La nobiltà delle donne Book 2

by Lodovico Domenichi

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Title: La nobiltà delle donne
Author: Domenichi, Lodovico (1515–1564)
Date of publication: 1552
Edition transcribed: (Venice: Gabriel Giolito di Ferrari, 1552)
Source of edition: Google Books. < https://books.google.ca/books/about/La_nobilt%C3%A0_delle_donne.html?id=seRQAAAAcAAJ&redir_esc=y >
Transcribed by: Tanya Ludovico, Marco Piana and Cassandra Marsillo, McGill University 2017.
Transcription conventions: This is a semi-diplomatic edition that seeks to reproduce as many features of the original text as possible. All abbreviations have been resolved, yet no other orthographic rendering has been made. Some notable mistakes have been kept and flagged with a [sic] tag. “V”s and “u”s are as they appear in the original text.
Status: Completed and corrected, version 1.0, March 2017.

 

Produced as part of Equality and superiority in Renaissance and Early Modern pro-woman treatises, a project funded by the Social Sciences and Humanities Research Council of Canada.

 

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SECONDO LIBRO

 

Fol. 48v

IL SECONDO LIBRO

DELLA NOBILTA DELLE

DONNE DI M. LODOVICO DO

MENICHI, DOVE

RAGIONANO

IL SIG. MVTIO GIVSTINOP. IL

S.CONTE FILIPPO TORNIELLO,

IL S.PIERFRAN. VISCONTE,

LA SIG.VIOLANTE BEN

TIVOGLIA, E’L S.

LVCIO COTTA,

 

Infiniti in ogni età ueramente sono stati, et hoggi piu che mai sono quegli huomini, i quali amano errare, et ostinatamente con tutte le loro forze difendere quella openione, ch’essi hanno un tempo abbracciato: che senza alcun contrasto cio che costantissimamente si tiene uoler ricercar. Onde quei pochi, che in tutti i tempi sono stati reputati et buoni et saui, s’hanno poi modestamente comportato d’esser tassati et ripresi dintorno a cio che difficilmente, et con animo altiero sopportano color, i quali quasi che inuecchiati in corte loro determinate opinioni, et astretti da quella necessità si lasciano ridurre per cagion di contesa a sostenere anchora quelle

 

Fol. 49r

cose, lequali essi non sogliono approuare. Et è sempre stata di tanto potere questa pessima piu tosto corruttela, che usanza; che gli huomini hanno tenuto per fermo cio che ueggono essere giudicato per uero da colui, a cui prestano fede. Et come quei che di poco giudicio sono stati, nel disputare hanno piu uolentieri uoluto abbracciare l’auttorità d’altrui, che cercare i fondamenti della ragione senza risguardo hauere, che a coloro iquali uogliono imparare, suole molte uolte essere di gran danno cagione l’auttorità di quelle persone, lequali fanno professione d’insegnare. Percioche lasciandosi a guisa di ciechi guidar per mano, contentandosi et fidandosi di quel che giudicano gli altri; spesso si rimangono di darne essi il proprio forse migliore et piu sano giudicio. Perche non soglio io gran fatto lodare quel che si ritroua scritto de i discepoli di Pithagora; i quali dicesi, che quando alcuna cosa disputando uoleuano affermare, essendo loro domandato della ragione, perche cio fosse uero, usauano semplicemente rispondere; il maestro l’ha detto. Onde noi non dobbiamo marauigliarci punto, se una openione solo una uolta presa, difficilmente si lascia. Percioche male ageuole è molto mutar l’animo, et in un subito suegliare quel che tanto ostinatamente è passato in costume et usanza. Questo piu uolte fra me medesimo considerando io, et ueggendo che due rispetti sogliono grandemente commouere gli huomini a prestar fede ad alcuna cosa: cio sono la somiglianza et l’essempio; conciosia cosa ch’essi pensano molto spesso, che con ragion si faccia quel che si fa con essempio; non contento di quel poco che in honor delle

 

Fol. 49v

Donne nell’altro libro ho scritto, giudicai che douesse esser bene questo altro esso aggiungerui, affine di persuadere meglio il uero con l’auttorità di tanti huomini degni di fede, et come si suol dire, d’ogni eccettione maggiori. Et poi ch’egli è pur certo, che le genti si muouono dalla fama, et dal giudicio della moltitudine a riputare honesto quel che da molti è lodato; perche non debb’io stimare, ch’assai piu debba ualere la ragione, che’l parere del uulgo? Et cio tanto maggiormente quanto piu fondata et gagliarda è l’openione di quattro huomini buoni, che di tutta a la moltitudine ignorante. Vedesi, ch’a persuadere cosa non è di possanza maggiore, che la dignità: et che i ragionamenti sostenuti dalla riputatione et maesta de gli huomini nobili et dotti, pare che in non so che modo apportino con esso loro grauità, et giudicio. Perche uolendo io per quel poco, che possono le forze del mio ingegno, sostenere come ho fatto nel primo, in questi altri libri anchora l’eccellenza del sesso Donnesco; parendomi che le cose gia dette non debbano bastare a chi pure è inchinato a dir male; racconterò breuemente quelle lode, che il seguente giorno furono recitate dal Signor Mutio Iustinopolitano alla presenza di quei medesimi Illustrissimi personaggi, che la sera inanzi haueano et ragionato, e udito ragionare. Venuti adunque l’altra sera un poco piu per tempo, si come quegli che con grandissimo desiderio aspettauano che quell’hora uenisse, i medesimi Signori nell’istesso luogo, per ascoltare quel che il Signor Mutio haueua diliberato ragionare; poi che tutti si furono accomodati a sedere a luoghi loro, fattosi un poco di

 

Fol. 50r

silentio prima, ogniun riuolse gli occhi di Signor Mutio, aspettando ch’egli desse principio al suo ragionamento. Il quale poi che fu stato alquanto sopra di se pensoso, et due et tre uolte leuando gli occhi in altro s’hebbe risguardato intorno, con piaceuole et riposata maniera cosi cominciò a fauellare. MVTIO. Hauendo io, Signori miei, a ragionare stasera difusamente in lode delle Donne, et essendo certo per quel ch’io ho gia potuto uedere, che in questa honoratissima compagnia ci sono alcuni huomini di grandissima auttorita et ualore, iquali di contraria openione sono a quel ch’io intendo sostenere; io non so come tutto dentro a me stesso mi sento star l’animo sospeso, il core mi manca, la uoce mi trema, la memoria si smarrisce, et finalmente tutti miei sentimenti quasi da strano et nuouo assalto impauriti s’arrestano nell’ufficio loro. Il che ueggendo io poco meno ch’io non mi penta d’hauerui tanto promesso: et se cosi mi fosse lecito et degno di scusa mancarui della promessa mia, si come mi è stato facil molto offerirmiui, sallo Iddio quanto uolentieri mi rimarrei d’entrare in cosi graue impresa. Ma poi ch’io pure tanto inanzi sono scorso, ch’adietro non posso ritornare se non con perdita dell’honor mio, et con dispiacer uostro; farò animo a me stesso, et penserò di sodisfare come io potrò il meglio all’aspettation uostra. Confidandomi non tanto nel ualor mio, ch’è per se assai poco et debil cosa, quanto nella sufficienza et integrità di uoi humanissimi Signori; i quali se non tutti, la maggior parte almeno credo che siate consorti dell’openion mia. Et benche io non ci uegga il Clarissimo Signor Francesco Grasso; il quale

 

Fol. 50v

per hauer hiersera ualorosissimamente difeso questa parte, so che non mi mancherebbe di fauore ne d’aiuto; non dimeno ueggendoci l’Illustrissima Signora Violante, son certo che ella con esso meco concorrerà a difendere la sua causa. La presenza della quale non pure spauenterà gli auersarii nostri, ma anchora crescerà a me forza et ardire. Doue meglio pensando, cacciata tutta la paura e’l sospetto, che dianzi m’occupaua; sento in suo luogo entrarmi nell’animo uigore, memoria, dispositione, et intelletto. La lingua, che teste s’intricaua nelle parole, hora spiega i concetti suoi chiari: la uoce, che mi tremaua, si rincora et si rinfranca: e’l core stordito, ritorna in se stesso: et tutto mi sento sopra di me medesimo inalzato, et fatto maggiore, parendomi tuttauia hauere presente et inanzi a gli occhi un chiarissimo è insolito splendore di lume celeste.  Dall’altra parte mi pare uedere, o nobilissime Donne, i nostri nemici comuni smariti d’animo et abbattuti; di tanto potere l’aura del fauor uostro, et la luce della uerità, nellaquale essi non possono fisare gli occhi de i loro intelletti. CONTE PHILIPPO. Io non so, Signor se questo luogo, doue pure per pigliarsi qualche honesto piacere hoggi ci siamo ridotti; ricerchi che noi, come se philosophi o dottori fossimo, dobbiamo attendere a dispute et contese; essendo massimamente qui buona parte di noi, ch’altra professione che di lettere habbiamo per le mani. Et queste Donne anchora credo, che siano meco d’un medesimo parere; lequali benche habbiano lasciato la Sposa, et l’altra piu lieta brigata attendere alle danze, non sono però uenute qui per starsi chete, quasi che

 

 

Fol. 51r

piangerro alcun parente morto, ma per pigliarsi anch’elle qualche honesto piacere, et come si conuiene alla solennità d’allegrissime nozze. Ne so pensare anchora, che alcuno di uoi uenendo qui s’habbia recato seco i suoi piu graui pensieri, anzi mi gioua di credere di no; ueggendo pure, che tutti giouani et poco maninconosi sete. Perche o noi a i balli et alle danze con gli altri ritorniamo; o tutti meco qualche honesto et liberal giuoco incominciamo, per passare lietamente queste hore della notte, che lunga essendo lunghissima et troppo noiosa ci parrebbe senza alcun diporto. PIERFRANCESCO. In quanto a me s’io non hauessi creduto d’hauer maggior piacere qui, ch’io non haueua in andare su et giu danzando, senza un proposito al mondo; ben mi poteua io stare assai comodamente insieme con gli altri a fare delle usate pazzie. Ma poi che piu il sauio accorgimento della Illustrissima Signora Violante, et di uoi altri Signori, piu che’l mio discorso qui m’ha pur condotto; io per me conuengo col parere di lei, et de gli altri insieme, i quali piu di me sanno. Et poi che pure il Signor Mutio qui promisse di douer lodare le Donne, et elle contente d’esser lodate et lusingate la sua promessa accettarono: per Dio non si leui loro questa lode; che cio sarebbe un farsele perpetue nimiche, et per minima cosa. Et quando pure ci increscerà udir lodarle, non ci mancherà occasione hor uno hora altro di noi, di frametterci, et fare un poco di contrapunto, accioche la musica piu uaga ci riesca. Senza che la Signora Violante, et queste altre Signore non deuranno hauer per male, che s’oda ragionare et confutare in un medesimo

 

Fol. 51V

tempo quel che meritamente si potrebbe dire in biasimo loro. VIOLANTE. Non crediate però, che le Donne u’habbiano d’hauere obligo, perche le uituperiate; che prendereste errore; credendoui di riportar premio facendo ingiuria altrui. Ma bene uostro ufficio et del Conte Philippo sarebbe piu tosto aiutare il Signor Mutio doue n’hauesse bisogno; che d’opporuigli et interromperlo nel corso del suo ragionamento. PHI. Non dubitate, Signora, che cosi ualente difensore hauete; che non ha bisogno di nostro aiuto; anzi hauro caro, che noi di molte cose gli diciamo contra, per mostrar meglio il suo ingegno, quanto il contrasto che si gli farà sarà maggiore. MV. Signor Conte, io non ui uoglio gia esser tenuto di queste lodi, che con ironia mi date; ma non però mi uoglio spauentare, perche oltra uno auersario c’haueuano le Donne, io ne uega stasera a loro et a me accresciuto un’altro. Ben sarà di tanta forza il uero, che quello che non potrò io solo, alcuno di questi gentili huomini torrà meco a difendere et sostenere: et per auentura un di questi sarà il Signor Lucio Cotta: il quale per professione è tenuto a farlo. LVCIO. Io mi contentaua di star ad ascoltare cosi nobil disputa: et era certo, si come io sono tuttauia, ch’a uoi in cio non facesse mistiero aiuto ne consiglio, si come quello che sproueduto anchora; quanto meglio hauendo hauuto spatio di prouederui et armarui; bastereste a ragionare apieno di qual si uoglia cosa. Perche non ui curate del mio silentio, poiche hauete in fauore la uerità che parla per uoi, et le Donne, che u’inspirano le parole e i concetti. VIO. Signor Lucio per l’obligo c’ha-

 

Fol. 52r

uete et per li prieghi nostri, che di piu u’aggiungiamo, non potrete mancare d’apparecchiaui al bisogno: di che n’aspetterete lode et guiderdone. LV. Meco sono poco necessari i prieghi: perche a me basta esser certo di poter seruir le Donne, et che la mia seruitu sia loro grata. Et cio mi fa si ardito, che per loro tenetrei ogni difficile impresa. MV. Perch’io non ueggio conchiudersi nulla, e’l tempo scorre indarno; per non ragionare tuttauia a uoto, facciasi questo ragionamento delle Donne, ch’io ho proposto di fare, in modo di qualche bella disputa, come si suole usare la doue huomini scientiati, et Donne ualorose sono: et cosi se ne potra trarre non minore utile, che diletto. P.F. Di gratia non entriamo hora nella grauità philosophica, o nella licenza poetica; se ben qui sete dell’una et l’altra spetie huomini: accioche queste Donne, et io n’habbiamo anchora noi la nostra parte. VIO. Parmi che’l Signor Pierfrancesco dica bene: però se pure s’ha a disputare, ragionisi di maniera ch’ancho noi n’intendiamo; iquali non siamo stati a studio a Padoua ne a Bologna: et se s’hanno a lodar le Donne, odansi le lode loro per bocca di uoi huomini; accioch’elle acquistino maggior fede al uero, che per noi non farebbono; et i biasmi anchora con futinsi dal saper uostro. MV. Non piaccia a Dio, che huomini gentili, si come questi Signori sono, pensino mai, non che ardiscano dire cosa, laquale torni in uituperio delle Donne. LV. Egli si par bene, che uoi particolar notitia non habbiate delle qualità loro. MV. Io confesso di non hauermi alleuato in casa alcuno di uoi; perche io habbia a conoscere i costumi uostri: ne anco feci

 

Fol. 52V

mai professione di phisionomista, ond’io debba conoscere l’intentione altrui. Ma per quel ch’io posso far congiettura, non è da credere, che tutti non siate seruitori et affettionati alle Donne. VIO. Di uero, che cosi si deurebbe fare giudicio di ciascuno, il quale habbia uolto d’huomo: ma non gia cosi, come uoi ui credete: perche molti di quegli huomini ueramente ingrati sono, iquali fanno professione di seruir Donne et di caualleria; et nel secreto del cor loro l’odiano a morte; come n’è alla presenza alcuno, che si sta cheto, quasi che non fosse desso; et ben m’ode, et intende. PHI. Gia non sono io tale, Signora, perche io non dica nulla. VIO. Et chi n’accusa hora, se non la conscienza uostra; laquale u’ha fatto hora rispondere, senza ch’alcuno ui domandasse, ne hauesse tal sospetto di uoi. LV. Signor Conte Philippo, bene è qui chi ui conosce a pieno: et se fosse lecito dire il uero, uoi non sareste incolpato a torto. PHI. Io non credo essere tenuto per nemico delle Donne, et massimamente da queste che qui sono. Che se bene uoi altri inuidiosi mi uoleste apporre questo falso, non però teme delle calonnie uostre, maggiormente hauendo io giudici non sospetti, LV. A punto quando a loro stesse darne sentenza, son certo che uoi n’andreste condannato alla prima. PHI. Voi altri huomini dotti et eloquenti, per saper ben fauellare et l’usingare con dolci et ornate paroline le Donne, ui persuadete hauer la gratia loro. Ma credetelo a me, uoi ui sete molto lontani: perch’elle uogliono altro che parole, si come quelle che sauissime in questo almeno, hanno piu cari i fatti. VIO. Eccoci alle uillanie et alle ingiurie, sen-

 

Fol. 53r

za esser prouocati a cio gran cosa che questi professori d’arme precin si poco le Donne; et uogliano poi ch’elle corran dietro per brauura piu che per altro. PHI. Io Signora, amo et prezzo le Donne, quanto si conuiene a huomo. Ma questi altri Signori philosophi mostrano bene sapere alquanto piu della uirtu delle Donne, ma troppo l’amano, mal conoscendo se stessi e’l ualor loro; iquali non deurebbono però tanto essaltar le Donneet abbassar loro medesimi, che uenissero a preporre falsamente le Donne o gli huomini. MV. Quasi che gran dubbio sia, ch’elle da molto piu in tutte le cose non siano che noi non siamo. PHI. Vedite Donne un de uostri nimici, che con finte carezze cerca d’ingannarui. MV. Nimico delle Donne siete uoi, che non uolete acquistarmi al uero: et non credete che elle uagliano piu che gli huomini. Et se pure fra uoi stesso ne sete chiaro u’infingete non crederlo per inuidia c’hauete al ualor loro. PHI. Quando io fossi dinanzi a tribunal competente et giudici non sospetti, forse ui farei conoscere il contrario: ma io son contento cederui qui per molti rispetti, et massimamente per non offendere la Signora Violante in casa sua. VIO. Me non ingiuriate uoi punto a dir le ragion uostre, se non inquanto pure offendete uoi stesso abbracciando si maluagia openione. PHI. Io son certissimo di non ui far dispiacere alcuno: perche fra le molte uirtu c’hauete, onde sete degna di riuerenza, questa n’è una; che uoi uolete male a gli adulatori, si come questi Signori sono, iquali fingono di uoler preporre l’eccellenza della Donna all’huomo qui alla presenza uostra et di queste altre Signore; et in

 

Fol. 53V

assenza poi fannosi beffe di tutte uoi, et leuano i brani del fatto uostro: et so che ui diletta d’ascoltare anzi il uero a danno uostro, che la menzogna che ui lodasse. Senza che uoi medesima, per quel che gia mi ricorda da hauerui udito dire, hauete oppenione, che ogni Donna per sua natura a sia uera serua dell’huomo; soggiungendo che in questa tale uostra seruitu è posto tutto il bene et la felicità uostra. LV. Lasciamo andare quel che per sua natural modestia la Signora Violante habbia talhora mostrato di tenere, forse per non dispiacere a uoi altri troppo desiderosi delle proprie lodi; et uegnamo al punto della uerità non per auanti intesa o conosciuta da ognuno, et molto meno da uoi, se cosi credete, come mostrate di tenere. Io ui uoglio prouare, se da questa nobilissima compagnia mi sarà dato benigna udienza; di che ne la prego molto, che le Donne per lo piu sono di maggiore eccellenza, che gli huomini non sono. Et uoglio che per sua cortesia il Signor Mutio ui conceda ua uolta l’ufficio et luogo suo, ilquale è di lodare et difendere le Donne, come egli troppo ben sa fare. Et sarà contento perdonarmi, se io gli farò questa ingiuria di presente, per oppormi alle calonnie uostre, et per mostrarui il uero.

  1. L’ufficio e’l luogo non è meno uostro che mio; et ogni uolta che lodate et difendete le Donne, sempre fate il debito uostro. Perche a me non fate ingiuria alcuna: che anzi ho caro d’udirui, che ragionare io, si come quello, che in questo assai meno di gran lunga mi conosco ualere, che nell’altro non faccio. Accingeteui dunque animosamente a si nobile impresa: et doue et quando haurete bisogno

 

Fol. 54r

d’aiuto, che non credo che debba auenir mai; io quel poco ch’io so et posso u’offero tutto et dono in seruigio delle donne. PHI. Dunque io solo et ignorante haurò da disputare con due et tanto letterati huomini? Ma che dico io con due? Anzi con tutta questa brigata, laquale di gia mi par uedere congiuratami contra, et apparechiata ogni qualità d’armi per offendermi, non altramente che s’io mi fossi un nuouo Orfeo? Gia non piaccia a Dio, che cosi folle et temeriario mi facciare reputare, ch’io ardisca oppormi disarmato et solo, a tanti et cosi pronti et bene armati guerrieri. Però sia meglio ch’essendo anchora intero et saluo l’honor mio, io mi ritragga in sicuro; et entri in mezzo chi uuole al pericolo di questa si ostinata battaglia. VIO. Non habbiate paura, Signor Conte Philippo, che in questa mischia non ha da correr sangue: oltra che si animoso et ualente ui ueggio, ch’io so che non temerete l’incontro di nessuno. Non dubitate dunque d’apparecchiarui alla difesa, et ad offendere anchora con quelle armi che so c’hauete alla mano. PHI. Quando la uostra giustitia m’assecuri il campo, ragionando come soldato, e mi da il core d’entrare coraggiosamente in isteccato: anchora che io douessi ragioneuolmente dubitare che non siate per dar fauore all’auersario mio, combattendo egli ha querela uostra. Non dimeno io ui conosco tanto amare il uero et la ragione; che non comporterete che mi sia fatta ingiuria. Entri adunque il Signor Lucio solo: che il debito non uuole ch’io combatta a un tempo con due guerrieri. MV. Io per me ho carissimo d’ascoltare: et u’assicuro di lasciarui un nimico solo, ma bene armato et forte: talche

 

Fol. 54V

non sia poco a poterui di difendere da lui, non che dobbiate hauere speranza di atterrarlo et uincerlo. LV. Dunque m’abbandonate uoi, Signor Mutio, in cosi gran bisogno et estremo pericolo? Sallo Iddio s’io mi fossi posto a tale impresa senza speranza dell’aiuto uostro. Ma se ben uoi mi mancate, gia non mi mancherà l’aiuto e’l fauore di queste sauie et ualorose Donne; lequali di lontano almeno mi daranno animo, et farannomi ardito, difendendo io la causa loro. Dellaqual cosa quantunque molti inanzi di me n’habbiano ragionato, non però l’hanno trattato, come se uera la credessero; si come io spero di douer fare. Quelli ne scrissero et ragionarono per cagione di trastullo et di diporto, uolendo far conoscere al mondo l’accutezza de gli intelletti loro, nel potere copiosamente trattar cosa, al giudicio loro humile et abietta; non altramente che gia si facessero coloro, iquali le lodi della Mosca, della Quartana, dell’esser Caluo, et della Ingiustitia scrissero; et a tempi nostri la peste, gli orinali, et le anguille. Io ueramente non per mostrar sottigliezza d’ingegno, che in me non è; ne per uia di giuoco, benche principalmente siamo qui ragunati per cagion di diporto; ma sol per disiderio di ritrouare et ritrouata dimostrare la uerità, cosa molto conueneuole et debita alla profession mia, farò uedere piu chiaro assai che’l sole, cio che si lungamente n’è stato celato, o per meglio dire coperto dalla malitia e inuidia de gli huomini: et cio fia, che’l sesso Feminile sia di maggior nobilità, eccellenza, et perfettione, che non è il maschile. Ma perche non ho io hora l’eloquenza di tutti i piu famosi oratori antichi et

 

Fol. 55r

moderni? o perche non mi siede hora a quella Pitho dea della persuasione, sulle labra? Benche hauendo io a parlare di cosa tanto apertamente alle Donne ragionerò semplicemente, per esser meglio inteso da loro: e in tre modi mostrerò l’intention mia. Primamente da gli instromenti dell’anima, iquali senza dubbio alcuno sono nelle Donne piu che ne gli huomini eccellenti; poi dalle operationi, lequali deriuano dalla ragione; Vltimamente dal testimonio de gli huomini istessi, poi ch’eglino non pur conoscono, ma confessano anchora d’essere alle femine inferiori. Però uolendo io con philosophiche ragioni decidere et prouare la presente quistione, necessario è che io usi parole a i Philosophi et proprie et famigliari, non gonfie, ne abbellite secondo il costume de gli oratori, mentre essi uogliono o difendere causa ingiusta, o persuadere al popolo quel che in se non è honesto. Et piu tosto attenderò al dire la uerità, che al modo come ella dir si ebba: ne anco seguiterò l’usanza d’alcuni, iquali proponendo prima gli argomenti degli auersari loro, quegli s’ingegnano inanzi ogni altra cosa di gittare a terra; et poi si come il meglio possono et sanno fondano et stabiliscono le lor ragioni. Percioche io ueggio ben, che non sono nelle scuole tra Philosophi et studienti, ma nelle camere fra persone quantunque nobilissime, nondimeno poco essercitate ne gli studi et fra le dispute. Conciosia che per quello, che fin qui m’è paruto uedere, il maggiore auersario delle Donne non s’è mostrato anchora del mio Signor Pierfrancesco: anzi nessuno altro s’ha fatto conoscere fin’hora, ne credo che per l’auenire discoprire se ne debba.

