nasce da mancamento, come molti stimano, ma dalla prudenza, con laquale anti ueggono assai cose: donde nasce il timore, come è noto a ogniuno. Percio si uede, che i uecchi sono molto piu paurosi de i giouani, per hauer piu cose prouate. Veggasi una Donna, con quanta prudenza ella ua considerando la conditione di chi mostra di amarla, auanti che si gli dia in preda, et gli uoglia acconsentire; anchora che tenerella et giouane sia. P.F. Fermateui Signore, che questo hoggidi poco è in uso fra loro; et se pure sete d’altro parere, eccomi alla riproua. FR. Io non intendo di quelle, che non meritano essere chiamate Donne, ma delle sauie et accorte. D’altra parte uno huomo non ha prima una Donna uista, che ne muore, ne spasima, et fa cose da legarlo. onde nasce questo? dalla prudenza delle Femine. Di cio se ne sono uiste infinite esperienze: ma io non uoglio perder tempo in dir cose troppo note a ciascuno. Mi basterà accennare, che la prudenza di Rebecca diede il regno a Iacob suo figliuolo; col suo astuto consiglio. L’accortezza di Rachel saluò l’honore a Iacob, con Laban suo suocero. Raab saluò col suo senno le spie di Giosue. Volunnia saluò Roma. Vna donna conseruò Argo. Et infinite altre si sono trouate hauer fatto cose di grandissima prudenza. P.F. Almeno diceste uoi di quelle, c’hanno co i uitii loro ruinato et disfatto le città et i regni: che cio non sarebbe men bel-

 

Fol. 39r

lo ad udire. FR. Questo sarà ufficio uostro, ma in altro luogo et tempo: perche io continuo in dirui, come elle sono assai piu che l’huomo temperate, costanti, et giuste: conciosia che dou’è maggior prudenza, alla quale appartiene regolare il nostro appetito; quiui le uirtu, che nella uolontà o nell’appetito sono piu nobili et perfette, si ritrouano anchora. Non si uede fra le Donne chi facilmente uccida o rubi. Non commettono elle si sporche et dishoneste cose, come fanno i maschi : perche la loro prudenza non si lascia facilmente uincere dallo appetito. P.F. Se uoleste confessare il uero, et dirne la ragione, son certo che direste, come di queste loro sforzate uirtu è cagione il non potere: perche la uolontà hanno elleno sempre e in ogni luogo di operar male. FR. Anzi non è egli uero, che cio proceda dal non potere: perche a tutti è manifesto, come elle troppo ben sanno (uolendo) trouar le uie da contentarsi: ma cio dalla prudenza nasce, laquale le fa molto piu stimare il buon nome, che’l satiare gli appetiti loro. P.F. Altro è il potere, altro il sapere: però benche le Donne sappiano, chiaro è però ch’elle non possono,come gli huomini,ad ogni uoglia loro essequire i maluagi pensieri che sono in quelle. La onde s’elle si rimangono di far male, è da saperne grado alle poche forze, che sono in loro corporali, non da lodarne continenza, temperenza, o altra uirtu dell’animo, ch’elle non posseggono, ne conobbero mai. FR. Et s’io ui mostrerò chiaramente, che queste et altre uirtu morali sono proprie del sesso loro, che ne direte poi? non muterete uoi opinione,et altrettanto loderete le Donne a ragione, quanto hora le biasimate a

 

Fol. 39v

torto? P.F. Forse che si. MV. Io prometto risolutamente per lui; che ue ne farà honore: perche continuate pure Signor Francesco. FR. Qual Donna si trouò mai cosi degenerar del suo stato, et far cose contra il suo honore, come Sardanapalo? o come Heliogaballo? ilquale essendo huomo, per pigliare il piacere che le Donne nel coito sentono poi che in uari modi s’era lasciato caualcare, si fece tagliare le parti uergognose; perche restò in modo, che non era piu ne huomo, ne Donna. Chi fu giamai si empio, come Alessandro Re de Giudei, come Mario o Silla crudele? P.F. Infinite Donne ui potrei raccontare, lequali molto piu crudeli furono, che tutti gli huomini in tutti i tempi non furono giamai. Ma io mi contenterò ricordaruene due soli,per non far con esso uoi pompa di parole. Quale huomo usò mai crudeltà maggiore di Medea et di Progne, lequali, si come uoi sapete, uccisero i propri figliuoli et fratelli? FR. Non m’allegate, ui prego, Medea o Progne; perche queste cose, che di loro si dicono, sono fauolose: et quando pure elle fossero uere, si trouerà che da gli huomini sono state uerso i nimici per uendicarsi molto maggiori crudeltà usate,che non fu quella di Medea o di Progne: lequali dubbio non è che da i mariti loro n’hebbero grandissima et principal cagione di farlo. Taccio i tradimenti fatti da gli huomini, iquali le Donne apena potrebbono pensare, non che porre in essecutione. Quanto è la costanza maggiore nelle Donne, che ne gli huomini? atteso che ne casi difficili, et nella aduersa fortuna, le Donne poche uolte si perdono d’animo: doue gli huomini moltissime uolte inuiliscono, et si danno in preda