 

Fol. 55v

Perche hauendo io da combattere con si debol nimico, come io lo reputo in questo, oltra ch’io studierò sempre di essere breue, assai mi credo douer fare semplicemente trattando la causa delle Donne, et le loro perfette lodi nudamente manifestando: la onde poi chiaro si potrà uedere false essere tutte le obiettioni, che il uulgo loro oppone. P.F. Io sono entrato per amor uostro in un gran sospetto; perche uoi ben sapete, che chi ama molto, teme assai: onde amandoui io infinitamente per le uirtu  uostre, dubito che altri per auentura non si creda, che uoi siate perciò fatto nimico al sesso uirile: o uero che scemando la nobilissima conditione de gli huomini, col biasmo altrui, anzi pure il uostro proprio non ui uogliate procaccia gloria et honore. LV. Io non mi diffido però, che l’uno et l’altro tosto non ui paia falso, se uorrete por mente alle cose, le quali io m’apparechio a dirui, quanto potrò piu breuemente. Ben ui ringratio dell’amore, che mi portate, lo quale ui fa sospetto hauere anchora, la doue non ui bisogna temere: ilche è segno d’animo amantissimo. Ma io darò talmente le debite lodi alle Donne, et in si fatto modo concederò loro i meritati et conueneuoli honori, che non perciò gli huomini (quegli intendo, che sono degni d’esser chiamati huomini) rimarranno di me ne del mio dire mal sodisfati. Et tale, piacendo a Dio, sarà l’incominciamento del mio saldo proposito. VIO. Di gratia, Signor Lucio, hauendo uoi a lodare le Donne, siate contento ragionare di maniera, che le Donne u’intendano, cio è con parole chiare et conuenienti al luogo et alla materia. Percioche questi Signori nostri nimici troppo haurebbono

 

Fol. 56r

caro che nessuna di noi intendesse ne potesse imparare gli honori, che uoi sete per darci, si perche l’odio che naturalmente essi ci portano, non lo comporta; si ancho perche non hanno caro, che noi gli impariamo, per poterci sempre ad ogni uoglia loro tenerci basse et abiette. Et quando pure usate parole graui et termini esquisiti, rendeteui securo, che ne io ne queste altre gentildonne non ue ne terremo uno obligo al mondo, come se non haueste ragionato: anzi ue ne uorremo male di questo tempo, che ci hauerete fatto logorare in darno; che noi piu piaceuolmente hauremmo forse speso o danzando, o qualche honesto giuoco, si come s’usa la doue Donne sono, facendo. LV. Hauendoui promesso di parlar senza ornamento et senza cerimonie, mi sforzerò di farmiui intendere da tutte. Et quando pure la materia di ch’io parlo, mi sforzasse usare qualche uocabolo abstruso o aspro, non ui sia graue domandarmene la dichiaratione; perch’io haurò molto caro di sodisfar uoi, prendendosi questa fatica per debito, et per amor uostro. P.F. Bastaua dire, per piacere alle Donne, ch’assai era chiaro che cio si faceua per amore: perche quel debito u’è stato, a mio giudicio, poco men che souerchio. LV. A uoi non tocca giudicare sopra cio ne dar sentenza. Basta che doue ui sentite offeso, u’è dato luogo di richiamarui, et di usar le uostre ragioni. VIO. Non prolungate piu il uostro principio. LV. Essendo cosa certa, che tutta la  uirtu cosi degli huomini, come ancho delle Donne, consiste nell’animo et nel corpo, uedesi chiaramente gli animi loro esser fatti dalla natura egualmente perfetti: talche naturalmente parlando

 

Fol. 56v

fra l’animo della Donna et quel dell’huomo, non si conosce differenza alcuna. P.F. Aristotile uostro non è gia di questo parere; il qual tiene, che le Femine siano poco differenti dalle bestie: et Maometto non uolle che le Donne hauessero anima: et che morendo auenisse di loro quello apunto che de gli altri animali senza ragione auiene; cioè che l’anima loro muoia insieme col corpo. LV. Ad Aristotile di qui a un poco risponderò io, et lo farò mutare d’oppenione. Di Maometto non è da curar poco ne molto: perch’egli mette tante altre sciocchezze in quel suo Alcorano; che non è marauiglia s’aggiunse questa al cumolo dell’altre. Et so che uoi, benche me l’habbiate allegato, non tenete con lui: che sarebbe impietà credere simil cosa d’un gentil huomo sauio, come uoi sete. Non toccherò qui, come impertinente, quella sottile disputatione, et da Theologi Parigini tanto sottilmente uentilata, cio è, se l’anima di GIESV CHRISTO Saluator nostro, fosse piu perfetta di quella di Giuda Scariotto; laqual cosa molti ostinatamente difendono. Se fra le Donne et gli huomini adunque ui sarà differenza alcuna di eccellenza o di perfettione, ella non diriuerà dall’animo, il quale in tutti è una medesima cosa; ma solo dalle operationi, le quali deriuano da gli instromenti del corpo. La onde quanto piu perfetti saranno detti instromenti, sempre tanto migliori diremo che siano le operationi. VIO. I predicatori su i pergami sogliono a noi Donniciuole proporre qualche essempio, per darci meglio a intendere quello, di ch’essi ragionano. Però tenete questo stile anchor uoi, se non uolete che si domandiamo poco sodisfatte da

 

Fol. 57r

uoi. LV. Io son contento: et ecco ch’io ui propongo uno essempio. Sono qui due scrittori eccellenti, egualmente nell’arte dello scriuere perfetti, non crederemo noi, che ragioneuolmente debba meglio scriuere quel di lor due che haurà miglior penna? VIO. Colui che ha piu eccellenti instromenti, uerisimile è, che meglio esserciti l’arte sua. LV. Cosi anchora, quando ci fosse domandato, quale di due piu eccellente sia la Donna, o l’huomo? Questa domanda sarebbe ne piu ne meno, come se ci fosse chiesto, chi di loro habbia migliori instromenti; per mezzo de i quali si possono essequire le attioni dell’animo. P.F. Io non haueua auertito nel uostro ragionamento, che uoi proponete sempre le Donne a gli huomini: doue mi par uedere che uoi mi fate ingiuria: et io non posso star cheto, essendo qui come procuratore et difensore de gli huomini, acciò che col mio silentio non uenissi a pregiudicare alle ragioni de principali miei. Però mentre che pende anchora la lite fra noi, non mi si faccia cosi graue torto. Altramente ad ogni passo sarò per interporre una appellatione, et chiamerommi aggrauato. LV. Io non intendo di disputar lite hora; perche io l’ho gia per decisa et terminata: et la sentenza è gia passata in giudicato: però non hauete uoi onde dolerui a ragione. Et se pure ui pare essere aggrauato, per rendere par pari, usate anchora uoi di proporre gli huomini, doue ui torna bene: et saremo eguali. Perche la differenza nostra non consiste nel credere di noi due soli. Et Dio uolesse che come uoi dite, haueste uoi il mandato de gli huomini; accioche hauendo a uincere io, come son certo di douer

 

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uincere, uoi perdeste la causa de gli huomini; onde per l’auenire essi hauessero a rimanersi della tirannia, la quale ingiustamente per tanto tempo s’hanno uendicato sopra le pouere Donne. Ma per tornare al mio primo lauoro; ogni uolta ch’io ui mostrerò, che le Donne generalmente posseggano migliori instromenti, non sarà egli di necessità, che gli huomini si confessino uinti, et di perfettione cedano il primo luogo alle Donne? P.F. Forse che cio potrebbe parere, che bastasse a chi non sapesse addurre cosa alcuna all’incontro: ma io son d’oppenione che non cosi di leggiero, ne senza sangue habbiate a rimanere superiore di questo abbattimento. LV. Gli instromenti dell’animo sono di due maniere; alcuni sono chiamati semplici, et alcuni organici. Semplici sono gli spiriti; et organici le membra del corpo. Ora io uo piu inanzi, et dico, che tutto il corpo, il quale noi siamo usati di chiamare organo dell’anima, o uero organico instromento, si puo considerare anch’egli in due modi; o per la figura istessa, o per la sua complessione. Bisogna adunque, che dalla uarietà delle sopradette cose nasca tutta la differenza, la quale essere si uede nelle operationi et de gli huomini, et delle Donne: si come anco dalla detta uarietà procede, che alcuni piu saui, et similmente piu stolti siano. Io per hora non fauellerò punto di questa differenza, ma solo di quella, la quale fra questi due sessi si truoua; accioche chiaramente possiate uedere, quale di lor due meritamente preferito esser debba. VIO. Io dubito molto, che questo uostro ragionamento non ci riesca troppo oscuro, cosi sottili et ingeniose sono quelle cose, che trattate: le quali benche

 

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di Donne trattino, non però cose da ingegni Donnesche sono. MV. La materia presente ricerca queste et maggiori sottilità: però non u’incresca udire; che nel processo del suo ragionare, egli scenderà bene a cose piu chiare et piaceuoli: si che le Donne anchora n’hauranno la parte loro. PHI. Pensate quel, che deurà parerne a me, poi che le lode, che gli date, uengono a noia alle Donne istesse, et non possono hauer patientia d’ascoltare. MV. Egli non ui uerrà fatto, Signor Conte Philippo, il disegno uostro con l’interromperlo si spesso hor uno hor’altro: che le Donne hauranno carissimo d’udirlo fauellare, et alla fine gliene hauranno obligo. Però seguiti. LV. Et conciosia cosa che fauellando noi della figura delle membra, non ui si troui discrepantia alcuna, la quale manifestar ci possa, qual sesso habbia in se maggiore eccellenza; ueggendosi del continuo capi di figura buona et cettiua: di maniera che da nessuna uiril figura non si potrà mai raccorre, se le Donne o gli huomini siano superiori. Io non ho mai ritrouato alcuno, che argomentar uolesse perfettione, percioche il capo dell’huomo hauesse amendue le tempie schiacciate et compresse, et quella della Donna fosse rotondo, et talhora acuto. La onde ogniuno sol fare questo argomento, perche la complessione dell’huomo è calda et fredda, et quella della Donna fredda et humida. Volendo io adunque, che il corpo organico sia instromento dell’animo, et che in due modi considerar si possa, cio è, quanto alla figura, et etiandio quanto alla temperatura; io u’ho gia dimostrato, che quanto alla figura, non ui è differenza alcuna. Restami hora considerare

 

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se per auentura fosse difformità nella complessione. P.F. Voi uorrete anco negare le cose manifeste al senso, cio è, che nella figura dell’huomo et della Donna non sia differenza; uoi mostrate ben d’hauer ueduto poche Femine ignude, se cosi credete. VIO. Che non si passi i termini dell’honesto. LV. Et però lasciando di rispondere alle burle del Signor Pierfrancesco, dico; che quattro sono le temperature de corpi humani, benche molti n’habbiamo posto noue; ma questo per hora non m’importa nulla: le quali denominate sono dalla colera, dal sangue, dal flegma, et dalla maninconia. Et quantunque queste complessioni siano comuni cosi a i maschi, come alle nostre Femine; ritrouandosi ciascuno complessionato in modo, che in alcuni signoreggia il sangue, in alcuni padroneggi la colera, in altri predomini il flegma, et in altri preuaglia la maninconia; pur fu sempre parere de piu saui, che la temperatura calda et secca a gli huomini conuenisse, et la complession flegmatica fosse propria delle Donne. Et benche da questa openione discordasse Hippocrate, io non uoglio però che l’auttorità di cosi grande huomo in questo mi fauorisca punto; ma sempre intendo d’approuar per uere le opinioni de saui. P.F. Questa uostra disputa di complessioni et d’humori parmi lontana molto dalla profession uostra di leggi et di ragione: nellaquale oltre che non so come sarete ben creduto, non hauendo a giudicare il calzolaio piu che la pianella, si come è in prouerbio; dubito ch’ella non faccia anco assai poco et male al proposito uostro: perche in seruigio di uoi; che pur mi sete amico, anchora che di diuerso parere; u’ho quasi che compassione

 

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ueggendoui consumar tempio indarno: il che forse non fareste quando uoleste lasciar le cime de gli alberi, et discendere un poco piu basso, per farui meglio intendere non pure a me, che huomo naturale et rozo sono, ma a queste signore anchora, che pur Donne sono: le quali parmi uedere che stiano appiccate per la gola; non osando imporui silentio, perche pure ui sete uantato combatter in difesa loro: ne anco conoscono bene la qualità dell’armi, c’hauete preso in mano. LV. Tosto uedrete, se questo mio discorso da medico sarà proposito o no: et s’io haurò hauuto tempo oltra lo studio delle leggi imparare anchora alcuna altra cosa, che mi torni ad honore. Perche non uoglio ringratiare cotesta uostra finta carità; ueggendo che ella ui fa parlare, perche io non continui, o mi scordi, maggiormente essendo io qui uenuto sprouisto; ch’assai mi deurebbe scusare. Et so che queste gentildonne la loro molta cortesia et gentilezza, non pure hora ch’io ragiono in difesa di esse, ma quando io fauellassi di ciascuna altra benche impertinente materia, degnerebbono benignamente ascoltarmi. Il che non mostrate gia uoi di fare, si impatiente sete: anchora ch’io u’habbia scusato, per l’instituto uostro, tanto lontano da medicine et empiastri. Ma non u’incresca ascoltarmi, senon per mio rispetto; che ben so di non meritare tanto fauore, che un par uostro m’ascolti, almeno per amore di questa ualorosa compagnia; la quale meco insieme ue ne prega, benche potesse comandarui. P.F. Et io ne son molto ben contento et per merito uostro, et per rispetto loro; accioche elle, si come quelle che mezzo adirate son meco non facessero

 

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uista di credere, che io facessi ciò, perche mi noiasse l’udir parlare delle grandezze loro, continuate dunque al piacer uostro. LV. Concedo adunque et molto uolentieri, che flegmatica sia la complession Feminile. Concedo parimente, il che è di maggiore importanza, che la temparatura calda et secca (si come è salda oppenione della maggior parte de philosophi) spiriti uie migliori, et alla intelligentia piu disposti produca; et assai piu benigni costumi faccia, di quel che far si possa ciascuna altra complessione: il che fu anco parere di Aristotele ne’ problemi suoi, si come giudicano molti. P.F. Se uoi mi confessate, che la complession calda et secca sia propria de gli huomini; et che ella generi spiriti migliori, et alla intelligenza piu accomodati; et molto piu benigni costumi di qual si uoglia altra complessione: io lascierò la cura a uoi di conchiudere l’argomento, et da uoi stesso darui sentenza diffinitiua contra le Donne et uoi, et in fauore de gli huomini, et della maggiore perfettione et nobiltà loro. LV. Quanto piu ui parrà ch’io u’habbia conceduto, tanto piu mi ui uedrete poi torre: et fia maggiore allhora la perdita e’l dispiacere, che perciò ne sentirete. Però lasciate ch’io segua appresso. Sarà adunque manifesta cosa, non mai per altra cagione auenire, che l’una complessione si senta piu dell’altra all’intendere atta, saluo che per lo producere de gli spiriti piu caldi et piu secchi: et essendo gli spiriti dell’animo instromenti non organici, ma semplici, di qui uiene che ogni differenza di perfettione, che fra questi due si scorga et comprenda, non procede dall’animo: il quale, si come habbiamo gia detto, egualmente

 

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è perfetto nell’uno et nell’altro; ma da gli instromenti, che nelle sue operationi egli è solito usare. Et che cio sia uero, non ueggiamo noi l’animo nostro riuolgersi hora alla bonta, et hora alla malitia, secondo che la temperatura è buona o maluagia? Perche di tutto cio c’ho dette tre cose si conchiudono: primieramente che la differenza che fra l’huomo et la Donna si comprende, nell’essere l’uno piu d’altro perfetto, uenga dalla complessione et non da altro. Dopo questo, che la complessione calda et secca sia propria et conueniente a gli huomini, et la flegmatica delle Donne. Et ultimamente, che quella complessione, doue la colera signoreggia, produca spiriti meglio all’intendere et all’operare disposti. Lequali cose per uerissime ammettendole, ageuolmente altri potrebbe credersi, si come dianzi hauete fatto uoi Singor Pierfrancesco, che gli huomini di perfettione et eccellenza di gran lunga auanzassero le Donne. Ma io nel processo del mio ragionare non solamente non conchiuderò questo, ma dimostrerò l’opposito: doue supplico la molta cortesia uostra, che con animo attento ascoltarmi uoglia, sperando io di farui facilmente uedere quanto fin’hora ingannato si sia non pure questo nostro, Donne, commune nimico, ma chiunque ha per lo passato creduto altramente di quello, c’hora cerco io persuaderui. VIO. Voi douete esser certo che tutti noi di buonissima uoglia siamo per ascoltari. LV. Consideraremo adunque con diligenza non tanto, che bontà seco porti la calda et secca complessione, ma similmente la malignità, ch’ella seco ne tragga: la qual cosa da nessuno altro penso che piu  sia stata auertita.

 

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P.F. Il mio maestro mi soleua auertire, ch’a uoler fare gli auditori attenti, si debbe promettere ragionar loro di cose nuoue et grandi. LV. Signore, uoi u’hauete ben conseruato nella memoria i precetti dell’arte del dire. Vogliono i saui phisici, et tengono per cosa molto chara, che le temperature calde et secche generino appetiti piu ardenti, et uoglie piu di qualunque altra temperatura infiammate et accese. Or di questi appetiti, che commouere sogliono i sensi, et ueggonsi essere capitalissimi nimici della ragione, cercando tirannescamente di sottoporre all’imperio loro, sarà il ragionamento mio. Io non penso che alcuno cosi fuor del senno si possa ritrouare, che ardisca affermare essere buona la moltitudine de gli appetiti: ma crederò ben, che ogniuno apertamente confessi, che mala cosa sia. Però consideriamo un poco quale di queste due cose sia piu eccellente et migliore, la bontà de gli spiriti, la quale nasce dalla conplessione calda et secca, o la malitia et gran quantità degli appetiti: et cio tanto sarà ne piu ne meno, come se si ricercasse, quale sia piu, il bene, o il male, che in se contiene questa tal conplessione. Et acciò che questo meglio si conosca, è parimente di necessità che si rifugga alla bilancia de i sensi; la qual parmi la piu certa misura che imaginare si possa. Contemplinsi un poco tutti gli huomini, che di tal modo qualificati sono; contemplinsi dico sani, ricchi, et in dignita et grandezza posti, et chiaramente uedrassi quanto poco si diano alla  uirtu et alla cognitione delle honeste arti. P.F. Voi ui fate troppo da lungi a uoler prouare l’intention uostra: perche di questi tali molti si danno anchora a gli studi et alle buone…

 

Fol. 61r

lettere; et forse maggiore è il numero di questi che de gli altri. LV. Chiaro è che il feruore di questa conplessione gli fa disordonati et intemperanti. Se dunque per lo piu, questi si danno a i diletti et piaceri carnali, ch’all’opere lodate et uirtuose, non sarà mai da dubitare, che tal qualità non habbia in se piu di male che di bene, specialmente mostrandogli la ragione essere la uia della uirtu  solamente seguitare. Veramente è cosa manifesta et chiara, che in simili qualità l’appetito signoreggia la ragione, et in ogni modo cerca farsela soggetta; et soggiogato che se l’habbia ne diuenta tirano; et insieme con lo spirito di quella temperatura, che naturalmente ottimo si suol uedere, faccia et produca pessime operationi. Per la qual cosa facendo maggior danno in cotal temperatura la prontezza et ardor de gli appetiti, che non fa utile la bontà de gli spiriti; deurassi per lo contrario meritamente dire, che la complession flegmatica a questa dirittamente opposta sia: la quale, si come tutti confessano, contiene in se et pochi et molto debili appetiti, benche per contrapeso anchora habbia spiriti men perfetti. Et si come nella calda complessione maggior detrimento si uede nella prontezza de gli appetiti, che utilità nella perfettione de gli spiriti: cosi in quest’altra fredda la poca quantità de gli appetiti, che non sarà detrimento nella tarda prontezza de gli spiriti. Questo medesimo anchora con una altra gagliardissima ragione ui confermo. Tutti i saui confessano esser naturalmente ne gli huomini et nelle donne gli animi, come gia piu uolte ho detto, egualmente perfetti; et quella complessione, nella quale

 

Fol. 61V

predomina la colera, et la quale io u’ho detto, et è chiaro, essere propria de gli huomini, essere grandemente inclinata a gli appetiti: la onde quella delle Donne, per essere flegmatica, ha gli appetiti et debili et pochi. Perche senza dubbio alcuno ne segue, che la ragione habbia maggior uigore et possanza nelle donne, che ne gli huomini: oltre che essendo in amendue l’anima con eguali  uirtu  perfetta, chiara cosa parer deue a chi sanamente guardar uuole, che nelle femine sia il nimico di maggiore impotentia, essendo in quelle minor copia di appetiti. Et se generalmente parlando gli huomini in sino dalla fanciullezza ubidenti sono a i sensi, et contumaci alla ragione; come potemo mai sperare di uedergli giunti alla uecchiezza da tal seruitù liberi? P.F. Vedesi tutto di per proua coloro, che disordinati fanciulli et giouani sono stati, quando diuentan uecchi farsi regolati et continenti. MV. Trouasi per ordinario che gli huomini diuentano costumati et buoni, quando il uitio abandona loro, et non essi il uitio: perche si come il primo è solito, cosi il secondo è tanto difficile, che tien quasi dell’impossibile. LV. Et massimamente perche da quella usanza, che fatto hanno di seruire a gli strani desiderij, nasce et generasi in loro un certo habito maligno; il quale accompagnandosi et facendo lega con gli usati appetiti, troppo crudel nimico della ragione diuenta. Certo è, che se l’huomo nel primerio assalto con un sol uitio combattendo, si facilmente s’arrende, et si lascia far prigione, ch’egli ragioneuolmente non potrà hauere speranza di potersi liberare da due potentissimi tiranni, si come sono l’appetito et l’animo…