 

Fol. 40r

alla disperatione. Mithridate fu sempre dalla sua sposa con gran core seguitato: et quando hauendo perduto mandò alle mogli il ueleno, tutte allegramente il presero, o s’impiccarono. Sophonisba con grandissimo core prese il ueleno anch’ella, che dal marito le fu mandato: la doue Massinissa inuilitio per le parole di Scipione s’era dato a piangere, come fanciullo battuto. Lucretia con gran fortezza d’animo per non uiuere, doue che da Sesto fu uiolata per forza la sua castità, si leuò la uita. Portia moglie di Bruto prima con l’essersi a posta ferita, mostrò che dal suo marito le poteua esser sicuramente riuelata la congiura ch’egli haueua fatta contra di Cesare: et dopo la morte del marito, non le uolendo i parenti dar ferro o laccio, colquale s’amazzasse, co i carboni accesi inghiottendogli si tolse la uita. Le Donne Numantine essendo la lor città combattuta da Annibale, con maggior core entrarono nelle fiamme ardenti, che gli huomini loro non haueuano contra il nimico combattuto. Hauendo Mario rotto i Cimbri, gli restò tanto a fare contra le loro Donne; che fu costretto fare un nuouo fatto d’arme con esso loro. Da questi et da molti altri essempi, ch’io potrei addurre a persone, che non come uoi molta cognitione delle historie hauessero, si puo conoscere, quanta sia la costanza delle Donne: la quale nelle uergini et martiri de Christiani apparue grandissima. Ma questo è cosi noto, che non bisogna perder tempo in dimostrarlo. Solamente dirò, che tanto è maggiore la costanza della Donna, di quella del maschio, quanto è piu dilicata la persona d’una femina, che d’uno huomo, et manco auezza di patire. Vedesi an-

 

Fol. 40v

chora gran costanza et fortezza nel riserarsi ne monisteri, doue elle uiuono con tanta patienza; che ben mostrano d’essere et uirtuosissime et fortissime insieme: togliendosi di loro proprio uolere l’amata et cara libertà, la quale da tutti noi è piu d’ogni altra cosa desiderata. Vedesi adunque nelle  uirtu  morali, la Femina essere superiore al maschio. Non minor  uirtu  dimostrano nelle cose apertinenti alla religione: tanto che si puo dire hoggi il Christianesmo solamente tra loro ritrouarsi. Et doue gli huomini col loro maluagio uiuere inducono glinfedeli a bestemmiar CHRISTO; queste con la diuotione loro gli inducono alla fede. In loro non sono heresie, non sette, ne alcuna simonia, o altri uitii, che ne gli huomini regnano. Esse non bestemiano, non si disperano: et sono di tanta charità, che guai al mondo, se esse non fossero. P.F. Della infinita carità delle Donne quello a punto ne credo, et forse uie piu che uoi: et non è molto che difusamente n’habbiamo ragionato. Ora s’io ui dirò, che elle molte uirtu  non hanno, che ne gli huomini si ritrouano, che ne direte uoi? FR. Questo non sono io per confessarui cosi di liggiero: et buona proua bisognerà a farmene fede. P.F. Nelle Donne non è liberalità, non magnanimità, non magnificentia, et simili uirtu. FR. Et io ui dico, ch’elle sono uie piu di noi magnanime, poi che non pensano mai ad altro, se non a far cose degne di loro. P.F. Et quali sono queste magnanime opere conuenientia loro? Forse il satiar i dishonesti desiderii? FR. Il resistere alle insidie et agli inganni di noi altri huomini. Or non si uede egli, che per non si abbassare et prendere marito da-

 

Fol. 41r

meno del loro grado, piu tosto restano senza maritarsi? P.F. Quanto sarebbe il meglio, et lor piu largo honore, ch’elle si maritassero piu bassamente, che non pare che alla loro superbia si conuenga: poi che ogni huomo per uile che sia è degno d’ogni altissima Donna: che in cosi fatto modo si darebbe rimedio a mille inconuenienti. MV: Io non sono per admetterui cosi strana openione, come è quella che uoi mostrate di tenere; cioè, ch’ogni uile huomo meriti qualunque si sia nobilissima Donna, perche s’io non interrompo qui il Signor Francesco, con buona sua licenza ui risponderò dieci parole. FR. Deh digratia non u’appigliate a questioni tanto strauaganti; ch’assai et pur troppo habbiamo da ragionare dintorno alla materia nostra. MV. Et questa non è però gran fatto lontana dal proposito nostro. P.F. Non perche io tema di rimaner perdente in questa disputa con esso uoi, ma per non interromperlo siate contento, Signor Mutio, che noi rimettiamo questa nostra differenza in altro tempo: si che l’uno et l’altro di noi possa prouedersi d’armi sofficienti a difesa et offesa. MV. Sia come a uoi piace. FR. Le spese fatte dalle Donne sono conuenienti alla modestia Christiana, non piene di prodigalità, come quelle de gli huomini: iquali allhora uogliono esser chiamati liberali, quando in un pasto solo consumano la metà de lor beni; et poi per un soldo di pane lasciarebbono morirsi di fame tutta una pouera famiglia. L’altre  uirtu o non sono necessarie ad esser buono et uirtuoso; o sono in esse molto maggiori, che ne i maschi. Questo c’habbiamo detto le dimostra assai piu degli huomini nelle uirtu dell’animo eccellenti:

 

Fol. 41v

e però esser la piu perfetta parte di questo huomo intero, ilquale d’huomo et di Donna, come di sue parti, è composto. Restaci solo a mostrare, che nel continuar questo huomo, la Donna meritamente ottiene il principato. P.F. Qualche gran cosa u’apparecchiate a dire; cosi altro essordio hauete uoi fatto; et però mi u’acconcio ad ascoltare con molta attentione. FR. Quel ch’io penso di uolerui dire, non è alcuna di quelle nobili marauiglie de poeti; doue mi bisogni per uscirne ad honore, ricorrere all’aiuto de lor fauolosi Dei; ma è una delle cose della naturale et uera philosophia; laquale uoi ui douete ben sapere, et questi altri Signori anchora: non però credo che u’habbia a dispiacere udirla di nuouo per mia bocca, et massimamente in questo luogo, doue io non u’ho promesso per farui attenti et docili, ragionarui di cose grandi et nuoue; ma solo sostener la persona di mero recitatore di quello che gli altri hanno gia detto, o scritto; se per auentura queste cose non parissero al Signor Pierfrancesco grandi et nuoue, ma piu nuoue che grandi; per essere egli poco auezzo a udire celebrar le Donne. P.F. E non è pure hora, ch’io odo dire di queste marauiglie, che uoi u’apprestare per replicarmi: ma non però u’ascolto con noia; perche io son certo di douerle udire ampliate et ornate dalla uostra naturale et mirabile eloquenza. FR. Io non uoglio hora rifrutare ne accettare le lodi, che uoi mi date; perche quello non debbo, et questo non posso. Ma per non perdere piu tempo in cerimonie, et accioche meglio s’intenda la nostra intentione, bisogna considerare che per essere l’huomo contenuto sotto il cielo della Luna, et

 

Fol. 42r

perciò corruttibile et uariabile, come sono tutte l’altre cose, che qua giù basso si ueggono, la Natura sagacissima conseruatrice delle opere sue, non potendo conseruare ciascuno di noi nel proprio essere, diede alla Femina et, al maschio per appetito naturale, ch’e cercassero di generare un simile a se, come se in quello so conseruassero. Et tanto uolle, ch’e in cio si compiacessero, parendo loro in questa opera farsi immortali; che noi ueggiamo l’amore sempre discendere: cioè, che piu  amiamo i figliuoli, che noi istessi, et piu assai i nipoti che i figliuoli ne iquali meglio et piu perpetuamente ci pare d’essere conseruati. Nel quale amore amiamo noi stessi per tanto riconoscendo questi come cosa nostra. Et perche tutti coloro, ai quali noi diamo del nostro, come del sapere, della roba, o simili cose, pare che quasi ci facciamo perpetui, tutti da noi sono amati assai piu ch’essi non amano noi. Naturalissima cosa è adunque generare un simile a se: et ha tanta forza, che pochi a tale appetito fanno resistenza: ne puo conoscere alcuno, che cosa sia amore chi non ha figliuoli. MV. Leggesi che Platone essendo gia uecchio uolle sacrificare alla natura, cio è dare opera all’atto del generare, parendogli d’hauer perduto tempo fino a quell’hora, et essere uisso indarno; come nel uero hauea fatto, philosophando sterilmente intorno a gli Alcibiadi et Agathoni. FR. Di qui nasce, che le Donne con si grande studio sono da gli huomini ricercate; perche ciascuno uorrebbe perpetuare se medesimo. P.F. Però cosi crudel cosa sono i religiosi, iquali non hauendo figliuoli; che possano mostrare per suoi, non sanno che cosa sia amore ne pietà. FR. Ma se cosi è, come io