 

Fol. 62v

corrotto fatto compagno di esso. et similmente chiaro, che la maggior parte de gli huomini (e dicendo io maggior parte se ne fa una regola ferma, dalla quale se ne leuano alcune ma poche fallentie) non solamente mai non raffrena gli appetiti, ma piu tosto con ogni studio si sforza et si diletta di aumentargli, et di farsi loro tuttauia piu schiauo et piu soggetto. Però essendo il senso grandissimo auersario et nimico della ragione, rade uolte auerrà ch’ella preuelare possa in colui, che si gli fa ubidiente. P.F. Mi negherete uoi, che quegli huomini, i quali per la loro calda temperatura naturalmente sono a i uitij inclinati, mettendo il freno alle strane uoglie, et ubidienti alla ragione diuentando, non si facciano sopra tutti glialtri eccellenti, o maschi, o femine che siano? LV. Questi tali in picciolissimo numero essendo, non possono perciò fare che la mia conclusione uerissima non sia. Di questa qualità fu Socrate, al quale furono apposti molti uitij et difetti da Zopiro, il quale faceua professione di conoscere la natura di ciascuno dalla phisionomia, cio è dalla forma et lineament[?]i del uolto: perche egli ne fu beffato da tutti coloro ch’erano quiui presenti, perche per essi sapeuano, che Socrate non era infame di quei peccati: ma Socrate lo consolò tutto, affermando che ueramente quei segni erano in lui da natura, ma ch’esso gli haueua cacciato con la ragione. La onde affermerò io sempre costantissimamente, le donne per lo piu seguitar l’intelletto et la ragione; et gli huomini il senso et i loro dishonesti appetiti. A questa ragione ue n’aggiungo un’altra, non meno possente; per la quale mostrerò la complession calda et

 

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secca hauere non so che d’imperfettione: perche essendo ella calda, maggior bisogno anchora ha di nutrimento: et quanto piu copioso sarà il nutrimento, tanto ne risulterà maggior abondanza de uapori; i quali, salendo poi (come è il costume loro) al ceruello et a i luoghi superiori, et rimescolandosi con gli spiriti, di grauissimo impedimento sono, et guastano i buoni instromenti dell’animo. Et questo per esperienza et con facilità si comprende, perche dopo il mangiare non siamo tanto ben disposti ne alle facende ne alle contemplationi dello intelletto, quanto erauamo inanzi che pigliassimo il cibo. Benche adunque questa uiril complessione generi migliori spiriti, che non produce la feminile, ella però crea molti piu uapori: non richiedendo la temperatura fredda tanto cibo, ne tanto beueraggio per sostegno suo. Et cio tutto’l giorno ueggiamo nelle donne, che di si poco pasto sono. PHI. Meglio haureste detto, che ci paiono: percioche elle, che mangiano sempre, mai non hanno fame. VIO. Lingua presta al dir male. P.F. La uerità non sarà mai tenuta male. MV. Lasciatelo dire, Signora: che il suo dire in questo è d’assai poca auttorità, militando il uero et la ragione per noi. LV. Imperò conchiudiamo, che la complessione calda et secca, bench ella habbia in se questo di bene, ch’ella sia producitrice de migliori spiriti, habbia pero seco due grandi mali, et possenti a impedire la ragione, et soggiogarla in modo, ch’ella sforzata sia a torcersi bruttamente dal diritto sentiero della uirtu: et i mali sono questi, uehementia d’appetiti, et abondanza di uapori; i quali di necessità sorgono dal molto mangiare

 

Fol. 63r

e immoderato bere. hora non si ritrouando ne l’un ne l’altro di questi due mali nelle donne, ne seguiterà questa chiara conclusione; che in quanto si appartiene a gli instromenti dell’animo, le femine molto piu temperate che i maschi siano: et cio non è altro che dire, se non che le femine seguano solo quel che la ragione et l’intelletto loro dimostrano; et gli huomini uadano dietro a cio che il senso et l’appetito li mette auanti. Ne quest’altro anchora mi passerò di leggiero; che la complession sanguigna, cio è calda et humida, la quale anzi a gli huomini, che alle donne appartiene, poca dignità lor rechi. Conciosia che per il testimonio d’Hippocrate questa tal complessione fa gli huomini et pazzi et troppo pronti al riso. P.F. Voi hauete conchiuso, non so in che modo, che la complessione calda et secca sia propria de gli huomini, et parimente la temperatura calda et humida sia loro conueniente; et n’hauete fatto certa regola, come se non fosse chi di cio dubitasse, e ogniuno l’hauesse per uangelo. Pure chi ue lo hauesse negato, u’haurebbe dato fatica, et forse gran fatica di prouarlo. Io non son loico: però non mi metto a disputarla con esso uoi: pur ui dico, che delle donne anchora possono molte hauere complessione simile a quella de gli huomini, et conseguentemente patir quei tanti difetti, i quali uoi tanto assolutamente, et fuor di ragione tutti imputate a gli huomini. Onde non fia se non bene, ch’essendo uoi giurista, tegniate la bilancia in mano, et a ciascuno diate quel ch’è suo. LV. S’io hauessi aggrauato gli huomini di souerchio, allhora si che uoi haureste qualche ragion di dolerui; ma insino ad hora non

 

Fol. 63v

m’hauete udito biasimar gli huomini, ne anco lodare le donne. P.F. Quasi che le comparationi non siano tutte odiose. LV. Et pure me le bisogna adoprare: scusatemi dunque per l’impresa c’ho alle mani. Certo è, che quando noi diciamo l’appetito signoreggiar ne gli huomini, egli è ne piu ne meno, come se noi dicessimo, che ne gli huomini signoreggiasse uno acerbo nimico della ragione, et una troppo bestial passione. Accostandosi dunque gli huomini assai piu che le donne non fanno alla natura delle bestie, chi sarà colui tanto ignorante, il quale liberamente non confessi le donne essere molto piu de gli huomini perfette? Certo ch’io mi creda nessuno, saluo chi piu che irragioneuole non fosse; tal che egli la forza et la potenza della ragione non potesse intendere. Vdito hauete, nobilissimi auditori, la differenza de gl’instromenti dell’animo, cosi de gli huomini, come delle donne: hora ui parlerò delle operationi, ouero attioni, come gia fin da principio u’ho promesso parlare, nella seconda mia propositione. Dico adunque, che non essendo le ragioni di ualore alcuno, quantunque acute et ingeniose paiono; s’elle fanno contesa al senso et alla esperienza, giudico ben fatto che si discenda al senso et a quelle cose, che di continuo ci sono inanzi a gli occhi: quantunque l’inuecchiata openione, che le donne di gran lunga siano a gli huomini inferiori, non ci lasci cosi facilmente conoscere et abbracciare il uero. Per questa cagione, intendo io particolarmente dimostrarui le operationi delle uirtu, et farui uedere, che le donne sono in diuerse uirtu molto piu di noi eccellenti. P.F. et in tutti i uitÿ anchora sono superiori a gli huomini.

 

Fol. 64v

VIO. Non l’interrompete, inuidioso. LV. Et cosi non sarà dubbio alcuno, che nelle femine la ragione non sia piu gagliarda all’operare. Et per far principio dalla fortezza, la quale specialmente gli huomini. Si uogliono usurpare; dicoui che se della fortezza del corpo, con la quale tirannescamente noi ci sottomettemmo le donne, uogliamo ragionare; ella non ha in se tanto di dignità ne di lode, che perciò chiunque piu ne partecipa, debba essere estimato piu nobile. Perciò che con questa ragione si uerrebbe tosto a conchiudere, che i buoi ei i caualli, per essere piu forti et piu robusti, fossero ancho piu nobili, che gli huomini non sono. Ma se uogliamo intendere di quella uera fortezza, ch’appresso Arstotele tiene il primo luogo fra le  uirtu morali; certa cosa è, che cosi rari sono gli huomini forti, che non che in fortezza preferire si possano alle donne, ma non meritano pure d’essere chiamati ne huomini ne forti. PHI. Miseri et infelici huomini, a che mani siete hoggi uoi condotti. Et che non puo il desiderio di piacere, et l’adulatione ne gli huomini saui anchora, i quali si lasciano ridurre ad affermare et persuadere altrui cosa, che essi nell’animo loro non pure non credono, ma ne anco posson far credere altrui. Ma seguite: ch’io non intendo di uoi; il quale queste parole non dite, come da uoi, che sete professore di ragione; ma le deuete hauere imparate da qualche Sophista: et cosi oggi ui sete immascherato in tale habito: tal che non sete piu quel desso, che dianzi erauate. LV. Mi sarebbe caro essermi trasformato in un altro, mentre che io fossi migliorato, et hauessi apparato alcuna cosa: et cio medesimamente deurebbe…

 

Fol. 64r

parere anco a uoi, se m’amate, come mi gioua di credere. Non ueggiamo noi, c’hoggidi i soldati non essercitano piu l’arte della militia per honorare ne per gloria, come gli antichi et ueri soldati usauano di fare? Non però dico, che tutti cio facciano, benche pochi ne cauo fuori, i quali guidar non si lascino o da ambitione, o dal guadagno, o dal commandamento de i Principi loro; et non perche la fortezza paia loro uirtu diuina. Nella qual cosa se l’occasione si offerisce alle donne, non haurei dubbio giamai, ch’elle non facessero il medesimo. Ma che diremo noi di quella fortezza d’animo, per la quale si soffrono tante miserie et tante angoscie si patono; et per mezzo della quale i piu brutti et dishonesti desideii si mettono a freno? Non penso che faccia bisogno, che in questo luogo io ui riuolga uarie historie, ne che io discorra diuerse prouincie; poi che non ci è si picciol borgo, doue non si trouino molte donne; le quali patientemente sopportino le maluagità et i duri costumi de mariti loro. Taccio di dirui quante pudicissime donne in ogni lato si ritrouino; et nessuno huomo, che si contenti pure dei dolcissimi abbracciamenti della sola consorte. PHI. Troppo ingiuriate gli huomini a dire, che niuno si troui continente. VIO. Anzi passa egli molto asciutto nelle lode delle donne, et là doue elleno di maggior comendatione son degne. LV. La temperanza benche all’uno et l’altro sesso conuegna, è però propria et principalissima loda delle Donne. Percioche dalla temperanza ne uiene bella et lodeuole compagnia di uirtu, cio è uergogna, modestia, astinenza, honestà, sobrietà, et pudicitia: delle quale se pure una sola ne manca

 

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alla Donna; ogni altra sua  uirtu ne resta macchiata, et corrotta in maniera, che tutta l’acqua del Po non basterebbe a lauarla. Ma che ella delle dette uirtu  maggior copia habbia che l’huomo non ha, facilmente si proua; mettendo per ferma openione quel che è tenuto communemente da ogniuno; cioè che naturalmente la Donna piu lasciua et piu desiderosa de carnali con giungimenti sia; et nondimeno con maggior costanza uince i concupiscibili desiderii; et quasi infinito numero di Donne si ritrouano, che contente di uno huomo senza piu, a gli ultimi anni dell’età loro peruenute sono: doue rarissimi sono gli huomini tali; anzi non è alcuno, che uenendo l’occasione, uolentieri non faccia proua, se piu dolci et piu saporiti sono i baci dell’altrui, che della propria Donna. Et è tanto cresciuta la perfidia et malitia de mariti; che se pure alcuno in tanto numero è forse continente (il che si puo chiamar coruo bianco, et cigno nero) che simili cose non ricerchi, è da gli altri stimato uno sciocco et da poco. MV. Questa rara  uirtu  fra le altre infinite, che lo fanno risplendere, adorna l’animo dell’inuitissimo Signor COSMO Duca di Fiorenza; il quale in tanta licenza di peccare, quanta porta seco il principato, l’età giouenile, et la bellezza del corpo; continentissimo s’è conseruato sempre et tuttauia si mantiene: talche ne gli occhi di quella loquacissima et occulatissima città di Fiorenza, non è chi possa ragioneuolmente riprendere in lui non che adulterii ne stupri, ma ne anco un minimo sguardo men che honesto et lasciuo. VIO. Di cio testimonio puo farne il Signor Pierfrancesco. P.F. Et di questa et di molte

 

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altre sue uirtuose conditioni, le quali ogni di piu lo fanno caro a Dio, et amato dal mondo. LV. Perche Aristotele conoscendo il loro habito et mala usanza, gli auuertisce che dalle strane Femine si debbano guardare. Et però tale auiso non fa alle Donne, si come quel che ben sapeua che loro non ne faceua bisogno: quantunque i licentiosi poeti abbiano, che alcuna non c’è, la qual neghi, pur ch’ella sia richiesta, et la comodità di farlo le sia. Ma lasciamogli abbaiare quanto gli piace; che perche alcune poche state siano, le quali i desideri loro non hanno uoluto superare, ma lasciatosi facilmente uincere da quegli; non mi si toglie però, che infinito non sia il numero di quelle, che mirabili effetti di continenza hanno dimostrato, et mostrano tuttauia di giorno in giorno. Et da queste proue si conosce la uirtu, la quale nelle cose difficili consiste. Ma s’egli è uero cio che diceua Heraclito, che assai maggior fatica sia far resistenza al piacere, che all’ira; quanto comendar si deurebbono quelle Donne, le quali non la lontananza de mariti, non i pessimi costumi di quelli, non finalmente i conceputi et giusti sdegni hanno potuto indurre a mancare della promessa fede? Di questi tali piene sono l’antiche et le moderne historie: et il nostro Thoscano et leggiadrissimo poeta M. Froncesco Petrarcha ne ritrouò quantità grandissima, per honorarne il triompho della castità, la doue pochissimo è il numero de gli huomini continenti et casti. Perciò uolendo i giudiciosissimi Romani consacrare il tempio della Pudicitia, elessero a cio fare una Femina conoscendo maggiore honestà et continenza nel loro sesso. MV. Et cio pare bene, che Iddio habbia uoluto dimostrare…

 

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quando dopo la creatione del nostro primo padre Adamo, disse; facciamo uno aiuto all’huomo, cio è alla sua inconstanza. P.F. Dite la cosa com’ella sta, ne la uogliate tirare con le funi, la doue ella non arriua, cioè al proposito uostro. A me pare che il testo dica; faciamus adiutorium simile sibi; il che uuol dire uno aiuto simile a lui; la doue egli non uiene a inferire maggiore continenza nella Donna, che nell’huomo; ma si bene parità et simiglianza. MV. Cotesta similitudine s’intende nella dispositione del corpo, non nelle qualità dell’animo le quali nella Donna molto piu perfette senza dubbio alcuno et piu nobili sono. Et ben disse, aduitorium: perche l’huomo senza l’aiuto della Donna uerrebbe ad essere nulla. P.F. Bello aiuto, per Dio, ch’ella gli diede in capo dalle fini, a fargli perdere la gratia d’Iddio. Ma lasciamo andar questo; onde uiene, che nessuno punisce gli huomini adulteri; et le Femine colte in adulterio con seuerissima pena gastigate sono? LV. Il primo non è in tutto uero; perche gia ui fu la legge Giulia, che puniua gli adulterii; la quale s’intendeua per gli huomini anchora, i quali sollecitauano i letti d’altrui; benche hoggi ella sia fatta antica. Il secondo diriua da una pessima usanza, forse introdotta dalla moltitudine grande de gli errori. Percioche essendo rarissimi, si come habbiamo detto, quegli huomini, ch’al letto maritale non rompono la fede, è concesso, secondo il uolgarissimo detto, che quello che uien fatto da molti, non sia punito in alcuno. Ma il poco numero delle Donne, ch’attendono a simili dishonestà, è stato in causa, che quando pure alcuna per isciagura u’inciampa, che tuttol’mondo

 

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le bandisca la croce adosso, non altramente che s’ella hauesse tradito Christo; et pure ella non ha fatto altro, se non mancato di fede, a chi non glie ne seruò mai. MV. Io me ne marauiglio molto; che facendosi le leggi per quei casi, i quali occorrono spesso, secondo che dite uoi signori legislatori, la legge non sia piu tosto fatta sopra gli adulteri de gli huomini; i quali auengono alla giornata infiniti; che nel caso de gli errori delle Donne, i quali cosi di rado sogliono auenire; che non meritauano quasi che fosse loro hauuta consideratione alcuna. LV. La tirannia. P.F. Lasciate ch’io ne renda io la ragione, che ne dirò il uero. I facitori delle leggi considerando che gli huomini rade uolte sogliono mancare della lor fede promessa alle mogli; et ueggendo che questo era si di rado, che quasi era tenuto impossibile; meritamente non ui posero pena alcuna. Per lo contrario, conoscendo che la sfrenata lasciuia et dishonestà delle Donne molto bisogno hauea di correggimento et di freno, si come quella ch’era passata in grandissimo inconueniente; ui fecero quelle seuere pene, le quali uolesse Iddio che hoggi piu diligentemente fossero essequite: che assai minore sarebbe il numero delle delinquenti. LV. Ecco, Signora Violante, usarmisi forza in casa et alla presenza uostra, perche io non difenda la giustitia. Qual marauiglia è adunque, se gli huomini, che sempre insolenti furono, et piu si ualsero della ferza che della ragione, ordinarono leggi a lor modo in pregiudicio dell’honor delle innocenti et uirtuose Donne; et massimamente essendo lor lecito cio fare con la solita tirannia usurpatasi sotto colore di uolere riformare i corrotti costumi del mondo.

 

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Ma che uo io, come si dice, per tanti mendicati suffragi, cercando altro testimonio della sua temperanza et pudicitia? Come non bastiamo noi stessi a farne amplissima fede? Io credo che non si troui alcuno, in cui sia tanto o quanto di gentilezza d’animo, cui non habbia talhora Amore scaldato il petto per la uaghezza di qualche bella Donna: et non dimeno per lo piu con tutte le nostre arti et inganni, i quali usiamo loro d’armeggiare, di giostrare, d’andare ornati, di comporre rime et uersi, et con mille altri studi per acquistare la gratia loro, restiamo priui et delusi de nostri piu sconci desideri. Vedete la continenza anchora di quelle, le quali poco auenturate si possono chiamar ne mariti. percioche io conosco molti huomini, i quali lasciando le loro Donne nobili et leggiadre a casa, oue d’alcuna lorda et uituperosa ueggiono essergli fatto pure un minimo cenno, ui corrono tosto non altramente che si faccia la fiamma alle cose unte. VIO. Bella comperatione et nel uero molto a proposito hauete fatto, Signor Lucio: ma ne ancho disdiceua hauer detto; che ui uolano con quello appetito, che s’auenta l’auoltoio alla carogna. LV. Et questa molto piu mi piace, et molto piu conuiene. Non per tanto le ualorose et saggie Donne patientemente sopportano i mali trattamenti de mariti; et con animo costante le ingiurie fattegli superando, non solo non fanno (come si dice) che quale asino da in parete, tal riceua, ma con acconcio modo le sollicitudini et gli stimoli de gli amadori si leuano d’intorno: benche infinito sia il numero di coloro, i quali affine di parere piu che huomini, quando fra brigata

 

 

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di pari suoi scioperati si ritrouano o alle tauerne ubbriacchi, o a casa le maluagie Femine scostumati, dicono bugie, che mai le maggiori; uantandosi d’hauere hauuto in braccio e a suoi piaceri quando questa et quando quella, et tuttauia le piu nobile et le piu belle; allequali non hanno pur mai hauuto comodità di fauellargli, non che di toccar loro i panni: cose tutte lontanissime dal uero, e infamatrici dell’honestà et buon nome delle caste Donne. Che se ciascuna uolta, che cotai menzogne sfacciatamente ardiscono dire, fosse loro tratto un dente di bocca, gli sarebbe bisogno mangiar tuttauia cose liquide et molli. Percioche tutte le Donne non sono (come forse alcuni scioccamente estimano) cosi piegheuoli, ch’a ogni minima richiesta si rechin la, come huom uuole: benche molte nobilissime e ingeniose usino talhora con gli huomini in ridere et motteggiare qualche piaceuolezza: onde gli huomnini, che poco discorrono, si pigliano poi troppo ardire et licenza, interpretando le parole dette a lor modo, o come torna meglio in acconcio de fatti loro. Ma non però dalle cortesi et amoreuoli parole si deue fare argomento di malitia. Percioche al male operare necessario è il silentio: et questa tal domestichezza et affabilità, che in molti luoghi doue Donne sono s’usa, si come principalmente in Siena, et nelle corti de principi, non però a tutte le Donne conuiene, et come che a molte disconuenga, a quelle specialmente, secondo il mio giudicio, è disdetto, alle quali per loro humile stato et poche facultà bisogna procacciarsi il sostegno alla pouera famigliuola. P.F. Ringratiato sia Dio, che anco riprenderete le

 

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Donne di souerchio ardire. LV. Io per me non soglio lodare, se non le cose degne d’honore, et di passare in essempio. Ma per non mi allontanare piu da casa; ch’assai sono ito uagando, dico, ch’essendo la Donna piu prudente, di necessita uiene anco a conchiudersi che sia piu temperata: et però ogni uolta che qualche desiderio men che honesto ne gli animi loro si sueglia, o per la fragilità della carne, o per li continui stimoli de gli huomini, che mai non rifinano di combatterle hor con questa hor con quella machina atta a espugnare la loro inuittissima honestà; la uergogna e’l timor della infamia le si para inanzi: onde elle fra se medesime dicono; oime pazza ch’io sono, dunque uoglio io per cosi poco et breue piacere tutto l’honore gia acquistato, che piu della uita debbo apprezzare et hauer caro, arrischiare, mettere in abandono, anzi in un punto perdere? Or non sarebbe egli manco male, qualhora questo cosi graue peccato di me si risapesse, ch’io fossi morta in fasce? Ma come poss’io rendermi sicura, ch’egli non uenga a risapersi? ueramente se altri non sarà che lo ridica, colui proprio, col quale di me farò il piacer suo, nol potrà ne saprà tacere. Conciosia cosa ch’io pure ho udito fra loro usarsi un dishonesto prouerbio: ch’essi due piaceri d’una cosa sola prendono; l’uno è, quando eglino fanno di noi pouere Donne la uoglia loro: l’altro quando la ridicono, et publicamente, come d’opra uirtuosa, se ne danno uanto. Ilche  communemente tutti fanno. Queste cose adunque maturamente considerate et sauiamente deliberate mettono freno all’appetito. VIO. Troppo graue ingiuria, credo

 

Fol. 68v

 

io contra uostro uolere, fatto hauete alle Donne, dicendo, che la uergogna e’l timor della infamia ci faccia uiuere honeste, e uincere gli appetiti. Or non era egli meglio, et maggior nostro honore, se uoi questo si generoso atto haueste attribuito, come attribuir si debbe, all’amor della uirtu, al desiderio della gloria, all’odio del uitio? Certo che di questo pregio contra ragione ci hauete defraudato. Perche benche troppo ardita non l’ho uoluto tacere io, per non lasciare materia di calunnia al Signor Pierfrancesco, il quale gia mi pareua uedere leuato in superbia, et apparecchiato a dirui alcuna cosa contra in biasmo della  uirtu nostra. Onde hora egli si sta cheto uedutosi leuar l’arme di mano, et da una Donna massimamente; di che molto piu gli duole. P.F. Assai debil guerriero sarei io, se mi mancassero armi per oppugnare le diffese del Signor Lucio et uostre; ma io non le uoglio adoperare, per la compassione; che pur u’ho, di non poter sopportare uederui piangere, quando rimaneste uinte, o almeno salite in colera, et uolere usare la forza, la doue ui manca ragione. Perche quantunque io aspetti la sentenza contra da questo giudice sospetto per essere innamorato et seruitor di Donne; io però son certo di poter rifuggire al rimedio dell’appellatione; et spero richiamarmi da lui proprio a lui medesimo non innamorato: et son certissimo allhora d’hauer da lui stesso giustitia et ragione, ma ad altro tribunale diuerso da quello, oue hora egli siede. Onde non è da marauigliare, come io poca anzi nessuna difesa faccia: perche m’ho riseruato a ualermi altroue delle mie ragioni…

 

Fol. 69r

certissimo che per essere il giudice corrotto dalle lusinghe et promesse, et abbagliato dallo splendore di questi bei uolti delle donne, non sarebbe hora per ministrar giustitia. Là doue in altro luogo, et uestendosi altra persona, che sarà la sua propria, non è per mancare al suo debito, al uero, ne alle mie ragioni. MV. Male è lasciarsi uincere, con isperanza di tornare a combattere, et ricuperar l’honor suo. LV. Dell’huomo non auien cosi: perch’egli in quanti luoghi et quante uolte gli uiene occasione, non risparmia giamai, pur ch’egli possa, di correre uno arringo. Ne da cio lo ritiene uergogna, timor d’infamia, amor di uirtu, ne odio ch’egli habbia al uitio. Anzi non lo raffrena rispetto di amicitia, ne uincolo di parentato, ne debito, ne ufficio, ne in somma cosa alcuna si, ch’egli non adempia tutte le uolontà sue; anzi non si faccia incontra a tutte le occasioni. Che quando pure egli abbracciasse le comodità et le uenture, si come essi le sogliono uanamente chiamare, forse non sarebbe egli degno di tanta riprensione. VIO. Sia ringratiato Iddio, che pure ho ritrouato uno huomo che piglia la contesa per noi. P.F. Anzi hauete, Signora, ritrouato uno huomo, che meglio sa uituperar gli huomini et consequentemente se stesso, che non lodar le donne. LV. L’obligatione ch’alle donne tengo, e’l uero, m’hanno condotto a fare questo: da che non mi potranno ritrarre mille pericoli d’infamia, de iquali mi minaccia il Signor Pier Francesco: che ben ueggo io, come egli tutto fa, perch’io non passi piu auanti, dubitando non peggio gli incontri di quello che fin’hora egli ha udito. Ma egli tutto adoprerà in uano: perch’io son fermo nel

 

Fol. 69v

mio tenace proposito. Et però continuando dico; che la intemperantia, uitio peculiare de gli huomini, è cagione, che essi diuengano simili a gli animali senza ragione. Et chi è colui si ardito, che molto piu non tema del furore d’uno ubbriacco, che dell’ira di qualunque s’è piu attroce fiera? Et poi ui sarà anchora tra noi chi haurà ardimento affermare questi tali huomini, se pur sono degni di essere chiamati huomini, hauer miglior ragione in loro, che le donne non hanno. P.F. Questo ui concedo esser uero, mentre che gli huomini ubbriacchi sono, ma non gia per altro tempo. LV. Et io domando a uoi, se quando gli huomini si largamente si conducono a bere, sono ubbriacchi o pur sobrii? Se di gia sono ubariacchi, adunque sempre gli chiameremo pazzi. Se sono sobrii, come potremo noi credere, che siano di buon giudicio, per potere insegnare et gouernare altrui? Poi che allettati et spinti da cosi uano piacere, d’huomini si trasformano in bestie. Et quanti di questi tali ue ne siano, penso che persona non sia tra uoi, che chiaramente nol sappia; et allo’ncontro siano sempre rare quelle donne o nelle nostre, o nelle straniere contrade, che si tramutino in si bestial natura. Perche essendo le attioni nostre certissimi testimoni dell’animo, et ueggendo noi la maggior parte de gli huomini lasciui è incontinenti, non si uerrà egli necessariamente a conchiudere, che non essendo cosi gran diffetti nelle donne, ch’elle siano assai piu perfette in queste uirtu, che gli huomini non sono? Or dopo questo ueggiamo un poco come le donne si portino nel maneggio delle facultà: essendo la  uirtu della liberalità una certa mediocrità fra due

 

Fol. 70r

estremi uitii, che sono prodigalità et auaritia, se io per le sauie operationi loro ui farò conoscere, ch’elle non siano ne prodighe ne auare, et cosi uitiose; potrete uoi negarmi, ch’elle non debbano essere stimate liberali, et consequentemente uirtuose? Ilche confermerà pure in gran parte la nostra openione. Che generalmente elle non siano prodighe, chiaramente si uede in quelle, che per malignità del destino, de loro cari mariti restano abandonate; delle quali poche o nessuna si ritroua c’habbia dissipato le facultà da mariti lasciate; anzi con accorti et leciti modi sempre le uanno ampliando. Là onde per lo contrario a pochi huomini ui abbatterete, i quali potendo a loro uoglia maneggiar danari, in poco spatio di tempo non scialacquino quanto hanno, et sia pur molto. Et cio per altro non suole auenire, se non perche piu facilmente si lasciano auiluppare ne i lacci de dishonesti piaceri, permettendo che’l senso uinca et superi la ragione, la quale in essi è d’assai debil uigore: et cosi senza consiglio hauere essi, ne uolerne da altrui, temerariamente spargono le sustantie, il piu delle uolte con infinito sudore guadagnate et raccolte. Ditemi un poco uoi, i quali cosi pronti siete a calunniar l’eccellenza delle donne, se uero è cio che gli sciocchi huomini dicono, la ragione essere piu debile nelle femine, che ne i maschi, ond’è, ch’ella si facilmente uiene superata ne maschi? Accade poi le piu uolte, che il prodigo diuenta auaro: perche consumato che hanno le facultà loro, incontanente riuolgono l’animo agli altrui beni: onde poi nascono tanti furti celati, et ladronecci manifesti, tanti homicidi ne sorgono; che io mi uergogno solo a

 

Fol. 70v

pensarui, non che a riferirgli. Non ne ueggiamo noi tutto di infiniti per simili errori essere impesi? et certo è, che se tutti i ladri fossero impesi, che pochi ne rimarrebbono (quantunque ben forti) per far contrasto alle donne: nelle quali non si ritrouano simili errori; anzi, come amiche della giustitia, danno elle uolentieri a ciascuno quel che si gli conuiene. P.F. Se tutti i ladri uenissero puniti dalla ragione, quante donne uedremmo noi punite per inuolare, et ritenere l’altrui? quanti ne priuano elle de lor cuori, et non che ne siano gastigate, ne uengono lodate et celebrate nelle rime et ne i uersi amorosi di noi altri huomini troppo nel uero patienti et liberali. VIO. Furto non si dee domandare cio che si possiede col uolere et saputa del padrone; anzi quel che uolantariamente si dona; si come uoi altri prodighi di uostri cori fate uerso le donne. Alle quali di primo uolo fate cortese et liberal dono dell’anima et del core; come se noi sparuieri fossimo o falconi. Et tanto cortesi ne siete, che a quante ne incontrate, il medesimo dono tuttauia usate di fare, non altramente che se gran numero ne haueste, cianciatori che siete. LV. Sono oltre questo, del proprio a poueri per Dio larghe et amoreuoli donatrici; et non danno nulla a buffoni, a parasiti, ne a simil uituperio d’homini. P.F. Ne anco donano a persone letterate et uirtuose. MV. S’io credessi che uoi di questa openione foste, ui racconterei un numero grande di ualorose donne, c’hanno la uirtu  fauorito, et donato abondantissimamente a huomini letterati. Ma non tutti coloro che imbrattano le carte, meritano il titolo di uirtuosi et di letterati.

 

Fol. 71r

Perche se le donne naturalmente piu giudiciose, che gli huomini non sono, non donano a simil ciurma di adulatori et di persone uili; elle in cio sauissimamente adoperano: onde i lamenti di quei tali son uani. LV. Et non si pensi alcuno, che queste siano fauole finte da me, per piacere alle femine: potendosi cio che ne dico io, manifestamente per ogniuno uedere. Se elleno adunque non consumano il proprio, ne usurpano le altrui, ma le sostanze loro spendono accortamente ne bisogni, come ui sarà mai ragion da dubitare, che nella  uirtu  della liberalità, non auanzino gli huomini di grandissima lunga? Non debbo io dire, con quanta giustitia sogliano compartire e i comodi et gli incomodi nelle famiglie? Ma perche lo dirò io, comprendendosi chiaramente dalla concordia che ueggiamo nelle case di alcune uedeuolle, la quale si lungamente conseruar non si potrebbe, se con giustitia le cose non si amministrassero. Ma percioche la uera giustitia non si diparte dalla carità; la Donna, che di gran lunga è piu cariteuole, consequentemente è piu giusta anchora. Et noi sogliamo dire, che Iddio è giustissimo; perche di tutti i beni è datore. MV. In questa openione scriuendo M. Tullio dice, che la liberalità è parte della giustitia. P.F. S’io non ui conoscessi hauere in odio udir ragionare delle  uirtu  de gli huomini, io ui potrei dire molti piu essempi di cio ritrouati in noi altri: et di piu ui direi, che quante cortesie usarono mai le donne, son nulla poste a paragone della liberalità d’un solo Alessandro, et d’alcuni altri pochi, che ui saprei ricordare. LV. Breuemente rispondo, et dico; ch’io non chiamerò mai liberali L. Silla

 

Fol. 71v

ne Giulio Cesare, ne gli altri uiolenti principi et tiranni, quando i beni de nimici suoi dispensauano a coloro, che la loro fattione haueuano seguito, et con lo aiuto de i quali haueuano acquistato l’atto del poter donare: ma ben gli domanderò dannosi et rubatori. Percioche liberale è colui, che non l’altrui, ma il suo proprio dona. MV. Anchora che la risposta uostra, Signor Lucio, sia buona, a mio giuditio però ue n’è un’altra migliore: che parlando come Christiano, ueggendosi gli huomini usare le magnificenze loro piu tosto per pompa, et per acquistarsi nome di liberale, che per amor di uirtu, ne per zelo di giustitia: doue le donne molto piu uolentieri fanno limosina per Dio, piu accrescono gli ornamenti a i luoghi sacri; piu sono compassioneuoli nell’altrui necessità: edificano piu spedali et altri luoghi pii fatti a simil bisogni; et cio non fanno per acquistarsi gloria, ma per una natural bontà d’animo. P.F. Iddio, che uede l’intrinseco de nostri cuori, conosce egli ben questo; et uede molto bene come gli ornamenti delle chiese et l’altre cerimonie sono superflue, et piu honestamente si spenderebbono ne poueri suoi. MV. Non entriamo si adentro; che questo ragionamento richiederebbe altro luogo et altri auditori. VIO. Pare ancho a me, che la bontà, et non l’ambitione, muoua le Donne a far tante opere pie et giuste: et ho sempre ueduto coloro, che contra la giustitia fanno, i ladri, i masnadieri, et gli ucciditori delle genti esser maschi et non Femine. MV. Questo auiene, Signora, percioche la speranza che’l peccato per la forza sua debba andare senza pena, gli presta animo a peccare.

 

Fol. 72r

Il che considerando il philosopho disse; che il migliore di tutti gli altri animanti è l’huomo: et è il pessimo, all’hor che si fa alieno dalle leggi: et di uero parlò egli, come sempre suole, auedutissimamente: perche questa parola huomo, che nella nostra uolgare solo significa il maschio, nella latina et nella greca anchora comprende l’uno et l’altro sesso, cioè, il maschio et la Femina. Nel la bontà dunque intese dalla Femina, dicendo, l’huomo è il migliore di tutti gli animanti: nel uitio la escluse; quando soggiunse; ma se si fa alieno dalle leggi, et non disse aliena. LV. Che la giustitia anchora piu nelle Femine, che ne maschi sia, chiaramente si dimostra, che la giustitia si figura Donna, et non huomo: et essendosi conuenute le genti per uniuersal consentimento et usanza a far questo, uerisimile è anchora che cio sia proceduto con molta ragione. Ma che anchora di prudentia elle uincano gli huomini, dalle gia dette cose potrassi ottimamente raccorre: oltre che essendo elleno generalmente piu continenti che gli huomini; et essendo certo, che la continenza o temperenza, che la uogliamo chiamare, sia conseruatrice della prudentia; ne mai rime scolandosi la prudentia con la intemperantia, chiaro n’appare, che le femine sono piu prudenti. Dalla giustitia procedono molte uirtu; nelle quali parimente le Donne sono superiori: queste  uirtu  sono innocenza, religione, pieta, amicitia, affettione, et humanità. PHI. Tosto direte loro tante uirtu, ch’elle non basterano a portarle. LV. In compagnia di quelle uirtu, ch’io gli ho gia date, darò loro anco la prudenza; la quale non mi potrete ragioneuolmente negar uoi, ne altro huomo

 

Fol. 72v

che uiua, ch’ella non sia propria delle Donne, se non in tutto, almeno in gran parte. PHI. Et perche piu tosto, che de gli huomini? L’haurebbono elle per auentura recata seco dal uentre della madre? LV. Che è di cosi poca ingegno, che non sappia, nessuna cosa esser tanto alla prudenza contraria, quanto i subiti et furiosi auenimenti dell’ira? I quali se una uolta ne gli animi delle Donne, ne i cori degli huomini mille uolte s’accendono. MV. In questo almeno uoglio io scusare il difetto de gli huomini; che cio non è tanto loro colpa, quanto peccato della Natura; la quale maggior caldo hauendo negli huomini posto, per minor cagione anchora uengono talhora a turbarsi. Per lo contrario essendo le Donne, si come hauete gia detto uoi, di complessione piu fredda; perciò meno soggette sono a queste cosi subite et repentine turbationi; et tutte le operationi con piu riposo fanno. P.F. A me pare nascere gran dubbio; openion comune è, che la prudenza delle Femine sia nel sapersi risoluere et prendere consiglio ne subiti et improuisi auenimenti; ma che dato loro spatio da pensare et discorerui sopra l’ingegno et l’accorgimento loro sia d’assai poco ualore. Et non è dubbio alcuno che gli huomini piu naturalmente ne bisogni sanno prouedere et deliberare: ma le Donne quando incontanente non lo trouano, non sapere mai piu ritrouar remedio. LV. Questo c’hora uoi dite è contra il natural corso, il quale non puo fallire. Percioche la complession fredda suol fare persone meno tumultuose et piu quiete: et l’esser subito et precipitoso auiene per lo influsso della infiammata et sanguinosa stella di Marte; la quale sopra

 

Fol. 73r

 

le Donne non ha imperio. P.F. Hora mi negherete anchora quello, di che nessuno mai piu non hebbe dubbio. LV. Or su io son contento di concederui, che le Donne pensatamente poco o nulla uagliano: ma che impedisce ciò, che gli improuisi consigli non siano buoni, et migliori anco di quelli, sopra i quali molto si spende a pensarui? Percioche nella maggior parte delle cose non è di minore utile la uelocita et prestezza del consiglio, che’l consiglio istesso. Mentre nel senato di Roma si staua deliberando di mandare ambasciatori a Cartagine, Anniballe espugnaua Sagonto. Se alle Donne Romane fosse stato commesso la cura del consultare, piu tosto et piu sauiamente haurebbono preso partito; et forse fatto anchora quanto bisognaua all’honor loro et alla conseruatione de confederati: et la guerra, che lungo tempo tenne la misera Italia in continui pericoli et trauagli, si sarebbe terminata in Hispagna. Vedete di quanta importanza sono i subiti consigli. Vsaua dire Giulio Cesare quell’animo inuitissimo et Dio nelle battaglie, che a uolere assalire le cose grandi non u’haueua bisogno molta deliberatione: et che con uelocità le piu uolte se ne ueniua meglio a fine. Et Thucidide scriue, che le cose subite dimostrano et fanno esperienza dell’ingegno. Ne però uoglio che uoi ui crediate, che le Donne prendano i subiti consigli senza discorso; ma per la sottigliezza et bontà dell’intelletto loro uelocemente discorrono; et sanno eleggere il meglio; la qual cosa auuiene per lo hauere elle gli spiriti piu sottili, i quali tosto penetrano all’intelletto, che giudica poi quel ch’è da seguire, et quel che s’ha da lasciare. Et se pure in loro

 

Fol. 73v

è alcun freddo, che ritardar potesse il discorso in tutte le cose necessario, tanto è sottile l’ingegno e’l giudicio d’esse; che ne uiene a farsi una temperatura cosi ben condita; che non è caso si repentino et grande, al quale la donna non basti a prouedere. Come ben potrei hora per infiniti essempi dichiarare, se historie o fauole uolessi raccontarui. VIO. Deh Signor Lucio, raccontatene alcuna a noi Donne, che non habbiamo uolto i libri antichi ne moderni, et però non le sappiamo: se non io dirò che uoi fuggiate fatica, et habbiate fatto mezzo lega con gli auersari nostri; cosi di leggiere ui passate, la doue abondeuolissimamente haureste occasione di fermarui nelle lode delle Donne. LV. Io ho tante altre cose da dirui in questa materia di maggiore importanza, che poco posso perder tempo in raccontarui essempi: et sallo Iddio quanto ben uolentieri ue ne direi. VIO. Non habbiate si gran carestia di tempo, che ne uogliate difraudare de meriti nostri; che anchora è assai per tempo: et quando fosse tardi, ci sono degli altri giorni, ne i quali noi Donne et potremo et hauremo caro udirui ragionare in simil soggetto. Et quando pure questi nostri nimici u’ascoltassero mal uolentieri; non perciò ui mancheremo noi d’odienza, trattandosi la causa nostra. LV. Siate contenta ch’io segua il mio preso tenore, et della perfettion uostra generalmente ragioni: che ben soggiungerò poi di molti essempi particolari, per prouar meglio l’intention mia: et doue mancherò io, supplirà la molta cortesia et l’infinita memoria del Signor Mutio. MV. Assai sofficiente siete uoi a questa et a ogni altra maggior bisogna; non che ui faccia mistiero alcuno di mio ne d’altrui aiuto.

 

Fol. 74r

Pur per sodisfare et a queste gentildonne et a uoi non rifiuto ueruna fatica. LV. Ma per discendere piu alle particolarità della prudenza, non è egli openion comune di ogniuno; che non minor  uirtu sia il conseruar le cose acquistate, che il saper guadagnarle? Come notabilmente disse Augusto, marauigliandosi d’Alessandro Magno, che si doleua di conuenirgli stare in ocio non sapendo che si fare, quando hauesse soggiogato il mondo, so come s’haueua concetto in animo di douer tosto et facilmente fare; quasi che maggior fatica non fosse il saper tranquillamente gouernarlo, che ualorosamente uincerlo. Et pure il gouerno delle cose acquistate, et la conseruatione della casa appartiene alle Donne: et ogni di si uede, che le case uanno male, la doue non hanno le Donne il gouerno. Faccia pur l’huomo industria di mercatantia; ardisca di solcar tutti i mari et ad ogni periglio esporsi per guadagnare, et accumular robba alla crescente famiglia; ch’ogni fatica et studio è finalmente uano, se la discreta et prouida moglie non ne piglia la cura. Quante sono le case di nobili et ricchi huomini; nelle quali per non esserui gouerno di Donne, si uiue con tanto disordine; che assai piu comodamente si starebbe in qual si uoglia dishonesta tauerna? Quante per la medesima cagione uanno di male in peggio, et finalmente si riducono a nulla? Quante allo’ncontro sono le case, che sempre sono cresciute, et uanno tuttauia crescendo, per essere l’amministratione loro alle mani di Donne? Io so, che molti illustri et honorati huomini et qui et altroue sauiamente consigliati lasciano il gouerno delle cose famigliari alle mogli; et ueggiamo

 

Fol. 74v

le cose loro cosi leggiadramente pulite et ornate, che sogliano altretanti paradisi terrestri: doue le corti et i palagi solamente da huomini habitati tenuti, paiono proprio habitationi di porci; si sono lordi; et ripieni d’ogni dishonestà et sporcitia. Che u’ho io a dire de loro figliuoli? I quali deurebbono pure essere la principal cura loro: i quali le piu uolte sono giunti all’eta di diciotto et XX anni; et tra il uestir loro et quel de famigli non è appena differenza alcuna: cosi gli lasciano andare senza risguardo ueruno. Di qui potete fare argomento, quali hanno da essere nella età piu matura i costumi loro. Quindi procede, et non altronde con infamia grandissima della nobiltà, che hoggidi tanta copia si troua di giouani sciocchi et cresciuti inanzi al senno, che talhora trouandosi alla presenza d’huomini ualorosi, paiono biscie tirate all’incanto. P.F. Io non so uedere, perche uoi diciate tanto male di figliuoli alleuati da i padri, essendo uoi certo, che maggior uillania non si puo dire altrui, che figliuolo nutrito senza padre alle mani di Donna uedoua; et che questi tali alle uolte riescono uilissimi et senza costume alcun buono hauere. MV. Se il Signor Lucio si uolesse ualere de gli essempi, et massimamente di uicini et manifesti a ciascun di noi, egli facilmente ui potrebbe impor silentio: ma io giudico ch’egli habbia rispetto ad allegarui cosa, che uoi, se non per altro, per riuerenza almeno, foste costretto confessare et tacere. VIO. Per gratia cerchi de gli essempi lontani; che non gli ne mancheranno: et sia meglio assai. LV. Io non u’adduco l’essempio di molti nobilissimi signori alleuati sotto il gouerno delle sauie

 