 

Fol. 42v

u’ho detto, e pare che’l generare un simile a se, sia da stimare operatione perfettissima dell’huomo et però qual di due o il maschio o la femina in tale opera sarà piu eccellente, et operà piu, meritamente sarà all’altro anteposto. Et considerando bene, noi ueggiamo l’huomo essere in tale atto la parte piu nobile. Conciosia che secondo Aristotele ei concorre al generare come cagione attiua; et la Donne come patiente. Tanto chi l’huomo sarà tanto piu nobile, quanto è meglio operare che patire. P.F. Et però in questo modo haurete uoi il torto, a essaltare tanto la Donna contra ragione. FR. Io dirò bene anchora delle altre ragioni in fauor uostro. Vedesi appresso, che l’huomo piu tardi genera della Donna; et piu dura anchora per la sua perfettione. Onde questa in quattordici anni, et molte uolte prima; et quello di uentiuno, et ancho piu tardi, se uogliamo parlare della generatione perfetta; benche prima possa generare; ma i figliuoli generati saranno deboli, et egli si guasterà la complessione. Ilche si dice ancho della Donna, che auanti a i diciotto non fa i figliuoli perfetti, come pare che sia opinione d’Aristotele nel settimo libro de gli animali. Hauendo noi dunque detto di sopra, parlando della generatione della Donna, che per essere piu tardi formata si conchiude ch’ella sia piu nobile; si uederà che similmente essendo l’huomo piu tardi generatiuo, sarà in tale opera la piu nobil parte; et però piu assai della Donna eccellente. A questo si aggiunge, che fra tutti gli altri animali il maschio a piu Femine è bastante, come cagione attiua: doue una Femina di piu d’un maschio ordinariamente non genera

 

Fol. 43R

dico ordinariamente: perche non mi è nascosto, che la Donna talhora s’è ingrauidata di due: si come d’un medesimo puo in diuersi tempi piu figliuoli concipere. Il che per il tempo del parto si conosce; essendosi trouato alcuna uolta una Donna hauer partorito piu figliuoli d’un portato in piu uolte, et anco simili a diuersi padri. Essendo adunque, per tornare al proposito, il maschio, come si dice, il gallo senza dubbio è uie piu della Donna eccellente. P.F. Basterebbe quel che hauete detto, che uoi ui foste pentito d’hauer fatto tanta ingiuria a gli huomini; si ualorosamente ui sete messo a ragionare in fauor loro: di che mi rallegrò assai con esso uoi; poi che con si bello atto hauete conchiuso la uostra fauola. FR. Queste ragioni non pure a uoi, che facilmente l’accettate, ma sono parute a molti altri si gagliarde et ben fondate; che per uinti hanno alzato le mani, et si sono arresi alla contraria openione. Ma io non sono si debile, che per si poco incontro mi si per arrendere: anzi uoglio mostrarui, che in quelle non si contiene nulla di uero. P.F. Et qui si conosceranno le forze dell’ingegno uostro: benche in altra et piu difficile impresa l’habbiate molte uolte mostro. FR. Anchora che Aristotele prima, et San Thomaso poi, cosi habbian creduto, io però non mi lascio gouernare per auttorità, ma per ragioni. In prima, non è uero che’l generare sia la piu perfetta opera dell’huomo; anzi l’intendere e’l sapere è la prima di tutte. Conciosia che per il sapere, non per il generare da tutti gli altri animali siamo distinti: et per la contemplatione siamo felici, come i philosophi, et massimamente Aristotele c’insegna. Egli è ben uero…

 