Fol. 75r

madri: perche io uo passar piu oltra, et dico che l’accorta Donna non pure regge la casa, ma conueneuolmente anchora ueste i suoi figliuoletti; dilettandosi fargli riuerenti et costumati. P.F. Cotesta che uoi dite, è una carità finta: perche sotto apparenza di gouerno, elle s’inegnano di pigliare il dominio non pure sopra le faculta et seruenti di casa, ma soura i mariti istessi anchora. LV. Questo non è leuar loro lo scettro di mano, ma allegerirgli de pensieri et de la molestia delle fatiche. Et è ueramente sciocco colui, il quale non ha caro hauer madre, o moglie, o sorelle, o altra Donna, che fedelmente gouernando la famiglia sua, gli dia occasione di uiuere con l’animo in riposo. Qual maggior consolatione, qual piu rara uentura puo l’huomo hauere, che una discreta et amoreuole moglie, con la quale tornando a casa la sera, et partecipando i pensieri et le cure, che lo premono, tutto gli pare sgrauarsi; hauendo chi de gli affanni et molestie sue seco di pari si doglia; et chi della sua prospera fortuna parimente et forse piu di lui ne goda? P.F. Pur si trouano de huomini, i quali sogliono dire esser loro auiso, quando ritornano a casa, andare alla giustitia, o all’inferno. LV. Questo maggiormente ci mostra la maluagità loro, et non quella che è nelle Donne: percioche (si come è in prouerbio) a chi bascia due bocche, conuien che l’una puti. Ma per mostrare quanto dolce et soaue cosa sia la moglie ben nata, dico, che per altra uia piu honestamente ne meglio non si puo fuggire la solicitudine, madre di tutti gli affanni et della maninconia. Et se ci soprauiene infirmità, o altra cosa che ci porta noia, si come tutto’l giorno a chi ci

 

Fol. 75v

uiue accade, niuna persona è, di cui ci possiamo ne dobbiamo piu fidare, che della propria moglie. Ne per altro si confida in alcuno; se non perche si giudica cosi prudente, che non si lascia precipitare in errore, et si giusto, che inganno in lui non habbia luogo. Meritamente dunque nella Donna s’ha da hauere fede: la quale et di prudenza et di giustitia l’huomo auanza. Che diremo noi finalmente della piaceuolezza et sincero amore? Elle per arricchire, o per leuarsi dalla ubidienza de maggiori, non insidiano alla uita di chi gli diede l’essere et la uita; non auelenano i fratelli; non amazzano i zii, si come gli huomini fanno; de i quali pochi ne ueggiamo lagnarsi per la morte de i loro piu congiunti; anchora che certissimi siano, che per loro rispetto sopportato habbiano di molti disagi. Non cosi fanno le amoreuolissime et pietose figliuole; le quali si tosto che da questa uita all’altra ueggono trappassati i cari padri, tutte si risoluono in pianti et amari sospiri, riempieno ogni cosa di lamenti; et per tutto infinite querele spargendo, fanno testimonio della grandezza dell’interno dolore. Et chi non mouerebbono elle a compassione ueggendole abbraciare il cadauero, et di acutissime strida riempier l’aria, infinita copia di lagrime da gli occhi con larghissima uena uersando? Non si puo ueramente senza cordoglio grande risguardare si horribili et compassioneuoli spettacoli. O marauigliosa beneuolenza di grate figliuole uerso i cari padri; o singolare affettione degna di essere in ciascun luogo, et da ogniuno somma mente lodara. P.F. Per Dio, Signor Lucio, uoi non fareste male una predica del Venerdi santo: et so che

 

Fol. 76r

facil ui sarebbe trar da gli occhi a queste Doniciuole di molte lagrime; delle quali n’hanno sempre sotto l’un ciglio et l’altro a lor uoglia una abondanza grande. Ma s’elle non fossero pur finte et piene d’inganni, buon per chi gli crede. LV. Non si uidero mai per alcun tempo simili cose ne i maschi: altramente dato n’haurebbono almeno qualche espresso segno con la maniconia del uolto. Sono oltre cio le Donne di mansuetissimo ingegno: non rubano; non amazzano; non ardono l’altrui case; anzi a simili errori, quanto piu possono, fanno resistenza, cosa nel uero molto ragioneuole. Essendo adunque lor proprio di essere (come uuole Aristotele) di mansueta natura, et accostandosi a questa humana proprietà piu le Donne, che gli huomini; meritamente anchora si debbono piu mansuete chiamare: et questa mansuetudine parmi che la natura, ottimo artefice delle mondane cose habbia loro nella dolcezza della faccia scolpita: doue per lo contrario i uolti de gli huomini et de gli altri animali per molta copia di peli in uista et fieri et pieni di sdegno sono. O quanto maggior dolcezza si gusta mirando i uolti delle Donne politi tersi, et non per molto pelo toribidi et scuri. Chi potrà risguardare la gentile aria di alcuna bella Donna, che nel gratioso uolto non le uegga risplendere una infinita mansuetudine, cagione che noi malgrado nostro gli diuentiamo humilissimi serui, et per compagne le ricerchiamo? Per questa lor naturale piaceuolezza non sogliono essere a padri mentre da tenerella eta si alleuano punto moleste; il che di rado ne maschi auuiene. Et qual mi si potrà trouare, ch’al padre recato non habbia mille affanni, alla madre

 

Fol. 76v

innumerabili dolori, et alla casa moltissimi dispendi? In maniera tale, che se la conseruatione delle famiglie non dipendesse in parte da i maschi, ueramente io dubito che piu non se ne alleuerebbe alcuno. Veggendo noi dunque le Donne di ogni qualità di uirtu  ornate, meritamente il gran Poeta Ferrarese M. Lodouico Ariosto nel suo diuino poema introduce uno huomo furioso et grandemente turbato dirne male, et alla lor buona fama detrahere molte cose dicendo; le quali poi senza alcuna ragione proua, et con nessuno argomento fortifica: di maniera ch’euidentissimamente si conosce, ch’egli non si muoue per giudicio, ma per ira et disdegno contra una Donna concetto; dal quale odio alterato, tutte poi senza distintione alcuna indifferentemente morde et trafigge. Certa cosa è, che se lecito fosse dalla sceleratezza et iniquita di uno huom solo il dir poi male di tutti; che degli huomini assai piu largo campo hauremmo, che delle Donne non habbiamo. Veramente assai fu maggior fallo quel che commise Giuda Scarioto contra il Saluator nostro, che quanti ne commisero mai tutte le donne giunte insieme. P.F. Ne anco il peccato di Eua fu leggiero, hauendo causato il danno uniuersale di tutta l’humana generatione. LV. Benche Eua hauesse peccato, mentre che Andamo non hauesse trappassato il conmandamento  d’Iddio, ne l’uno ne l’altro sarebbe stato punito, ne noi in loro. Fu dunque cagione della ruina nostra la disubidienza di Adamo, et non il peccato di Eua. P.F. Se non ch’io non uoglio fare il theologo, entrerei nella sacristia, et porrei mano a di molte cose contra l’openione uostra; per uirtu delle quali harei modo da

 

Fol. 77r

conuincerui; ma io ho caro udirui ragionare di cose piu piaceuoli et probabili, che uere. LV. Se drittamente uorremo considerare l’eccellentia et natural perfettione, c’hanno le Donne, non mi sarà dubbio alcuno, che per testimonio de gli huomini istessi, come gia mi ricorda d’hauerui promesso di uoler prouare, tutto cio confermare non si possa. Mostrano primieramente i soldati de nostri tempi, quanto habbiano in poco pregio la lor uita; poi che udito il suono delle trombe, o lo strepito de tamburi incontanente da pochi danari et da molto furore solleuati, all’arbitrio altrui l’animo e’l corpo temerariamente espongono. Piu oltre uoi non mi trouerete huomo alcuno si stupido et intronato il quale non confessi alcuna Donna essergli stata qualche uolta padrona del core, et reina della sua uolontà. Perche se tutti gli huomini a particolari Donne sono stati soggetti, non da necessità astretti, ma di proprio uolere; perche dubiteremo noi di dire liberamente, che le Donne molto piu perfette siano di noi? Io non ne uidi mai alcuna confessarsi d’essere inferiore: là doue trouo infiniti huomini presi d’amore, iquali pregano et scongiurano le loro amate Donne, che la uolontà e’l core gli uogliano concedere, con mille giuramenti affermando, d’hauer loro fatto libero dono d’ogni uolere et d’ogni desiderio loro. Che diremo noi qui? Saracci egli alcuno cosi fuor dell’intelletto, che donar uolesse altrui cosa alcuna di pregio, per riceuerne in cambio un’altra di nessun ualore? O pure ritrouerassi alcuno tanto sciocco, che si metta a seruire o Principi o persona priuata, che non giudichi maggior di se stesso…

 

Fol. 77v

et da cui non speri trarre utile o honore, od alcuna altra cosa, di ch’egli ha piu bisogno? Certamente quando gli huomini offeriscono alle Donne l’animo loro, per riceuere allo’ncontro quel della Donna, essi a questo modo uengono a confessare molto maggiore et essere la dignità feminile, che la nostra non è: et in cio dourebbono le Donne esser molto accorte et auedute, ne mai pronte et facili a far dono della propria uolontà; ma diligentemente conseruarla per chi ne fosse ueramente degno. P.F. Non è sempre uero, che chi richiede altrui di cosa che sia, uenga per questo a essere inferiore di lui. Perche ben potrebbe essere che in cio ch’egli hauesse bisogno di suo, lo reputasse superior suo; ma in altro non gli cedesse punto. Cosi auiene de gli huomini uerso le Donne; iquali in quanto desiderano la gratia loro, le riconoscono per superiori, le uezzeggiano, et finalmente le adorano, facendo loro tante sommissioni et humiltà, et dando loro mille cosa a credere, che tutte lontane dal uero sono. Ma non per questo si tengono di meno perfettione di quelle: ilche si uede poi in tante altre cose. VIO. Ahi pessimi et fraudolenti ingannatori, dunque ci lusingate uoi et fate mille carezze per ottener la gratia nostra; reputandoui poi nel segreto de gli animi uostri da molto piu che noi non siamo? Male fa ueramente qualunque di noi ui crede; et si come degni ne sete, non ui lascia piu tosto morire, et ha di uoi compassione alcuna. LV. E non si uide giamai un ricco richiedere a un pouero delle sostanze sue. Però chiedendo noi et pregando, et instando, confessiamo pure la pouertà et miseria nostra.

 

Fol. 78r

Ne rileua che altramente crediamo: percioche il credere nostro non puo alterare il uero. Diremo anchora, che la natura diede a gli huomini la fortezza de corpi, non per altro rispetto, se non per che acquistar potessero le cose, che bisognano al uiuere delle Donne. P.F. Et elle ingrate non riconoscono, senon con crudeltà i tanti seruigi et benefici, che noi tutto di facciamo loro. LV. Non ragionate di benefici, che tutto è obligo nostro; et pur facessimo quanto siamo tenuti di fare. Veggiamo parimente in confermatione di quanto io ui dico, gli huomini non hauer dubitato giamai di sottomettersi a mille pericoli per difesa delle Donne: ilche mi pare euidentissimo testimonio della nobiltà Donnesca. Et questo che io ui dico, potrassi per essempio ageuolmente intendere dal braccio: il quale essendo membro molto piu ignobile del capo, non di meno per difendere il capo, egli non teme molto fiate di riceuer durissimi colpi. P.F. Potrei s’io uolessi riuolgere l’historie, rinfacciarui che le Donne furono gia di molti mali cagione, come sarebbe della ruina di Troia, et d’altre simili calamità. LV. Et io potrei rispondere, che la pazzia delli huomini, et non delle Donne, ne fosse stato cagione; essendo tanto pazzo colui, il quale per se impazzisce, quanto se per altri cio facesse. Non furono le Donne Greche quelle che distrussero Troia; ma gli istessi Troiani. Helena non rubò Paris; ma Paris fu quello che rubò Helena. Benche la guerra di Troia far si potrebbe piena fede della nobiltà feminile. Come haurebbono tanti Principi, tanti Capitani, tanti Cauallieri honorati sofferto per una femina cosi aspri trauagli

 

Fol. 78v

lontani dalla patria, con mille pericoli guerreggiando, se degna non l’hauessero reputata, che con spargimento di sangue ella fosse stata riscossa dalle mani di quel ladro? Or su io mi penso c’hoggimai debbano i nimici loro rimanersi dal biasimar le Donne, et confessare la grande eccellenza, che Iddio gli ha donato. Benche non è da marauigliarsi, se le biasimano; poi che ancho marauiglia non è, che i Lupi cerchino di diuorargli Agnelli. Ben sarebbe da marauigliarsi, se noi uedessimo, che una semplice Colomba cercasse di dissipare gli altri uccelli. Nondimeno stupisco io grandemente, ch’essendo quasi tutte le Donne d’honore et di uirtute amiche, se per caso una in tanto numero si ritroui, la quale maluagia sia, che quella una habbia possanza di dare occasione, che di tutte si dica male; ilche de gli huomini non auiene. VIO. La cagione di cio secondo me, è; perche gli huomini sono fatti tanto nel peccar licentiosi, che a tutti pare miracolo, se pure uno se ne uede, il quale uirtuosamente adoperi; là doue di noi altre tutto il contrario si uede. Perche essendo le Donne per instituto loro auezze sempre a far bene, quando per mala forte una se ne ritroua, che faccia male, ogn’uno la mostra a dito, come mostro, et le bandisce contra la Croce. Misera ueramente et troppo infelice condition nostra. LV. Io m’aueggo, Signora, c’hoggimai u’haurà poco bisogno difensore; potendo uoi da uoi medesima difendere et lodare il sesso uostro: il che molto mi piace uedere a corroboratione della openion mia, et a confusione de gli auersari nostri. P.F. Ma di che uolete uoi celebrar le Donne, essendo

 

Fol. 79r

certo, che le scientie et diuine et humane, con molte altre ingeniose arti, sono state tutte inuentioni de gli huomini, et non delle Donne? LV. Alla uostra obiettione risponderò, come hanno gia risposto alcuni nobili difensori di questo nobilissimo sesso. Due sono le specie della cognitione, delle quali l’una è naturale; et l’altra con studio, et con fatica s’acquista. Della naturale il primo honore dassi alle Donne; poi che anco per il parer de saui in minore spatio di tempo elle peruengono alla lor perfettione: nella cognitione per essercito acquistata concedesi che gli huomini le auanzino. Ne perciò molto hanno da gloriarsi; essendo loro lecito et consueto starsi nelle publiche scuole: il che se fosse permessa alle Donne, io non dubito punto, che in poco tempo non solamente gli sarebbono eguali; ma che per la eccellenza della natura, di gran lunga gli diuenterebbono superiori. Ma in questa parte non accade, che io m’affatichi molto, essendo questa la conclusion nostra; che generalmente le femine siano piu nobili che gli huomini; non perciò uengo a negare, che ritrouare non si possano alcuni huomini di tanta  uirtu  ornati, che uincano di perfettione le Donne: et questo senza dubbio alcuno credo esser uero, poi che con la ragione conuiene. Oltra che hauendo la madre Natura a ciascuna cosa giustissimamente compartiti tutti gli uffici suoi, se appresso la fortezza del corpo, laquale habbiamo confessato ne gli huomini esser maggiore, ella gli hauesse parimente piu sapientia dato, crederei che la detta Natura non meritasse nome di benigna madre, ma di aspra matrigna. Hauendo hauuto dunque gli huomini maggior

 

Fol. 79v

forza di corpo, et miglior possanza di membra, et hauendo alcuni dalla detta Natura ottenuto singolare intelligenza delle discipline et delle arti; ella ha uoluto poi, che le Donne generalmente siano et piu sauie et di migliori costumi, si come per le gia dette cose hauete potuto raccorre. Douerà questa mia conclusione (per quanto posso giudicare) non solo sodisfare alle Donne, ma a i piu ualorosi huomini anchora. Io ben mi rendo securo, poi che le Donne sommamente amano la giustitia, et d’usurpar l’altrui si astengono, che elle rimarranno contente a i lor propri honori. Dall’altra parte spero, che si debbano contentare alcuni eccellentissimi Cauallieri, che cosi ogniuni confessandosi che questi tali uincano le Donne, poco sarebbe il lor pregio se a cose uili fossero preferiti. Son certo ch’io ho da ritrouare alcuni maligni; a i quali dispiacerà il mio parere, conoscendosi di non meritare d’essere annouerati in quella picciola schiera, che di ualore supera le Donne, et essere alle Donne inferiori: perche s’ingegneranno con tutte le loro forze contrastare et impugnare questa uerità: la quale solo appresso gli scelerati, suole odio partorire. Questi tali sprezzeremo noi, si come persone di poca stima che sono. Et benche questo nobilissimo ridutto et di huomini et di Donne, meriti d’essere con somme lodi essaltato, pur m’è paruto d’intraprendere solo la causa delle Donne, et quella quanto ho piu potuto diffusamente trattare, specialmente in questo luogo et a questo tempo, alla solennità d’un santissimo et nobilissimo matrimonio deputato: doue ueggendomi da cosi fatte

 

Fol. 80r

Donne tanto humanamente honorato, et benignamente ascoltato, se altramente hauessi fatto, forse sarei stato giudicato poco ciuile et molto mal create. Con buona gratia dunque et pace de gli huomini, preso mi haurò licenza di potere in luogo comune et securo, et per quanto sostenar possono le mie forze, essaltare il feminil sesso. Essendo anchora il presente luogo da uirtuosissimi Cauallieri honorato, penso ch’an ch’eglino si debbano tenere da me basteuolmente lodati: quantunque non n’hauessero ne desiderio ne bisogno, ne io molto apertamente habbia cio fatto. Non perderò tempo a scusarmi con uoi nobilissime et uirtuosissime Donne; che non essendo io nell’arte del dire essercitato pure un poco, io habbia però hauuto ardire di por mano a cosi grande impresa: tanta è la possanza del uero, che nell’esplicarlo ogni balbutiente fanciullo potrebbe eloquentissimo parere. Confidatomi adunque nelle forze della uerità, non in alcuna arte ne eloquenza mia, (per quanto conceduto m’hanno le forze) ingegnato mi sono di farla manifesta a ciascuno. Farò qui fine al mio dire, giunto che ci habbia questa cosa sola, hauere io a bello studio lasciato di parlare della bellezza, della quale molti antichi et moderni si copiosamente hanno gia ragionato; et fra gli ultimi M. Agnolo Fiorenzuola Fiorentino, e’l molto uirtuoso M. Nicolo Franco Beneuentano. Io, uolendo lodare huomo alcuno, inettamente farei, se da suoi pretiosi uestimenti dessi principio alle lodi sue: percioche cosi facendo, senza dubbio si crederebbe, che mi mancasse suggetto di commendare le uirtu  dell’animo, e

 

Fol. 80v

i piu interni beni; i quali da Saui molti piu col uero sono chiamati beni. Là onde essendo questo nostro corpo come uestimento dell’animo, giudicai che i suoi beni non meritassero di esser congiunti co i beni dell’animo, massimamente hauendoui io ritornato a memoria tante forti ragioni, non gia tolte dalla scorza, ma dalla propria radice, anzi dalla intima midolla della Philosophia. MV. Io m’era molto ben disposto a udirui ragionare, et dire il rimanente di quelle doti che possono illustrar le donne; ma ueggio che uoi rifiutate fatica, di che si hanno a dolere queste Signore defraudate da uoi della maggiore et piu importante parte de gli honori suoi. Perche non uoglio io consentire allo’nganno, che hauete pensato di fargli: et cosi ui gli ho accusato, come congiunto con gli huomini: la qual cosa elle crederanno di leggiere, hauendoui udito nel fin del parlar uostro far certa conuentione a honore de gli huomini, et in scusa uostra, che so non è piacciuta lor molto: et anco gli huomini ue ne sapranno poco grado. Farete dunque gran senno a ritornare a ragionare di quel che ui auanza per ingannarle dell’openione, la quale, et con qualche ragione s’hanno di uoi concetta. LV. A me pareua hauer detto tanto, che bastasse non all’obligo, ma alle forze mie: onde se a uoi pare, che piu ci resti, sarà bene ch’essendo uoi fresco, ui accinghiate all’impresa; et me forse giudicherete per migliore auditore, che non sono stato Oratore. Restaua a scusarmi, perch’io non habbia fauellato della bellezza del corpo, la quale ho trappassato senza farne alcun motto: conciosia che ogni uolta che la corporal bellezza si paragona con quella dell’anima, par che

 

Fol. 81r

la corporale sparisca, nel mondo che noi ueggiamo fare a quei piccioli animali; iquali nel tempo della state uolano per l’aria, et nell’estremità del corpo mandano fuori certo splendore (il uulgo le chiama lucciole). Or questi animali tosto ch’aggiungono alla luce del Sole, piu non gli ueggiamo rilucere. Ne altro piu mi rimane a dire, se non riferir gratie a questa illustrissima compagnia, che non si incredibil cortesia m’habbia tanto ascoltato. VIO. Io per me non mi chiamo sodisfatta, s’egli è pur uero, ch’altro si possa aggiungere a quanto s’è gia detto in lode delle Donne, si come ha detto il S. Mutio. Perche io uedrò, se uoi nostri difensori hauete tanto cara la gratia delle Donne, quanto ci predicate alla presenza. Non incresca dunque all’uno di uoi insegnarci il rimanete: perche buona parte anchora ci auanza della notte; la quale hauendoci noi inuolato alle danze, uergogna ci sarebbe ritornarui hora; quasi che non hauessimo saputo trattenerci senza esse; et massimamente compagnia hauendo di cosi ualorosi huomini, come uoi sete. Non mancate all’honore alla promessa et debito uostro, Signor, Mutio; et non uogliate rifiutare di entrare a parte di quello honore, che forse al signor Lucio parue di chiamar fatica. MV. Mi parebbe fare ingiuria al Signor Lucio, quasi che egli queste cose che rimangono a dire hauesse passato con silentio, per non le sapere; et io lo uolessi hora tassare di ignorantia; la quale, come i leggisti dicono, sarebbe di quella grossa, il non sapere quel che tutti gli huomini intendono. VIO. Io posso promettere per lui, ch’e non l’haurà punto per male; anzi gli sia caro hauer

 

Fol. 81v (missing from online version)

compagno d’openione si eccellente huomo, come uoi siete: però non ui fate tanto pregare. LV. Veramente poi che la Signora mia fa questo non meritato honore, io non lo uo gia rifiutare, tanto piu uenendomi da si lodata parte. Et confessando insieme con esso uoi, che molte altre et piu esquisite cose si sarebbono potute dire per chi hauesse hauuto tempo di pensarui, pregoui che uoi, ilquale molto ben le sapete, et ueniste qui apparecchiato per dirle, le uogliate raccontare a sodisfattione di questa eccellentissima compagnia; che ue ne sentirà obligo, et io insieme con esso loro. MV. Da che io son certo di non dispiacere a uoi, molto piu uolentieri mi ci metto; et ancho perch’essendo hoggimai l’hora tarda, sarò scusato se dirò poco. Ma onde debbo cominciare io dalla difesa o pure dall’accusata delle Donne? Ch’è quello che tutto’l giorno odo io? Or è egli il sesso Feminile tanto sprezzato, tanto uile, et tanto uituperato? Dunque è talmente hoggidi appresso di uoi huomini conculcata et abbatuta la dignità et la reputatione delle ualorose Donne? Et tanto et si crudele odio s’ha concitato contra questa lodeuole generatione, che uoi indegnamente habbiate ordinato, che le Donne in tutti i modi s’habbiano a cacciare dalla piazza, dal senato, da i luoghi de consigli, dalle scuole, et finalmente da tutte le ragunanze? Tanto uolete lor male, c’hauete giudicato l’opera loro non essere buona ne sofficiente ne in casa, ne alla guerra, ne co panni lunghi, ne con l’arme in mano? O Dio immortale, onde mi uolgerò io, o onde darò io principio al mio ragionamento? La fama delle Donne è tutto di combattuta da tante uillanie

 

Fol. 82r (missing from online version)

 

lacerata da tante maledicenze; tanti et cosi diuersi sono i capi dell’accuse, iquali perpetuamente gli son fatti ch’io non so da qual parte habbia maggior fatica, et piu stia in pericolo l’auttorità loro: si ch’io sto molto in dubbio, a quale obbiettione debb’io in prima rispondere et leuar loro dadosso. Hora per la sfrenata et non stanca giamai loquacità loro da molti sono trauagliate le Donne, mentre che non questi et simili prouerbi le uanno punzecchiando. Concili di rondini. Paiuoli Dodonei. Piu cianciatrici che le putte et le tortorelle. Sono elle alcuna uolta tassate d’incontinenza et di natura libidinosa: Perciò diconsi contra di loro su per le piazze questi motti. Donna piu lassuriosa delle passere. Piu dilicata ch’un capretto. Piu molle che la piuma del cigno, la polpa del lepre, et la midolla dell’occa. Che direte uoi anchora, ch’alcuni rinfacciano loro la infingardagine, et l’animo uile et da poco? Or non si dice egli anco tutto il giorno peggio contra di loro? Or non sono le Donne tassate di tradimenti et di corrotta fede? Frequentissimi et solenni sono i detti de gli antichi poeti. Vergilio;

La Donna è uno animal uario et mutabile.

Il parlar delle Donne è piu leggiero,

Che le foglie de gli alberi non sono.

Donna sdegnata non mantien promessa.

Quel che dice la Donna al suo amatore,

Scriue in acqua ueloce, o in uento mobile.

Innumerabili sono le uillanie, Signori miei, con le quali la eccellente et honorata natione delle Donne è assaltata combatutta, uituperosamente oppressa et sepolta.

 

Fol. 82v

Alcuno altro è, che tiene per fermo la Donna esser garosa, ostinata, et pronta a ogni qualità d’odio et di contesa. Et per auentura ha sempre in bocca quel uerso del poeta Satirico;

Nel letto, oue è la Donna, ha sempre lite,

Et uillanie fra il marito et la moglie:

Tal ch’assai poco, o nulla iui si dorme.

Allegansi anchora a certi uersi sciocchi, i quali sono in Roma nella uia che ua a Tiuoli, scritti di lettere antiche et mezze consumate;

Fermati, o uiator, ch’ella ua bene.

Qui non ha lite il marito et la moglie.

Io non son gia per dirti, c’huomo io sia.

Ma io donna te’l farò ben’a sapere;

Questi è Bebrio ebbro; et dice ch’io sono ebbra.

Ehi moglie, tu se’ morta, et anchora litigi?

Dicono gli huomini un altro assai uolgare et plebeo prouerbio; Chi non litiga non ha moglie. Veramente io non ho dubbio alcuno, che le misere et innocenti Donne, per queste cosi addentate persecutioni, non si ritrouino in grandissima infamia. Io son certissimo, che la riputation loro è grandemente combattuta, et posta in pericoloso trauaglio; però con ogni aiuto et industria mia muouomi anch’io a prendere la protettion loro. Io mi ricordo hauer letto nelle collettanee di Giouanni Stobeo, la moglie essere naufragio del marito, tempesta della casa, impedimento del riposo, prigionia della uita, pena continua, battaglia sontuosa, bestia famigliare, mal necessario. Et credo che questa fosse openione di Simonide. Io ho talhora udito dire de gli huomini

 

Fol. 83r

 

che di la uengono, che Francesi sogliono diffinire in questo modo la Donna; et dicono, che la Donna in casa et una furia, et un certo spirito noioso, nella chiesa, Angelo, nel letto, Scimia; nelle campagne libere et aperte, Mula senza briglia; et nell’horto, Capra. Io mi ricordo hauer gia letto in diuersi auttori molto uituperio delle Donne, et fra gli altri uno ragionare in questo modo. Dicono gli Egittii, che quando il Nilo usci della madre, inaffiando la terra, restò qualche paese impaladuto, et per la forza del caldo nacquero molti animalucci fra i quali fu ritrouata la prima Donna. Tutte le creature sono generate nelle uiscere delle madri loro: sola la Donna nel nascere non hebbe madre alcuna: et si conosce bene, che poi che le Donne senza madre nacquero, senza regola uiuono, et senza ordine muoiono. Veramente a molte fatiche s’ha da esporre, molte destrezze ha da cercare, molte uolte l’ha da pensare, molti soccorsi ha d’hauere, molti anni ha d’aspettare, et fra molte Donne l’ha da scegliere colui, che una sola Donna uuol con ragion gouernare. Per fieri che siano gli animali, pure il leone teme il leonero, il toro si serra nelle sbarre, il freno regge il cauallo: sola la Donna è animale indomito, che mai non perde l’ardire per commandare, et l’empito per non lasciarsi gouernare. Gli dei crearono gli huomini tanto huomini, et di giudicio tanto profondi, et di forze tanto forti; che non è cosa che non capiscano per alta et profonda che si sia, ne si ueloce che gli scampi, ne si forte che gli resista: ma per le Donne non hanno sprone che le faccia andare, legami che le possan tenere, freno che le raffreni, legge

 

Fol. 83v

che le soggioghi, uergogna che le ritenga, timor che le spauenti, ne gastigo che l’emendi. A pessima fortuna s’espone chi ha da reggerle, o correggerle: perche s’elle pigliano una ostinatione nel capo, non la cauerebbe loro tutto il mondo: se di qualche cosa sono auisate, non lo credano: se gli è dato un consiglio, mai non lo pigliano: se sono minacciate, subito si lagnano: se gli son fatti uezzi, diuentano superbe: se non gli è dato solazzo, hanno a chi n’ha, inuidia: se si mostra con loro non uedere, diuentano sfacciate: se sono gastigate, si fan piu uelenose. Et in somma non fu mai Donna, che sapesse perdonare ingiuria, ne riconoscere beneficio. Chiamisi una Donna la piu semplice di quante ne sono, io giurerò, ch’ella giurerà al manco sapere che sa, sapere piu che tutti gli huomini. Volete uedere, che poco è quello che le Donne sanno, et molto quel che non? Sanno che in cose molto difficili elle cosi si risoluono alla subita determinatione, come se mille anni ci hauessero pensato: et se ueruno uuol loro contradire il consiglio, subito l’hanno per capital nimico. Ma ben dico; che quanto è presontuosa la Donna a uolere consigliar l’huomo, tanto è sciocco l’huomo che accetta il suo consiglio. Pazzo è chi lo piglia; piu colui che lo domanda, et molto piu colui che l’adopera. Et chi non uuole essere in questa schiocchezza, ascolti quel che gli dicono, et faccia quel che gli pare; parli bene, et opri male; al promettere prometta molto, all’osseruare nulla gli osserui; lodi le lor parole, et condanni il consiglio. Veramente che ricordandomi esser nato di Donna, abhorrisco la uita: et pensando che uiuo con loro, amo la morte. perche non e altra morte, che

 

Fol. 84r

con loro negotiare; ne altra uita, che fuggirle. Ripensando talhora fra me la cagione, che muoue gli huomini ad amarle, non è occhio che non piangia, core che non si spezzi, et spirto che non s’attristi, ueggendo un’huom sauio perdersi con una Feminella pazza. Se ne gli passa il giorno in pascer gli occhi, la notte in tormentarsi con pensieri, l’altro di in far loro seruigi; quando ama il buio, quando ha in odio la luce; rifiuta la compagnia, et ama la solitudine: puo quel che non uuole, et uuol quel che non puo. Non gli giouano consiglio d’amici, ne infamia di nimici; non perdere la roba, non mettere a rischio l’honore; non lasciar la uita, ne cercar la morte; non appressarsi, ne fuggire; non uedere con gli occhi, udir con l’orecchie: et in conchiusione potendo conseguire la uittoria, contra di se sempre guerreggia. Et questo procede, perche noi nasciamo di carne; il petto che poppiamo è di carne; le braccia con le quali siamo alleuati, di carne; i pensieri che habbiamo di carne; le opere che operiamo di carne; gli huomini con cui uiuiamo di carne; et le Donne, di cui ci innamoriamo di carne. Ben si conosce, che elle son nate in paludi, secondo lopenione c’habbiamo detta de gli Egittÿ; perche le paludi non hanno acqua chiara da bere, frutti da mangiare, pesci da pescare, ne spiaggia da apportare. Cosi le Donne nella uita son brutte; nella persona infami; nell’auersità fiacche; nelle prosperita incaute; nelle parole false; nell’opere dubbiose; nell’odiare tengon disordine; et nell’amare pendono ne gli estremi; nel dare sono auare, et nel riceuere discortesi: in loro i saui tengono imbrattata la fama; et i semplici sospesa la uita.

 

Fol. 84v

Gli antichi Greci dissero la prima Donna essere stata creata dal gran calor del sole, et dal uerme de gli alberi fracidi in Arabia; ne dissero male questi altri: perche le Donne nelle lingue sono di fuoco, et nelle conditione di fracidume. Secondo la diuersità de gli animali, la natura in diuerse parti del corpo mise le forze; all’aquila nel becco, all’alicorno nel corno, al serpente nella coda, al toro nella testa, all’orso nelle zampe, al cauallo nel petto, al cane ne denti, al porco nel grugno, alle colombe nell’ali, alle Donne nelle lingue. Ne cosi alto arriua il uolo della colomba, come il capriccio della sciochezza loro: ne tanto graffia il gatto con l’unghie, quanto esse con le importunità loro: ne tanto ueleno hanno i serpenti tutti in tutto i corpi loro, quanto elle n’hanno nelle lingue. Et poi che senza Donne puo uiuere l’huomo, io consiglio i giouani, supplico a i uecchi, ricordo a i saui, et insegno a i semplici, che fuggano le Donne di mala fama, non altramente che la publica peste. La legge di Platone ordinaua, che qualunque Donna publica infame, publicamente fosse della città cacciata. Et che alla Donna che si emendasse, fosse perdonato, eccetto a quella che commettesse error con la lingua: perche con la persona è trista per fragilità; ma con la lingua è per malitia. O diuino Platone metro et misura di tutti gli intendimenti, et principe di tutti i philosophi. Quando nel tuo secolo d’oro facesti questa legge, nella quale era si poco numero delle Donne infami, che hauresti tu fatto hoggidi nel mondo, doue son tante Donne d’infamia publicamente, et tanto poche buone secrete? P.F. Haurebbe passato questa parte

 

Fol. 85r

con silentio: perche quel che si pecca da molti, possa senza gastigo. MV. Debbono esser le Donne nella faccia uergognose, nelle parole temprate, nel sentimento prudenti, nell’andar riposate, nella conuersatione dolce, nel gastigar pietose, nella uita rispettose, nelle persone ritirate, nelle promesse certe, et nell’amor costanti. Non fidando lor persona nella prudenza de prudenti, ne la sua fama nella incostanza de leggieri. Guardar si dee la uirtuosa Donna da ciascuno huomo, che le prometta: perche mentre la fiamma di Venere è accesa, il ricco offerisce tutto quello che ha; il pouero tutto quel che può; il sauio di essere suo amico; il semplice di sempre esserle seruitore; il prudente che per lei porrà in periglio la uita; il pazzo, che per lei piglierà la morte; i uecchi d’essere amici de suoi amici; altri promettere pagare i suoi debiti; et altri uendicar le sue ingiurie. Cosi accioche altri ricuopra la sua pouertà, et altri publichi la sua bellezza, lascia la misera Donna perdere la sua persona, et dar fine alla sua fama. Dicesi anchora, che della men cattiua delle Donne non si potrebbe contare la mala uita in tutto il tempo della uita intera d’uno huomo. Gran pericolo porta la Donna prudente, con la uicinanza delle pazze, le uergognose con le sfacciate, le ritirate con le persontuose, le caste con le adultere, le honorate con le infami: perche non è Donna infame, che non pensi che tutte l’altre siano infami; et non desideri che siano infami, procure che siano infami, et dica che siano infami, et per coprire sua infamia, tutte le buone infami. Et per conchiudere, dicono, che tutti i danni possono gli huomini col discostar

 

Fol. 85r

sene, scampare; eccetto che dale Donne infamii, ch’è necessario, senza mai uoltarsi adietro, fuggirle. P.F. Assai meglio conueniuano a me le parole, che uoi hauete detto in uituperio delle Donne: perche io non ho mai fatto professione d’adularle, ne d’amarle anco piu di quel che meritano. Ma uoi tanto loro seruitore et amico, cosi le hauete uituperosamente biasimate, ch’io non credo: pure che ui dia il core di potergli leuar da dosso l’infamia che gli hauete dato; non che di poter dar loro nuoue lodi.

VIO: Io mi confido prima nella uerità, et poi nella facondia del Signor Mutio, che l’uno et l’altro ageuolmente gli uerrà fatto: di che uoi non meno haurete inuidia, che noi sentiremo piacere.

P.F.: Se uoi foste posti nel supremo grado di felicità, io non u’inuidierei: perche l’inuidia non cade, oue non è speranza di potere arriuare. Ma sendo uoi tuttauia cosa imperfetta, si puo migliorar nel fatto uostro.

VIO: Di gratia non la pigliate meco; perche qui è il Signor Mutio, che ui far­à stare cheto.

MV: Veramente ch’egli è un mare et un golfo di calonnie, lequali ogni di ueggo essere apposte alle infelici donne. Ma come potr­­­­­­ano eglino questi maluagissimi detrattori lungo tempo adoprare senza gastigo hauerne questa loro oscura et funesta maledicenza? Io non sono per comportarlo, non son per tolerarlo, non sono per starmi cheto. Sonomi stasera, o signori, presentato al cospetto uostro, hoggi son comparito io in questo luogo per pigliar l’armi, per combattere, et per fare ualorosa battaglia in fauore dello eccellente et honorato sesso delle donne, come s’io habessi a difendere la patria e

 

Fol. 86v

la famiglia mia. Forse desiderate uoi sapere, chi ui habbia di cosi fatto desiderio infiammato? Hora io uel dirò et ingenuamente et col uero. Non i comandamenti della signora Violante, non i preghi del Signor Lucio; che hanno sopra di me l’auttorità medesima, non finalmente la riuerenza et l’affettione, ch’io porto a tutta questa ualorsa compagnia. Prima questo Mutio, c’hoggi uedete alla presenza uostra, non è d’ingegno cosi rozo, d’animo di aspero, ne d’intelletto si materiale; che gran diletto non pigli delle cose belle : percioche a questo mi persuade et induce Isocrate, in quella oratione, ch’egli compose gia delle lodi d’Helena. Ma non essendo alcuna bellezza ne piu elegante ne piu perfetta della beltà Donnesca, degna ueramete, anzi a giudicio moi dignissima è la Donna, nella cui lode io habbia a consumare et spendere tutte le forze dell’eloquentia, et tutta l’arte del dire.  Et qualunque s’è d’altro pensiero, reputo io ch’egli sia o tronco inanimato, o sasso senza spirito. Appresso questo marauigliomi  piu che spesso, et resto stupefatto, non pure in questa città, ma in molti altri luoghi anchora, l’incredibile diffidenza d’alcuni huomini uerso le mogli loro. Se la moglie è in casa, essi stanno d’intorno al fuoco, come sarti zoppi. Se la moglie ua alla chiesa, et eglino cento occhi le hanno adosso, quasi  Ceruieri od Arghi. Se la moglie ua per le strade o per li luoghi publici, et essi subito le corrono dietro. Uoi direste che fossero eunuchi, o i Dori delle comedie. Et breuemente come i draghi al uello dell’oro, cosi eglino stanno di continuo a guardia delle mogli loro. Mostri de gli huomini. Cieche talpe.

 

Fol. 86r

Essempi d’ogni sciocchezza, hor cosi togliete uoi le Donne et le compagne d’una uita comune? Tutte queste cose, Signori, m’hanno mosso e infiammato a douer consacrare l’oratione, la lingua, la uoce, et finalmente tutti gli studi miei a difendere le Donne. Prima ui farò io uedere; che le Donne quasi in tutte le sorti di uirtu sono molti piu perfette de gli huomini; dapoi ui farò io sapere qual sia la mia openione et uolontà circa l’elettione della moglie. Queste cose se uuoi patientemente da me ascolterete, mi sarà caro: se anco sinistramente et in mala parte le interpreterete, io ne fo poca stima; percioche non a uoi huomini seueri, ma alle uaghissime Donne questa mia tela ordisco. Io sono d’openione, che la fede sia capo et fondamento di tutte le  uirtu : or non è ella questa  uirtu  dalle Donne et santissimamente et religiosissimamente osseruata? Non puote essere indotta Porcia dopo la morte di Bruto suo marito a rimanere in uita. Et chi è delle historie tanto poco prattico, che alcuna uolta non habbia letto o udito, che Alceste moglie di Admeto con tanta fede et beniuolenza amò il suo marito, che con la morte sua comperò la salute di lui? Non però manca a questo glorioso sesso fortezza d’animo, ne singolare et honorato ualore. Chi è colui, che non sappia quanto animosamente et coraggiosamente si portasse Seminaris Ragina di Bablionia, quanti Capitiani ella ruppe, quanti esserciti spense, et quante terre disfacesse et mettesse in ruina?

P.F: In quante battaglie amorose et notturne ella s’entromettesse.

VIO: Vn pocco di contrapunto non disconuerrebbe a questa musica : et però seguitate, Signor

 

Fol. 87r

Pier Francesco: accio che’l Signor Mutio non habbia priuilegi maggiori, che s’hauesse l’altro nostro oratore et campione.

MV: Chi non haletto quanto animosamente, et quanto considentemente, et con quanto impeto d’armi Tomiri Regina della Scythia ruppe et fracassò Ciro? Chi non ha uisto cio che scriue Tito Liuio di Celia Romana; con sigolare ualor, delle quale fu rintuzzato et messo a freno il furore di Porsena Re di Thoscana? Qui non ui dico nulla delle Donne Spartane; niente d’Hippolita, laquale hebbe animo d’ire a incontrare et affrontare Alessandro; percioche questa son cose triuiali, et publicate fino alle barbene. Et se pure a tempi nostri le Donne non s’essercitano nell’armi, non ha d’attribuirsi questo al poco animo loro, ma da imputarsi piu tosto alla consuetudine, et alla disciplina del paese. Scriue Giulio Solino essere fermissima usanza appresso alcuni popoli chiamati Triballi, che gli huomini si stanno a casa in ocio et in riposo, et le Donne uanno di fuora a negociare. Perche se questo lodatissimo costume fosse passato ne paesi nostri, certo ui sarebbono moltissime Donne, le quali di gran lunga uincerebbono gli huomini per forti ch’essi fossero, di comendatione d’animo grande. Dicono alcune ombre d’huomini, et mostri dell’inferno, che le Donne sono poco prudenti, incostanti, pouere di consiglio, et pazze. O huomini ueramente degni, che le Donne ui traggano gli occhi di capo con l’unghie. Ottauiano Imperatore non si metteua a fare cosa alcuna, se prima non intendeua sopra cio l’animo della moglie, et non n’haueua il consiglio e’l parer di lei. Volle Giustiano Omperatore anch’e –

 

Fol. 87v

gli, che la moglie sua fosse partecipe et compagna de consigli sacri. Heliogabalo fece meritamente tanto honore alle Donne, che della tribu loro, ne ragunò un certo picciolo Senato, nelqual s’haueuano a trattare le quistioni et i Giudicii sopra gli ornamenti et tutte le pompe Donnesche.

PHI. Et ben fece egli cio con gran raggione; poi che elle ordinariamente d’altro no hanno cognitione, ne fanno ragionare.

VIO. Delle nostre proue.

  1. Volesse Iddio c’hoggidi noi fossimo un poco piu cortesi con le nostre Donne: piacesse a Dio, che noi gli concedessimo il legittimo possesso, et quesi seruitù ch’el leno hibbero un tempo: fosse uolere di Dio, ch’al giorno d’hoggi s’ordinasse alcuno tribunale delle Donne, nelquale intieramente et sauiamente fosse stabilito, quante serue, quanto oro, et quali ornamenti conuenissero a ciascuna Donna. Certo che in questo salutifero modo si uerrebbe a restringere et assettare la sfrenata pompa et superbia d’alcune Donne; et gli infelici mariti non rouinerebbono affatto ne i uestimenti delle mogli loro.

P.F. Signor Mutio, noi usciremo della uia, et piaceremo poco alle Donne.