Fol. 43v

che questa è la piu nobile opera, che all’huomo, secondo che’egli è conforme agli animali et alle piante, appartiene; ma il sapere gli conuiene, secondo quella parte piu eccellente, che lo fa differente da gli animali, et simile a Dio. Ma per non parere, ch’io non uoglia rispondere alle contrarie ragioni, io dico, che anchora che’l generare fosse la piu nobile opera dell’huomo, non però non conuince la Femina essere da piu del maschio. Et questo prouerò io con si efficaci fondamenti; che forse pochi ci potranno apporre; anzi ho speranza, che niuno gli potrà contradire. MV. Quando io ui credeua hoggimai presso che stanco di ragionare, et ecco che uoi ritornate piu forte et piu gagliardo, che mai quasi nouello Anteo, poi che hauea tocco la terra. Et io che hauea disegnato di sottentrare alle fatiche uostre per aiutarui in qualche modo, ueggo che n’hauete poco, anzi nessun bisogno. perche hauerò caro di riposarmi io, et ascoltar uoi si ualoroso guerriero. FR. Quel poco ch’io posso, è nulla, rispetto a quel che si potrebbe dire del merito loro. Et ben le prego, ch’elle mi uogliano hauere iscusato; che se bene io ho detto poco o nulla, pur sapra ogniun, come io mori loro et uissi. Ma ritornando, e non è dubbio alcuno, la generatione essere stata ordinata, accioche noi facciamo un simile a noi: et però tanto sarà piu perfetta, quanto il figliuolo generato haura piu di sembianza de suoi parenti: et doue meno, sarà manco nobile et perfetta. Cosi anchora bisogna confessare delle due parti, ch’ella generatione concorrono, quella piu opererà generando piu perfettamente, a cui il generato haurà piu similitudine. Si come se due cercano…

 

Fol. 44r

un medesimo fine, colui meglio l’haurà cercato, che piu presso sarà al desiato termine arriuato. Dicami hora uno, a cui sono piu simili i figliuoli alle madri, o a i padri? Senza dubbio alcuno alle madri. Onde piu uolte partoriscono Femine che maschi. Et de maschi i piu alle madri, che a i padri sono conformi. Et di qui uiene, che piu amano i figliuoli la madre; et da quella piu sono amati. Et per tanto manco sono atte le Femine, che non sono i maschi a gastigare, come quelle che piu amano. P.F. Quegli che piu amano, piu gastigano: onde dice il sauio, chi perdona alla sferza, ha in odio il figliuolo. MV. Et io ui dico, come si uede per proua, che a chi ama molto una cosa sua, non gli soffera il core di poterla battere: il che interuiene alle Donne uerso i figliuoli loro, si come quelle che piu tenere et piu delicate sono di noi. FR. Falso è adunque, che le Donne siano cagione patiente nel generare. La qual cosa disse anchora il dottissimo Galeno; a cui come a Medico, piu si debbe credere, che ad Aristotele. Vedesi anchora, che l’huomo non concorre alla generatione, altramente che faccia il quaglio o presame a fare il caccio. Onde essendo nella Donna il seme per la generatione, et il sangue per fomentare et nutrire la creatura; l’huomo col suo seme aiuta a unire queste cose insieme. Tal che si come sarebbe pazzia dire, che’l quaglio concorresse piu a fare il caccio, che’l latte; cosi è cosa da stolti dire la Femina esser minor cagione, che l’huomo nel generare. Il che deurebbe conoscersi se non per altro da questo; che doue a fare l’huomo non basta gittare quel poco di seme, ma bisogna conseruarlo, nutrirlo, augumentarlo…

 

Fol. 44V

formarlo, et da poi essendo nato alleuarlo: al che fare è stata la Donna dalla natura instituita; et l’huomo solamente al primo concorre. Tal che se sette son piu, che non è uno, l’opra della Donna nel generare è di tanto maggiore di quella dell’huomo. Uedesi, che ne gli altri animali il maschio in poche spettie i suoi figliuoli conosce; come ne colombi et altri uccelli appare. Gli altri come quei che u’hanno poca parte, non n’hanno cura. Onde si uede la Femina quasi fare il tutto: perche debbe ella anchora al maschio essere al tutto anteposta. MV. Con licenza uostra dirò anch’io quattro parole. FR. Dite pur sicuramente; ch’io l’ho molto caro. MV. Questo si proua anchora per quel desiderio, che nella Donna il philosopho uuole che sia maggiore, che nell’huomo: et per hauere maggior dilettatione in questo atto, che non ha il maschio. Perche hauendo la natura dato il diletto, accio che ci mouessimo piu prontamente all’ufficio del generare, si conuince, che doue è maggiore diletto, quiui anchora è piu concorso a fare l’opera. Se dunque è uero quel che Thiresia disse, la Donna piu diletto sentirne; sarà uero, ch’a lei piu ch’all’huomo, si debbe attribuire il generare. P.F. Perche adunque la Donna riceue, et l’huomo dona; essendo che molto piu beato è il dare, che il riceuere? FR. Rispondo, che la Donna non riceue, ma la cosa generata: et che la Donna dona molto piu che l’huomo. Ma pare che ella riceua, perche tutto il carico et l’impresa della generatione si fa in casa sua. Non altramente che se due uolessero honorare uno amico, et fargli un conuito: et uno per hauere la casa stretta et meschina mandasse…