  1. Anzi se questo fosse, farebbesi loro seruitio. Scriue Cornelio Tacito, che i popoli di Lamagna hebbero gia questa buona openione ch’essi credettero, che nelle Donne fosse un certo che di diuino et di santo. Là onde auenne, ch’essi mai non presero l’armi, mai non ordinarono publicamente cosa alcuna, se non col consiglio delle Donne. Leuateui dunque su, ualorose Donne, et uccidete se non altro co i sassi quei pazzi, et come infino a qui sempre mi è paruto, quegli huomini spiritati, i quali hanno hauuto

 

Fol. 88r

ardire di priuare l’innocentissime Donne di quella gloria, ond’elle gia foriuano et hora piu che mai riguardeuoli sono. Delle lettere et de gli studi liberali deiquali le ingeniose Donne sopra modo n’hanno gli animi loro et politi et ornati, non farò io molto parole. Io per me sono stato continuamente di questa fermissima openione, et ho giudicato, che la Donna habbia l’ingegno et piu ueloce, et piu suegliato, che non l’ha pigro et sonnacchioso la generatione de gli huomini. Piaccia a gli altri un’altra openione; che io continuando tuttauia nell’instituto et tenor mio, cosi pronuntio et dico. Socrate non imparò egli la miglior parte della Philosophia sua da Aspasia, et da Diotima? I Gracchi non appresero eglino l’eloquenza da Carnelia lor madre? Et Hortensia non difese ella il suo  padre appresso i Triumuiri con una bellissima oratiotione? Polla non aiutò ella Lucano suo marito in far uersi. Ma troppo sono antichi et uecchi quegli essempi: però uoltiamo gli animi a quegli che piu uicini sono all’età nostra. Non ui ricorda egli ch’Angelo Politiano scriue con tanto honore a una certa fanciulla uenetiana chiamata CASSANDRA FEDELE dottissima nella disciplina liberali? Non hauete uoi inteso che Thomaso Moro Inglese hebbe tre figliuole, lequali et bene e ornatamente fauellauano Latino, Greco, et Hebraico? Siete uoi cosi poco prattichi delle cose della Fracia, che uoi non habbiate mai udito ricordare il celeberrimo nome della Serenissima Ragina di Nauarra Madama MARCHERITA VALESIA? Dio buono, che Donna è ella, quanto santa, quanto

 

Fol. 88v

Inuiolata; quanto dotta, quanto amoreuole et pietosa adiutrice di tutti quegli huomini, che buoni et dotti sono. Io lascio a bello studio di ragionarui della illustrissima Marchesa di Pescara la Signora VITTORIA COLONNA, si perche tutto il giorno i suoi lodatissimi componimenti ui sono inanzi a gli occhi, si perche io non mi conosco hauere ne uoce ne dispositione di parlare accoci ne basteuoli pure a poterui ombreggiare parte delle diuinità di questa singolarissima Donna. Et ella hoggi com’è piaciuto a Dio, è ritornata in parte, oue ella non desidera piu ne mia ne altrui lode, tutta intenta da se stessa a ringratiare et lodare il nostro comun fattore. Veggendo io dunque tutto di incontrarmi questi et simili essempi, come non debb’io accendermi? Perche non saro io rapito? et perche non debb’io tutto auampare, e infiammarmi del desiderio delle lettere et delle arti liberali? Verranno dunque le fanciulle dilicate et morbide, et apprenderanno tutta et porteranno con esso loro quasi in modo di prescrittione la gloria de gli studi, allaquale noi huomini auidamente diamo opera, o per meglio dire, ui deuremmo attendere? Io son certo, Signori miei, che uoi non haurete per male, se io per quella beniuolenza ch’a gli huomini et a me stesso son tenuto portare, ui ricorderò quel ch’è debito uostro. In questo mezzo che uoi su et giu, di qua et di la scorrete per tutte le strade senza altro pensiero o sollecitudine hauere, se non che non sapete, con qual sorte di giuoco o di diporto uoi ui possiate passare il giorno e ingannare il temop; mentre che uoi cercate, da qual parte della città cammini la signora

 

Fol. 89r

mentre che tutto di le sete intorno alla carretta con l’animo et con gli occhi, quasi che ue la uogliate bere allhora allhora; mentre che quistionando o di lana Caprina, et pur tuttauia combattendo da douero, suscitate inimicitie capitali; mentre che gli huomini ui ueggono tutti armati et carchi di ferro, non altramente che se foste per andare all’assalto di Troia, o di Babilonia. Or non dubitate uoi, che ne gli studi delle buone lettere, allequali uoi cosi poco attendete, non siate di grandissima lunga delle Donne adietro lasciati? Auertite bene all’honor uostro; accioche da gli huomini nasuti nonsiate anchora uoi in questo mondo scherniti;

Giouani, certo uoi gli animi hauete

Donneschi; et le donne hanno il cor uirile.

Qui m’è uenuto uoglia hor hora di adirarmi contra una sfacciata et ostinata pazzia, o piu tosto impietà d’alcuni huomini sciocchi. Trouansi alcuni huomini tanto freddi et gelosi, che non comportano che le Donne loro scriuano o leggano cosa alcuna, ne che pur piglino libro ueruno in mano temendo di questo solo, ch’elle non scriuano lettere amorose a gli innamorati loro: accio che non gli facciano sapere per mezzo delle lettere, in che di, da che hora, con qual malitia, et con quali inganni essi habbiano da uenire a ritrouarle, et godere i frutti dell’amor loro. Hanno sospetto questi huomini dapochi, che se la moglie legge i sonetti del Petrarca, le nouelle del Boccaccio o i romanzi dell’Ariosto, ella incontanente non perda la honestà sua, et subito non si doni in preda agli amadori suoi. O rozi et materiali ingegni. O huomini ueramente degni, che

 

Fol. 89v

tutte le Donne ui piscino adosso, et tutte le ingiurie possibili a fare ui facciano. Se si maluagia openione heuete del loro sesso, perche menate uoi moglie? et perche non piu tosto ui ritirate in qualche solitudine a far penitenza, et a seruire a Dio? Perche non ui rendete uoi monaci o frati? Io ueramente non consiglerei mai ne gli Astrologi, ne gli Humanisti, che prendessero moglie. Mentre che l’Astrologo si sta spiando il sole, il capo del Dracone, et l’ecclisse, a gran pericolo uaegli, che la sua moglie anch’ella non faccia qualche ecclisse. In questa maniera burlò Thomaso Moro in certi suoi uersi; che nella nostra lingua si possono in questo moso tradurre;

Le stelle tutte, astrologo tu uedi;

Et elle il fato altrui ti fan palese:

Ne le stelle però ueder ti fanno,

Che la tua moglie in publico si metta.

Saturno è lungi; et dicon che’era cieco;

Ch’un fanciul da una pietra non conobbe.

La Luna ua con gli occhi honesti et bassi :

Et uergin non uedria, che cosa caste.

Gioue ad Europa; a Vener Marte ha il core;

Venere a Marte pensa, a Daphne Apollo.

Mercurio d’Hirce si rimembra anchora.

Et di qui uiene, Astrologo, ch’essendo

Tua moglie fatta femina di mondo,

Le stelle non però te’l posson dire.

Al popolo di grammatici suol le piu uolte auenire, che mentre eglino con terribili grida predica Homero o Virgilio alla sua scuola; mentre che sta abbaiando

 

Fol. 90r

**** α αθε θεα,[1]o uero Arma uirumque cano, et altre cosi fatte cose, egli per Dio molto piu spesso assai che non uorrebbe, fa prova in casa ua dell’ira et dell’armi della moglie.

P.F. Bel frutto traggono dunque glihuomini dagli studi et dalle lettere: poi che dichiarando essi nelle scuole i fruti di Venere et di Marte, altri nel letto suo uerifica in atto queste fauole tali.

  1. Et però simili bestie lasciono le mogli a chi le puo gouernare. Aggiungesi che questi mezzi huomini ingenerano le piu uolte figliuoli stropiati et poco meno che mostri. Qual miseria fu mai maggiore, che i figliuoli di Themistocle? Qual altro unqua fu di piu perduta speranza, che’l figliuolo di Cicerone? Il quale da Atheneo è posto nel numero de i prodighi et eccellenti beoni. Credetemi, Signori, quel ch’io ui dico, et habbiatelo per certo poco men che’l Vangelo. Stanno i philosophi tutta la notte a uegghiare, mangiano poco, mentre ch’abbracciano la moglie, mentre si reputano prodi et ualorosi guerrieri nelle battaglie amorose, stanno allhora contemplando le idee, et le sostanze separate; imaginansi la Vtopia o una republica di Plantone; cercano il cielo cristallino; disputano co i frati se la semplice fornicatione è peccato; et cosi auuiene che dopo i noue mesi ne nasce poi qualche mostro, o cosa contrafatta. Di qui ne uengono i pianti. Questo è appunto quello, che spesse uolte ha condotto le lasciue et dishoneste Femine, ad hauere in odio il sophistico letto, et a prouedere di qualche assessore al marito suo. Ma tutta questa colpa, ritorna in capo del marito. P.F. Dunque nella lussuria delle Donne hanno colpa i mariti? MV.

 

Fol. 90v

Certo si; et quei mariti specialmente, ch’essendo essi uecchi pigliano moglie giouani.

P.F. Io non so perche non habbiate sconsigliato anchora a i dottori leggisti et i medici dallo ammogliarsi. LV. Con un poco di distintione tutto sarebbe proceduto bene: cio è facendone auertito di lasciarla i pari di M. Ricciardo di Cinzica, o del Maestro Mazzeo da Salerno: che gli altri non s’hanno da escludere dal pigliar moglie; et specialmente quando essi pure sofficienti sono a dar cosiglio a i clienti, ma al seruigio delle Donne anchora. MV. Il S. Lucio ha molto ben difeso la ragion sua: ne io per me saprei miglior distintione far di quella ch’esso ha gia fatto. Ma se la Donna cosi si predesse, come è conueniete, noi la uedremmo pura et schietta da ogni macchia, da ogni uituperi, et da ogni infamia di biasmo et di riprensione. Qui non ui dico nulla delle Donne de Cimuri, lequai uolsero gia piu tosto con le proprie mani et uolontariamente morire, che perdere punto dell’honestà loro. Taccio similmente delle donzelle Milesie, lequali per lo incredibile definderio della immortalità, che da Carneade era stato loro messo in core, ualorosamente da se stesse si diedero la morte. Et se pure alcuno è di uoi, che desideri uedere i sigolari essemi delle  uirtu  Donnesche, legga o Plutarco o Cornelio Agrippa, ilquale di questa cosa ha nuouamente scritto una peculiare oratione. VIO. Deh Signor Mutio, se ogni di piu siate in gratia di quella Donna che uoi piu amate et seruite d’amore, non u’incresca raccontare a noi Donne alcun di questi infiniti essempi scritti da quegli auttori che uoi ci allegate. Et non habbiate sospetto di uenirci a noia:

 

Fol. 91r

Perche noi altre tutte che non intendiamo ne Greco ne Latino, ui saremo in grande obligo d’hauere iparato da noi quel che non sappiamo. MV. Il numero è tanto grande, ch’a pensarui solo mi sgomento: oltra che buona parte della notte è gia passate: et tuttauia mi resta alcuna cosa a dirui di quel ch’io u’ho promesso, senza entrare in nuoua impresa. VIO. Orsu quel che non si potrà far hoggi, si farà doman da sera qui ne medesimo luogo: doue non haurete scusa ne di breuità di tempo, ne di non hauere hauuto comodità da trascorrere l’historie. Perche prouedeteui al fermo di douerci fare questo fauore domani; che noi udiamo una predica da uoi delle uirtu et miracoli delle Donne. MV. Quando io haurò dinito di dirui quel poco che mi resta hora, il tempo mi consiglierà a dirui risposta: per che io non uorrei promettere tanto, che le debili forze mie non bastassero a sodisfarui. P.F. Ma che direte uoi uon tante lodi, che uoi date alle Donne? Pur ui ricorda hauer letto quel che ordinarono i giurisconsulti di Calphurnia et dell’altre: e il Signor Lucio lo debbe hauer trouato anch’egli ne suoi libracci. Ma lasciamo i leggisti, et uegniamo a quel che ne dice Aristotele, et cui uoi tanto credete. Ilquale di loro parlando dice, ch’egli è gia stato in grandissimo dubbio, se le Donne s’hauessero da porre nel numero de gli huomini, o de gli animali senza ragione. MV. Cio che per leggi o per altri pregiudicii è stato contra le Donne ordinato, tutto credo io, che deriuato sia per inuidia et maliuolenza sola. Et ben marauigliato mi sarei, che un tanto philosopho tutto uolto ad amare un’altra specie, il quale

 

Fol. 91v

amore non so per qual santita egli chiami diuino, si fosse posto mai a lodare, non che ad amar le Donne. Uoi sapete che in un sommo pontefice tutte le cose ui debbono essere et sigolari et eccelenti, et pur trouate, che una Feminella Inglese heuue comodità di arriuare a quella dignità et grandezza. Insegna Cicerone in quella oratione, ch’egli fece per la legge Manilia, et delle lodi di Pompeo Magno, quali debbano essere gli ornamenti et le uirtu d’un capitan generale: ma qual fu mai capitano tanto eccellente, ilquale meriti et possa paragonarsi con quella Giouanna contadinella? Laquale fu cagione di ritornare nella sua primiera libertà la Francia, gia molti anni occupata da potentissimi nimici. Noi habbiamo letto nell’opere di San Gieronimo, quanta religione, quanta innocentia di uita, et quanta dottrina anchora, si ritrouasse gia in Marcella; in Paola; in Eustochia; in Blesilla: et noi huomini inconsiderati saremo cosi arditi o pure inuidiosi, che torremo di mano alle nostre mogli la penna, l’inchiostro, et l’eternità de gli scritti? San Paolo non uuole, che le Donne predichino in publico, ne insegnino; ma uon gli uieta però, ch’elle non leggano, non scriuino, et non imparino alcuna cosa. La onde, Signori miei, cacciate uia da uoi questi immascherati, questi huomini sporchi, iquali con ogni studio, con ogni loro fatica, continuamente s’affaticano in uoler persuaderui, che leuiate gli animi uostri della pratica et amicitie delle Donne. Forse defiderate uoi si sapere, di che età debba essere quella Donne, che noi uogliamo prendere per moglie? et io ui rispondo insieme con Xenophonte, che la moglie s’ha

 

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da pigliare di quindici anni, con queste altre conditioni, c’habbia pochissimo uedduto, pochissimo udito; et pochissimo parlato.

P.F. Voi altri Signori philosophi adatte troppo sulle squisitezze. Bene starebbe, per Dio, se ad ogni cosa uolessimo hauere n mano il compasso et le bilancie.

  1. S’io credessi che ui bisonasse dichiarare le qualità, ch’’io u’ho detto conuenrsi alla moglie, io piglierei questa poca fatica di faruelo chiare: ma io son certo che uoi non pure l’intendete, ma le conoscete necessarie anchora.

VIO. Ma che direm noi della dote, c’hoggidi suole essere il uerbo principale?

  1. Quando uoi dubitaste, che dote s’ha da domandare alla moglie, uolgete l’animo a quel bel detto di Plauto; Chi bene è constumata, ha bella dote. Sono di quegli che uorrebbono la moglie mottegeuole et giocosa; ad alcuni altri piacerà piu una Donna, c’habbia un poco del graue et del maninconico, et un poco pigra a i piaceri amorosi : io di si fatte cose ne uoglio, ne posso, ne saprei dar giudicio: leggonsi nondimeno in questa materia alcuni uersi leggiadri molto et eleganti, scritti da un de nostri poeti, che cosi si potrebbono tradurre;

Tu mi domandi, o Flacco, di che sorte

Io uorrei donna hauer per mio contento:

Piacemi quel, ch’è messo in fra due estremi:

Quella non uoglio hauer, che tosto satia

Ne quella anchor, che cruccia il core altrui.

Cercate uoi si saper, che gratia, o che bellezza di uolto s’hanno da defiderare nella moglie? Io mi ricordo

 

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d’alcuni uersi di Sthephano Doleto, i quali ueramente fanno molto a proposito di questo negotio;

Io non uuo moglie hauer leggiadra molto;

Perc’habbia mille amanti intorno ogn’hora:

Vuo però, ch’ella sia bella a bastanza,

Accio non stia da lei sempre lontano,

Costretto a cio dal suo deforme uiso.

Leggesi un prouerbio uulgato nelle comedie di Plauto; troppo gran miseria è gli huomini esser troppo belli. Possiamo anchora di questa cosa pigliare manifesto et essempio, di Lucretia et di Virginia: la gran bellezza delle quali fu cagione di tanta ruina. All’incontro, coloro che pigliano brutta moglie, si menano a casa un perpetuo tormento, et un dolore degno ueramente di compassione. La onde se in questo seguirete il mio consiglio, u’appiglierete a Donna, la quale sia di bellezza ordinaria et comune. P.F. Oime che questa parola comune è troppo pericolosa, per quegli huomini c’hanno caro l’honore. MV. Io non intesi bellezza comune quella che sia disposta al piacere d’ogniuno, ma per mediocre. Et però non pigliate le mie parole in mala parte, ma in proprio sentimento, et come suona l’intention mia, sophistico che uoi sete. Questa Donna terrete uoi continuamente cara; a questa farete uoi carezze. Ma uolete uoi udire in una parola, quanto honore et pregio hauete uoi da fare a questa cosi fatta Donna Giudica Solomone, ch’ella sia piu pretiosa assai, che tutte le gioie d’Oriente non sono. Et ueramente ch’io uorrei un poco, che fosse domandato da alcuno a quelli sciocchi, i quali fanno professione d’odiar le Donne, et di uiuer senza

 

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esse, in che modo si possano ordinare le famiglie, che bene stiano, senza alcuno aiuto delle Donne? Hauendo Aristotele ordinato diligentissimamente all’huomo chi uuole esser patron di famiglia, che inanzi ogni altra cosa si debba prender moglie. Ma doue mi lascio io trasportare dalla uaghezza del parlare? VIO. Voi non sete però uscito di strada, parlando della perfettione et nobiltà delle Donne, per essere passato a dire della utilità et necessità, che l’huomo ha della moglie: anzi il ragionamento uostro, il luogo, e’l tempo molto ben lo richiedeuano. Però ritornate, se ui piace, onde ui partiste. MV. Da molte et tutte belle parti harei da celebrar le Donne: ma per esser piu breue ch’io potrò, non mi diffonderò molto, et uolgendomi alla dilettione et amore, dico, che l’uno et l’altro è tanto piu nelle Donne, quanto ui è prudenza maggiore. La Natura ha dato al piu prudente sesso la cura de figliuoli; la quale è opra di singolare amore. Et lasciando il parlare dell’amore a i figliuoli portato; che par quasi impossibile che la Donna piu non gli ami, hauendogli pur noue mesi, con tanta cura et sollecitudine nel proprio uentre portati, et nodriti; che diremo di quello ch’elle hanno a i mariti; il quale benche ogni amore non habbia ne misura ne freno, uince però tutti gli altri? Perche Ualerio Massimo accortamente ne fatti degni di memoria un capitolo ne scrisse; et per lo contrario non parlò di quello de mariti uerso le mogli loro: perche troppo penato haurebbe a ritrouarne essempi; doue delle femine ualorose se ne trouano molti, che hanno mille pericoli corsi, et che si

 

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sono mille uolte esposti alla morte o per saluare i mariti, o per non piu uiuere dopo la fine loro: come forse doman da sera da me o d’alcuno altro piu sofficiente ch’io non sono, largamente udirete. VIO. Non rifiutate, Signor Mutio, il fauore che dalle Donne ui uien fatto; che uoi siate eletto a raccontare essempi delle  uirtu  loro: ch’alcuno altro per auentura se lo reputerebbe a sommissima gratia. MV. gia non lo sprezzo, ne ancho alla presenza di tanti ualorosi Cauallieri uoglio tanto arrogarmi, ch’io solo meriti celebrare et seruire le Donne; essendo qui molti altri che meglio di me l’uno et l’altro ufficio basterebbono a fare. Quanto anchora all’amore, che per bellezza et lodati costumi i cori giouenili inuischia, molti tengono, che le Donne in cio siano superiori. Percioche essendo elleno nelle case quasi in solitudine nodrite, cosa acconcia a secondare gli amorosi diletti, et essendo negati loro mille altri studi a gli huomini concessi d’uccellare, di cacciare, di giostrare, et d’armeggiare; i quali piaceri hanno possanza d’estinguere o almeno intiepidire ogni amoroso ardore, ch’altro le resta, se non con pensieri continui nudrire il fuoco, che le consuma? Si come l’innamorato Poeta Ouidio dice in persona di Hero scriuendo al suo amante Leandro. P.F. Non per tanto a me pare per la esperienza cotal disputatione difficile da diffinire, infinito ueggendo il numero di coloro, che indarno dietro a quelle affaticano: et io l’ho gia non una uolta per proua conosciuto. MV. Certo la esperienza assai piu puo che la ragione: ma ben estimo felicissimi coloro, a i quali è lecito godere del loro amore, senza tema di cosa alcuna…

 

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hauere, che distubar gli possa. Et quelle Donne, a mio auiso, sono da piu, che nell’altre cose superiori essendo, in amore parimente non sopportano d’essere superate; nel quale cedere sopra tutto è tenuto sconueneuolissimo Pietro Francesco. Io ho sempre inteso dire, che la Donna pecca ne gli estremi: o ella ama souerchio, o odia a morte. MV. Cotesta è openione di uulgo; il quale ha uoluto leuare il giudicio alle Donne, quasi ch’elle non sapessero l’uno et l’altro fare quanto si conuiene. Oltra cio si ha da uedere della dottrina; la quale alcuni inuidiosi hanno cercato con riso et con scherni biasimare, fingendo nuoue cose della sapienza Donnesca, quasi uolessero dare a credere, la Femina tanto piu essere et bestiale et pazza, quanto piu sauia et ben parlante è stimata: persuadendosi perch’elle non uadano a Bologna o a Parigi a studiare, che nulla sappiano, et da nulla sia il loro ingegno et consiglio. Ma in cio non accade disputare: che perch’elle non si tramettano in questi studi, non si toglie però, che quando ui mettessero tempo, come gli huomini fanno; che tanto, et piu acconcie di loro non fossero alla dottrina. La qual cosa si uide manifestamente ne gli antichi tempi di molte, le quali udrete poi: onde conoscente, che non solamente le Donne piu sauie de gli huomini sono, ma che sempre sono state, et conseguentemente hanno da essere per l’auenire. P.F. Et chi sa non elle habbiano da peggiorare? Siete uoi forse indouino? MV. Io non mi uanto di esser propheta: ma ben da quel ch’è gia stato, et è tuttauia, fo giudicio di quel c’ha da uenire

 

 

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e cio non si disdice fare. Di qui procede che i saui antichi dipinsero le Muse suegliatrici de gli ingegni Femine; et dipinsero anchora Minerua Dea della sapienza Donna, et non huomo; come disse il Signor Lucio della Giustitia. Et questo uniuersal consenso di tutte le genti, parmi si grande argomento in pro delle Donne; ch’io per me non saprei desiderare piu oltra. Benche infinite siano le auttorità de Philosophi, i quali parlando della Natura de gli animali, dicono le Femine essere piu docili, cio è, piu ageuolmente disciplinarsi; senza eccettuar piu della Donna, che dell’altre spetie. Et fra le altre ragioni, il medesimo si proua anchor per questa; che il piu delle uolte (io non ho detto sempre) la bontà dell’ingegno si conosce per la bellezza del corpo; la quale specialmente regna nelle Donne, et è propria loro. Scriue Homero, ch’Aiace fu huomo di grande statura; et per conseguente furioso et folle; et dice, che Vlisse era picciolo, ma ben proportionato; et conseguentemente sauio et prudente. Se adunque nel corpo piu raccolto regna maggior sapienza, chiaro è, che le Donne naturalmente piu picciole sono, et piu proportionatamente formate; et perciò piu sauie et piu uirtuose. Et cio ne dimostra la stella di Mercurio, che fauoreggia gli ingegnosi; et è fortunatissima nel segno della Vergine. Non tacerò la dilicatezza, manifesto argomento di uiuace ingegno: la qual cosa chiaramente si comprende. Percioche questi huomini ruuidi, et che hanno i peli grossi et duri, possono imparar lettere: et allo’ncontro i teneri et morbidi di carne sono dotati di piu sottile ingegno. Et non solamente le

 

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Donne naturalmente piu sauie sono, ma gli huomini saui et dotti per piacere alle Donne molti libri hanno scritti, et massimamente i Poeti: nell’opere de i quali quasi non si legge altro, che il nome et le lodi hora di questa, hora di quella ualorosa Donna; come in Catullo, in Ouidio, in Tibullo, in Propertio, et in altri infiniti antichi et moderni; i quali lungo sarebbe numerare: tra i lodatissimi sono il Conte Baldessar Castiglione, che lodò tanto nelle sue cose et Latine et Volgari la Signora Lisabetta Gonzaga Duchessa di Vrbino. M. Iacopo Sannazaro, la sua Cassandra Marchesa; l’Ariosto, che ne celebra infinite. M. Luigi Alamanni la sua ligura pianta. M. Bernardo Tasso molte dignissime Donne, et fra l’altre la Signora GINEVRA MALATESTA; il Signore Alessandro Piccolomini la diuinissima MAD. LAVDOMIA FORTEGVERRI: et tanti altri c’hanno illustrato il secol nostro con lo splendore de gli scritti loro. Oltra che quei Poeti, i quali hanno fatto elettione d’altro soggetto, molte uolte ne suoi Poemi hanno interposto le laudi loro: et non è uerisimile, quando l’auttorità de gli altri non bastasse; che Homero et Virgilio, i cui uersi da piu saui Philosophi molte uolte in testimonio allegati sono, habbiano immeritamente lodato Helena et Lauinia; l’una delle quali non lasciaua a Priamo parer graue il sostener dieci anni cosi molesto assedio; l’altra con la sua dolce uista accresceua nelle battaglie animo et ualore a Turno. Di qui dunque potete conoscere la uirtu delle Donne; la quale si comprende anchora per la gentilezza et leggiadria, ch’ella destano in noi.