 

*missing pages 43V and 45R on the online version

 

Fol. 45r

la parte sua a casa del compagno, ilquale hauesse la casa piu larga et spatiosa; non si potrebbe dire costui riceuere dal compagno quello ch’a casa per la cena et per honorar l’amico gli mandasse: ma l’amico honorato il tutto riceuerebbe. Cosi dico, che l’huomo non hauendo il corpo atto a generare, se bene alquanto ui concorre; il che è tuttauia assai poco; manda la sua parte a casa della Donna a tale effetto piu atta et piu proportionata. Ma non però riceue la Donna alcuna cosa, quantunque n’habbia gran piacere, et piu dell’huomo, che in casa sua si faccia cosi solenne festa. P.F. Et io ui torno a dire, signor Francesco, che operare piu a fare uno effetto, non è segno di maggior perfettione, come anco uoi diceste, se ben mi ricorda. FR. Io confesso, che uoi dite il uero, se costui non tocca il fine dell’opera: si come un manouale fa piu assai, che non fa il principal maestro per fare una casa: ma perche non egli, ma il maestro gli da la forma; imperò non si da la lode al manouale, ma all’architetto. Ma in questo caso la Donna fa l’opera perfetta; et come si suol dire, tocca il fondo d’ogni cosa, che al generare appartiene. Imperò non è il medesimo giudicio dell’uno et dell’altro. P.F. Ma che risponderete uoi signore a questo, al mio parere indissolubile, argomento ch’io ui apparecchio? Voi sapete pure, che le Donne non sono fatte dalla natura per primo fine, ma accade, che mancando ella nell’opera sua, uiene a errare la Donna, doue l’intento suo era di fare il maschio. Il che manifestamente dimostra il rispetto grande, c’hanno le Donne di hauerla fatta femina. FR. Oltra quello che io ui ho gia risposto in questo caso, ui

 

Fol. 45v

rispondo di nuouo et dico; che questo è al tutto falso; anzi la natura mancando poche uolte, se cosi fosse, dourebbe fare piu maschi che Femine: altramente ne seguirebbe ch’ella fosse imperfettissima, mancando il piu delle uolte dal suo principale intento. Bisogna adunque dire, che si come e si trouarono piu huomini, che de gli altri animali, per essere piu perfetti; et piu angeli et stelle, che huomini; cosi si trouano piu Donne, considerata la loro dignità et perfettione. Et come mi ricorda d’hauerui gia detto, se pare, che la Donna si contristino del parto d’una Femina, nasce da quella tirannia, ch’elle hanno permesso a gli huomini di pigliarsi sopra di loro; il che non so s’io me lo attribuisca alla modestia et humanità delle Donne, o piu tosto alla insolentia et arroganza de gli huomini. MV. Se stesse a me, la chiamerei semplicità della Femina. F.R. Onde non si dolgono, perche ella sia Femina; ma perche non ueggono ch’ella habbia ad hereditare et signoreggiare, si come fanno i maschi, usurpatori piu tosto delle ragioni altrui, che institutori et auttori di giuste leggi. Benche ne anco sia uero la Donna dolersi d’hauere una Femina partorito per la imperfettione: anzi le piace. Et che cio sia il uero, i maschi poi che alquanto sono cresciuti, si cacciano come zingani a procacciarsi il uiuere: le Femine si ritengono a casa con gran cura, come quelle, che assai piu si stimano et apprezzano. P.F. Anzi i maschi si mandano fuora come piu accorti et piu ingegnosi, et le Femine che non haurebbono modo da guadagnarsi il uiuere, se non per dishoneste uie, si ritengono in casa: non che queste ci siano piu care di quelli. FR. E’ cosa dunque

 

Fol. 46r

piu nobile la Donna, che non è l’huomo: et al generare concorre come cagione attiua, et piu perfettamente del maschio. Et se ben prima genera, non è però manco perfetta, come di sopra fu arguito. Perche non sempre le prime cose, sono manco nobili; ma allhora si, quando solamente son prime, et non sono cagione di qualche cosa; come si uede il cielo essere prima dell’huomo, et Dio prima del cielo: et non per questo è Iddio da meno, et il cielo manco nobile dell’huomo. Se adunque la Donna è prima, quanto all’operare, è ancho piu degna, essendo il generare operatione: et nell’opera chi è primo, merita piu lode. Onde il fine per essere fra tutte le cose la prima cagione, a tutte è anteposto. Però non rimane a gli auersarii alcuna cosa, che contra le Donne possano dire: se non che gran parte de dotti hanno tenuto il contrario. Ma ad Aristotele sofficientemente è stato risposto di sopra: et si mostrò che’l meschino fece ben la penitenza di questo errore, cio è d’hauere uoluto tenere contra le Donne, essendosi lasciato da una Donna caualcare, et porre in bocca il morso, et la sella adosso. Solomone anchora, ilquale in molti luoghi loda grandemente, et con ragione le Donne, se mai le biasmò, ne fu ben gastigato; poi che per  ubidir loro fece tutte quelle cose, che Iddio gli hauea prohibito. P.F. Di qui potete uedere, come santa cosa elle sono: poi ch’elle conducono con inganni et lusinghe i suoi piu affettionati amanti et seruitori a far cosa, che tanto a Iddio dispiace, come è la Idolatria. Or non sarebbe egli meglio esser nimici loro, che per ottener l’amor d’esse; perderla gratia d’Iddio. MV. Meglio sarebbe ancho a non

 

 

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peccar mai: ma la cagione di questi graui inconuenienti non sono le Donne, ma il nostro sfrenato et troppo licentioso senso, il quale ci tira a operar male. Si come ne anco il uino, che imbriaca gli huomini, non è cagione de gli scandoli, che gli huomini intemperati tutto di fanno: ne al ferro si dee dare la colpa de gli homicidii et delle crudeltà, che gli huomini scelerati commettono. FR. San Thomaso è da scusarsi, perche uenne in tal frenesia, per hauer deliberato d’esser loro capital nimico, per hauer il paradiso: et perciò insino col fuoco le cacciaua della camera. Et fra Gieronimo Sauonarola, per hauerne detto tanto male, fu come ei meritaua publicamente abbrusciato. Et de gli antichi Orpheo da loro fu lapidato: Hippolito miseramente lacerato: Demosthene pati del suo dirne male la debita penitenza. Stesicoro poeta per hauer uituperato la bellezza d’Helena, perdè la uista de gli occhi; ne la rihebbe prima che si riducesse. Et in somma tutti coloro, che le biasimano, come Giouanni Boccaccio, et simili, non debbono essere ascoltati: perche cio hanno fatto per odio, et per lo non hauere elleno uoluto a loro dishonesti desiderii acconsentire. Ma le persone di ragione l’hanno sempre honorate et riuerite, et come loro signore et padrone tenute. Il che io giudicando essere obligato a tutti gli huomini comune, per non mancare del mio particolar debito, ho detto queste poche parole in difesa loro, come segno della mia seruitù uerso tutte, et massimamente d’una singolare et diuinissima Donna: la quale io sopra tutte le persone meritamente honorando et hauendo cara, uorrei molto piu di quello che l’altra ho

 