 

 

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Percioche l’huomo, a cui qualche scintilla amorosa scalda il petto, si sforza d’apparire non meno di uirtu  et di belli costumi ornato, che di sontuosi et uaghi uestimenti adobbato. Et cosi molte uolte la Donna è cagione d’infiammar l’huomo alle uirtu, et alla dottrina. Nella quale, si come gia s’è detto, essendogli ella piu tosto superiore che eguale, reputo assai piu ageuole uerificare il medesimo da i beni della fortuna, tra i quali la patria non ha l’ultimo luogo. Noi trouiamo, che Adamo il nostro primo Padre fu creato in Soria nel campo Damasceno; et oltra cio fu formato di fango; et Eua nel Paradiso delle delitie. Per questa cagione è in usanza d’honorar le Donne, si come quelle che per essere in parte piu degna di noi create, meritano riuerenza da noi. Benche alcuni di questo diano la cagione a Veturia madre di Coriolano, la quale bastò a piegare il fiero proponimento dell’adirato figliuolo, il quale hauea deliberato ruinare la sua patria Roma. Per cio alle donne come a conseruatrici della patria, fu sempre poi portato riuerenza et honore, et continuando insieme con gli anni cotal lodeuole usanza è sino all’età nostra arriuata. Come ueggiamo che nelle Chiese, nelle uie, et ne conuiti sempre si danno loro i piu honorati luoghi; et gli huomini fauellando anchora con Donna di basso stato, quantunque essi honorati siano, le portano rispetto. Et non pure gli huomini questo lor debito conoscono, ma ne fa fede anchora lo Alicorno, fiera di mirabil forza et crudeltà dotata; il quale da nessuno altro animale, che da fanciulla uergine soffre d’esser toccato: conoscendo in lei suprema

 

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et rara eccellenza. La quale si mostra anchora per un’altra ragione; che il mondo, opra cosi stupenda della madre Natura; che pure dee da qualche singolar cosa esser nominato, in tutte le sue tre parti ha preso il nome da tre Donne. L’Asia cosi s’è chiamata dalla moglie di Iapetho et madre di Prometheo detta Asia: l’Africa altramente Libia, fu nominata da Libia figliuola di Epapho: la terza Europa dalla figliuola da Agenore rubata da Gioue in forma di Toro: et tutta la terra insieme è detta madre uniuersale. Ma fra tutte l’eccellenze, che alle Donne o Natura, o fortuna, o propria industria ha conceduto, la bellezza del corpo è a loro piu che dire non si potrebbe, a core: la quale con grandissima cura s’ingegnano conseruare, perche ueggono le  uirtu meno in pregio. Quantunque loro assai poco fatica usar conuegna per belle parere, essendo elle di tutte quelle parti che possono piacere, abondeuolissimamente dotate. Per la qual cosa non potendo gli huomini ragioneuolmente di beltà con le Donne contendere, s’hanno fra loro imaginato due qualità di bellezza: l’una uogliono che sia dignità, maestà, et quasi riuerenza; et questa danno a se stessi. Nell’altra pongono leggiadria, et uno allettamento pieno di desiderio et d’amore, nato dal giudicio che si fa qual hora tutte le parti d’un corpo paiono hauer proportione; et che si come all’occhio diletta, cosi debba a gli altri sentimenti piacere: et questa beltà attribuiscono per propria et speciale alle donne. Ne bisogna che maschio di quale età si uoglia presuma aguagliarsi loro. Percioche discorrendo per quelle parti del corpo

 

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che possono hauere diletteuole aspetto, in tutte, siamo uinti da loro: et gli Scultori et Pittori dell’età nostra dicono trouare piu dilicatezza et proportione, et (se lecito è dire) perfettione ne corpi feminili. Ma, che bisogna affaticarsi in pareggiarla all’huomo di bellezza? Certo io non credo ch’alcuna cosa si possa addurre in contrario. P.F. Anzi a me pare, che in un corpo grande possa essere maggior bellezza, che in un picciolo: et perche naturalmente l’huomo è piu grande, in lui piu che nella femina, se ne troua. MV. In cio non è sano il giudicio uostro. Percioche in due modi si piglia la grandezza: l’uno, quando un corpo secondo tutte le misure si tende piu che l’altro; si come è a dire, che’l bue sia maggior che la mosca: l’altro s’intende secondo la proportione dicendo. Questa mosca è grande, quel bue è picciolo: et secondo questo modo di parlare, la donna non si puo chiamare picciola, quando aggiunge alla sua natural proportione: la quale forse dalla Natura è loro data minore per qualche cagione, che non importa a dire. Et di qui si puo trarre un’altra potentissima ragione a prouare la bellezza delle donne. Che per esperienza comunemente si uede tutte essere piu proportionate, et quasi d’una misura, che gli huomini non sono: anzi tra gli huomini si trouano et mani et pigmei, et oltre acciò attratti et sciancati in numero molto maggiore. Et la cagione di questo è, che le donne sono piu humide: et le cose humide piu facilmente s’estendeno fino al suo termine: perciò i uolti è i corpi spesso non rimangono sproportionati et difformi; et per essere la loro lunghezza minore

 

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piu tosto uiene a perfettione: et in somma piu amico hanno il Cielo, et piu fauoreuole alla beltà loro. De gli altri beni del corpo et della fortuna, si come sono i figliuoli, le amicitie, le ricchezze, la gloria, la sanità, et le forze, elle per quel ch’io giudico, non cedono punto a gli huomini. I figliuoli son comuni; et se l’uno di due u’ha piu parte, la femina ueramente è dessa; che gli ha nel uentre portati, del proprio latte nodriti, et con tanta fatica alleuati. Delle amicitie, non c’è dubbio: percioche del loro suiscerato amore uerso i mariti, i figliuoli et quei che debitamente da loro sono amati, gia u’ho copiosamente fauellato. Le ricchezze, benche gia ne siano state, et hoggidi ne siano delle ricchissime, non sono di tanto pregio, che molto piu non sia l’hauere imperio sopra coloro, che le posseggono. Basta loro dunque hauer l’amore de gli huomini: perche hauendo quello, signoreggiano de gli huomini et le ricchezze. L’honore anchora et la fama è premio de beni dell’animo; ne i quali essendo le Donne superiori, non puo loro mancare che in tutti i luoghi, et appresso ogni persona elle non siano honorate et famose. Gli altri beni del corpo, cio è la sanità, et le forze, non meno sono nelle Donne, che ne gli huomini: et dato che in esse fossero minori, non sono di tanto ualore, che bastino a scemare una minima parte dell’eccellenza loro. Pericoche la sanità per lo piu nel uiuer sobriamente consiste: et perche le Donne piu modestamente uiuono, piu di rado anco ammalano. Oltra che le naturali purgagioni da molti mali le difendono, ne i quali gli huomini spesso incontrano. Quanto anchora alle

 

 

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forze, leggesi dalle Amazoni, et di molte altre auezze andare alla battaglia; che gia molti triomphi, e innumerabili uittorie hanno riportato: laquale usanza se a nostri tempi peruenuta fosse, uedrebbesi cio che le forze delle Donne possano. Ma perche tal costume è perduto; et le forze con lo essercitio crescono, le Feminili non sono stimate nulla. Ma quando anco cio fosse, che ha bisogno delle forze del corpo, colui che puo ualersi di quelle dell’ingegno? LV. Quel che delle forze ha detto il Signor Mutio, a uoi Signor Pierfrancesco appartiene, che ogni di faticate armeggiando, e’l ualor uostro mostrando. P.F. In cio non m’adopero io per restar superiore alle Donne, ma si ben per difenderle, quando il bisogno occorre assai meglio co fatti, c’hora il Signor Mutio non fa con le parole; si come è ufficio et costume di leal caualliere. MV. Pur che cosi sia l’intention uostra, assai me ne contento io, et molto ue ne lodo: ma poi che hora la causa loro si tratta con parole, hauendo io dimostrato quanto la Natura sia stata cortese alle Donne in dargli abondatemente de sopradetti beni; non ueggiamo noi che nella procreatione del genere humano la natura ha preposto agli huomini la Donna? Percioche secondo Galeno et Auicenna il seme della Femina è materia et nutrimento dell’embrione, et non quello del maschio, che in un certo modo entra in esso, come l’accidente nella sostantia. Et secondo che dice la legge, il massimo et principale ufficio delle Donne è il concipere, et il conseruare il conceputo. Per questo noi ueggiamo la maggior parte somigliare alle madri, essendo del sangue di quelle procreati.

 

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Et cio le piu uolte auiene nella forma del corpo, et sempre ne i costumi. Ne piu salda ragione si puo addurre, perche maggior sia l’amore delle madri uerso i propri figliuoli, che non è quel de padri, se non perche in loro sentono, et hanno molto piu di suo quelle che questi. Per la medesima cagione, giudico anchora in noi esser innato, che maggiore affettione alla madre portiamo, che al padre; et di maniera tale, che pare, che l’uno con poco, et l’altra con grandissimo affetto amiamo. Col medesimo fine diede la Natura il latte alle Donne di tanto uigore; che non pure nutrisce i bambini; ma ristora anco gl’infermi, et è sofficiente a conseruare uiuo ciascuno di età matura. Et non è dubbio, che quasi sempre la Donna ha maggior misericordia et pietà che l’huomo; et Aristotile attribuisce questo per proprio al sesso Feminile. Per questa cagione credo, che Salomone dicesse; doue non è la Donna, l’ammalato piange: o sia, perch’ella nello hauer cura et nel seruire a gli infermi è di mirabil destrezza et prontezza; o perche il latte della Donna a gli infermi estenuati et anco uicini alla morte, è presto et potentissimo rimedio da ritornargli in uita. Et di qui uiene (come uogliono i medici) che il caldo delle poppe approssimato al petto de gli huomini consumati per la troppa uecchiezza, suscita, accresce, et mantiene in essi il calor uitale. Et cio ben conobbe Dauid, che si elesse la fanciulla Abisag Sunamite, per riscaldare la sua decrepità con gli abbracciamenti di lei. La Donna similmente (come sa ogniuno) è perciò piu disposta al sacro ufficio del generare: perch’ella di x anni et di

 

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meno anchora puo sostener l’huomo? Doue egli bisogna che piu auanti proceda. Oltra di cio non è dubbio, che la Donna sola di tutti gli altri animali che partoriscono, poi ch’ella è gia fatta grauida, et ch’ella comincia a portare il uentre, non molto dopo ch’ella ha partorito, è di nouo inchinata a ritornare all’opera gia fatta: et il suo uaso (che si chiama matrice) è talmente disposto al concipere humano; che si legge la Donna hauer talhora concetto senza congiungimento di maschio. Cosi scrisse il gran phisico Auerroe di una certa Femina Araba, laquale con la sua matrice attrasse il seme uirile sparso nel bagno. Aggiungeremo a questa un’altra marauiglia di natura; che la Donna grauida incitata dallo appetito, senza nocumento uiuerà di carne non cotta, et di pesci crudi; et spesso senza offesa alcuna smaltisce et conuerte in salutifero nutrimento del corpo i carboni, il fango, le pietre, i metalli, i uenemi, et altre simiglianti cose. Et oltra questi ch’io u’ho raccontato, nessuno c’habbia letto i uolumi de philosophi et de medici, si marauiglierà punto di quel che la natura si diletta produrre nelle Donne. L’essempio de iquali, (et uoglione dir solo uno) è apparecchiato nel mestruo: il qual sangue oltra che libera della quartana, dal male che patiscono color che morsi sono da i cani arrabiati, et temono et fuggono dall’acqua, si come i cani rabbiosi fanno dal mal caduco, dalla elephantia, (ch’è una speccie di lebbra) dal furor maninconico, dalla insania, et da molte sorti d’infermità pernitiosissime. et fa molte altre cose degne di non minor marauiglia; fra le stupende è, che ammorza anchora gl’incendii; acqueta

 

Fol. 99r

le tempeste; caccia il pericolo dell’onde; slega le malie; et fuga i mali demoni. Delle altre cose non è mia intentione per hora addurne maggior numero: pur dirò per aggiunta secondo il testimonio de philosophi et de Medici ratificato per esperienza; che nelle Donne è un dono diuino, et da essere con gran marauiglia considerato da ogniuno; col quale elleno istesse con la propria  uirtu  concessale in ogni qualità di malatia si possono da se medesime medicare, senza bisogno hauer d’alcuno altro esteriore aiuto. Ma quel che auanza tutto le cose mirabili, questo è marauigliosissimo; che la Donna sola senza l’huomo ha potuto produrre l’humana natura; ilche non è promesso all’huomo. Et questo tengono per uerissimo i Turchi o uero i Maomettani; appresso i quali molti sono giudicati concetti senza seme uirile: et simili cosi nati nella lingua loro gli chiamano Nefefogli. PHI. Questo sarà de i miracoli dell’Alcorano. MV. Ragionasi anchora di alcune isole, doue le Donne ingrauidano del fiato del uento, ma questo gia non credo io esser uero. Percioche solamente Maria uergine, dico essa sola senza huomo concepè et partori CHRISTO suo figliuolo della propria sostantia, et della fecondità naturale: imperoche la santissima uergine è uera et natural madre di Giesu; et egli è di lei uero et natural figliuolo: dico naturale, perche fu huomo, et secondamente figliuolo naturale della uergine, in quanto ella non fu sottoposta alla natura corrotta: onde ne anco partori con dolore, si come d’altre Donne fanno; ne stette sotto potestà di huomo. Et per la beneditione preueniente tanta fu la fecondità

 

Fol. 99v

sua; che al concipere non le fu di bisogno l’opera del maschio. Fra gli animali bruti anchora ue ne sono alcuni Femine, che generano senza aiuto del maschio: si come de gli auoltori Femine scriue Origene contra Fausto trouarsi nelle historie. Et gli antichi dissero, che le caualle Parthice concepeuano quando spiraua il uento Zephiro: delle quali Virgilio cantò in questo modo;

Ne l’altre rupi in uer Zephiro uolte

Tutte stan con la bocca, et le sottili

Aure pigliando, spesso senza alcuni

Congiugimenti ingrauidate sono

Di uento.

Ma che debbo io dire della fauella, dono ueramente diuino, per la qual sola specialmente siamo a gli animali bruti superiori; et che da Mercurio Trismegisto è reputata d’un medesimo pregio con la immortalita; et Hesiodo la chiama ottimo theoforo dell’huomo. Or non è egli uero, che nel parlare la Donna è piu dotta, piu eloquente, et piu abondante dell’huomo? Et tutti quanti noi siamo da chi habbiamo prima imparato a fauellare, se non dalle madri et dalle balie? et la natura producitrice delle cose, accortamente in cio prouedendo all’humana generatione, concesse al sesso Donnesco, che poche o nessuna Donna mutola non si troui. Bella ueramente et lodeuole gratia et preminenzia auanzare gli huomini in quello, che la specie humana è specialmente superiore alle bestie. Ma ritorniamo dalle profane, quasi uscite de termini, alle sacre lettere; et cominciamo infin da primi fonti della religione. Prima noi non habbiamo dubbio, che mediante la Donna Iddio benedissce

 

Fol. 100r

l’huomo: la quale beneditione, come ch’egli non la meritasse, non l’hebbe prima che la Donna fosse creata. Con questo s’accorda il prouerbio di Salomone; Chi hauerà trouato la Donna buona, ha trouato il bene, et riceue la benedittione dal Signore. Et l’Ecclesiastico; Beato il marito della Donna buona; il numero de gli anni loro si uerrà doppiando. Et nessuno si puo paragonare in dignità a colui, che meriterà di hauere la Donna buona: percioche col testimonio dell’Ecclesiastico, la Femina buona è gratia sopra ogni altra gratia. Però Salomone ne i prouerbi la chiama corona; et Paolo gloria dell’huomo: et la gloria è perfettione della cosa, che si quieta, et si diletta nel suo fine, cio è, doue non si puo piu aggiungere nulla di perfettione. La Donna adunque è compimento, perfettione, felicità, benedittione, et gloria dull’huomo; et (come dice Agostino) principale compagnia dell’humano genere in questa mortal uita: et per questa cagione bisogna, ch’ogniun l’ami; et chi non l’amerà et haueralla in odio; non pure è dall’humanita; ma da tutte le  uirtu  et gratie lontano. Et forse a questo proposito s’hanno da riferire quei misterii Cabalistici; che Abraam per Sarah fu benedetto da Dio, leuando dal nome della Donna la .h. et aggiungendola al nome del marito, che fu chiamato Abraham. Iacob anch’egli acquistò la benedittione col mezzo della Donna, che fu la madre sua. Di questa sorte sono molte cose nella sacra scrittura: ma il tempi e’l luogo parimente non le richiede. La benedittione adunque è data per cagion della Donna; et la legge per rispetto dell’huomo; dico la legge dell’ira et della maledittione

 

Fol. 100v

percioche a questo, et non a quella, che non era anco creata, fu uietato il frutto del legno del paradiso: et Dio fin da principio uolle, ch’ella fosse libera. L’huomo dunque mangiando peccò, et non la Donna: quello et non questa diede la morte: et noi tutti habbiamo peccato in Adamo et non in Eua; et il peccato originale dal maschio padre, non dalla Femina madre habbiamo riceuuto. Et per questa cagione la legge antica uolse, che i maschi si circoncidessero, et non le Femine; determinando risolutamente, che’l peccato della origine fosse punito solo in quel sesso, il quale haueua errato. Oltra di questo Iddio non riprese la Donna, ch’ella hauesse mangiato; ma perche all’huomo dato haueua cagione di disubidienza, et questo anchora senza intention cattiua, essendo stata tenata dal Diauolo. L’huomo adunque peccò per certa scientia, et la Donna ignorantemente, et ingannata. Percioche il Diauolo, che la conobbe eccellentissima sopra tutte l’altre creature, principalmente uolse tentarla; Et come dice San Bernardo, ueggendo il Diauolo la mirabil bellezza di lei, et sapendo ch’ella era tale, quale auanti nel diuino lume l’haueua conosciuta; che sopra a tutti gli Angeli haueua a godere il colloquio di Dio; nella Donna sola per la sua eccellentia adoperò l’inuidia. Ma notate grande argomento, che CHRISTO nato al modo humilissimo, per purgare la superbia del peccato del primo padre, uolle uestirsi il sesso maschio, come piu basso, et non il Feminile piu nobile et piu sublime. Et piu oltra, percioche noi fummo condannati per il peccato dell’huomo, et non della Donna; uolse il creatore, che in

 

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quel sesso, il quale haueua errato, in quello si sodisfacesse l’errore: et per il sesso medesimo, che ignorantemente s’era ingannato si facesse la uendetta. Però fu detto al serpente, che la Donna, o (come meglio si legge) il seme della Donna premerà il tuo capo; et non disse l’huomo, ne il seme dell’huomo. Di qui forse procede, che la Chiesa dell’ordine sacerdotale piu tosto ne da la cura al maschio, che alla Femina: percioche ogni sacerdote rappresenta Christo, et Christo il primo huomo peccatore, cio è: Adamo. Et hora da questo s’intende quel Canone, che incomincia, questa imagine; doue si dice la Donna non esser fatta alla sembianza d’Iddio, cio è alla corporea similitudine di Christo. Nondimeno esso Iddio, cio è Giesu, non uolse esser figliuolo dell’huomo, ma della Donna; la quale magnificò talmente, che da lei sola prese carne. Pietro Francesco. Hora perche fu chiamato Christo figliuolo dell’huomo? MV. Cio non fu per cagione del maschio, ma per rispetto della Femina. Et questo è quel gran miracolo, di cui si marauiglia il Propheta fuor di modo, che la Femina circondò il maschio: et cio è allhora, mentre il sesso è diuorato dalla uergine, et quando porta Christo nel corpo. P.F. Io ui lasciai scorrere inanzi, quando uoi diceste, che noi fummo condannati per il peccar dell’huomo, non della Donna; et uoi pure sapete, che la Chiesa dice alla uergine; Quel danno, che ne fece Eua, tu ce lo ristori col sacro parto tuo? Che direte uoi hora? MV. Quel che ui ho detto altre uolte, cio è, ch’egli è uero, che la semplicità d’Eua fu cagione del nostro uniuersal danno; ma che, se non fosse seguita

 

Fol.101v

la disubidienza et la superbia di Adamo, l’errore non sarebbe stato imputato alla Donna. P.F. Gran priuilegio ueramente è quel delle Donne, poi che i peccati loro non meritano gastigo; anzi altri in suo cambio n’è punito. Perciò ch’io ne debbo un di uoler piu minutamente intendere la cagione. MV. Quando habbiate questa buona intentione, uoi non pure da me, che so poco, ma da questi altri Signori piu pienamente ne sarete instrutto. VIO. Hora et sia meglio, che il ragionamento nostro si prolunghi a domani: et acciò che e non s’habbia a mandar per uoi, alla medesima hora in questo istesso luogo uoi sarete inuitato: che gia mi pare tempo di ritornare a honorare la sposa et le danze, c’hoggimai debbono essere presso che stanche. PHI. Inuitati saremo anchora noi, perche le Donne habbiano chi oda ragionare delle prodezze loro. LV. E non importa tanto, ch’elle siano ascoltate, quanto imitate da gli huomini. P.F. Ma con patto, ch’a noi altri sia lecito anchora biasimarle: il che non s’è per anchora fatto. VIO. Si, mentre che la pena accompagni il delitto.

 

IL FINE DEL SECONDO LIBRO.

 

[1]Illegible Greek word