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fatto, saper commendare. Ma giudicando questo honoratissimo desiderio a me impossibile ad essequirsi, per il mio poco ingegno: et non uolendo con barca troppo debile mettermi a solcare il grande et uasto mare delle celesti  uirtu  sue, per hora mi rimarrò di passar piu oltra: contento di quel poco ch’io u’ho saputo dire. Il quale quando ad altro non giouasse, si potrebbe egli per auentura talmente operare, che’l signor Pierfrancesco nostro pensando meglio sopra le cose per me dette, et considerando che molte et molto piu sottili ragioni per altri si sarebbono potute dire: se non diuenterà lor seruitore, et diuoto, si rimarrà almeno d’odiarle a torto, et di far palese professione di nimico loro. Il che quando pur fosse assai bene mi parrebbe d’hauere impiegato la mia fatica d’hoggi, con la quale hauessi acquistato un nuouo amico alle Donne: et non mi pentirei, come hora mi pento d’hauer tenuto occupato con tanto suo disagio ad ascoltarmi inutilmente tanti signori, troppo cortesi et amoreuoli in uero; poi che hanno potuto et uoluto sostenere si lunga a noia di parole. VIO. Di quel ch’io m’habbia patito, testimonio ne sono io a me stesso: che di uero il diletto ch’io m’ho preso d’udirui ragionare di suggetto tanto a me grato, m’ha fatto parere queste hore breuissime, et ueramente hauere ali. MV. Et io ui uoglio dire; che tanto desiderio m’è nato, in ascoltando il uostro dottissimo ragionamento, di ragionarui della medesima materia; che se l’hora non fosse hoggimai tarda, et questi signori non fossero non pur satii, ma stanchi di tanta nobiltà et di tanta perfettione di Donne; io mi piglierei sicurtà della cortesia

 

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uostra; et uorrei renderui il cambio di farmiui udire ragionare buona pezza in simile argomento. Ma non mi pare di farlo, compassione hauendo piu al Signor Pierfrancesco, che a uoi il quale non m’hauendo offeso giamai ne in parole ne in fatti, credo che si recherebbe a grande ingiuria uedersi tormentato dalla satietà di questo a lui tanto noioso argomento. Del Signor Grasso, et di uoi Signora Violante, potrei promettermi ogni cosa; et massimamente in casa uostra: doue da uoi mi sarebbe perdonata ogni ingiuria, ch’io ui potessi fare; tale et tanta è la modestia et humanità che hauete. P.F. Et di me anchora potete renderui certissimo, ch’io mi disporrò a douerui ascoltare piu che uolentieri; si perche io udirò ragionare un mio amico, ch’io tanto stimo et honoro. Et so che udendoui non potrò se non diuentar migliore. Perche, inquanto a me, ue ne prego, et so anchora, che’l Signor Francesco haurà caro che altri ragioni sopra quella materia, che tanto gli diletta; uago forse anco d’imparare alcuna cosa di nuouo da uoi in si nobil suggetto. MV. Io non intendo di ragionare di cose nuoue a nessuno, quanto meno al Signor Grasso, che tutto cio puo hauere in molti luoghi letto: ma bene ho pensato aggiungere alcuna altra cosa a quel che s’è detto. Il che credo, che al Signor Francesco non debba parer graue; essendo certo, che io a questo raccontare mi metto, non gia perche egli sofficientemente non habbia fauellato in honore et difesa delle Donne; ma solo per farlo maggiormente rallegrare ueggendo, che altri fauorisca et difenda una

 

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medesima openione. Il che suole tuttauia essere di gran diletto cagione a chi è affettionato a una causa, et maggiormente dignissima di fauore, come questa è, della quale s’è preso a ragionare. FR. Nel uero, Signor Mutio, che di cio u’ho io a sentire obligo grande, cosi per il piacere, ch’io prouo a udire si grata materia, come perch’io mi conosco hauer lasciato di molte cose adietro, che si sarebbono potute dire per chi hauesse hauuto comodità di pensarui, ch’a me non è stata concessa dalla occasione. La qual cosa nondimeno mi reputo a gran uentura: perche io non so bene, quando ancho hauessi hauuto tempo da pensarui, quel che m’hauessi saputo dire et di piu et di meglio. Et non ho dubbio alcuno, che di migliori et piu fondate ragioni si potrebbono addurre a prouare la nobiltà delle Donne. Perche presuntione sarebbe credersi, ch’ogni mediocre ingegno, non che il uostro singolare et sublime intelletto, non potesse sostenere questa si giusta impresa. P.F. Se il Signor Mutio non uorrà replicare il medesimo, c’hoggi hauete uoi detto, io giudicio, ch’egli haurà poco che dire: et però non che mi sia noia udirlo, infino hora ne lo prego caldamente. MV. Se non ch’io spero di dare un poco d’aiuto alla mia debil memoria, col pensare che farò questa notte; et ch’io pur ueggio, ch’alcuni di questi Signori incominciano hauer sonno; io darei principio fino hora. Ma per l’uno et l’altro rispetto non ui dispiacerà ch’io indugi a domandasera, riducendosi in questo medesimo luogo un poco piu per tempo, c’hoggi non habbiam fatto. VIO. Et noi siamo contenti, pregandoui che non ui facciate aspettare.

 

IL FINE DEL PRIMO LIBRO.